12 resultados para Darby Canine Kidney
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
NGAL è considerato dalla comunità scientifica un marcatore di danno renale sia di tipo ischemico che tossico. In questo studio è stato effettuato un follow-up ad un mese di una popolazione sottoposta a trapianto di rene, sono state analizzate la fase post-operatoria e l’immediato periodo di stabilizzazione del trapianto. E' stato osservato l’andamento di NGAL in relazione alle principali variabili incidenti.
Resumo:
Introduction Lower pole kidney stones represent at time a challenge for the urologist. The gold standard treatment for intrarenal stones <2 cm is Extracorporeal Shock Wave Lithotripsy (ESWL) while for those >2 cm is Percutaneous Nephrolithotomy (PCNL). The success rate of ESWL, however, decreases when it is employed for lower pole stones, and this is particularly true in the presence of narrow calices or acute infundibular angles. Studies have proved that ureteroscopy (URS) is an efficacious alternative to ESWL for lower pole stones <2 cm, but this is not reflected by either the European or the American guidelines. The aim of this study is to present the results of a large series of flexible ureteroscopies and PCNLs for lower pole kidney stones from high-volume centers, in order to provide more evidences on the potential indications of the flexible ureteroscopy for the treatment of kidney stones. Materials and Methods A database was created and the participating centres retrospectively entered their data relating to the percutaneous and flexible ureteroscopic management of lower pole kidney stones. Patients included were treated between January 2005 and January 2010. Variables analyzed included case load number, preoperative and postoperative imaging, stone burden, anaesthesia (general vs. spinal), type of lithotripter, access location and size, access dilation type, ureteral access sheath use, visual clarity, operative time, stone-free rate, complication rate, hospital stay, analgesic requirement and follow-up time. Stone-free rate was defined as absence of residual fragments or presence of a single fragment <2 mm in size at follow-up imaging. Primary end-point was to test the efficacy and safety of flexible URS for the treatment of lower pole stones; the same descriptive analysis was conducted for the PCNL approach, as considered the gold standard for the treatment of lower pole kidney stones. In this setting, no statistical analysis was conducted owing to the different selection criteria of the patients. Secondary end-point consisted in matching the results of stone-free rates, operative time and complications rate of flexible URS and PCNL in the subgroup of patients harbouring lower pole kidney stones between 1 and 2 cm in the higher diameter. Results A total 246 patients met the criteria for inclusion. There were 117 PCNLs (group 1) and 129 flexible URS (group 2). Ninety-six percent of cases were diagnosed by CT KUB scan. Mean stone burden was 175±160 and 50±62 mm2 for groups 1 and 2, respectively. General anaesthesia was induced in 100 % and 80% of groups 1 and 2, respectively. Pneumo-ultrasonic energy was used in 84% of cases in the PCNL group, and holmium laser in 95% of the cases in the flexible URS group. The mean operative time was 76.9±44 and 63±37 minutes for groups 1 and 2 respectively. There were 12 major complications (11%) in group 1 (mainly Grade II complications according to Clavidien classification) and no major complications in group 2. Mean hospital stay was 5.7 and 2.6 days for groups 1 and 2, respectively. Ninety-five percent of group 1 and 52% of group 2 required analgesia for a period longer than 24 hours. Intraoperative stone-free rate after a single treatment was 88.9% for group 1 and 79.1% for group 2. Overall, 6% of group 1 and 14.7% of group 2 required a second look procedure. At 3 months, stone-free rates were 90.6% and 92.2% for groups 1 and 2, respectively, as documented by follow-up CT KUB (22%) or combination of intra-venous pyelogram, regular KUB and/or kidney ultrasound (78%). In the subanalysis conducted comparing 82 vs 65 patients who underwent PCNL and flexible URS for lower pole stones between 1 and 2 cm, intreoperative stone-free rates were 88% vs 68% (p= 0.03), respectively; anyway, after an auxiliary procedure which was necessary in 6% of the cases in group 1 and 23% in group 2 (p=0.03), stone-free rates at 3 months were not statistically significant (91.5% vs 89.2%; p=0.6). Conversely, the patients undergoing PCNL maintained a higher risk of complications during the procedure, with 9 cases observed in this group versus 0 in the group of patients treated with URS (p=0.01) Conclusions These data highlight the value of flexible URS as a very effective and safe option for the treatment of kidney stones; thanks to the latest generation of flexible devices, this new technical approach seems to be a valid alternative in particular for the treatment of lower pole kidney stones less than 2 cm. In high-volume centres and in the hands of skilled surgeons, this technique can approach the stone-free rates achievable through PCNL in lower pole stones between 1 and 2 cm, with a very low risk of complications. Furthermore, the results confirm the high success rate and relatively low morbidity of modern PCNL for lower pole stones, with no difference detectable between the prone and supine position.
