9 resultados para Agro-industrialization

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Phenol and cresols represent a good example of primary chemical building blocks of which 2.8 million tons are currently produced in Europe each year. Currently, these primary phenolic building blocks are produced by refining processes from fossil hydrocarbons: 5% of the world-wide production comes from coal (which contains 0.2% of phenols) through the distillation of the tar residue after the production of coke, while 95% of current world production of phenol is produced by the distillation and cracking of crude oil. In nature phenolic compounds are present in terrestrial higher plants and ferns in several different chemical structures while they are essentially absent in lower organisms and in animals. Biomass (which contain 3-8% of phenols) represents a substantial source of secondary chemical building blocks presently underexploited. These phenolic derivatives are currently used in tens thousand of tons to produce high cost products such as food additives and flavours (i.e. vanillin), fine chemicals (i.e. non-steroidal anti-inflammatory drugs such as ibuprofen or flurbiprofen) and polymers (i.e. poly p-vinylphenol, a photosensitive polymer for electronic and optoelectronic applications). European agrifood waste represents a low cost abundant raw material (250 millions tons per year) which does not subtract land use and processing resources from necessary sustainable food production. The class of phenolic compounds is essentially constituted by simple phenols, phenolic acids, hydroxycinnamic acid derivatives, flavonoids and lignans. As in the case of coke production, the removal of the phenolic contents from biomass upgrades also the residual biomass. Focusing on the phenolic component of agrifood wastes, huge processing and marketing opportunities open since phenols are used as chemical intermediates for a large number of applications, ranging from pharmaceuticals, agricultural chemicals, food ingredients etc. Following this approach we developed a biorefining process to recover the phenolic fraction of wheat bran based on enzymatic commercial biocatalysts in completely water based process, and polymeric resins with the aim of substituting secondary chemical building blocks with the same compounds naturally present in biomass. We characterized several industrial enzymatic product for their ability to hydrolize the different molecular features that are present in wheat bran cell walls structures, focusing on the hydrolysis of polysaccharidic chains and phenolics cross links. This industrial biocatalysts were tested on wheat bran and the optimized process allowed to liquefy up to the 60 % of the treated matter. The enzymatic treatment was also able to solubilise up to the 30 % of the alkali extractable ferulic acid. An extraction process of the phenolic fraction of the hydrolyzed wheat bran based on an adsorbtion/desorption process on styrene-polyvinyl benzene weak cation-exchange resin Amberlite IRA 95 was developed. The efficiency of the resin was tested on different model system containing ferulic acid and the adsorption and desorption working parameters optimized for the crude enzymatic hydrolyzed wheat bran. The extraction process developed had an overall yield of the 82% and allowed to obtain concentrated extracts containing up to 3000 ppm of ferulic acid. The crude enzymatic hydrolyzed wheat bran and the concentrated extract were finally used as substrate in a bioconversion process of ferulic acid into vanillin through resting cells fermentation. The bioconversion process had a yields in vanillin of 60-70% within 5-6 hours of fermentation. Our findings are the first step on the way to demonstrating the economical feasibility for the recovery of biophenols from agrifood wastes through a whole crop approach in a sustainable biorefining process.

