12 resultados para Art criticism|Literature|Architecture

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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La publication de nombreuses œuvres, à la fois littéraires et picturales, entre 1870 et 1914, inspirées par l’épisode biblique du meurtre de Jean Baptiste par Salomé, s’inscrit dans une crise qui touche à cette époque, en Europe, aussi bien le sujet que la notion de représentation. Le mythe de Salomé permet de poursuivre une réflexion de nature littéraire, historique et esthétique concernant le processus d’autonomisation de l’art. À partir des sources bibliques et antiques, dans lesquelles Salomé et Jean Baptiste incarnent respectivement le monde païen en conflit avec le monde chrétien, ces deux personnages font graduellement leur entrée dans l’univers de la fiction. Ils sont au cœur de la transition d’une lecture transcendante — reliée particulièrement à la tradition catholique — de l’épisode tragique qui les unit, à une lecture immanente qui en fait deux instances purement esthétiques. La danseuse et le dernier des prophètes émergent dans la littérature et dans l’art occidentaux comme deux pôles symboliques, liés l’un à l’autre par différents types de relation, susceptibles d’être librement réinvestis par de nouvelles significations et à l’écart des conventions. Si, dans la première partie du XIXe siècle, Salomé et Jean Baptiste sont encore liés à leur sens orthodoxe, au tournant du siècle ils finissent par s’autonomiser de l’Écriture et donnent lieu à de multiples récritures et à des adaptations inattendues. Celles-ci ressortissent alors moins du blasphème à proprement parler que d’un témoignage emblématique d’une transformation du rapport que l’artiste entretient avec son œuvre. Celui-ci, en s’identifiant avec le prophète décollé, se mesure à l’œuvre d’art, qui est incarnée par Salomé. La relation entre Salomé et Jean Baptiste, dans ces diverses représentations, exprime et reflète le moment où art et littérature se reconnaissent comme fictions.

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L'Europe commence à découvrir le désert à la fin du XVIIIe siècle. Ce milieu présente des aspects multiples aux premiers explorateurs, qui le décrivent comme un lieu vivant et varié. La géopolitique constitue le premier approche d'analyse : le désert peut être rendu plus viable si mieux administré, donc libre de la domination ottomane. Au cours du siècle, le tourisme se développe, aussi en raison de la colonisation ; l'expérience du désert devient commune, et les voyageurs partent en quête d'une expérience spirituelle aussi bien que d'une aventure. Le désert devient un écran de projection pour la rêverie et les souvenirs des Européens (la Bible et les topos traditionnels demeurent actifs dans l'imaginaire occidental) ; seules certaines caractéristiques de ce milieu sont dès lors appréciées par les voyageurs. Ensuite, avec l'âge du Réalisme, devient objet d'appréciation de la part des peintres. Grâce à la médiation de l'art, la littérature commence à regarder au désert d'un point de vue esthétique, et elle lui reconnaît un charme de la nudité et du dépouillement. La mort et le minéral caractérisent ce milieu vers la fin du siècle ; le désert se vide, et devient le "désert de sable" que nous tous connaissons aujourd'hui.

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Il lavoro di ricerca è rivolto ad indagare l’emersione di schemi di variazione comuni all’arte e al design, limitatamente al contesto italiano e in un arco di tempo che va dalla metà degli anni Sessanta del secolo scorso a oggi. L’analisi vuole rintracciare, mediante l’applicazione della metodologia fenomenologica, un sentire condiviso tra le due discipline e, nel pieno rispetto dei relativi linguaggi e con nessuna volontà di sudditanza degli uni rispetto agli altri, individuare i rapporti di corrispondenza omologica capaci di mettere in luce lo spirito del tempo che le ha generate. La ricerca si pone l’obiettivo di estendere gli studi sul contemporaneo attraverso un’impostazione che intende applicare gli strumenti metodologici della critica d’arte all’evoluzione stilistica delle tendenze del design italiano. Non si è voluto redigere una “storia” del design italiano ma, considerata anche l’ampiezza dell’argomento, si è necessariamente proceduto a delimitare il territorio di applicazione scegliendo di prendere in considerazione il solo settore del design dell’arredo. Si è dunque optato per una visione globale delle vicende del design del prodotto, tesa ad indagare gli snodi principali, concentrando pertanto l’analisi su alcuni protagonisti della cultura del progetto, ossia su quelle figure risultate dominanti nel proprio tempo perché capaci con il loro lavoro di dare un contribuito determinante alla comprensione delle fasi evolutive del design italiano. Gli strumenti utili a condurre l’analisi provengono principalmente dalla metodologia binaria individuata dallo storico dell’arte Heinrich Wölfflin e dagli studi di Renato Barilli, il cui impianto culturologico ha fornito un indispensabile contributo al processo di sistematizzazione dei meccanismi di variazione interni alle arti; sia quelli di tipo orizzontale, di convergenza reciproca con gli altri saperi, che di tipo verticale, in rapporto cioè con le scoperte scientifiche e tecnologiche della coeva cultura materiale.