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L'insufficienza renale cronica (CKD) è associata ad un rischio cardiovascolare più elevato rispetto alla popolazione generale: fattori come uremia, stress ossidativo, età dialitica, infiammazione, alterazioni del metabolismo minerale e presenza di calcificazioni vascolari incidono fortemente sulla morbosità e mortalità per cause cardiovascolari nel paziente uremico. Diversi studi hanno verificato il coinvolgimento dei progenitori endoteliali (EPC) nella malattia aterosclerotica ed è stato dimostrato che esprimono osteocalcina, marcatore di calcificazione. Inoltre, nella CKD è presente una disfunzione in numero e funzionalità delle EPC. Attualmente, il ruolo delle EPC nella formazione delle calcificazioni vascolari nei pazienti in dialisi non è stato ancora chiarito. Lo scopo della tesi è quello di studiare le EPC prelevate da pazienti con CKD, al fine di determinarne numero e fenotipo. È stato anche valutato l'effetto del trattamento in vitro e in vivo con calcitriolo e paracalcitolo sulle EPC, dato il deficit di vitamina D dei pazienti con CKD: il trattamento con vitamina D sembra avere effetti positivi sul sistema cardiovascolare. Sono stati valutati: numero di EPC circolanti e la relativa espressione di osteocalcina e del recettore della vitamina D; morfologia e fenotipo EPC in vitro; effetti di calcitriolo e paracalcitolo sull’espressione di osteocalcina e sui depositi di calcio. I risultati dello studio suggeriscono che il trattamento con vitamina D abbia un effetto positivo sulle EPC, aumentando il numero di EPC circolanti e normalizzandone la morfologia. Sia calcitriolo che paracalcitolo sono in grado di ridurre notevolmente l’espressione di OC, mentre solo il paracalcitolo ha un effetto significativo sulla riduzione dei depositi di calcio in coltura. In conclusione, il trattamento con vitamina D sembra ridurre il potenziale calcifico delle EPC nell’uremia, aprendo nuove strade per la gestione del rischio cardiovascolare nei pazienti affetti da CKD.
Resumo:
La leishmaniosi canina (LCan) causata da Leishmania infantum rappresenta un’importante zoonosi in molte aree del mondo ed il cane rappresenta il principale reservoir del parassita per l’uomo. Il tipo di risposta immunitaria che i soggetti colpiti mettono in atto condiziona fortemente la progressione della malattia: animali che non sviluppano un’adeguata risposta immunitaria cellulo-mediata mostrano la sintomatologia clinica nonostante abbiano una forte ma inefficace risposta umorale che contribuisce al peggioramento della sintomatologia clinica. L’obbiettivo dello studio è stato quello valutare da un punto di vista descrittivo il segnalamento, i segni clinici e clinicopatologici dei pazienti affetti da leishmaniosi portati in visita presso il Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie nel periodo compreso da Gennaio 2002 a Marzo 2012 con particolare attenzione sull’impatto della patologia renale e dell’anemia nel quadro clinico della LCan. In base ai risultati ottenuti è stato possibile affermare che la leishmaniosi canina è una patologia relativamente frequente nella nostra realtà clinica universitaria e che presenta caratteristiche cliniche e clinicopatologiche simili a quelle riportate in letteratura. I nostri risultati preliminari suggeriscono che in questa malattia il coinvolgimento renale e le conseguenze sistemiche che ne derivano possono essere predominanti a livello clinico e laboratoristico. La gravità del quadro clinico appare associata in maniera significativa all’entità della risposta umorale e del successivo coinvolgimento glomerulare nel contesto di una risposta infiammatoria sistemica cronica. Successivamente, sono state misurate le concentrazioni di IgG ed IgM in corso di follow-up in alcuni dei soggetti inclusi nello studio e sottoposti a differenti trattamenti anti-leishmania. Dai risultati preliminari ottenuti nel nostro lavoro è stato possibile affermare che in corso di trattamento le concentrazioni di tali immunoglobuline subiscono una riduzione progressiva confermando pertanto l’efficacia del trattamento anti-leishmania non solo nella remissione della sintomatologia clinica ma anche nel ripristino della normale risposta umorale.
