5 resultados para NEOPLASM

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Breast carcinoma, one of the most frequent malignancies in women, is a complex disease in which a number of different factors combine to drive pathogenesis. The biopathological characterization of these tumors is essential to determine their aggressiveness and to find the most appropriate therapy. As in others neoplasms, the deregulation of signal transduction pathways is frequently responsible for conferring selective biological advantages to the tumor. Phosphoinositides play an essential role in diverse cellular functions, their metabolism is highly active, and is tightly controlled. Among the enzymes implicated in this pathway, phospholipase C beta 1 (PLCβ1) is one of the key regulators, both at the cytoplasmic and the nuclear level. The PLCβ1 gene maps onto the short arm of chromosome 20, a region that has been shown to be altered in several solid tumors, including breast cancer. In the present study a FISH approach was used to investigate the genetic alterations of the PLCβ1 gene in various classes of breast cancer which differ in their invasiveness and proliferation status, according to their mitotic index. The overall aim was to find out whether this enzyme could be a suitable prognostic marker for this neoplasm. Our results show that 83% of cases had aneusomies at the 20p12 level, and the most frequent alteration is a gain in this specific locus. Indeed, we found that this amplification is not related to the invasion status since there were no differences in amplified tumor frequencies between in situ and invasive breast cancer. On the contrary, the gain of PLCβ1 was significantly related to the mitotic index (p = 0.001). To verify if the change in genetic dosage influences the expression of PLCβ1 we performed Real Time PCR and Immunohystochemical analysis. Our results confirmed that amplified tumors have higher levels of PLCβ1 mRNA, which is the sum of the two splicing isoforms 1a and 1b. On the other hand, even if protein levels were higher in the majority of cases compared to the nontumoral specimens, there were no significant associations between gain and overexpression. Finally, the significant association between the amplification of PLCβ1 and others important clinicopathological parameters, such as grading and hormonal receptors status, confirmed a correlation of this enzyme with the aggressiveness of breast cancer. This suggests that PLCβ1 has the potential to be a prognostic marker in these tumors. However, further work needs to be carried out to validate these preliminary findings.

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Introduzione: le Coliti Microscopiche, altrimenti note come Colite Collagena e Colite Linfocitica, sono disordini infiammatori cronici del colon che causano diarrea e colpiscono più frequentemente donne in età avanzata e soggetti in terapia farmacologica. Negli ultimi anni la loro incidenza sembra aumentata in diversi paesi occidentali ma la prevalenza in Italia è ancora incerta. Scopo: il presente studio prospettico e multicentrico è stato disegnato per valutare la prevalenza delle CM in pazienti sottoposti a colonscopia per diarrea cronica non ematica. Pazienti e metodi: dal Maggio 2010 al Settembre 2010 sono stati arruolati consecutivamente tutti i soggetti adulti afferenti in due strutture dell’area metropolitana milanese per eseguire una pancolonscopia. Nei soggetti con diarrea cronica non ematica sono state eseguite biopsie multiple nel colon ascendente, sigma e retto nonché in presenza di lesioni macroscopiche. Risultati: delle 8008 colonscopie esaminate 265 sono state eseguite per diarrea cronica; tra queste, 8 presentavano informazioni incomplete, 52 riscontri endoscopici consistenti con altri disordini intestinali (i.e. IBD, tumori, diverticoliti). 205 colonscopie sono risultate sostanzialmente negative, 175 dotate di adeguato campionamento microscopico (M:F=70:105; età mediana 61 anni). L’analisi istologica ha permesso di documentare 38 nuovi casi di CM (M:F=14:24; età mediana 67.5 anni): 27 CC (M:F=10:17; età mediana 69 anni) e 11 CL (M:F=4:7; età mediana 66 anni). In altri 25 casi sono state osservate alterazioni microscopiche prive dei sufficienti requisiti per la diagnosi di CM. Conclusioni: nel presente studio l’analisi microscopica del colon ha identificato la presenza di CM nel 21,7% dei soggetti con diarrea cronica non ematica ed indagine pancolonscopica negativa. Lo studio microscopico del colon è pertanto un passo diagnostico fondamentale per il corretto inquadramento diagnostico delle diarree croniche, specialmente dopo i 60 anni di età. Ampi studi prospettici e multicentrici dovranno chiarire ruolo e peso dei fattori di rischio associati a questi disordini.

