7 resultados para HUMAN SERUM PARAOXONASE

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


Relevância:

90.00% 90.00%

Publicador:

Resumo:

The aim of this thesis was to investigate the regenerative potential of alternative sources of stem cells, derived from human dental pulp (hDPSCs) and amniotic fluid (hAFSCs) and, specifically, to evaluate their capability to be committed towards osteogenic and myogenic lineages, for the eventual applicability of these stem cells to translational strategies in regenerative medicine of bone and skeletal muscle tissues. The in vitro bone production by stem cells may represent a radical breakthrough in the treatment of pathologies and traumas characterized by critical bone mass defects, with no medical or surgical solution. Human DPSCs and AFSCs were seeded and pre-differentiated on different scaffolds to test their capability to subsequently reach the osteogenic differentiation in vivo, in order to recover critical size bone defects. Fibroin scaffold resulted to be the best scaffold promoting mature bone formation and defect correction when combined to both hDPSCs and hAFSCs. This study also described a culture condition that might allow human DPSCs to be used for human cell therapy in compliance with good manufacturing practices (GMPs): the use of human serum (HS) promoted the expansion and the osteogenic differentiation of hDPSCs in vitro and, furthermore, allowed pre-differentiated hDPSCs to regenerate critical size bone defects in vivo. This thesis also showed that hDPSCs and hAFSCs can be differentiated towards the myogenic lineage in vitro, either when co-cultured with murine myoblasts and when differentiated alone after DNA demethylation treatment. Interestingly, when injected into dystrophic muscles of SCID/mdx mice - animal model of Duchenne Muscular Dystrophy (DMD) - hDPSCs and hAFSCs pre-differentiated after demethylating treatment were able to regenerate the skeletal muscle tissue and, particularly, to restore dystrophin expression. These observations suggest that human DPSCs and AFSCs might be eventually applied to translational strategies, in order to enhance the repair of injured skeletal muscles in DMD patients.

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

L’infezione da virus dell’ epatite E (HEV) nei suini e nell’uomo è stata segnalata in diversi Paesi. Nei suini, il virus causa infezioni asintomatiche, mentre nell’uomo è responsabile di epidemie di epatite ad andamento acuto nei Paesi a clima tropicale o subtropicale con condizioni igieniche scadenti, di casi sporadici in quelli sviluppati. HEV è stato isolato anche in diversi animali e l’analisi nucleotidica degli isolati virali di origine animale ha mostrato un elevato grado di omologia con i ceppi di HEV umani isolati nelle stesse aree geografiche, avvalorando l’ipotesi che l'infezione da HEV sia una zoonosi. In America del Sud HEV suino è stato isolato per la prima volta in suini argentini nel 2006, mentre solo dal 1998 esistono dati sull’ infezione da HEV nell’uomo in Bolivia. In questa indagine è stato eseguito uno studio di sieroprevalenza in due comunità rurali boliviane e i risultati sono stati confrontati con quelli dello studio di sieroprevalenza sopra menzionato condotto in altre zone rurali della Bolivia. Inoltre, mediante Nested RT-PCR, è stata verificata la presenza di HEV nella popolazione umana e suina. La sieroprevalenza per anticorpi IgG anti-HEV è risultata pari al 6,2%, molto simile a quella evidenziata nello studio precedente. La prevalenza maggiore (24%) si è osservata nei soggetti di età compresa tra 41 e 50 anni, confermando che l’ infezione da HEV è maggiore fra i giovani-adulti. La ricerca di anticorpi anti HEV di classe IgM eseguita su 52 sieri ha fornito 4 risultati positivi. Il genoma virale è stato identificato in uno dei 22 pool di feci umane e l'esame virologico di 30 campioni individuali fecali e 7 individuali di siero ha fornito rispettivamente risultati positivi in 4/30 e 1/7. La Nested RT-PCR eseguita sui 22 pool di feci suine ha dato esito positivo in 7 pool. L’analisi delle sequenze genomiche di tutti gli amplificati ha consentito di stabilire che gli isolati umani appartenevano allo stesso genotipo III di quelli suini e presentavano con questi una elevata omologia aminoacidica (92%).