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L’insufficienza renale acuta(AKI) grave che richiede terapia sostitutiva, è una complicanza frequente nelle unità di terapia intensiva(UTI) e rappresenta un fattore di rischio indipendente di mortalità. Scopo dello studio é stato valutare prospetticamente, in pazienti “critici” sottoposti a terapie sostitutive renali continue(CRRT) per IRA post cardiochirurgia, la prevalenza ed il significato prognostico del recupero della funzione renale(RFR). Pazienti e Metodi:Pazienti(pz) con AKI dopo intervento di cardiochirurgia elettivo o in emergenza con disfunzione di due o più organi trattati con CRRT. Risultati:Dal 1996 al 2011, 266 pz (M 195,F 71, età 65.5±11.3aa) sono stati trattati con CRRT. Tipo di intervento: CABG(27.6%), dissecazione aortica(33%), sostituzione valvolare(21.1%), CABG+sostituzione valvolare(12.6%), altro(5.7%). Parametri all’inizio del trattamento: BUN 86.1±39.4, creatininemia(Cr) 3.96±1.86mg/dL, PAM 72.4±13.6mmHg, APACHE II score 30.7±6.1, SOFAscore 13.7±3. RIFLE: Risk (11%), Injury (31.4%), Failure (57.6%). AKI oligurica (72.2%), ventilazione meccanica (93.2%), inotropi (84.5%). La sopravvivenza a 30 gg ed alla dimissione è stata del 54.2% e del 37.1%. La sopravvivenza per stratificazione APACHE II: <24=85.1 e 66%, 25-29=63.5 e 48.1%, 30-34=51.8 e 31.8%, >34=31.6 e 17.7%. RFR ha consentito l’interruzione della CRRT nel 87.8% (86/98) dei survivors (Cr 1.4±0.6mg/dL) e nel 14.5% (24/166) dei nonsurvivors (Cr 2.2±0.9mg/dL) con un recupero totale del 41.4%. RFR è stato osservato nel 59.5% (44/74) dei pz non oligurici e nel 34.4% dei pz oligurici (66/192). La distribuzione dei pz sulla base dei tempi di RFR è stata:<8=38.2%, 8-14=20.9%, 15-21=11.8%, 22-28=10.9%, >28=18.2%. All’analisi multivariata, l’oliguria, l’età e il CV-SOFA a 7gg dall’inizio della CRRT si sono dimostrati fattori prognostici sfavorevoli su RFR(>21gg). RFR si associa ad una sopravvivenza elevata(78.2%). Conclusioni:RFR significativamente piu frequente nei pz non oligurici si associa ad una sopravvivenza alla dimissione piu elevata. La distribuzione dei pz in rapporto ad APACHE II e SOFAscore dimostra che la sopravvivenza e RFR sono strettamente legati alla gravità della patologia.
Resumo:
Introduzione: la leishmaniosi canina (CanL) è una malattia infettiva, trasmessa da vettore e sostenuta da un protozoo, la Leishmania infantum. La CanL ha assunto sempre più importanza sia in medicina veterinaria che in medicina umana. La leishmaniosi è fortemente associata allo sviluppo di una nefropatia cronica. Disegno dello studio: studio di coorte retrospettivo. Obiettivo: individuare le alterazioni clinico-patologiche prevalenti al momento dell’ammissione e durante il follow-up del paziente, per identificare quelle con un valore prognostico maggiore. Materiali e metodi: 167 cani, per un totale di 187 casi trattati, con diagnosi sierologica e/o citologica di Leishmaniosi e dati ematobiochimici completi, elettroforesi sierica, analisi delle urine e biochimica urinaria comprensiva di proteinuria (UPC) ed albuminuria (UAC), profilo coagulativo (ATIII, d-Dimeri, Fibrinogeno) e marker d’infiammazione (CRP). Dei pazienti inclusi è stato seguito il follow-up clinico e clinicopatologico per un periodo di tempo di due anni e sono stati considerati. Risultati: Le alterazione clinicopatologiche principali sono state anemia (41%), iperprotidemia (42%), iperglobulinemia (75%), ipoalbuminemia (66%), aumento della CRP (57%), incremento dell’UAC (78%), aumento dell’UPC (70%), peso specifico inadeguato (54%) e riduzione dell’ATIII (52%). Il 37% dei pazienti non era proteinurico e di questi il 27% aveva già un’albuminuria patologica. Il 38% dei pazienti aveva una proteinuria nefrosica (UPC>2,5) e il 22% era iperazotemico. I parametri clinicopatologici hanno mostrato una tendenza a rientrare nella normalità dopo il 90° giorno di follow-up. La creatinina sierica, tramite un analisi multivariata, è risultata essere il parametro correlato maggiormente con l’outcome del paziente. Conclusione: i risultati ottenuti in funzione dell’outcome dei pazienti hanno mostrato che i soggetti deceduti durante il follow-up, al momento dell’ammissione avevano valori di creatinina, UPC e UAC più elevati e ingravescenti. Inoltre l’UAC può venire considerato un marker precoce di nefropatia e la presenza di iperazotemia all’ammissione, in questi pazienti, ha un valore prognostico negativo.