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Questa tesi di dottorato di ricerca ha come oggetto la nozione di fatto urbano elaborata e presentata da Aldo Rossi nel libro L’architettura della città edito nel 1966. Ne L’architettura della città sono molteplici le definizioni e le forme con cui è enunciata la nozione di fatto urbano. Nel corso della tesi si è indagato come la costruzione nel tempo di questo concetto è stata preceduta da diversi studi giovanili intrapresi dal 1953, poi riorganizzati e sintetizzati a partire dal 1963 in un quaderno manoscritto dal titolo “Manuale di urbanistica”, in diversi appunti e in due quaderni manoscritti. Il lavoro di ricerca ha ricostruito la formulazione della nozione di fatto urbano attraverso gli scritti di Rossi. In questa direzione la rilevazione della partecipazione di Rossi a dibattiti, seminari, riviste, corsi universitari o ricerche accademiche è apparsa di fondamentale importanza, per comprendere la complessità di un lavoro non riconducibile a dei concetti disciplinari, ma alla formazione di una teoria trasmissibile. Il tentativo di comprendere e spiegare la nozione di fatto urbano ha condotto ad esaminare l’accezione con cui Rossi compone L’architettura della città, che egli stesso assimila ad un trattato. L’analisi ha identificato come la composizione del libro non è direttamente riferibile ad un uso classico della stesura editoriale del trattato, la quale ha tra i riferimenti più noti nel passato la promozione di una pratica corretta come nel caso vitruviano o un’impalcatura instauratrice di una nuova categoria come nel caso dell’Alberti. La mancanza di un sistema globale e prescrittivo a differenza dei due libri fondativi e il rimando non immediato alla stesura di un trattato classico è evidente ne L’architettura della città. Tuttavia la possibilità di condurre la ricerca su una serie di documenti inediti ha permesso di rilevare come negli scritti a partire dal 1953, sia maturata una trattazione delle questioni centrali alla nozione di fatto urbano ricca di intuizioni, che aspirano ad un’autonomia, sintetizzate, seppure in modo non sistematico, nella stesura del celebre libro. Si è così cercato di mettere in luce la precisazione nel tempo della nozione di fatto urbano e della sua elaborazione nei molteplici scritti antecedenti la pubblicazione de L’architettura della città, precisando come Rossi, pur costruendo su basi teoriche la nozione di fatto urbano, ne indichi una visione progressiva, ossia un uso operativo sulla città. La ricerca si è proposta come obiettivo di comprendere le radici culturali della nozione di fatto urbano sia tramite un’esplorazione degli interessi di Rossi nel suo percorso formativo sia rispetto alla definizione della struttura materiale del fatto urbano che Rossi individua nelle permanenze e che alimenta nella sua definizione con differenti apporti derivanti da altre discipline. Compito di questa ricerca è stato rileggere criticamente il percorso formativo compiuto da Rossi, a partire dal 1953, sottolinearne gli ambiti innovativi e precisarne i limiti descrittivi che non vedranno mai la determinazione di una nozione esatta, ma piuttosto la strutturazione di una sintesi complessa e ricca di riferimenti ad altri studi. In sintesi la tesi si compone di tre parti: 1. la prima parte, dal titolo “La teoria dei fatti urbani ne L’architettura della città”, analizza il concetto di fatto urbano inserendolo all’interno del più generale contesto teorico contenuto nel libro L’architettura della città. Questo avviene tramite la scomposizione del libro, la concatenazione delle sue argomentazioni e la molteplicità delle fonti esplicitamente citate da Rossi. In questo ambito si precisa la struttura del libro attraverso la rilettura dei riferimenti serviti a Rossi per comporre il suo progetto teorico. Inoltre si ripercorre la sua vita attraverso le varie edizioni, le ristampe, le introduzioni e le illustrazioni. Infine si analizza il ruolo del concetto di fatto urbano nel libro rilevando come sia posto in un rapporto paritetico con il titolo del libro, conseguendone un’accezione di «fatto da osservare» assimilabile all’uso proposto dalla geografia urbana francese dei primi del Novecento. 2. la seconda parte, dal titolo “La formazione della nozione di fatto urbano 1953-66”, è dedicata alla presentazione dell’elaborazione teorica negli scritti di Rossi prima de L’architettura della città, ossia dal 1953 al 1966. Questa parte cerca di descrivere le radici culturali di Rossi, le sue collaborazioni e i suoi interessi ripercorrendo la progressiva definizione della concezione di città nel tempo. Si è analizzato il percorso maturato da Rossi e i documenti scritti fin dagli anni in cui era studente alla Facoltà di Architettura Politecnico di Milano. Emerge un quadro complesso in cui i primi saggi, gli articoli e gli appunti testimoniano una ricerca intellettuale tesa alla costruzione di un sapere sullo sfondo del realismo degli anni Cinquanta. Rossi matura infatti un impegno culturale che lo porta dopo la laurea ad affrontare discorsi più generali sulla città. In particolare la sua importante collaborazione con la rivista Casabella-continuità, con il suo direttore Ernesto Nathan Rogers e tutto il gruppo redazionale segnano il periodo successivo in cui compare l’interesse per la letteratura urbanistica, l’arte, la sociologia, la geografia, l’economia e la filosofia. Seguono poi dal 1963 gli anni di lavoro insieme al gruppo diretto da Carlo Aymonino all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, e in particolare le ricerche sulla tipologia edilizia e la morfologia urbana, che portano Rossi a compiere una sintesi analitica per la fondazione di una teoria della città. Dall’indagine si rileva infatti come gli scritti antecedenti L’architettura della città sviluppano lo studio dei fatti urbani fino ad andare a costituire il nucleo teorico di diversi capitoli del libro. Si racconta così la genesi del libro, la cui scrittura si è svolta nell’arco di due anni, e le aspirazioni che hanno portato quello che era stato concepito come un “manuale d’urbanistica” a divenire quello che Rossi definirà “l’abbozzo di un trattato” per la formulazione di una scienza urbana. 