8 resultados para Art History, Architecture
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Oggetto della ricerca il museo Wilhelm Lehmbruck di Duisburg, un'opera dell'architetto Manfred Lehmbruck, progettata e realizzata tra il 1957 e il 1964. Questa architettura, che ospita la produzione artistica del noto scultore Wilhelm Lehmbruck, padre di Manfred, tra i primi musei edificati ex novo nella Repubblica Federale Tedesca dopo la seconda guerra mondiale. Il mito di Wilhelm Lehmbruck, costruito negli anni per donare una identit culturale alla citt industriale di Duisburg, si rinvigor nel secondo dopoguerra in seno ad una pi generale tendenza sorta nella Repubblica di Bonn verso la rivalutazione dell'arte moderna, dichiarata degenerata dal nazionalsocialismo. Ricollegarsi all'arte e all'architettura moderna degli anni venti era in quel momento funzionale al ridisegno di un volto nuovo e democratico del giovane stato tedesco, che cercava legittimazione proclamandosi erede della mitica e gloriosa Repubblica di Weimar. Dopo anni di dibattiti sulla ricostruzione, l'architettura del neues Bauen sembrava l'unico modo in cui la Repubblica Federale potesse presentarsi al mondo, anche se la realt del paese era assai pi complessa e svelava il doppio volto che connot questo stato a partire dal 1945. Le numerose dicotomie che popolarono presto la tabula rasa nata dalle ceneri del conflitto (memoria/oblio, tradizione/modernit, continuit/discontinuit con il recente e infausto passato) trovano espressione nella storia e nella particolare architettura del museo di Duisburg, che pu essere quindi interpretato come un'opera paradigmatica per comprendere la nuova identit della Repubblica Federale, un'identit che la rese capace di risorgere dopo l' anno zero, ricercando nel miracolo economico uno strumento di redenzione da un passato vergognoso, che doveva essere taciuto, dimenticato, lasciato alle spalle.
Resumo:
Lermeneutica filosofica di Hans-Georg Gadamer indubbiamente uno dei capisaldi del pensiero novecentesco rappresenta una filosofia molto composita, sfaccettata e articolata, per cos dire formata da una molteplicit di dimensioni diverse che si intrecciano luna con laltra. Ci risulta evidente gi da un semplice sguardo alla composizione interna della sua opera principale, Wahrheit und Methode (1960), nella quale si presenta una teoria del comprendere che prende in esame tre differenti dimensioni dellesperienza umana arte, storia e linguaggio ovviamente concepite come fondamentalmente correlate tra loro. Ma questo quadro dinsieme si complica notevolmente non appena si prendano in esame perlomeno alcuni dei numerosi contributi che Gadamer ha scritto e pubblicato prima e dopo il suo opus magnum: contributi che testimoniano limportante presenza nel suo pensiero di altre tematiche. Di tale complessit, per, non sempre gli interpreti di Gadamer hanno tenuto pienamente conto, visto che una gran parte dei contributi esegetici sul suo pensiero risultano essenzialmente incentrati sul capolavoro del 1960 (ed in particolare sui problemi della legittimazione delle Geisteswissenschaften), dedicando invece minore attenzione agli altri percorsi che egli ha seguito e, in particolare, alla dimensione propriamente etica e politica della sua filosofia ermeneutica. Inoltre, mi sembra che non sempre si sia prestata la giusta attenzione alla fondamentale unitariet da non confondere con una presunta sistematicit, da Gadamer esplicitamente respinta che a dispetto dellindubbia molteplicit ed eterogeneit del pensiero gadameriano comunque vige al suo interno. La mia tesi, dunque, che estetica e scienze umane, filosofia del linguaggio e filosofia morale, dialogo con i Greci e confronto critico col pensiero moderno, considerazioni su problematiche antropologiche e riflessioni sulla nostra attualit sociopolitica e tecnoscientifica, rappresentino le diverse dimensioni di un solo pensiero, le quali in qualche modo vengono a convergere verso un unico centro. Un centro unificante che, a mio avviso, va individuato in quello che potremmo chiamare il disagio della modernit. In altre parole, mi sembra cio che tutta la riflessione filosofica di Gadamer, in fondo, scaturisca dalla presa datto di una situazione di crisi o disagio nella quale si troverebbero oggi il nostro mondo e la nostra civilt. Una