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La proteinuria è un marker di danno renale nel cane. L’obiettivo dello studio è di valutare la capacità del dipstick urinario e dell’UPC di diagnosticare precocemente l’albuminuria nel cane. Sono stati raccolti 868 campioni di urina, con sedimento spento e assenza di ematuria, nell’Ospedale Didattico Veterinario della Facoltà di Medicina Veterinaria di Bologna. Per 550 campioni è stata effettuata l’analisi delle urine, la misurazione dell’UPC e dell’UAC, mentre UPC e UAC sono stati misurati in tutti gli 868 campioni. I campioni di urina sono stati analizzati con il metodo dipstick mediante lettura automatizzata. Utilizzando come valore di riferimento l’UAC è stata valutata l’accuratezza diagnostica del dipstick urinario e dell’UPC. L’intervallo di riferimento dell’UAC (0-0,024) è stato determinato utilizzando 60 cani sani. I dati raccolti sono stati classificati utilizzando differenti cut-off per il peso specifico urinario (1012 o 1030), per la proteinuria al dipstick (30 o 100 mg/dl), per l’UPC (0,2) e per l’UAC (0,024). Sono stati valutati l’agreement diagnostico e la correlazione di Spearman tra dipstick, UPC e UAC. E’ stata stimata l’accuratezza diagnostica misurando l’area al di sotto della curva di ROC nell’analisi dell’UAC. Il livello di significatività è stato definito per p < 0,05. Indipendentemente dal peso specifico urinario, l’agreement diagnostico tra dipstick, UPC e UAC è risultato forte (k=0,62 e k=0,61, rispettivamente; p<0,001) con valori di dipstick ≥30 mg/dl, debole (k=0,27 e k=0,26, rispettivamente; p<0,001) con valori di dipstick ≥100 mg/dl. L’accuratezza diagnostica del dipstick messa a confronto con UPC e con UAC è molto buona (AUC 0,84 e 0,84, rispettivamente; p<0,001) e i risultati negativi al dipstick presentano il 100% di sensitività. UPC e UAC sono fortemente correlate (r=0,90; p<0,001). Mettendo a confronto UPC e UAC, l’accuratezza diagnostica è risultata eccellente (AUC 0,94; p<0,001), con massima sensitività e specificità per UPC≥0.3.
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In veterinary medicine, the ability to classify mammary tumours based on the molecular profile and also determine whether the immunophenotype of the regional lymph node and/or systemic metastases is equal to that of the primary tumor may be predictive on the estimation of the effectiveness of various cancer treatments that can be scheduled. Therefore, aims, developed as projects, of the past three years have been (1) to define the molecular phenotype of feline mammary carcinomas and their lymph node metastases according to a previous modified algorithm and to demonstrate the concordance or discordance of the molecular profile between the primary tumour and lymph node metastasis, (2) to analyze, in female dogs, the relationship between the primary mammary tumor and its lymph node metastasis based on immunohistochemical molecular characterization in order to develop the most specific prognostic-predictive models and targeted therapeutic options, and (3) to evaluate the molecular trend of cancer from its primary location to systemic metastases in three cats and two dogs with mammary tumors. The studies on mammary tumours, particularly in dogs, have drawn gradually increasing attention not exclusively to the epithelial component, but also to the myoepithelial cells. The lack of complete information on a valid panel of markers for the identification of these cells in the normal and neoplastic mammary gland and lack of investigation of immunohistochemical changes from an epithelial to a mesenchymal phenotype, was the aim of a parallel research. While investigating mammary tumours, it was noticed that only few studies had focused on the expression of CD117. Therefore, it was decided to further deepen the knowledge in order to characterize the immunohistochemical staining of CD117 in normal and neoplastic mammary tissue of the dog, and to correlate CD117 immunohistochemical results with mammary histotype, histological stage (invasiveness), Ki67 index and patient survival time.