3. la terza parte, dal titolo “La struttura materiale dei fatti urbani: la teoria della permanenza”, indaga monograficamente lo studio della città come un fatto materiale, un manufatto, la cui costruzione è avvenuta nel tempo e del tempo mantiene le tracce. Sul tema della teoria della permanenza è stato importante impostare un confronto con il dibattito vivo negli anni della ricostruzione dopo la guerra intorno ai temi delle preesistenze ambientali nella ricostruzione negli ambienti storici. Sono emersi fin da subito importanti la relazione con Ernesto Nathan Rogers, le discussioni sulle pagine di Casabella-Continuità, la partecipazione ad alcuni dibatti e ricerche. Si è inoltre Rilevato l’uso di diversi termini mutuati dalle tesi filosofiche di alcune personalità come Antonio Banfi e Enzo Paci, poi elaborati dal nucleo redazionale di Casabella-Continuità, di cui faceva parte anche Rossi. Sono così emersi alcuni spostamenti di senso e la formulazione di un vocabolario di termini all’interno della complessa vicenda della cultura architettonica degli anni Cinquanta e Sessanta. 1. Si è poi affrontato questo tema analizzando le forme con cui Rossi presenta la definizione della teoria della permanenza e i contributi desunti da alcuni autori per la costruzione scientifica di una teoria dell’architettura, il cui fine è quello di essere trasmissibile e di offrire strumenti di indagine concreti. Questa ricerca ha permesso di ipotizzare come il lavoro dei geografi francesi della prima metà del XX secolo, e in particolare il contributo più rilevante di Marcel Poëte e di Pierre Lavedan, costituiscono le fonti principali e il campo d’indagine maggiormente esplorato da Rossi per definire la teoria della permanenza e i monumenti. Le permanenze non sono dunque presentate ne L’architettura della città come il “tutto”, ma emergono da un metodo che sceglie di isolare i fatti urbani permanenti, consentendo così di compiere un’ipotesi su “ciò che resta” dopo le trasformazioni continue che operano nella città. Le fonti su cui ho lavorato sono state quelle annunciate da Rossi ne L’architettura della città, e più precisamente i testi nelle edizioni da lui consultate. Anche questo lavoro ha permesso un confronto dei testi che ha fatto emergere ne L’architettura della città l’uso di termini mutuati da linguaggi appartenenti ad altre discipline e quale sia l’uso di concetti estrapolati nella loro interezza. Presupposti metodologici Della formulazione della nozione di fatto urbano si sono indagate l’originalità dell’espressione, le connessioni presunte o contenute negli studi di Rossi sulla città attraverso la raccolta di fonti dirette e indirette che sono andate a formare un notevole corpus di scritti. Le fonti dirette più rilevanti sono state trovare nelle collezioni speciali del Getty Research Institute di Los Angeles in cui sono conservati gli Aldo Rossi Papers, questo archivio comprende materiali inediti dal 1954 al 1988. La natura dei materiali si presenta sotto forma di manoscritti, dattiloscritti, quaderni, documenti ciclostilati, appunti sparsi e una notevole quantità di corrispondenza. Negli Aldo Rossi Papers si trovano anche 32 dei 47 Quaderni Azzurri, le bozze de L’architettura della città e dell’ Autobiografia Scientifica. Per quanto riguarda in particolare L’architettura della città negli Aldo Rossi Papers sono conservati: un quaderno con il titolo “Manuale d’urbanistica, giugno 1963”, chiara prima bozza del libro, degli “Appunti per libro urbanistica estate/inverno 1963”, un quaderno con la copertina rossa datato 20 settembre 1964-8 agosto 1965 e un quaderno con la copertina blu datato 30 agosto 1965-15 dicembre 1965. La possibilità di accedere a questo archivio ha permesso di incrementare la bibliografia relativa agli studi giovanili consentendo di rileggere il percorso culturale in cui Rossi si è formato. E’ così apparsa fondamentale la rivalutazione di alcune questioni relative al realismo socialista che hanno portato a formare un più preciso quadro dei primi scritti di Rossi sullo sfondo di un complesso scenario intellettuale. A questi testi si è affiancata la raccolta delle ricerche universitarie, degli articoli pubblicati su riviste specializzate e degli interventi a dibattiti e seminari. A proposito de L’architettura della città si è raccolta un’ampia letteratura critica riferita sia al testo in specifico che ad una sua collocazione nella storia dell’architettura, mettendo in discussione alcune osservazioni che pongono L’architettura della città come un libro risolutivo e definitivo. Per quanto riguarda il capitolo sulla teoria della permanenza l’analisi è stata svolta a partire dai testi che Rossi stesso indicava ne L’architettura della città rivelando i diversi apporti della letteratura urbanistica francese, e permettendo alla ricerca di precisare le relazioni con alcuni scritti centrali e al contempo colti da Rossi come opportunità per intraprendere l’elaborazione dell’idea di tipo. Per quest’ultima parte si può precisare come Rossi formuli la sua idea di tipo in un contesto culturale dove l’interesse per questo tema era fondamentale. Dunque le fonti che hanno assunto maggior rilievo in quest’ultima fase emergono da un ricco panorama in cui Rossi compie diverse ricerche sia con il gruppo redazionale di Casabella-continuità, sia all’interno della scuola veneziana negli anni Sessanta, ma anche negli studi per l’ILSES e per l’Istituto Nazionale d’Urbanistica. RESEARCH ON THE NOTION OF URBAN ARTIFACT IN THE ARCHITECTURE OF THE CITY BY ALDO ROSSI. Doctoral candidate: Letizia Biondi Tutor: Valter Balducci The present doctoral dissertation deals with the notion of urban artifact that was formulated and presented by Aldo Rossi in his book The Architecture of the City, published in 1966. In The Architecture of the City, the notion of urban artifact is enunciated through a wide range of definitions and forms. In this thesis, a research was done on how the construction of this concept over time was preceded by various studies started in 1953 during the author’s youth, then re-organized and synthesized since 1963 in a manuscript titled “Manual of urban planning” and in two more manuscripts later on. The work of research re-constructed the formulation of the notion of urban artifact through Rossi’s writings. In this sense, the examination of Rossi’s participation in debates, seminars, reviews, university courses or academic researches was of fundamental importance to understand the complexity of a work which is not to be attributed to disciplinary concepts, but to the formulation of a communicable theory. The effort to understand and to explain the notion