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

Negli ultimi anni, un crescente numero di studiosi ha focalizzato la propria attenzione sullo sviluppo di strategie che permettessero di caratterizzare le proprietà ADMET dei farmaci in via di sviluppo, il più rapidamente possibile. Questa tendenza origina dalla consapevolezza che circa la metà dei farmaci in via di sviluppo non viene commercializzato perché ha carenze nelle caratteristiche ADME, e che almeno la metà delle molecole che riescono ad essere commercializzate, hanno comunque qualche problema tossicologico o ADME [1]. Infatti, poco importa quanto una molecola possa essere attiva o specifica: perché possa diventare farmaco è necessario che venga ben assorbita, distribuita nell’organismo, metabolizzata non troppo rapidamente, ne troppo lentamente e completamente eliminata. Inoltre la molecola e i suoi metaboliti non dovrebbero essere tossici per l’organismo. Quindi è chiaro come una rapida determinazione dei parametri ADMET in fasi precoci dello sviluppo del farmaco, consenta di risparmiare tempo e denaro, permettendo di selezionare da subito i composti più promettenti e di lasciar perdere quelli con caratteristiche negative. Questa tesi si colloca in questo contesto, e mostra l’applicazione di una tecnica semplice, la biocromatografia, per caratterizzare rapidamente il legame di librerie di composti alla sieroalbumina umana (HSA). Inoltre mostra l’utilizzo di un’altra tecnica indipendente, il dicroismo circolare, che permette di studiare gli stessi sistemi farmaco-proteina, in soluzione, dando informazioni supplementari riguardo alla stereochimica del processo di legame. La HSA è la proteina più abbondante presente nel sangue. Questa proteina funziona da carrier per un gran numero di molecole, sia endogene, come ad esempio bilirubina, tiroxina, ormoni steroidei, acidi grassi, che xenobiotici. Inoltre aumenta la solubilità di molecole lipofile poco solubili in ambiente acquoso, come ad esempio i tassani. Il legame alla HSA è generalmente stereoselettivo e ad avviene a livello di siti di legame ad alta affinità. Inoltre è ben noto che la competizione tra farmaci o tra un farmaco e metaboliti endogeni, possa variare in maniera significativa la loro frazione libera, modificandone l’attività e la tossicità. Per queste sue proprietà la HSA può influenzare sia le proprietà farmacocinetiche che farmacodinamiche dei farmaci. Non è inusuale che un intero progetto di sviluppo di un farmaco possa venire abbandonato a causa di un’affinità troppo elevata alla HSA, o a un tempo di emivita troppo corto, o a una scarsa distribuzione dovuta ad un debole legame alla HSA. Dal punto di vista farmacocinetico, quindi, la HSA è la proteina di trasporto del plasma più importante. Un gran numero di pubblicazioni dimostra l’affidabilità della tecnica biocromatografica nello studio dei fenomeni di bioriconoscimento tra proteine e piccole molecole [2-6]. Il mio lavoro si è focalizzato principalmente sull’uso della biocromatografia come metodo per valutare le caratteristiche di legame di alcune serie di composti di interesse farmaceutico alla HSA, e sul miglioramento di tale tecnica. Per ottenere una miglior comprensione dei meccanismi di legame delle molecole studiate, gli stessi sistemi farmaco-HSA sono stati studiati anche con il dicroismo circolare (CD). Inizialmente, la HSA è stata immobilizzata su una colonna di silice epossidica impaccata 50 x 4.6 mm di diametro interno, utilizzando una procedura precedentemente riportata in letteratura [7], con alcune piccole modifiche. In breve, l’immobilizzazione è stata effettuata ponendo a ricircolo, attraverso una colonna precedentemente impaccata, una soluzione di HSA in determinate condizioni di pH e forza ionica. La colonna è stata quindi caratterizzata per quanto riguarda la quantità di proteina correttamente immobilizzata, attraverso l’analisi frontale di L-triptofano [8]. Di seguito, sono stati iniettati in colonna alcune soluzioni raceme di molecole note legare la HSA in maniera enantioselettiva, per controllare che la procedura di immobilizzazione non avesse modificato le proprietà di legame della proteina. Dopo essere stata caratterizzata, la colonna è stata utilizzata per determinare la percentuale di legame di una piccola serie di inibitori della proteasi HIV (IPs), e per individuarne il sito(i) di legame. La percentuale di legame è stata calcolata attraverso il fattore di capacità (k) dei campioni. Questo parametro in fase acquosa è stato estrapolato linearmente dal grafico log k contro la percentuale (v/v) di 1-propanolo presente nella fase mobile. Solamente per due dei cinque composti analizzati è stato possibile misurare direttamente il valore di k in assenza di solvente organico. Tutti gli IPs analizzati hanno mostrato un’elevata percentuale di legame alla HSA: in particolare, il valore per ritonavir, lopinavir e saquinavir è risultato maggiore del 95%. Questi risultati sono