crisi che, data la sua profondit e complessit, si per cos dire ramificata in molteplici direzioni, andando ad investire svariati ambiti dellesistenza umana. Ambiti che pertanto vengono analizzati e indagati da Gadamer con occhio critico, cercando di far emergere i principali nodi problematici e, alla luce di ci, di avanzare proposte alternative, rimedi, correttivi e possibili soluzioni. A partire da una tale comprensione di fondo, la mia ricerca si articola allora in tre grandi sezioni dedicate rispettivamente alla pars destruens dellermeneutica gadameriana (prima e seconda sezione) ed alla sua pars costruens (terza sezione). Nella prima sezione intitolata Una fenomenologia della modernit: i molteplici sintomi della crisi dopo aver evidenziato come buona parte della filosofia del Novecento sia stata dominata dallidea di una crisi in cui verserebbe attualmente la civilt occidentale, e come anche lermeneutica di Gadamer possa essere fatta rientrare in questo discorso filosofico di fondo, cerco di illustrare uno per volta quelli che, agli occhi del filosofo di Verit e metodo, rappresentano i principali sintomi della crisi attuale. Tali sintomi includono: le patologie socioeconomiche del nostro mondo amministrato e burocratizzato; lindiscriminata espansione planetaria dello stile di vita occidentale a danno di altre culture; la crisi dei valori e delle certezze, con la concomitante diffusione di relativismo, scetticismo e nichilismo; la crescente incapacit a relazionarsi in maniera adeguata e significativa allarte, alla poesia e alla cultura, sempre pi degradate a mero entertainment; infine, le problematiche legate alla diffusione di armi di distruzione di massa, alla concreta possibilit di una catastrofe ecologica ed alle inquietanti prospettive dischiuse da alcune recenti scoperte scientifiche (soprattutto nellambito della genetica). Una volta delineato il profilo generale che Gadamer fornisce della nostra epoca, nella seconda sezione intitolata Una diagnosi del disagio della modernit: il dilagare della razionalit strumentale tecnico-scientifica cerco di mostrare come alla base di tutti questi fenomeni egli scorga fondamentalmente ununica radice, coincidente peraltro a suo giudizio con lorigine stessa della modernit. Ossia, la nascita della scienza moderna ed il suo intrinseco legame con la tecnica e con una specifica forma di razionalit che Gadamer facendo evidentemente riferimento a categorie interpretative elaborate da Max Weber, Martin Heidegger e dalla Scuola di Francoforte definisce anche razionalit strumentale o pensiero calcolante. A partire da una tale visione di fondo, cerco quindi di fornire unanalisi della concezione gadameriana della tecnoscienza, evidenziando al contempo alcuni aspetti, e cio: primo, come lermeneutica filosofica di Gadamer non vada interpretata come una filosofia unilateralmente antiscientifica, bens piuttosto come una filosofia antiscientista (il che naturalmente qualcosa di ben diverso); secondo, come la sua ricostruzione della crisi della modernit non sfoci mai in una critica totalizzante della ragione, n in una filosofia della storia pessimistico-negativa incentrata sullidea di un corso ineluttabile degli eventi guidato da una razionalit irrazionale e contaminata dalla brama di potere e di dominio; terzo, infine, come la filosofia di Gadamer a dispetto delle inveterate interpretazioni che sono solite scorgervi un pensiero tradizionalista, autoritario e radicalmente anti-illuminista non intenda affatto respingere lilluminismo scientifico moderno tout court, n rinnegarne le pi importanti conquiste, ma pi semplicemente correggerne alcune tendenze e recuperare una nozione pi ampia e comprensiva di ragione, in grado di render conto anche di quegli aspetti dellesperienza umana che, agli occhi di una razionalit limitata come quella scientista, non possono che apparire come meri residui di irrazionalit. Dopo aver cos esaminato nelle prime due sezioni quella che possiamo definire la pars destruens della filosofia di Gadamer, nella terza ed ultima sezione intitolata Una terapia per la crisi della modernit: la riscoperta dellesperienza e del sapere pratico passo quindi ad esaminare la sua pars costruens, consistente a mio giudizio in un recupero critico di quello che egli chiama un altro tipo di sapere. Ossia, in un