of urban artifact led to an examination of the meaning used by Rossi to compose The Architecture of the City, which he defines as similar to a treatise. Through this analysis, it emerged that the composition of the book is not directly ascribable to the classical use of editorial writing of a treatise, whose most famous references in the past are the promotion of a correct practice as in the case of Vitruvio’s treatise, or the use of a structure that introduces a new category as in the Alberti case. Contrary to the two founding books, the lack of a global and prescriptive system and the not immediate reference to the writing of a classical treatise are evident in The Architecture of the City. However, the possibility of researching on some unpublished documents allowed to discover that in the writings starting from 1953 the analysis of the questions that are at the core of the notion of urban artifact is rich of intuitions, that aim to autonomy and that would be synthesized, even though not in a systematic way, in his famous book. The attempt was that of highlighting the specification over time of the notion of urban artifact and its elaboration in the various writings preceding the publication of The Architecture of the City. It was also specified that, despite building on theoretical grounds, Rossi indicates a progressive version of the notion of urban artifact, that is a performing use in the city. The present research aims to understand the cultural roots of the notion of urban artifact in two main directions: analyzing, firstly, Rossi’s interests along his formation path and, secondly, the definition of material structure of an urban artifact identified by Rossi in the permanences and enriched by various contributions from other disciplines. The purpose of the present research is to revise the formation path made by Rossi in a critical way, starting by 1953, underlining its innovative aspects and identifying its describing limits, which will never lead to the formulation of an exact notion, but rather to the elaboration of a complex synthesis, enriched by references to other studies. In brief, the thesis is composed of three parts: 1. The first part, titled “The Theory of urban artifacts in The Architecture of the City”, analyzes the concept of urban artifact in the more general theoretical context of the book The Architecture of the City. Such analysis is done by “disassembling” the book, and by linking together the argumentations and the multiplicity of the sources which are explicitly quoted by Rossi. In this context, the book’s structure is defined more precisely through the revision of the references used by Rossi to compose his theoretical project. Moreover, the author’s life is traced back through the various editions, re-printings, introductions and illustrations. Finally, it is specified which role the concept of urban artifact has in the book, pointing out that it is placed in an equal relation with the book’s title; by so doing, the concept of urban artifact gets the new meaning of “fact to be observed”, similar to the use that was suggested by the French urban geography at the beginning of the 20th century. 2. The second part, titled “The formation of the notion of urban artifact 1953-66”, introduces the theoretical elaboration in Rossi’s writings before The Architecture of the City, that is from 1953 to 1966. This part tries to describe Rossi’s cultural roots, his collaborations and his interests, tracing back the progressive definition of his conception of city over time. The analysis focuses on the path followed by Rossi and on the documents that he wrote since the years as a student at the Department of Architecture at the Politecnico in Milan. This leads to a complex scenario of first essays, articles and notes that bear witness to the intellectual research aiming to the construction of a knowledge on the background of the Realism of the 1950s. Rossi develops, in fact, a cultural engagement that leads him after his studies to deal with more general issues about the city. In particular, his important collaboration with the architecture magazine “Casabella-continuità”, with the director Ernesto Nathan Rogers and with the whole redaction staff mark the following period when he starts getting interested in city planning literature, art, sociology, geography, economics and philosophy. Since 1963, Rossi has worked with the group directed by Carlo Aymonino at the “Istituto Universitario di Architettura” (University Institute of Architecture) in Venice, especially researching on building typologies and urban morphology. During these years, Rossi elaborates an analytical synthesis for the formulation of a theory about the city. From the present research, it is evident that the writings preceding The Architecture of the City develop the studies on urban artifacts, which will become theoretical core of different chapters of the book. In conclusion, the genesis of the book is described; written in two years, what was conceived to be an “urban planning manual” became a “treatise draft” for the formulation of an urban science, as Rossi defines it. 3. The third part is titled “The material structure of urban artifacts: the theory of permanence”. This research is made on the study of the city as a material fact, a manufacture, whose construction was made over time, bearing the traces of time. As far as the topic of permanence is concerned, it was also important to draw a comparison with the debate about the issues of environmental pre-existence of re-construction in historical areas, which was very lively during the years of the Reconstruction. Right from the beginning, of fundamental importance were the relationship with Ernesto Nathan Rogers, the discussions on the pages of Casabella-Continuità and the participation to some debates and researches. It is to note that various terms were taken by the philosophical thesis by some personalities such as Antonio Banfi and Enzo Paci, and then re-elaborated by the redaction staff at Casabella-Continuità, which Rossi took part in as well. Through this analysis, it emerged that there were some shifts in meaning and the formulation of a vocabulary of terms within the complex area of the architectonic culture in the 1950s and 1960s. Then, I examined the shapes in which Rossi introduces the definition of the theory of permanence and the references by some authors for the scientific