15 resultados para Long-Term Follow-Up
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Obbiettivo. Analizzare la funzionalità polmonare e diaframmatica dopo interventi di plicatura del diaframma con rete di rinforzo peri-costale eseguiti per relaxatio e riparazione di ernia transdiaframmatica cronica mediante riduzione e sutura diretta. Metodi. Dal 1996 al 2010, 10 pazienti con relaxatio unilaterale del diaframma e 6 pazienti con ernia transdiaframmatica cronica misconosciuta sono stati sottoposti a chirurgia elettiva. Gli accertamenti preoperatori e al follow-up di 12 mesi includevano prove di funzionalità respiratoria, misura della pressione massimale inspiratoria alla bocca in clino e ortostatismo, emogasanlisi, TC del torace e dispnea score. Risultati. I pazienti dei due gruppi non differivano in termini di funzionalità respiratoria preoperatoria nè di complicanze postoperatorie; al follow-up a 12 mesi il gruppo Eventrazione mostrava un significativo aumento del FEV1% (+18,2 – p<0.001), FVC% (+12,8 – p<0.001), DLCO% (+6,84 – p=0,04) e pO2 (+9,8 mmHg – p<0.001). Al contrario nrl gruppo Ernia solo il miglioramento della pO2 era significativo (+8.3 – p=0.04). Sebbene la massima pressione inspiratoria (PImax) fosse aumentata in entrambi i gruppi al follow-up, i pazienti operati per ernia mostravano un miglioramento limitato con persistente caduta significativa della PImax dall’ortostatismo al clinostatismo (p<0.001). Il Transitional dyspnoea score è stato concordante con tali miglioramenti pur senza differenze significative tra i due gruppi. La TC del torace ha evidenziato una sopraelevazione dell’emidiaframma suturato, senza recidiva di ernia, mentre i pazienti sottoposti a plicatura hanno mantenuto l’ipercorrezione. Conclusioni. L’utilizzo di un rinforzo protesico è sicuro e sembra assicurare risultati funzionali migliori a distanza in termini di flussi respiratori e di movimento paradosso del diaframma (valutato mediante PImax). Lacerazioni estese del diaframma coinvolgenti le branche principali di suddivisione del nervo frenico si associano verosimilmente a una relaxatio che può quindi ridurre il guadagno funzionale a lungo termine se non adeguatamente trattata mediante l’utilizzo di un rinforzo protesico.
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La nascita pretermine determina un’alterazione dei normali processi di maturazione dei vari organi ed apparati che durante la gravidanza fisiologica si completano durante le 38-40 settimane di vita intrauterina. Queste alterazioni sono alla base della mortalità e morbilità perinatale che condiziona la prognosi a breve termine di questa popolazione, ma possono determinare anche sequele a medio e lungo termine. E’ stato ampiamente documentato che la nefrogenesi si completa a 36 settimane di vita intrauterina e pertanto la nascita pretermine altera il decorso fisiologico di tale processo; a questa condizione di immaturità si sovrappongono i fattori patogeni che possono determinare danno renale acuto in epoca neonatale, a cui i pretermine sono in larga misura esposti. Queste condizioni conducono ad un rischio di alterazioni della funzione renale di entità variabile in età infantile ed adulta. Nel presente studio è stata studiata la funzione renale in 29 bambini di 2-4 anni di età, precedentemente sottoposti a valutazione della funzione renale alla nascita durante il ricovero in Terapia Intensiva Neonatale. I dati raccolti hanno mostrato la presenza di alterazioni maggiori (sindrome nefrosica, riduzione di eGFR) in un ridotto numero di soggetti e alterazioni minori ed isolate (proteinuria di lieve entità, riduzione del riassorbimento tubulare del fosforo, pressione arteriosa tra il 90° e il 99° percentile per sesso ed altezza). L’età di 2-4 anni, alla luce dei risultati ottenuti, può rappresentare un momento utile per effettuare una valutazione di screening di funzione renale in una popolazione a rischio come i pretermine, con lo scopo di individuare i soggetti che richiedano una presa in carico specialistica ed un follow-up a lungo termine.