in accordo con dati presenti in letteratura, ottenuti attraverso il biosensore ottico [9]. Inoltre, questi risultati sono coerenti con la significativa riduzione di attività inibitoria di questi composti osservata in presenza di HSA. Questa riduzione sembra essere maggiore per i composti che legano maggiormente la proteina [10]. Successivamente sono stati eseguiti degli studi di competizione tramite cromatografia zonale. Questo metodo prevede di utilizzare una soluzione a concentrazione nota di un competitore come fase mobile, mentre piccole quantità di analita vengono iniettate nella colonna funzionalizzata con HSA. I competitori sono stati selezionati in base al loro legame selettivo ad uno dei principali siti di legame sulla proteina. In particolare, sono stati utilizzati salicilato di sodio, ibuprofene e valproato di sodio come marker dei siti I, II e sito della bilirubina, rispettivamente. Questi studi hanno mostrato un legame indipendente dei PIs ai siti I e II, mentre è stata osservata una debole anticooperatività per il sito della bilirubina. Lo stesso sistema farmaco-proteina è stato infine investigato in soluzione attraverso l’uso del dicroismo circolare. In particolare, è stato monitorata la variazione del segnale CD indotto di un complesso equimolare [HSA]/[bilirubina], a seguito dell’aggiunta di aliquote di ritonavir, scelto come rappresentante della serie. I risultati confermano la lieve anticooperatività per il sito della bilirubina osservato precedentemente negli studi biocromatografici. Successivamente, lo stesso protocollo descritto precedentemente è stato applicato a una colonna di silice epossidica monolitica 50 x 4.6 mm, per valutare l’affidabilità del supporto monolitico per applicazioni biocromatografiche. Il supporto monolitico monolitico ha mostrato buone caratteristiche cromatografiche in termini di contropressione, efficienza e stabilità, oltre che affidabilità nella determinazione dei parametri di legame alla HSA. Questa colonna è stata utilizzata per la determinazione della percentuale di legame alla HSA di una serie di poliamminochinoni sviluppati nell’ambito di una ricerca sulla malattia di Alzheimer. Tutti i composti hanno mostrato una percentuale di legame superiore al 95%. Inoltre, è stata osservata una correlazione tra percentuale di legame è caratteristiche della catena laterale (lunghezza e numero di gruppi amminici). Successivamente sono stati effettuati studi di competizione dei composti in esame tramite il dicroismo circolare in cui è stato evidenziato un effetto anticooperativo dei poliamminochinoni ai siti I e II, mentre rispetto al sito della bilirubina il legame si è dimostrato indipendente. Le conoscenze acquisite con il supporto monolitico precedentemente descritto, sono state applicate a una colonna di silice epossidica più corta (10 x 4.6 mm). Il metodo di determinazione della percentuale di legame utilizzato negli studi precedenti si basa su dati ottenuti con più esperimenti, quindi è necessario molto tempo prima di ottenere il dato finale. L’uso di una colonna più corta permette di ridurre i tempi di ritenzione degli analiti, per cui la determinazione della percentuale di legame alla HSA diventa molto più rapida. Si passa quindi da una analisi a medio rendimento a una analisi di screening ad alto rendimento (highthroughput- screening, HTS). Inoltre, la riduzione dei tempi di analisi, permette di evitare l’uso di soventi organici nella fase mobile. Dopo aver caratterizzato la colonna da 10 mm con lo stesso metodo precedentemente descritto per le altre colonne, sono stati iniettati una serie di standard variando il flusso della fase mobile, per valutare la possibilità di utilizzare flussi elevati. La colonna è stata quindi impiegata per stimare la percentuale di legame di una serie di molecole con differenti caratteristiche chimiche. Successivamente è stata valutata la possibilità di utilizzare una colonna così corta, anche per studi di competizione, ed è stata indagato il legame di una serie di composti al sito I. Infine è stata effettuata una valutazione della stabilità della colonna in seguito ad un uso estensivo. L’uso di supporti cromatografici funzionalizzati con albumine di diversa origine (ratto, cane, guinea pig, hamster, topo, coniglio), può essere proposto come applicazione futura di queste colonne HTS. Infatti, la possibilità di ottenere informazioni del legame dei farmaci in via di sviluppo alle diverse albumine, permetterebbe un migliore paragone tra i dati ottenuti tramite esperimenti in vitro e i dati ottenuti con esperimenti sull’animale, facilitando la successiva estrapolazione all’uomo, con la velocità di un metodo HTS. Inoltre, verrebbe ridotto anche il numero di animali utilizzati nelle sperimentazioni. Alcuni lavori presenti in letteratura dimostrano l’affidabilita di colonne funzionalizzate con albumine di diversa origine [11-13]: l’utilizzo di colonne più corte potrebbe aumentarne le applicazioni.