tentativo di riabilitazione di tutte quelle forme pre- ed extra-scientifiche di sapere e di esperienza che Gadamer considera costitutive della dimensione ermeneutica dellesistenza umana. La mia analisi della concezione gadameriana del Verstehen e dellErfahrung in quanto forme di un sapere pratico (praktisches Wissen) differente in linea di principio da quello teorico e tecnico conduce quindi ad uninterpretazione complessiva dellermeneutica filosofica come vera e propria filosofia pratica. Cio, come uno sforzo di chiarificazione filosofica di quel sapere prescientifico, intersoggettivo e di senso comune effettivamente vigente nella sfera della nostra Lebenswelt e della nostra esistenza pratica. Ci, infine, conduce anche inevitabilmente ad unaccentuazione dei risvolti etico-politici dellermeneutica di Gadamer. In particolare, cerco di esaminare la concezione gadameriana delletica tenendo conto dei suoi rapporti con le dottrine morali di Platone, Aristotele, Kant e Hegel e di delineare alla fine un profilo della sua ermeneutica filosofica come filosofia del dialogo, della solidariet e della libert.
Resumo:
My project explores and compares different forms of gender performance in contemporary art and visual culture according to a perspective centered on photography. Thanks to its attesting power this medium can work as a ready-made. In fact during the 20th century it played a key role in the cultural emancipation of the body which (using a Michel Foucaults expression) has now become the zero point of the world. Through performance the body proves to be a living material of expression and communication while photography ensures the recording of any ephemeral event that happens in time and space. My questioning approach considers the gender constructed imagery from the 1990s to the present in order to investigate how photographys strong aura of realism promotes and allows fantasies of transformation. The contemporary fascination with gender (especially for art and fashion) represents a crucial issue in the global context of postmodernity and is manifested in a variety of visual media, from photography to video and film. Moreover the internet along with its digital transmission of images has deeply affected our world (from culture to everyday life) leading to a postmodern preference for performativity over the more traditional and linear forms of narrativity. As a consequence individual borders get redefined by the skin itself which (dissected through instant vision) turns into a ductile material of mutation and hybridation in the service of identity. My critical assumptions are taken from the most relevant changes occurred in philosophy during the last two decades as a result of the contributions by Jacques Lacan, Michel Foucault, Jacques Derrida, Gilles Deleuze who developed a cross-disciplinary and comparative approach to interpret the crisis of modernity. They have profoundly influenced feminist studies so that the category of gender has been reassessed in contrast with sex (as a biological connotation) and in relation to history, culture, society. The ideal starting point of my research is the year 1990. I chose it as the approximate historical moment when the intersection of race, class and gender were placed at the forefront of international artistic production concerned with identity, diversity and globalization. Such issues had been explored throughout the 1970s but it was only from the mid-1980s onward that they began to be articulated more consistently. Published in 1990, the book "Gender trouble: feminism and the subversion of identity" by Judith Butler marked an important breakthrough by linking gender to performance as well as investigating the intricate connections between theory and practice, embodiment and representation. It inspired subsequent research in a variety of disciplines, art history included. In the same year Teresa de Lauretis launched the definition of queer theory to challenge the academic perspective in gay and lesbian studies. In the meantime the rise of Third Wave Feminism in the US introduced a racially and sexually inclusive vision over the global situation in order to reflect on subjectivity, new technologies and popular culture in connection with gender representation. These conceptual tools have enabled prolific