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Lo scopo di questo studio è stato quello di determinare se a lungo termine le concentrazioni sieriche di ioni nei pazienti con protesi di rivestimento d’anca metallo-metallo (MOM-HR, metal-on-metal hip resurfacing) fossero differenti da quelle valutate nei pazienti con protesi totale d’anca metallo-metallo e testa del diametro di 28 mm (MOM-THA, metal-on-metal total hip arthroplasty); inoltre è stato valutato se le concentrazioni ioniche fossero al di sopra dei valori di riferimento e se fosse possibile stabilire l’esistenza di una relazione tra sesso e concentrazioni di ioni con riferimento al tipo di impianto. Il gruppo MOM-HR era costituito da 25 pazienti mentre il gruppo MOM-THA era di 16 pazienti. Per poter ricavare i valori di riferimento sono stati reclutati 48 donatori sani. La misurazione delle concentrazioni degli ioni cobalto (Co), cromo (Cr), nickel (Ni) e molibdeno (Mo) è stata effettuata utilizzando la spettrofotometria ad assorbimento atomico su fornace di grafite. A parte il Ni, le concentrazioni di ioni nei pazienti con MOM-HR erano più elevate rispetto ai controlli. Il rilascio di ioni Cr e Co nei pazienti con MOM-HR è risultato superiore rispetto ai soggetti con MOM-THA. Da un’analisi basata sul sesso, è emerso che nelle femmine con MOM-HR i livelli di ioni Cr e Co sono risultati significativamente aumentati rispetto alle femmine con MOM-THA. Indipendentemente dal tipo di impianto, gli accoppiamenti metallo-metallo (MOM) producono concentrazioni di ioni metallici significativamente più alte a follow-up a lungo termine rispetto a quelle osservate nei soggetti sani. Un fattore che deve essere attentamente considerato nella scelta dell’impianto, e in particolar modo nei soggetti giovani, è il cospicuo rilascio di ioni Cr e Co nella popolazione femminile con MOM-HR.
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L'intervento di connessione cavo-polmonare totale (TCPC) nei pazienti portatori di cuore univentricolare, a causa della particolare condizione emodinamica, determina un risentimento a carico di numerosi parenchimi. Scopo della ricerca è di valutare l'entità di questo danno ad un follow-up medio-lungo. Sono stati arruolati 115 pazienti, sottoposti ad intervento presso i centri di Cardiochirurgia Pediatrica di Bologna (52 pz) e Torino (63 pz). Il follow-up medio è stato di 125±2 mesi. I pazienti sono stati sottoposti ad indagine emodinamica (88 pz), test cardiopolmonare (75 pz) e Fibroscan ed ecografia epatica (47 pz). La pressione polmonare media è stata di 11.5±2.6mmHg, ed in 12 pazienti i valori di pressione polmonare erano superiori a 15mmHg. La pressione atriale media era di 6.7±2.3mmHg ed il calcolo delle resistenze vascolari polmonari indicizzate (RVP) era in media di 2±0.99 UW/m2. In 29 pazienti le RVP erano superiori a 2 UW/m2. La VO2 max in media era pari a 28±31 ml/Kg/min, 58±15 % del valore teorico. La frequenza cardiaca massima all'apice dello sforzo era di 151±22 bpm, pari al 74±17% del valore teorico. Il Fibroscan ha fornito un valore medio di 17.01 kPa (8-34.3kPa). Cinque pazienti erano in classe F2, 9 pazienti in classe F3 e 33 pazienti risultavano in classe F4. Nei pazienti con follow-up maggiore di 10 anni il valore di stiffness epatica (19.6±5.2kPa) è risultato significativamente maggiore a quello dei pazienti con follow-up minore di 10 anni (15.1±5.8kPa, p<0.01). La frequenza cardiaca massima raggiunta durante lo sforzo del test cardiopolmonare è risultata significativamente correlata alla morfologia del ventricolo unico, risultando del 67.8±14.4% del valore teorico nei pazienti portatori di ventricolo destro contro il 79.6±8.7% dei portatori di ventricolo sinistro (p=0.006). L'intervento di TCPC determina un risentimento a carico di numerosi parenchimi proporzionale alla lunghezza del follow-up, e necessita pertanto un costante monitoraggio clinico-strumentale multidisciplinare.