construction of an architecture theory whose aim is being communicable and offering concrete research tools. Such analysis allowed making a hypothesis about the significance for Rossi of the French geographers of the first half of the 20th century: in particular, the work by Marcel Poëte and by Pierre Lavedan is the main source and the research area which Rossi mostly explored to define the theory of permanence and monuments. Therefore, in The Architecture of the City, permanencies are not presented as the “whole”, but they emerge from a method which isolates permanent urban artifacts, in this way allowing making a hypothesis on “what remains” after the continuous transformations made in the city. The sources examined were quoted by Rossi in The Architecture of the City; in particular I analyzed them in the same edition which Rossi referred to. Through such an analysis, it was possible to make a comparison of the texts with one another, which let emerge the use of terms taken by languages belonging to other disciplines in The Architecture of the City and which the use of wholly extrapolated concepts is. Methodological premises As far as the formulation of the notion of urban artifact is concerned, the analysis focuses on the originality of the expression, the connections that are assumed or contained in Rossi’s writings about the city, by collecting direct and indirect sources which formed a significant corpus of writings. The most relevant direct sources were found in the special collections of the Getty Research Institute in Los Angeles, where the “Aldo Rossi Papers” are conserved. This archive contains unpublished material from 1954 to 1988, such as manuscripts, typescripts, notebooks, cyclostyled documents, scraps and notes, and several letters. In the Aldo Rossi Papers there are also 32 out of the 47 Light Blue Notebooks (Quaderni Azzurri), the rough drafts of The Architecture of the City and of the “A Scientific Autobiography”. As regards The Architecture of the City in particular, the Aldo Rossi Papers preserve: a notebook by the title of “Urban planning manual, June, 1963”, which is an explicit first draft of the book; “Notes for urban planning book summer/winter 1963”; a notebook with a red cover dated September 20th, 1964 – August 8th, 1965; and a notebook with a blue cover dated August 30th, 1965 – December 15th, 1965. The possibility of accessing this archive allowed to increase the bibliography related to the youth studies, enabling a revision of the cultural path followed by Rossi’s education. To that end, it was fundamental to re-evaluate some issues linked to the socialist realism which led to a more precise picture of the first writings by Rossi against the background of the intellectual scenario where he formed. In addition to these texts, the collection of university researches, the articles published on specialized reviews and the speeches at debates and seminars were also examined. About The Architecture of the City, a wide-ranging critical literature was collected, related both to the text specifics and to its collocation in the story of architecture, questioning some observations which define The Architecture of the City as a conclusive and definite book. As far as the chapter on the permanence theory is concerned, the analysis started by the texts that Rossi indicated in The Architecture of the City, revealing the different contributions from the French literature on urban planning. This allowed to the present research a more specific definition of the connections to some central writings which, at the same time, were seen by Rossi as an opportunity to start up the elaboration of the idea of type. For this last part, it can be specified that Rossi formulates his idea of type in a cultural context where the interest in this topic was fundamental. Therefore, the sources which played a central role in this final phase emerge from an extensive panorama in which Rossi researched not only with the redaction staff at Casablanca-continuità and within the School of Venice in the 1960s, but also in his studies for the ILSES (Institute of the Region Lombardia for Economics and Social Studies) and for the National Institute of Urban Planning.

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The wheel - rail contact analysis plays a fundamental role in the multibody modeling of railway vehicles. A good contact model must provide an accurate description of the global contact phenomena (contact forces and torques, number and position of the contact points) and of the local contact phenomena (position and shape of the contact patch, stresses and displacements). The model has also to assure high numerical efficiency (in order to be implemented directly online within multibody models) and a good compatibility with commercial multibody software (Simpack Rail, Adams Rail). The wheel - rail contact problem has been discussed by several authors and many models can be found in the literature. The contact models can be subdivided into two different categories: the global models and the local (or differential) models. Currently, as regards the global models, the main approaches to the problem are the so - called rigid contact formulation and the semi – elastic contact description. The rigid approach considers the wheel and the rail as rigid bodies. The contact is imposed by means of constraint equations and the contact points are detected during the dynamic simulation by solving the nonlinear algebraic differential equations associated to the constrained multibody system. Indentation between the bodies is not permitted and the normal contact forces are calculated through the Lagrange multipliers. Finally the Hertz’s and the Kalker’s theories allow to evaluate the shape of the contact patch and the tangential forces respectively. Also the semi - elastic approach considers the wheel and the rail as rigid bodies. However in this case no kinematic constraints are imposed and the indentation between the bodies is permitted. The contact points are detected by means of approximated procedures (based on look - up tables and simplifying hypotheses on the problem geometry). The normal contact forces are calculated as a function of the indentation while, as in the rigid approach, the Hertz’s and the Kalker’s theories allow to evaluate the shape of the contact patch and the tangential forces. Both the described multibody approaches are