readings of contemporary cultural production whether fine arts or mass media. After discussing the appropriate framework of my project and taking into account the postmodern globalization of the visual, I have turned to photography to map gender representation both in art and in fashion. Therefore I have been creating an archive of images around specific topics. I decided to include fashion photography because in the 1990s this genre moved away from the paradigm of an idealized and classical beauty toward a new vernacular allied with lifestyles, art practices, pop and youth culture; as one might expect the dominant narrative modes in fashion photography are now mainly influenced by cinema and snapshot. These strategies originate story lines and interrupted narratives using models performance to convey a particular imagery where identity issues emerge as an essential part of fashion spectacle. Focusing on the intersections of gender identities with socially and culturally produced identities, my approach intends to underline how the fashion world has turned to current trends in art photography and in some case turned to the artists themselves. The growing fluidity of the categories that distinguish art from fashion photography represents a particularly fruitful moment of visual exchange. Varying over time the dialogue between these two fields has always been vital; nowadays it can be studied as a result of this close relationship between contemporary art world and consumer culture. Due to the saturation of postmodern imagery the feedback between art and fashion has become much more immediate and then increasingly significant for anyone who wants to investigate the construction of gender identity through performance. In addition to that a lot of magazines founded in the 1990s bridged the worlds of art and fashion because some of their designers and even editors were art-school graduates encouraging innovation. The inclusion of art within such magazines aimed at validating them as a form of art in themselves supporting a dynamic intersection for music, fashion, design and youth culture: an intersection that also contributed to create and spread different gender stereotypes. This general interest in fashion produced many exhibitions of and about fashion itself at major international venues such as the Victoria and Albert Museum in London, the Metropolitan Museum of Art and the Solomon R. Guggenheim Museum in New York. Since then this celebrated success of fashion has been regarded as a typical element of postmodern culture. Owing to that I have also based my analysis on some important exhibitions dealing with gender performance like "Fminin-Masculin" at the Centre Pompidou of Paris (1995), "Rrose is a Rrose is a Rrose. Gender performance in photography" at the Solomon R. Guggenheim Museum of New York (1997), "Global Feminisms" at the Brooklyn Museum (2007), "Female Trouble" at the Pinakothek der Moderne in Mnchen together with the workshops dedicated to "Performance: gender and identity" in June 2005 at the Tate Modern of London. Since 2003 in Italy we have had Gender Bender - an international festival held annually in Bologna - to explore the gender imagery stemming from contemporary culture. In few days this festival offers a series of events ranging from visual arts, performance, cinema, literature to conferences and music. Being aware that any method of research is neither race nor gender neutral I have traced these critical paths to question gender identity in a multicultural perspective taking account of the political implications too. In fact, if visibility may be equated with exposure, we can also read these images as points of intersection of visibility with social power. Since gender assignations rely so heavily on the visual, the postmodern dismantling of gender certainty through performance has wide-ranging effects that need to be analyzed. In some sense this practice can even contest the dominance of visual within postmodernism. My visual map in contemporary art and fashion photography includes artists like Nan Goldin, Cindy Sherman, Hellen van Meene, Rineke Dijkstra, Ed Templeton, Ryan McGinley, Anne Daems, Miwa Yanagi, Tracey Moffat, Catherine Opie, Tomoko Sawada, Vanessa Beecroft, Yasumasa Morimura, Collier Schorr among others.