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Tra i liposarcomi, il tumore lipomatoso atipico/liposarcoma ben differenziato e il liposarcoma dedifferenziato rappresentano i sottotipi più frequenti. Spesso è difficile distinguere questi tumori da altri con caratteristiche morfologiche simili. Da un punto di vista citogenetico sono caratterizzati dalla presenza di cromosomi soprannumerari giganti e cromosomi ad anello costituiti principalmente da sequenze amplificate della regione 12q13-15. In questa regione mappano numerosi geni tra cui il gene MDM2 (murine double minute-2). La caratterizzazione molecolare di tali sottotipi diventa estremamente importante sia a fini diagnostici sia per un corretto indirizzo terapeutico, soprattutto oggi, dopo l’introduzione nella pratica clinica di terapie biologiche mirate (targeted therapies). Nel presente studio viene analizzato il ruolo dell’analisi FISH per la valutazione dello status di MDM2 nelle neoplasie lipomatose e per stabilire se questo marcatore possa essere utilizzato nella diagnosi differenziale di questi tumori. Sebbene questo studio confermi l’utilità diagnostica dell’amplificazione di MDM2 nella diagnosi del tumore lipomatoso atipico/liposarcoma ben differenziato ed il liposarcoma dedifferenziato, questo marcatore potrebbe avere in futuro anche una più ampia applicazione. Data la recente introduzione degli inibitori selettivi di MDM2 tale ricerca risulta importante non solo a fini diagnostici ma anche per la selezione dei pazienti che potranno in futuro beneficiare del trattamento con tali inibitori. Questo studio è stato effettuato anche per analizzare la rilevanza biologica del percorso che vede coinvolto il gene AKT nel liposarcoma ben differenziato e dedifferenziato e per stabilire se questo percorso possa rappresentare un utile bersaglio terapeutico in questi tumori. I dati ottenuti dimostrano che AKT è espresso ed attivato in tutti i casi di tumore lipomatoso atipico/liposarcoma ben differenziato e liposarcoma dedifferenziato.

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La PKCε e la PKCδ, chinasi ubiquitariamente distribuite e ad azione pleiotropica, sono implicate del differenziamento, sopravvivenza e proliferazione cellulare. Esse sono coinvolte nel processo differenziativo delle cellule staminali ematopoietiche e in fenomeni patologici associati al compartimento sanguigno. In questa tesi sono presentati i risultati riguardanti lo studio in vitro del ruolo di PKCε e PKCδ nel contesto del differenziamento megacariocitario, in particolare si caratterizza l’espressione e la funzione di queste chinasi nel modello umano e nel modello murino di Megacariocitopoiesi, normale e patologica. Confrontando le cinetiche dei due modelli presi in analisi nello studio è stato possibile osservare come in entrambi PKCε e PKCδ dimostrino avere una chiara e specifica modulazione nel progredire del processo differenziativo. Questi dati, se confrontati, permettono di affermare che PKCε e PKCδ presentano un pattern di espressione opposto e, nel modello umano rispetto a quello murino, reciproco: nell’uomo i livelli di PKCε devono essere down-modulati, mentre nel topo, al contrario, i livelli della chinasi risultano up-modulati durante lo stesso processo. Analogamente, le CD34+ in differenziazione presentano una costante e maggiore espressione di PKCδ durante la maturazione MK, mentre nel modello murino tale proteina risulta down-modulata nella fase più tardiva di formazione della piastrina. Le chinasi mostrano in oltre di agire, nei due modelli, attraverso pathways distinti e cioè RhoA nel topo e Bcl-xL nell’uomo. È stato inoltre verificato che l’aberrante differenziamento MK osservato nella mielofibrosi primaria (PMF), è associato a difetti di espressione di PKCε e di Bcl-xL e che una forzata down-modulazione di PKCε porta ad un ripristino di un normale livello di espressione di Bcl-xL così come della popolazione di megacariociti formanti propiastrine. I dati ottenuti indicano quindi che PKCε e PKCδ svolgono un ruolo importante nel corretto differenziamento MK e che PKCε potrebbe essere un potenziale nuovo target terapeutico nelle PMF.

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Understanding the biology of Multiple Myeloma (MM) is of primary importance in the struggle to achieve a cure for this yet incurable neoplasm. A better knowledge of the mechanism underlying the development of MM can guide us in the development of new treatment strategies. Studies both on solid and haematological tumours have shown that cancer comprises a collection of related but subtly different clones, a feature that has been termed “intra-clonal heterogeneity”. This intra-clonal heterogeneity is likely, from a “Darwinian” natural selection perspective, to be the essential substrate for cancer evolution, disease progression and relapse. In this context the critical mechanism for tumour progression is competition between individual clones (and cancer stem cells) for the same microenvironmental “niche”, combined with the process of adaptation and natural selection. The Darwinian behavioural characteristics of cancer stem cells are applicable to MM. The knowledge that intra-clonal heterogeneity is an important feature of tumours’ biology has changed our way to addressing cancer, now considered as a composite mixture of clones and not as a linear evolving disease. In this variable therapeutic landscape it is important for clinicians and researchers to consider the impact that evolutionary biology and intra-clonal heterogeneity have on the treatment of myeloma and the emergence of treatment resistance. It is clear that if we want to effectively cure myeloma it is of primarily importance to understand disease biology and evolution. Only by doing so will we be able to effectively use all of the new tools we have at our disposal to cure myeloma and to use treatment in the most effective way possible. The aim of the present research project was to investigate at different levels the presence of intra-clonal heterogeneity in MM patients, and to evaluate the impact of treatment on clonal evolution and on patients’ outcomes.