2 resultados para Head trauma

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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The proximal femur is a high-diversity region of the human skeleton, especially at the anterior junction between head and neck, where various bony morphologies have been recognized since mid nineteenth century. Classical literature on this topic is chaotic and contradictory, making almost impossible the comparison of data from different researches. Starting from an extensive bibliographic review, the first standardized method to score these traits has been created. This method allows representing both the anatomical diversity of the region already described in literature and a part of variability not considered before, giving few and univocal definitions and allowing to collect comparable data. The method has been applied to three identified and five archaeological European skeletal collections, with the aim of investigating the distribution of these features by sex, age and side, in different places and time periods. It has also been applied to 3D digital reconstructions of femurs from CT scan files of coxo-femoral joints from fresh cadavers. In addition to the osseous traits described in the standardized method, the presence and frequency of some features known as herniation pits have been scored both on bones and on CT scans. The various osseous traits of the proximal femur are present at similar frequencies in skeletal samples from different countries and different historical periods, even if with clear local differentiation. Some of the features examined show significant trends related to their distribution by gender and age. Some hypotheses are proposed about the etiology of these morphologies and their possible implication with the acquisition of bipedalism in Humans. It is therefore highlighted the possible relation of some of these traits with the development of disorders of the hip joint. Moreover, it is not recommended the use of any of these features as a specific activity-related marker.

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Oggetto di questa tesi è l’analisi delle modalità di rappresentazione del trauma nel romanzo del Novecento e, in particolare, nelle opere di Samuel Beckett, Georges Perec e Agota Kristof. Fondamento dello studio sarà una disamina dei procedimenti linguistici e narrativi di rappresentazione del trauma nelle prose degli autori citati, al fine tracciare le linee di un’estetica in grado di descrivere le caratteristiche peculiari delle narrazioni in cui la dimensione antinarrativa della memoria traumatica assume il ruolo di principio estetico guida. L’analisi si soffermerà sulla cruciale relazione esistente, in tutti e tre gli autori, tra rappresentazione del trauma e sviluppo di strategie narrativi definibili come “denegative”. L’analisi dei testi letterari è condotta sulla base del corpus critico dei Trauma Studies, dell’ermeneutica della narrazione di stampo ricœuriano e della teoria del linguaggio psicoanalitica e affiancata, ove possibile, da uno studio filologico-genetico dei materiali d’autore. Alla luce di tali premesse, intendo rivalutare il carattere rappresentativo e testimoniale della letteratura del secolo scorso, in contrasto con la consuetudine a vedere nel romanzo novecentesco il trionfo dell’antimimesi e il declino del racconto. Dal momento che le narrazioni traumatiche si costruiscono intorno e attraverso i vuoti di linguaggio, la tesi è che siano proprio questi vuoti linguistici e narrativi (amnesie, acronie, afasie, lapsus, omissioni e mancanze ancora più sofisticate come nel caso di Perec) a rappresentare, in modo mimetico, la realtà apparentemente inaccessibile del trauma. Si tenterà di dimostrare come questi nuovi canoni di rappresentazione non denuncino l’impossibilità del racconto, bensì una sfida al silenzio, celata in più sottili e complesse convenzioni narrative, le quali mantengono un rapporto di filiazione indiretto − per una via che potremmo definire denegativa − con quelle del romanzo tradizionale.