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Background. Clinical significance of multifocal pulmonary neuroendocrine proliferations (MNEP), including tumorlets and pulmonary neuroendocrine cell hyperplasia, in association with Typical Carcinoid (TC), is still debated. Methods. A large retrospective series of TC with long-term follow-up data prospectively collected from two institutions was evaluated. Recurrence or new TC development was followed-up. Patients with TC alone and MNEP+TC were compared. Results. 234 TC patients undergone surgery were included: 41 MNEP+TC (17.5%) and 193 TC alone (82.5%). In the MNEP+TC group older age (p<0.001), peripheral tumors (p=0.0032), smaller tumor size (p=0.011) and lymph-nodal spread (p=0.02) were observed in comparison with TC group. Relapses occurred in 8 patients (19.5%) in the MNEP+TC group and in 7 (3.6%) of the TC group. The 10-years progression-free survival were 96.1% in TC and 83.8% in MNEP+TC (p<0.001). After matching, in 36 pairs of patients a significantly higher 5-years progression-free survival was calculated for TC group (p<0.01). Furthermore the odds of belonging to MNEP+TC group was higher with work-related exposure to inhalant agents (p=0.008), asthma/bronchitis (p=0.002), emphysema, fibrosis and inflammatory status (p=0.032), micronodules on the chest CT scan and respiratory insufficiency (p=0.036). Conclusions. The identification of MNEP requires careful pathological examination and postoperative follow-up. MNEP seems to be an adverse prognostic factor in patients with synchronous TC. Therefore, suspicion of MNEP during the pre-operative assessment should not be underestimated, enabling changes in the surgical strategy.
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Il principale motivo di ospedalizzazione del lattante è la bronchiolite acuta, causata in primis dal Virus Respiratorio Sinciziale (VRS). In questo ambito appaiono controversi i risultati in letteratura riguardo: carica del VRS, risposta immunitaria ed infiammatoria dell’ospite, microbiota del paziente (durante l’infezione e per successivo sviluppo di wheezing e asma). In questo studio di coorte prospettico monocentrico vengono arruolati lattanti peraltro sani ricoverati per primo episodio di bronchiolite acuta, da VRS o da altro agente, per valutare primariamente la relazione tra decorso clinico e carica del VRS, secondariamente l’associazione con specifiche composizioni e modifiche nel tempo del microbiota nasofaringeo ed intestinale durante la fase acuta e nel lungo termine in relazione a sviluppo di wheezing ricorrente. Nello studio sono stati arruolati finora 89 pazienti, di cui 68 con bronchiolite da VRS (76.4%), con analisi della carica virale su 41 lattanti (60.3%) e del microbiota su 20 (29.4%). L’analisi della carica del VRS non ha riscontrato associazione tra outcome di severità clinica quali necessità e durata di ossigenoterapia, nonché durata di ricovero. La presenza di trend di associazione tra carica virale all’ingresso e picco del VRS-RNA con necessità di ossigenoterapia ad alto flusso (HFNC) e l’associazione significativa di clearance di VRS con HFNC (p = 0.03) suggeriscono che la carica virale potrebbe influenzare la severità della bronchiolite da VRS. Le analisi del microbiota evidenziano numerosi genera mai descritti finora in letteratura a nostra conoscenza (es. Alloiococcus e Leptotrichia su aspirato, nonché tutti i dati emersi dallo studio della saliva, prima volta in letteratura) ed un generale aumento della diversity a 6 mesi dalla dimissione. Occorrerà completare l’analisi della carica del VRS con quella del sistema infiammatorio dell’ospite, nonché studiare il microbiota sui campioni del follow-up a lungo termine per la verifica di eventuali associazioni con sviluppo di wheezing e asma.