computationally very efficient but their generality and accuracy turn out to be often insufficient because the physical hypotheses behind these theories are too restrictive and, in many circumstances, unverified. In order to obtain a complete description of the contact phenomena, local (or differential) contact models are needed. In other words wheel and rail have to be considered elastic bodies governed by the Navier’s equations and the contact has to be described by suitable analytical contact conditions. The contact between elastic bodies has been widely studied in literature both in the general case and in the rolling case. Many procedures based on variational inequalities, FEM techniques and convex optimization have been developed. This kind of approach assures high generality and accuracy but still needs very large computational costs and memory consumption. Due to the high computational load and memory consumption, referring to the current state of the art, the integration between multibody and differential modeling is almost absent in literature especially in the railway field. However this integration is very important because only the differential modeling allows an accurate analysis of the contact problem (in terms of contact forces and torques, position and shape of the contact patch, stresses and displacements) while the multibody modeling is the standard in the study of the railway dynamics. In this thesis some innovative wheel – rail contact models developed during the Ph. D. activity will be described. Concerning the global models, two new models belonging to the semi – elastic approach will be presented; the models satisfy the following specifics: 1) the models have to be 3D and to consider all the six relative degrees of freedom between wheel and rail 2) the models have to consider generic railway tracks and generic wheel and rail profiles 3) the models have to assure a general and accurate handling of the multiple contact without simplifying hypotheses on the problem geometry; in particular the models have to evaluate the number and the position of the contact points and, for each point, the contact forces and torques 4) the models have to be implementable directly online within the multibody models without look - up tables 5) the models have to assure computation times comparable with those of commercial multibody software (Simpack Rail, Adams Rail) and compatible with RT and HIL applications 6) the models have to be compatible with commercial multibody software (Simpack Rail, Adams Rail). The most innovative aspect of the new global contact models regards the detection of the contact points. In particular both the models aim to reduce the algebraic problem dimension by means of suitable analytical techniques. This kind of reduction allows to obtain an high numerical efficiency that makes possible the online implementation of the new procedure and the achievement of performance comparable with those of commercial multibody software. At the same time the analytical approach assures high accuracy and generality. Concerning the local (or differential) contact models, one new model satisfying the following specifics will be presented: 1) the model has to be 3D and to consider all the six relative degrees of freedom between wheel and rail 2) the model has to consider generic railway tracks and generic wheel and rail profiles 3) the model has to assure a general and accurate handling of the multiple contact without simplifying hypotheses on the problem geometry; in particular the model has to able to calculate both the global contact variables (contact forces and torques) and the local contact variables (position and shape of the contact patch, stresses and displacements) 4) the model has to be implementable directly online within the multibody models 5) the model has to assure high numerical efficiency and a reduced memory consumption in order to achieve a good integration between multibody and differential modeling (the base for the local contact models) 6) the model has to be compatible with commercial multibody software (Simpack Rail, Adams Rail). In this case the most innovative aspects of the new local contact model regard the contact modeling (by means of suitable analytical conditions) and the implementation of the numerical algorithms needed to solve the discrete problem arising from the discretization of the original continuum problem. Moreover, during the development of the local model, the achievement of a good compromise between accuracy and efficiency turned out to be very important to obtain a good integration between multibody and differential modeling. At this point the contact models has been inserted within a 3D multibody model of a railway vehicle to obtain a complete model of the wagon. The railway vehicle chosen as benchmark is the Manchester Wagon the physical and geometrical characteristics of which are easily available in the literature. The model of the whole railway vehicle (multibody model and contact model) has been implemented in the Matlab/Simulink environment. The multibody model has been implemented in SimMechanics, a Matlab toolbox specifically designed for multibody dynamics, while, as regards the contact models, the CS – functions have been used; this particular Matlab architecture allows to efficiently connect the Matlab/Simulink and the C/C++ environment. The 3D multibody model of the same vehicle (this time equipped with a standard contact model based on the semi - elastic approach) has been then implemented also in Simpack Rail, a commercial multibody software for railway vehicles widely tested and validated. Finally numerical simulations of the vehicle dynamics have been carried out on many different railway tracks with the aim of evaluating the performances of the whole model. The comparison between the results obtained by the Matlab/ Simulink model and those obtained by the Simpack Rail model has allowed an accurate and reliable validation of the new contact models. In conclusion to this brief introduction to my Ph. D. thesis, we would like to thank Trenitalia and the Regione Toscana for the support provided during all the Ph. D. activity. Moreover we would also like to thank the INTEC GmbH, the society the develops the software Simpack Rail, with which we are currently working together to develop innovative toolboxes specifically designed for the wheel rail contact analysis.