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Circulating Fibrocytes (CFs) are bone marrow-derived mesenchymal progenitor cells that express a similar pattern of surface markers related to leukocytes, hematopoietic progenitor cells and fibroblasts. CFs precursor display an ability to differentiate into fibroblasts and Myofibroblasts, as well as adipocytes. Fibrocytes have been shown to contribute to tissue fibrosis in the end-stage renal disease (ESRD), as well as in other fibrotic diseases, leading to fibrogenic process in other organs including lung, cardiac, gut and liver. This evidence has been confirmed by several experimental proofs in mice models of kidney injury. In the present study, we developed a protocol for the study of CFs, by using peripheral blood monocytes cells (PBMCs) samples collected from healthy human volunteers. Thanks to a flow cytometry method, in vitro culture assays and the gene expression assays, we are able to study and characterize this CFs population. Moreover, results confirmed that these approaches are reliable and reproducible for the investigation of the circulating fibrocytes population in whole blood samples. Our final aim is to confirm the presence of a correlation between the renal fibrosis progression, and the different circulating fibrocyte levels in Chronic Kidney Disease (CKD) patients. Thanks to a protocol study presented and accepted by the Ethic Committee we are continuing the study of CFs induction in a cohort of sixty patients affected by CKD, divided in three distinct groups for different glomerular filtration rate (GFR) levels, plus a control group of thirty healthy subjects. Ongoing experiments will determine whether circulating fibrocytes represent novel biomarkers for the study of CKD progression, in the early and late phases of this disease.
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Background. Hhereditary cystic kidney diseases are a heterogeneous spectrum of disorders leading to renal failure. Clinical features and family history can help to distinguish the recessive from dominant diseases but the differential diagnosis is difficult due the phenotypic overlap. The molecular diagnosis is often the only way to characterize the different forms. A conventional molecular screening is suitable for small genes but is expensive and time-consuming for large size genes. Next Generation Sequencing (NGS) technologies enables massively parallel sequencing of nucleic acid fragments. Purpose. The first purpose was to validate a diagnostic algorithm useful to drive the genetic screening. The second aim was to validate a NGS protocol of PKHD1 gene. Methods. DNAs from 50 patients were submitted to conventional screening of NPHP1, NPHP5, UMOD, REN and HNF1B genes. 5 patients with known mutations in PKHD1 were submitted to NGS to validate the new method and a not genotyped proband with his parents were analyzed for a diagnostic application. Results. The conventional molecular screening detected 8 mutations: 1) the novel p.E48K of REN in a patient with cystic nephropathy, hyperuricemia, hyperkalemia and anemia; 2) p.R489X of NPHP5 in a patient with Senior Loken Syndrome; 3) pR295C of HNF1B in a patient with renal failure and diabetes.; 4) the NPHP1 deletion in 3 patients with medullar cysts; 5) the HNF1B deletion in a patient with medullar cysts and renal hypoplasia and in a diabetic patient with liver disease. The NGS of PKHD1 detected all known mutations and two additional variants during the validation. The diagnostic NGS analysis identified the patient’s compound heterozygosity with a maternal frameshift mutation and a paternal missense mutation besides a not transmitted paternal missense mutation. Conclusions. The results confirm the validity of our diagnostic algorithm and suggest the possibility to introduce this NGS protocol to clinical practice.
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Simkania negevensis is a bacterium belonging to the order Chlamydiales but with certain biological characteristics different from those of chlamydia, according to which it was classified in the family Simkaniaceae. It is widespread in the environment, due to its ability to survive in amoebae also in phase cystic, for which it was hypothesized a possible transmission after contact with water in which they are present amoebae. So far it is known its role in diseases of the lower respiratory tract, such as childhood bronchiolitis and pneumonia in adults of the community, following its transmission through infected aerosols. A recent American study showed, by PCR, a high prevalence of S. negevensis in patients with lung transplant than other transplant recipients, assuming an association between the presence of the bacterium in these patients, and transplant rejection, were more frequent in lung transplant recipients infected compared to uninfected. There are no data so far analyzed in Italy relative to the population of dialysis and kidney transplant recipients relative to simkania negevensis why this study was undertaken in order to start a specific location and evaluate the scientific implications. Because its ability to assume persistent forms of infection, which may lead to a prolonged inflammatory response, Simkania negevensis, similar to other persistent bacteria or viruses, may be ivolved in pathologic complication. Sn may be a factor in graft rejection in mmunesuppressed lung transplant recipients, and further studies are planned to explore the posible association of Sn infections with various in vivo pathologies.