Resumo:
Il concetto di contaminazione fra architettura ed arti plastiche e figurative molto antico. La dicotomia arte-architettura, sancita in via definitiva con il moderno museo di spoliazione napoleonica, non pu che essere considerata una variazione neo-tecnicista sulla quale, non sempre giustamente, sono andati assestandosi gli insegnamenti delle scuole politecniche. Non cos sempre stato. Come il tempio greco pu essere considerato unopera plastica nel suo complesso, esempio tra i primi di fusione tra arte e architettura, moltissimi sono gli esempi che hanno guidato la direzione della ricerca che si intesa perseguire. Molti sono gli esempi del passato che ci presentano figure di architetto-artista: un esempio fra tutti Michelangelo Buonarroti; come per altro non nuovo, per lartista puro, cimentarsi nella progettazione dello spazio architettonico o urbano, o per l'architetto essere coinvolto dalle indagini della ricerca artistica a lui contemporanea dalla quale trarre suggestioni culturali. Le rappresentazioni dei linguaggi visivi sono il frutto di contaminazioni che avvengono su diversi livelli e in pi direzioni. Spesso le ricerche artistiche pi significative hanno anticipato o influenzato il mondo del design, dellarchitettura, della comunicazione. Lintenzione della ricerca stata quindi approfondire, attraverso un viaggio nel Novecento, con particolare attenzione al Secondo Dopoguerra, i fenomeni culturali che hanno prodotto i pi significativi sviluppi stilistici nellambito della ricerca e del rinnovo del linguaggio architettonico. Il compito, parafrasando Leonardo Benevolo, non stato quello di elencare le singole battute della discussione ma di riconoscere gli interventi fruttuosi a lunga scadenza. Mutuando gli insegnamenti della scuola del Bauhaus, arte e architettura sono state affiancate perch considerate espressioni strettamente relazionate di coevi fenomeni culturali. Lobiettivo ha puntato allindividuazione dei meccanismi delle interazioni tra discipline, cercando di delineare il profilo della complessit dellespressione del contemporaneo in architettura.
Resumo:
Lo studio analizza il modo in cui la storia dellarte e la visual culture vengono utilizzate allinterno delle medical humanities, e cerca di suggerire un metodo pi utile rispetto a quelli fin qui proposti. Lo scritto organizzato in due parti. Nella prima parte sono analizzate alcune teorie e pratiche delle scienze umane in medicina. In particolare, ci concentriamo sulla medicina narrativa e sugli approcci con cui la storia dellarte viene inclusa nella maggioranza dei programmi di medical humanities. Dopodich, proponiamo di riconsiderare questi metodi e di implementare il ruolo di un pensiero storico e visivo allinterno di tali insegnamenti. Nella seconda parte, alla luce di quanto emerso nella prima, ci dedichiamo a uno studio di caso: la rappresentazione della melanconia amorosa, o mal damore, in una serie di dipinti olandesi del Secolo dOro. Colleghiamo queste opere a trattati medico-filosofici dellepoca che permettano di inquadrare il mal damore in un contesto storico; in seguito, analizziamo alcune interpretazioni fornite da studiosi e storici dellarte a noi contemporanei. In particolare, esaminiamo lo studio pionieristico di Henry Meige, pubblicato sulla Nouvelle iconographie de la Salptrire nel 1899, da cui emerge la possibilit di un confronto critico sia con le posizioni iconodiagnostiche di Charcot e Richer sia con quelle della prima psicoanalisi.
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Obiettivo principale della ricerca quello di aggiungere un tassello mancante, attraverso una nuova chiave di lettura, alla complessa attivit artistico-teorica dellartista futurista Enrico Prampolini (1894-1956). Questa tesi, oltre a riordinare e raccogliere tutto ci che riguarda larchitettura e il rapporto di questultima con le arti nell'opera di Prampolini, coglie loccasione per puntualizzarne aspetti ancora poco esplorati, grazie anche all'analisi inedita dei documenti originali dell'artista conservati presso il CRDAV del Museo darte contemporanea di Roma. Partendo dall'analisi dei rapporti dellartista modenese con le avanguardie straniere, la ricerca prosegue con la presa in esame dei manifesti, degli scritti e degli articoli noti e inediti legati alla teoria architettonica nella produzione dellartista modenese. Il nucleo centrale della ricerca costituito dagli elementi inediti emersi presso lArchivio Prampolini consistenti in relazioni di progetti architettonici per un Piano urbanistico del Centro Alberghiero di Castel Fusano (1938) e per due alberghi nel centro di Roma (1938-1939). La seconda parte della ricerca si concentra sull'analisi del rapporto tra arte e architettura nel Futurismo e sul fondamentale contributo dato in tal senso da Prampolini, in particolare attraverso la plastica murale, come completamento dellarchitettura futurista e fascista e la concezione dellArte Polimaterica. Nell'ultima parte della ricerca si affronta infine l'analisi del rapporto tra arte e architettura gestito in ambito istituzionale in Italia tra le due guerre, con lemanazione, nel 1942, della legge detta del 2%. Aspetto finora inedito delle vicende legate alla legge del 2% l'emergere del ruolo centrale di Prampolini nel contribuire al dibattito che port alla sua approvazione, e non secondariamente nella ricerca di migliori condizioni economiche e maggiori occasioni di lavoro per gli artisti. La figura di Enrico Prampolini emerge dunque, da questa ricerca, come un nodo fondamentale per comprendere alcuni degli aspetti ancora inesplorati della cultura artistico-architettonica italiana degli anni Venti-Quaranta.