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

The study of the bio-recognition phenomena behind a biological process is nowadays considered a useful tool to deeply understand physiological mechanisms allowing the discovery of novel biological target and the development of new lead candidates. Moreover, understanding this kind of phenomena can be helpful in characterizing absorption, distribution, metabolism, elimination and toxicity properties of a new drug (ADMET parameters). Recent estimations show that about half of all drugs in development fail to make it to the market because of ADMET deficiencies; thus a rapid determination of ADMET parameters in early stages of drug discovery would save money and time, allowing to choose the better compound and to eliminate any losers. The monitoring of drug binding to plasma proteins is becoming essential in the field of drug discovery to characterize the drug distribution in human body. Human serum albumin (HSA) is the most abundant protein in plasma playing a fundamental role in the transport of drugs, metabolites and endogenous factors; so the study of the binding mechanism to HSA has become crucial to the early characterization of the pharmacokinetic profile of new potential leads. Furthermore, most of the distribution experiments carried out in vivo are performed on animals. Hence it is interesting to determine the binding of new compounds to albumins from different species to evaluate the reliability of extrapolating the distribution data obtained in animals to humans. It is clear how the characterization of interactions between proteins and drugs determines a growing need of methodologies to study any specific molecular event. A wide variety of biochemical techniques have been applied to this purpose. High-performance liquid affinity chromatography, circular dichroism and optical biosensor represent three techniques that can be able to elucidate the interaction of a new drug with its target and with others proteins that could interfere with ADMET parameters.

Relevância:

80.00% 80.00%

Publicador:

Resumo:

Alcune patologie dell’occhio come la retinopatia diabetica, il pucker maculare, il distacco della retina possono essere curate con un intervento di vitrectomia. I rischi associati all’intervento potrebbero essere superati ricorrendo alla vitrectomia enzimatica con plasmina in associazione o in sostituzione della vitrectomia convenzionale. Inoltre, l’uso di plasmina autologa eviterebbe problemi di rigetto. La plasmina si ottiene attivando il plasminogeno con enzimi quali l’attivatore tissutale (tPA) e l’urochinasi ( uPA ) . La purificazione del plasminogeno dal sangue avviene normalmente attraverso cromatografia di affinità con resina. Tuttavia, le membrane di affinità costituiscono un supporto ideale per questa applicazione poiché possono essere facilmente impaccate prima dell’intervento, permettendo la realizzazione di un dispositivo monouso che fornisce un processo rapido ed economico. Obiettivo di questo lavoro è la preparazione di membrane di affinità per la purificazione del plasminogeno utilizzando L-lisina come ligando di affinità. Per questo scopo sono state usate membrane in cellulosa rigenerata ad attivazione epossidica, modificate con due diversi protocolli per l’immobilizzazione di L-lisina. La densità ligando è stata misurata mediante un saggio colorimetrico che usa l’acido arancio 7 come indicatore. La resa di immobilizzazione è stata studiata in funzione del tempo di reazione e della concentrazione di L-lisina. Le membrane ottimizzate sono state caratterizzate con esperimenti dinamici usando siero bovino e umano, i risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti in esperimenti paralleli condotti con una resina commerciale di affinità con L-lisina. Durante gli esperimenti con siero, le frazioni provenienti da ogni fase cromatografica sono state raccolte e analizzate con HPLC ed elettroforesi SDS-PAGE. In particolare, l’elettroforesi dei campioni eluiti presenta una banda del plasminogeno ben definita indicando che le membrane di affinità con L-lisina sono adatte alla purificazione del plasminogeno. Inoltre, è emerso che le membrane hanno maggiore produttività della resina commerciale di riferimento.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

High serum levels of Interleukin-6 (IL-6) correlate with poor outcome in breast cancer patients. However no data are available on the relationship between IL-6 and stem/progenitor cells which may fuel the genesis of breast cancer in vivo. Herein, we address this issue in mammospheres (MS), multi-cellular structures enriched in stem/progenitor cells of the mammary gland, and also in MCF-7 breast cancer cells. We show that MS from node invasive breast carcinoma tissues express IL-6 mRNA at higher levels than MS from matched non-neoplastic mammary glands. We find that IL-6 mRNA is detectable only in basal-like breast carcinoma tissues, an aggressive variant showing stem cell features. Our results reveal that IL-6 triggers a Notch-3-dependent up-regulation of the Notch ligand Jagged-1, whose interaction with Notch-3 promotes the growth of MS and MCF-7 derived spheroids. Moreover, IL-6 induces a Notch-3-dependent up-regulation of the carbonic anhydrase IX gene, which promotes a hypoxia-resistant/invasive phenotype in MCF-7 cells and MS. Finally, an autocrine IL-6 loop relies upon Notch-3 activity to sustain the aggressive features of MCF-7-derived hypoxia-selected cells. In conclusion, our data support the hypothesis that IL-6 induces malignant features in Notch-3 expressing, stem/progenitor cells from human ductal breast carcinoma and normal mammary gland.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

The human airway epithelium is a pseudostratified heterogenous layer comprised of cili-ated, secretory, intermediate and basal cells. As the stem/progenitor population of the airway epi-thelium, airway basal cells differentiate into ciliated and secretory cells to replenish the airway epithelium during physiological turnover and repair. Transcriptome analysis of airway basal cells revealed high expression of vascular endothelial growth factor A (VEGFA), a gene not typically associated with the function of this cell type. Using cultures of primary human airway basal cells, we demonstrate that basal cells express all of the 3 major isoforms of VEGFA (121, 165 and 189) but lack functional expression of the classical VEGFA receptors VEGFR1 and VEGFR2. The VEGFA is actively secreted by basal cells and while it appears to have no direct autocrine function on basal cell growth and proliferation, it functions in a paracrine manner to activate MAPK signaling cascades in endothelium via VEGFR2 dependent signaling pathways. Using a cytokine- and serum-free co-culture system of primary human airway basal cells and human endothelial cells revealed that basal cell secreted VEGFA activated endothelium to ex-press mediators that, in turn, stimulate and support basal cell proliferation and growth. These data demonstrate novel VEGFA mediated cross-talk between airway basal cells and endothe-lium, the purpose of which is to modulate endothelial activation and in turn stimulate and sustain basal cell growth.