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Cerebellar malformation are increasingly diagnosed in utero. To assess the effectiveness of ultrasound and fetal magnetic resonance in the antenatal prediction of long term neurodevelopmental delay. STUDY DESIGN: We collected 105 cases of cerebellum malformation in the period 2000-2010 in Bologna and Bari University. Classification included cystic anomalies of posterior fossa and cerebellar hypoplasia. RESULTS: The greater group included Blake’s pouch cysts and mega cisterna magna cases (58/105). These cases seemed to have a good prognosis with a good outcome both in association with other anomalies and isolated. In cases of Dandy Walker malformation, vermis hypoplasia and cerebellum hypoplasia there were few survivors, so it was so difficult to outline some conclusion for child outcome. Despite great neuroimaging advances, in our study, ultrasound and MR reached a similar sensitivity (62-63%) for the diagnosis of posterior fossa anomalies, but the number of MR was lower compared with ultrasonography. CONCLUSION: Ultrasonography remains the screening method of choice for evaluation of cerebellum anatomy but probably MR imaging can improve some details expecially in the third trimester. Despite the data on Dandy Walker, vermis hypoplasia and cerebellum hypoplasia were conflicting and uncertain, for Blake and mega cisterna magna we can considered a rather good outcome.
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Background: Clinical trials have demonstrated that selected secondary prevention medications for patients after acute myocardial infarction (AMI) reduce mortality. Yet, these medications are generally underprescribed in daily practice, and older people are often absent from drug trials. Objectives: To examine the relationship between adherence to evidence-based (EB) drugs and post-AMI mortality, focusing on the effects of single therapy and polytherapy in very old patients (≥80 years) compared with elderly and adults (<80 years). Methods: Patients hospitalised for AMI between 01/01/2008 and 30/06/2011 and resident in the Local Health Authority of Bologna were followed up until 31/12/2011. Medication adherence was calculated as the proportion of days covered for filled prescriptions of angiotensin-converting enzyme inhibitors (ACEIs)/angiotensin receptor blockers (ARBs), β-blockers, antiplatelet drugs, and statins. We adopted a risk set sampling method, and the adjusted relationship between medication adherence (PDC≥75%) and mortality was investigated using conditional multiple logistic regression. Results: The study population comprised 4861 patients. During a median follow-up of 2.8 years, 1116 deaths (23.0%) were observed. Adherence to the 4 EB drugs was 7.1%, while nonadherence to any of the drugs was 19.7%. For both patients aged ≥80 years and those aged <80 years, rate ratios of death linearly decreased as the number of EB drugs taken increased. There was a significant inverse relationship between adherence to each of 4 medications and mortality, although its magnitude was higher for ACEIs/ARBs (adj. rate ratio=0.60, 95%CI=0.52–0.69) and statins (0.60, 0.50–0.72), and lower for β-blockers (0.75, 0.61–0.92) and antiplatelet drugs (0.73, 0.63–0.84). Conclusions: The beneficial effect of EB polytherapy on long-term mortality following AMI is evident also in nontrial older populations. Given that adherence to combination therapies is largely suboptimal, the implementation of strategies and initiatives to increase the use of post-AMI secondary preventive medications in old patients is crucial.