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Purpose of this research is to deepen the study on the section in architecture. The survey aims as important elements in the project Teatro Domestico by Aldo Rossi built for the XVII Triennale di Milano in 1986 and, through the implementation on several topics of architecture, verify the timeliness and fertility in the new compositional exercises. Through the study of certain areas of the Rossi’s theory we tried to find a common thread for the reading of the theater project. The theater is the place of the ephemeral and the artificial, which is why his destiny is the end and the fatal loss. The design and construction of theater setting has always had a double meaning between the value of civil architecture and testing of new technologies available. Rossi's experience in this area are clear examples of the inseparable relationship between the representation of architecture as art and design of architecture as a model of reality. In the Teatro Domestico, the distinction between representation and the real world is constantly canceled and returned through the reversal of the meaning and through the skip of scale. At present, studies conducted on the work of Rossi concern the report that the architectural composition is the theory of form, focusing compositional development of a manufacturing process between the typological analysis and form invention. The research, through the analysis of some projects few designs, will try to analyze this issue through the rules of composition both graphical and concrete construction, hoping to decipher the mechanism underlying the invention. The almost total lack of published material on the project Teatro Domestico and the opportunity to visit the archives that preserve the drawings, has allowed the author of this study to deepen the internal issues in the project, thus placing this search as a first step toward possible further analysis on the works of Rossi linked to performance world. The final aim is therefore to produce material that can best describe the work of Rossi. Through the reading of the material published by the same author and the vision of unpublished material preserved in the archives, it was possible to develop new material and increasing knowledge about the work, otherwise difficult to analyze. The research is divided into two groups. The first, taking into account the close relationship most frequently mentioned by Rossi himself between archeology and architectural composition, stresses the importance of tipo such as urban composition reading system as well as open tool of invention. Resuming Ezio Bonfanti’s essay on the work of the architect we wanted to investigate how the paratactic method is applied to the early work conceived and, subsequently as the process reaches a complexity accentuated, while keeping stable the basic terms. Following a brief introduction related to the concept of the section and the different interpretations that over time the term had, we tried to identify with this facility a methodology for reading Rossi’s projects. The result is a constant typological interpretation of the term, not only related to the composition in plant but also through the elevation plans. The section is therefore intended as the overturning of such elevation is marked on the same plane of the terms used, there is a different approach, but a similarity of characters. The identification of architectural phonemes allows comparison with other arts. The research goes in the direction of language trying to identify the relationship between representation and construction, between the ephemeral and the real world. In this sense it will highlight the similarities between the graphic material produced by Ross and some important examples of contemporary author. The comparison between the composition system with the surrealist world of painting and literature will facilitate the understanding and identification of possible rules applied by Rossi. The second part of the research is characterized by a focus on the intent of the project chosen. Teatro Domestico embodies a number of elements that seem to conclude (assuming an end point but also to start) a curriculum author. With it, the experiments carried out on the theater started with the project for the Teatrino Scientifico (1978) through the project for the Teatro del Mondo (1979), into a Laic Tabernacle representative collective and private memory of the city. Starting from a reading of the draft, through the collection of published material, we’ve made an analysis on the explicit themes of the work, finding the conceptual references. Following the taking view of the original materials not published kept at Aldo Rossi's Archive Collection of the Canadian Center for Architecture in Montréal, will be implemented through the existing techniques for digital representation, a virtual reconstruction of the project, adding little to the material, a new element for future studies. The reconstruction is part of a larger research studies where the current technologies of composition and representation in architecture stand side by side with research on the method of composition of this architect. The results achieved are in addition to experiences in the past dealt with the reconstruction of some of the lost works of Aldo Rossi. A partial objective is to reactivate a discourse around this work is considered non-principal, among others born in the prolific activities. Reassessment of development projects which would bring the level of ephemeral works most frequented by giving them the value earned. In conclusion, the research aims to open a new field of interest on the part not only as a technical instrument of representation of an idea but as an actual mechanism through which composition is formed and the idea is developed.

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The 3-UPU three degrees of freedom fully parallel manipulator, where U and P are for universal and prismatic pair respectively, is a very well known manipulator that can provide the platform with three degrees of freedom of pure translation, pure rotation or mixed translation and rotation with respect to the base, according to the relative directions of the revolute pair axes (each universal pair comprises two revolute pairs with intersecting and perpendicular axes). In particular, pure translational parallel 3-UPU manipulators (3-UPU TPMs) received great attention. Many studies have been reported in the literature on singularities, workspace, and joint clearance influence on the platform accuracy of this manipulator. However, much work has still to be done to reveal all the features this topology can offer to the designer when different architecture, i.e. different geometry are considered. Therefore, this dissertation will focus on this type of the 3-UPU manipulators. The first part of the dissertation presents six new architectures of the 3-UPU TPMs which offer interesting features to the designer. In the second part, a procedure is presented which is based on some indexes, in order to allows the designer to select the best architecture of the 3-UPU TPMs for a given task. Four indexes are proposed as stiffness, clearance, singularity and size of the manipulator in order to apply the procedure.

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In the present work we perform an econometric analysis of the Tribal art market. To this aim, we use a unique and original database that includes information on Tribal art market auctions worldwide from 1998 to 2011. In Literature, art prices are modelled through the hedonic regression model, a classic fixed-effect model. The main drawback of the hedonic approach is the large number of parameters, since, in general, art data include many categorical variables. In this work, we propose a multilevel model for the analysis of Tribal art prices that takes into account the influence of time on artwork prices. In fact, it is natural to assume that time exerts an influence over the price dynamics in various ways. Nevertheless, since the set of objects change at every auction date, we do not have repeated measurements of the same items over time. Hence, the dataset does not constitute a proper panel; rather, it has a two-level structure in that items, level-1 units, are grouped in time points, level-2 units. The main theoretical contribution is the extension of classical multilevel models to cope with the case described above. In particular, we introduce a model with time dependent random effects at the second level. We propose a novel specification of the model, derive the maximum likelihood estimators and implement them through the E-M algorithm. We test the finite sample properties of the estimators and the validity of the own-written R-code by means of a simulation study. Finally, we show that the new model improves considerably the fit of the Tribal art data with respect to both the hedonic regression model and the classic multilevel model.