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Fluxus stato definito il pi radicale e sperimentale movimento artistico degli anni Sessanta. Dalla prima comparsa ad oggi stato osannato, analizzato, dimenticato e riscoperto molte volte, tuttora per rimane una delle pi grandi incognite critiche della storia dellarte del Novecento. La ricerca si sviluppa secondo uno schema tripartito: indagare origini, ascendenze e ispirazioni; collocare e contestualizzare il periodo di nascita e sviluppo; esaminare influenze e lasciti. Attraverso un confronto di manifesti, scritti autografi e opere si cercato di verificare punti di contatto e di continuit tra Fluxus e le Avanguardie Storiche, con particolare riferimento a Futurismo e Dadaismo. Successivamente si cercato di ricostruire le dinamiche che hanno portato, alla fine degli anni Cinquanta, al definirsi di un terreno fertile dal quale sono germinate esperienze strettamente legate quali Happening, Performance Art e lo stesso Fluxus, del quale si sono ripercorsi i cosiddetti anni eroici per evidenziarne le caratteristiche salienti. Nella terza sezione sono state individuate diverse ipotesi di continuazione dellattitudine Fluxus, dal percorso storico-filologico dei precoci tentativi di musealizzazione, alle eredit dirette e indirette sulle generazioni successive di artisti, fino alla individuazione di idee e concetti la cui attualit rende Fluxus un elemento imprescindibile per la comprensione della cultura contemporanea.
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Tra le plurime conseguenze dellavvento del digitale, la riarticolazione dei rapporti tra immagine statica e immagine in movimento certamente una delle pi profonde. Sintomatica dei cambiamenti in atto sia nei film studies sia nella storia dellarte, tale riarticolazione richiede un ripensamento dei confini disciplinari tradizionali entro cui il cinema e la fotografia sono stati affrontati come oggetti di studio separati e distinti. Nelladottare un approccio molteplice, volto a comprendere prospettive provenienti dalla New Film History e dalla media archaeology, dalla teoria dellarte e dagli studi visuali, questo lavoro esplora lesistenza di una relazione dialettica tra il cinema e la fotografia intesa in modo duplice: come tensione costitutiva tra due media indissolubilmente connessi non tanto in considerazione di un medesimo principio realistico di rappresentazione quanto, piuttosto, in virt di uno scambio incessante nella modellizzazione di categorie quali il tempo, il movimento, limmobilit, listante, la durata; come istanza peculiare della pratica artistica contemporanea, paradigma di riferimento nella produzione estetica di immagini. La tesi si suddivide in tre capitoli. Il primo si concentra sul rapporto tra limmobilit e il movimento dellimmagine come cifra in grado di connettere lestetica delle attrazioni e la cronofotografia a una serie di esperienze filmiche e artistiche prodotte nei territori delle avanguardie. Il secondo capitolo considera lemergenza, dagli anni Novanta, di pratiche artistiche in cui lincontro intermediale tra film e fotografia fornisce modelli di analisi volti allindagine dellattuale condizione estetica e tecnologica. Il terzo offre una panoramica critica su un caso di studio, la GIF art. La GIF un formato digitale obsoleto che consente di produrre immagini che appaiono, simultaneamente, come fisse e animate; nel presente lavoro, la GIF discussa come un medium capace di contraddire i confini attraverso cui concepiamo limmagine fissa e in movimento, suggerendo, inoltre, un possibile modello di pensiero storico-cronologico anti-lineare.