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L’ictus è un importante problema di salute pubblica, è causa di morte e disabilità nella popolazione anziana. La necessità di strategie di prevenzione secondaria e terziaria per migliorare il funzionamento post-ictus e prevenire o ritardare altre condizioni disabilitanti, ha portato l’Italia a sviluppare un intervento di Attività Fisica Adattata (AFA) per l’ictus, che permettesse di migliorare gli esiti della riabilitazione. Obiettivo dello studio è di valutare se l’AFA unita all’Educazione Terapeutica (ET), rispetto al trattamento riabilitativo standard, migliora il funzionamento e la qualità di vita in pazienti con ictus. Studio clinico non randomizzato, in cui sono stati valutati 229 pazienti in riabilitazione post-ictus, 126 nel gruppo sperimentale (AFA+ET) e 103 nel gruppo di controllo. I pazienti sono stati valutati al baseline, a 4 e a 12 mesi di follow-up. Le misure di esito sono il cambiamento a 4 mesi di follow-up (che corrisponde a 2 mesi post-intervento nel gruppo sperimentale) di: distanza percorsa, Berg Balance Scale, Short Physical Performance Battery, e Motricity Index. Le variabili misurate a 4 e a 12 mesi di follow-up sono: Barthel Index, Geriatric Depression Scale, SF-12 e Caregiver Strain Index. La distanza percorsa, la performance fisica, l’equilibrio e il punteggio della componente fisica della qualità di vita sono migliorate a 4 mesi nel gruppo AFA+ET e rimasti stabili nel gruppo di controllo. A 12 mesi di follow-up, il gruppo AFA+ET ottiene un cambiamento maggiore, rispetto al gruppo di controllo, nell’abilità di svolgimento delle attività giornaliere e nella qualità di vita. Infine il gruppo AFA+ET riporta, nell’ultimo anno, un minor numero di fratture e minor ricorso a visite riabilitative rispetto al gruppo di controllo. I risultati confermano che l’AFA+ET è efficace nel migliorare le condizioni cliniche di pazienti con ictus e che gli effetti, soprattutto sulla riabilitazione fisica, sono mantenuti anche a lungo termine.
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BACKGROUND: Severe acute respiratory syndrome coronavirus-2 (SARS-CoV-2) infection in pregnancy has been associated with multiple adverse pregnancy outcomes, including the risk of in utero mother-to-child transmission. Short- and long-term outcomes of SARS-CoV-2 exposed neonates and the extent to which maternal SARS-CoV-2 antibodies are transferred to neonates are still unclear. METHODS: Prospective observational study enrolling neonates born to mothers with SARS-CoV-2 infection in pregnancy, between April 2020-April 2021. Neonates were evaluated at birth and enrolled in a 12-month follow-up. SARS-CoV-2 IgG transplacental transfer ratio was assessed in mother-neonate dyads at birth. Maternal derived IgG were followed in infants until negativizing. RESULTS: Of 2745 neonates, 106 (3.9%) were delivered by mothers with SARS-CoV-2 infection in pregnancy. Seventy-six of 106 (71.7%) mothers were symptomatic. Median gestational age and mean birth weight were 39 weeks (range 25+5-41+4) and 3305 grams (SD 468). Six of 106 (6%) neonates were born preterm, without significant differences between asymptomatic and symptomatic mothers (P=0.67). No confirmed cases of in utero infection were detected. All infants had normal cerebral ultrasound and clinical evaluation at birth and during follow-up, until a median age of 7 months (range 5-12). All mothers and 96/106 (90.5%) neonates had detectable SARS-CoV-2 IgG at birth. Transplacental transfer ratio was higher following second trimester maternal infections (mean 0.940.46 versus 1.070.64 versus 0.750.44, P=0.039), but was not significantly different between asymptomatic and symptomatic women (P=0.20). IgG level in infants progressively decreased after birth: at 3 months 53% (51/96) and at four months 68% (63/96) had lost maternal antibodies respectively. The durability of maternal antibodies was positively correlated to the IgG level at birth (r=0.66; P<0.00001). CONCLUSIONS: Maternal SARS-CoV-2 infection was not associated with increased neonatal or long-term morbidity. No cases of confirmed in utero infection were detected. Efficient transplacental IgG transfer was found following second trimester maternal infections.