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L’obiettivo del lavoro svolto nell’ambito del ciclo di dottorato è stato quello dell’applicazione della metodologia di analisi degli scenari, nell’ottica dello studio e applicazione di un metodo di analisi integrato e multidisciplinare che consenta individuare strategie di sviluppo sostenibile in relazione alla questione indagata. Lo studio sviluppato nel corso del dottorato è stato impostato su presupposti forniti dalla Regione Toscana (in entrambi i casi di studio trattati), che ha finanziato, attraverso la sua Agenzia Regionale per lo Sviluppo e Innovazione in ambito Agricolo (ARSIA), due Progetti di ricerca volti all’individuazione di strategie di sviluppo sostenibile concernenti due tematiche di particolare interesse in ambito regionale: lo sviluppo di coltivazioni non-food (biocarburanti, biomasse da energia, biopolimeri, biolubrificanti, fibre vegetali, coloranti naturali, fitofarmaci di origine vegetale) e la valutazione della possibilità di coesistenza tra colture convenzionali (non Geneticamente Modificate) e colture GM, in relazione alla Raccomandazione della Commissione 2003/556/CE che afferma che deve essere garantita la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche, ovvero che devono essere presenti le condizioni per cui ciascun metodo di coltivazione possa poter essere adottato e praticato in UE. La sostenibilità delle situazioni studiate è stata valutata fornendo informazioni non solo per la situazioni attuali, ma anche per possibili evoluzioni future, così come richiesto dai principi dello sviluppo sostenibile. A tal proposito, occorre applicare metodologie di analisi che consentano di poter identificare obiettivi strategici in funzione dei cambiamenti che potrebbero essere registrati, in corrispondenza dell’evolversi delle diverse situazioni nel tempo. La metodologia di analisi in grado di soddisfare questi requisiti può essere identificata nell’analisi di scenario (scenario analysis), che si configura come uno strumento di analisi strategica in grado di riassumere numerose informazioni e dati riferiti agli attori, agli obiettivi, agli strumenti, alle cause ed agli effetti indotti da un cambiamento che potrebbe essere provocato da uno o più fattori contemplati nel corso dell’analisi. Questo metodo di analisi rappresenta un’importante strumento di ausilio alla definizione di politiche e strategie, che si rende particolarmente utile nel campo della public choice, come dimostrato dalle applicazioni presentate nel corso del lavoro.

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Il presente lavoro trae origine dagli obiettivi e dalle relative misure applicative della riforma dell’OCM zucchero del 2006 e nello specifico dal Piano nazionale per la razionalizzazione e riconversione della produzione bieticolo-saccarifera approvato dal MIPAF nel 2007. Lo studio riguarda la riconversione dello zuccherificio di Finale Emilia (MO), di appartenenza del Gruppo bieticolo-saccarifero Co.Pro.B, in un impianto di generazione di energia elettrica e termica che utilizza biomassa di origine agricola per la combustione diretta. L'alimentazione avviene principalmente dalla coltivazione dedicata del sorgo da fibra (Sorghum bicolor), integrata con risorse agro-forestali. Lo studio mostra la necessità di coltivazione di 4.400 ettari di sorgo da fibra con una produzione annua di circa 97.000 t di prodotto al 75% di sostanza secca necessari per l’alimentazione della centrale a biomassa. L’obiettivo é quello di valutare l’impatto della nuova coltura energetica sul comprensorio agricolo e sulla economia dell’impresa agricola. La metodologia adottata si basa sulla simulazione di modelli aziendali di programmazione lineare che prevedono l’inserimento del sorgo da fibra come coltura energetica nel piano ottimo delle aziende considerate. I modelli predisposti sono stati calibrati su aziende RICA al fine di riprodurre riparti medi reali su tre tipologie dimensionali rappresentative: azienda piccola entro i 20 ha, media da 20 a 50 ha e grande oltre i 50 ha. La superficie di entrata a livello aziendale, se rapportata alla rappresentatività delle aziende dell’area di studio, risulta insufficiente per soddisfare la richiesta di approvvigionamento dell’impianto a biomassa. Infatti con tale incremento la superficie di coltivazione nel comprensorio si attesta sui 2.500 ettari circa contro i 4.400 necessari alla centrale. Lo studio mostra pertanto che occorre un incentivo superiore, di circa 80-90 €/ha, per soddisfare la richiesta della superficie colturale a livello di territorio. A questi livelli, la disponibilità della coltura energetica sul comprensorio risulta circa 9.500 ettari.