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La ricerca proposta si pone l’obiettivo di definire e sperimentare un metodo per un’articolata e sistematica lettura del territorio rurale, che, oltre ad ampliare la conoscenza del territorio, sia di supporto ai processi di pianificazione paesaggistici ed urbanistici e all’attuazione delle politiche agricole e di sviluppo rurale. Un’approfondita disamina dello stato dell’arte riguardante l’evoluzione del processo di urbanizzazione e le conseguenze dello stesso in Italia e in Europa, oltre che del quadro delle politiche territoriali locali nell’ambito del tema specifico dello spazio rurale e periurbano, hanno reso possibile, insieme a una dettagliata analisi delle principali metodologie di analisi territoriale presenti in letteratura, la determinazione del concept alla base della ricerca condotta. E’ stata sviluppata e testata una metodologia multicriteriale e multilivello per la lettura del territorio rurale sviluppata in ambiente GIS, che si avvale di algoritmi di clustering (quale l’algoritmo IsoCluster) e classificazione a massima verosimiglianza, focalizzando l’attenzione sugli spazi agricoli periurbani. Tale metodo si incentra sulla descrizione del territorio attraverso la lettura di diverse componenti dello stesso, quali quelle agro-ambientali e socio-economiche, ed opera una sintesi avvalendosi di una chiave interpretativa messa a punto allo scopo, l’Impronta Agroambientale (Agro-environmental Footprint - AEF), che si propone di quantificare il potenziale impatto degli spazi rurali sul sistema urbano. In particolare obiettivo di tale strumento è l’identificazione nel territorio extra-urbano di ambiti omogenei per caratteristiche attraverso una lettura del territorio a differenti scale (da quella territoriale a quella aziendale) al fine di giungere ad una sua classificazione e quindi alla definizione delle aree classificabili come “agricole periurbane”. La tesi propone la presentazione dell’architettura complessiva della metodologia e la descrizione dei livelli di analisi che la compongono oltre che la successiva sperimentazione e validazione della stessa attraverso un caso studio rappresentativo posto nella Pianura Padana (Italia).

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La ricerca prende in esame le produzioni narrative, in particolare quelle dedicate agli adolescenti e ai giovani adulti, nei cui linguaggi e nelle cui trame si insinuano modelli di vita, comportamenti, valori, stereotipie, ecc. Attraverso le fiction dell'ultimo decennio, sono offerte interpretazioni alle costanti e alle variabili che percorrono i diversi prodotti culturali e che sono metafore di caratteristiche e di dinamiche della società post-moderna. Nella ricerca si studiano le trame e i personaggi delle narrazioni e, in parallelo, si individuano le correlazioni con studi pedagogici interessati alle ultime generazioni giovanili. La comparazione ha portato ad un sistema di decifrazione per individuare il giovane dell'era post-moderna tra gli elementi di finzione. Si sono prese in esame le più importanti icone dell'immaginario che, pur attraverso innumerevoli riscritture, continuano ad imporsi come metafore per identificazione, abnegazione, catarsi. Rispetto al passato, molte icone presenti nelle ultime produzioni di fiction subiscono alterazioni leggibili come spie (i.e. Ginzburg). È in queste trasformazioni, spinte fino alla metamorfosi dell'icona, che è possibile rintracciare alcune caratteristiche proprie del mondo giovanile in rapporto con la società contemporanea. L'immaginario può dunque essere lo specchio in cui l'uomo e la società possono riconoscersi, e studiarlo apre possibilità per sviluppare prospettive di interpretazione verso nuovi orizzonti.

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In this work I tried to explore many aspects of cognitive visual science, each one based on different academic fields, proposing mathematical models capable to reproduce both neuro-physiological and phenomenological results that were described in the recent literature. The structure of my thesis is mainly composed of three chapters, corresponding to the three main areas of research on which I focused my work. The results of each work put the basis for the following, and their ensemble form an homogeneous and large-scale survey on the spatio-temporal properties of the architecture of the visual cortex of mammals.

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Tra il V ed il VI secolo, la città di Ravenna, per tre volte capitale, emerge fra i più significativi centri dell’impero, fungendo da cerniera tra Oriente e Occidente, soprattutto grazie ai mosaici parietali degli edifici di culto, perfettamente inseriti in una koinè culturale e artistica che ha come comune denominatore il Mar Mediterraneo, nel contesto di parallele vicende storiche e politiche. Rispetto ai ben noti e splendidi mosaici ravennati, che insieme costituiscono senza dubbio un unicum nel panorama artistico dell’età tardoantica e altomedievale, nelle decorazioni musive parietali dei coevi edifici di culto dei diversi centri dell’impero d’Occidente e d’Oriente, e in particolare in quelli localizzati nelle aree costiere, si possono cogliere divergenze, ma anche simmetrie dal punto di vista iconografico, iconologico e stilistico. Sulla base della letteratura scientifica e attraverso un poliedrico esame delle superfici musive parietali, basato su una metodologia interdisciplinare, si è cercato di chiarire l’articolato quadro di relazioni culturali, ideologiche ed artistiche che hanno interessato e interessano tuttora Ravenna e i vari centri della tarda antichità, insistendo sulla pluralità, sulla complessità e sulla confluenza di diverse esperienze artistiche sui mosaici di Ravenna. A tale scopo, i dati archeologici e artistici sono stati integrati con quelli storici, agiografici ed epigrafici, con opportuni collegamenti all’architettura, alla scultura, alle arti decorative e alle miniature, a testimonianza dell’unità di intenti di differenti media artistici, orientati, pur nella diversità, verso le medesime finalità dogmatiche, politiche e celebrative. Si tratta dunque di uno studio di revisione e di sintesi sui mosaici parietali mediterranei di V e VI secolo, allo scopo di aggiungere un nuovo tassello alla già pur vasta letteratura dedicata all’argomento.