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Background: The frozen elephant trunk(FET) technique is one of the last evolution in the treatment of complex pathologies of the aortic arch and the descending thoracic aorta.Materials and methods: Between January 2007 and March 2021, a total of 396 patients underwent total aortic arch replacements with the FET technique in our centre.The main indications were thoracic aortic aneurysm(n=104,28.2%), chronic aortic dissection(n=224,53.4%) and acute aortic dissection(n=68, 18.4%). We divided the population in two groups according the position of the distal anastomosis (zone 2 vs zone 3) and the length of the stent graft (< 150 mm vs > 150 mm): conservative group (Zone 2 anastomosis + stent length < 150mm, n. 140 pts) and aggressive group (zone 3 anastomosis + stent length > 150mm, n. 141). Results: The overall 30-day mortality rate was 13%(48/369); the risk factor analysis showed that an aggressive approach was neither a risk factor for major complication (permanent dialysis, tracheostomy, bowel malperfusion and permanent paraplegia) neither for 30-day mortality. The survival rate at 1, 5,10 and 15 years was 87.7%,75%,61.3% and 58.4% respectively. During the follow up, an aortic reintervention was performed in 122 patients (38%), 5 patients received a non-aortic cardiac surgery. Freedom from aortic reintervention at 1-,5- and 10-year was 77%,54% and 44% respectively. The freedom from aortic reintervention was higher in the ‘aggressive’ group (62.5%vs40.0% at 5 years, log-rank=0.056). An aggressive approach was not protective for aortic reintervention at follow up and for death at follow up. Conclusions: The FET technique represents a feasible and efficient option in the treatment of complex thoracic aortic pathologies. An aortic reintervention after FET is very common and the decision-making approach should consider and balance the higher risk of an aggressive approach in terms of post-operative complication versus the higher risk of a second aortic reintervention at follow-up.
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Introduction The maternal vasculature undergoes significant adaptations during pregnancy to meet the increased metabolic demands of the developing fetus. These adaptations include increased cardiac output and blood volume, as well as reduced systemic vascular resistance. In Hypertensive disorders of pregnancy (HDP) there is an impaired cardiovascular adaptation to pregnancy with effects extending beyond pregnancy. In the present study we aimed to characterize long-term cardiovascular status of women who suffered from HDP. Methods Fifty-eight women who attended at least one post-partum visit and a follow-up visit after at least 5 years from delivery were enrolled in the study. Exclusion criteria included multiple pregnancy, fetal genetic or congenital abnormalities, maternal history of organ transplantation, or chronic renal failure (eGFR≤45ml/min/1.73m2). In the follow-up visit participants underwent a complete cardiovascular assessment including echocardiography and multiparametric vascular function assessment. Results and Discussion Two major cardiovascular events, one stroke and one myocardial infarction, occurred both in women with index-pregnancy complicated by preeclampsia (PE). While not statistically significant, women with HDP-non-PE and PE displayed a trend towards an increased risk of developing composite cardiovascular outcome, and women with PE tended to experience it sooner. Nearly half of the women with a history of HDP, whether PE or HDP-non-PE, developed chronic hypertension. Some women also developed hyperuricemia, chronic kidney disease (CKD), and type 2 diabetes at follow- up, most of them had a previous history of PE. Structural and functional cardiac changes were observed in a few cases, especially among women with PE, and vascular dysfunction was more common in women with a history of HDP compared to those with normotensive pregnancies. Results of the present study adds on literature on long-term cardiovascular impact of HDP and further emphasize the importance of a timely follow-up of women who suffered from HDP and particularly PE.
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Background: sebbene la letteratura recente abbia suggerito che l’utilizzo degli impianti corti possa rappresentare una alternative preferibile alle procedure di rigenerazione ossea nelle aree posteriori atrofiche, perché è un trattamento più semplice e con meno complicazioni, esistono solo pochi studi a medio e lungo termine che abbiano comparato queste tecniche. Scopo: lo scopo di questo studio retrospettivo è quello di valutare se gli impianti corti (6-8 mm) (gruppo impianti corti) possano presentare percentuali di sopravvivenza e valori di riassorbimento osseo marginali simili a impianti di dimensioni standard (≥11 mm) inseriti contemporaneamente ad una grande rialzo di seno mascellare. Materiali e Metodi: in totale, 101 pazienti sono stati inclusi: 48 nel gruppo impianti corti e 53 nel gruppo seno. In ciascun paziente da 1 a 3 impianti sono stati inseriti e tenuti sommersi per 4-6 mesi. I parametri clinici e radiografici valutati sono: i fallimenti implantari, le complicazioni, lo stato dei tessuti molli, e il riassorbimento osseo marginale. Tutti i pazienti sono stati seguiti per almeno 3 anni dal posizionamento implantare. Risultati: il periodo di osservazione medio è stato di 43.47 ± 6.1 mesi per il gruppo impianti corti e 47.03 ± 7.46 mesi per il gruppo seno. Due su 101 impianti corti e 6 su 108 impianti standard sono falliti. Al follow-up finale, si è riscontrato un riassorbimento osseo medio di 0.47 ± 0.48 mm nel gruppo impianti corti versus 0.64 ± 0.58 mm nel gruppo seno. Non sono presenti differenze statisticamente significative fra i gruppi in termini di fallimenti implantari, complicazioni protesiche, tessuti molli, e riassorbimento osseo. Il gruppo seno ha presentato, invece, un maggior numero di complicazioni chirurgiche. Conclusioni: entrambe le tecniche hanno dimostrato un simile tasso di successo clinico e radiografico, ma gli impianti corti hanno ridotto il numero di complicazioni chirurgiche.
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This dissertation has two main themes: first, the economic impact of tourism on cities and, secondly, the determinants of European long-run development, with a focus on the pre-Industrial era. The common thread is the attempt to develop economic geography models that incorporate spatial frictions and are liable to be given empirical content. Chapter 1, written in conjunction with G. Alfredo Minerva, provides an empirical analysis of the relationship between tourism and economic activity across Italian municipalities, and lays down the basic elements of an urban theory of tourism in an a-spatial setting. Chapter 2 extends these ideas to a quantitative urban framework to study the economic impact and the welfare consequences of tourism into the city of Venice. The model is given empirical content thanks to a large collection of data at the Census tract level for the Municipality of Venice, and then used to perform counterfactual policty analysis. In chapter 3, with Matteo Santacesaria, we consider a setting where agents are continuously distributed over a two-dimensional heterogeneous geography, and are allowed to do business at a finite set of markets. We study the equilibrium partition of the economic space into a collection of mutually-exclusive market areas, and provide condition for this equilibrium partition to exist and to be unique. Finally, chapter 4 "The rise of (urban) Europe: a Quantitative-Spatial analysis", co-authored with Matteo Cervellati and Alex Lehner, sets up a quantitative economic geography model to understand the roots of the Industrial Revolution, in an attempt to match the evolution of the European urban network, and the corresponding city-size distribution, over the period A.D. 1000-1850. It highlights the importance of agricultural trade across cities for the emergence of large manufacturing hubs.
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The First Cataract region (Egypt) has always played a crucial role as a border area and a crossroads for cultures and people living in adjacent landscapes. The region has its central point in the modern city of Aswan, but it extends up to the Kom Ombo Plain in the north and reaches the Bab el-Kalabsha in the south. Its eastern and western limits cannot be defined with the same precision, given that they are located in deserts. This research focused on the landscape analysis of the region intended as a complex entanglement of archaeological evidence in a geographical and natural environment whose changes impacted and, simultaneously, were influenced by human activities. Settlement patterns and land use can give interesting information on how these relationships worked from a diachronic perspective and how they shaped the region’s characteristics. To understand the links between the human presence and its evidence and the landscape of the First Cataract region, the integration of various datasets was needed, from historical and archaeological ones to the remote sensing observation of large areas. An area corresponding to ca. 18.000 km2 has been selected for this research. The chronological framework has been chosen to cover a considerable period, from the beginning of the 5th millennium BCE to the 7th century AD. Multi-temporality and multifunctionality appear as two essential aspects when the archaeological evidence of the First Cataract region is considered in its geographical and topographical setting as a general context for settlement patterns and resource exploitation analyses. A combination of remote sensing data and topographical materials has been integrated with archaeological evidence to obtain information about resource exploitation strategies and settlement adaptation from a diachronic perspective.