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La ricerca proposta si pone l’obiettivo di definire e sperimentare un metodo per un’articolata e sistematica lettura del territorio rurale, che, oltre ad ampliare la conoscenza del territorio, sia di supporto ai processi di pianificazione paesaggistici ed urbanistici e all’attuazione delle politiche agricole e di sviluppo rurale. Un’approfondita disamina dello stato dell’arte riguardante l’evoluzione del processo di urbanizzazione e le conseguenze dello stesso in Italia e in Europa, oltre che del quadro delle politiche territoriali locali nell’ambito del tema specifico dello spazio rurale e periurbano, hanno reso possibile, insieme a una dettagliata analisi delle principali metodologie di analisi territoriale presenti in letteratura, la determinazione del concept alla base della ricerca condotta. E’ stata sviluppata e testata una metodologia multicriteriale e multilivello per la lettura del territorio rurale sviluppata in ambiente GIS, che si avvale di algoritmi di clustering (quale l’algoritmo IsoCluster) e classificazione a massima verosimiglianza, focalizzando l’attenzione sugli spazi agricoli periurbani. Tale metodo si incentra sulla descrizione del territorio attraverso la lettura di diverse componenti dello stesso, quali quelle agro-ambientali e socio-economiche, ed opera una sintesi avvalendosi di una chiave interpretativa messa a punto allo scopo, l’Impronta Agroambientale (Agro-environmental Footprint - AEF), che si propone di quantificare il potenziale impatto degli spazi rurali sul sistema urbano. In particolare obiettivo di tale strumento è l’identificazione nel territorio extra-urbano di ambiti omogenei per caratteristiche attraverso una lettura del territorio a differenti scale (da quella territoriale a quella aziendale) al fine di giungere ad una sua classificazione e quindi alla definizione delle aree classificabili come “agricole periurbane”. La tesi propone la presentazione dell’architettura complessiva della metodologia e la descrizione dei livelli di analisi che la compongono oltre che la successiva sperimentazione e validazione della stessa attraverso un caso studio rappresentativo posto nella Pianura Padana (Italia).

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Characteristics of modern food demand force retailers to acquire more information about product process along the food supply chain to ensure that product are in accordance with consumer preference. Therefore, the product process involves more information flows between buyer and supplier which requires collaborative efforts. These changes translate into several studies on the inter-organizational relationship in agri-food systems. Studies on inter-organizational relationships have been conducted in various academic disciplines, including sociology, psychology, law, economics, marketing, management, and combination of these. Inter-organizational relationships is an interaction between organizations which involved firms horizontally, as well as, vertically. In this study we deal with vertical, buyer-seller relationship which are sometimes referred to chain relationships. We define vertical business relationship in the agriculture-food based sector as “agri-food chain relationships”. The focus is on sustainable inter-organizational relationships in a way that they can be scientifically investigated. We study characteristics which ensure that a relationship is long-lasting and rewarding for all involved parties in the sardinian dairy. We test the theoretical model using structural equation modeling. The results suggest that the most important determinant for the relationships is technology and the price isn’t significant for the relationship governance.

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Soil is a critically important component of the earth’s biosphere. Developing agricultural production systems able to conserve soil quality is essential to guarantee the current and future capacity of soil to provide goods and services. This study investigates the potential of microbial and biochemical parameters to be used as early and sensitive soil quality indicators. Their ability to differentiate plots under contrasting fertilization regimes is evaluated based also on their sensitivity to seasonal fluctuations of environmental conditions and on their relationship with soil chemical parameters. Further, the study addresses some of the critical methodological aspects of microplate-based fluorimetric enzyme assays, in order to optimize assay conditions and evaluate their suitability to be used as a toll to asses soil quality. The study was based on a long-term field experiment established in 1966 in the Po valley (Italy). The soil was cropped with maize (Z. mays L.) and winter wheat (T. aestivum L.) and received no organic fertilization, crop residue or manure, in combination with increasing levels of mineral N fertilizer. The soil microbiota responded to manure amendment increasing it biomass and activity and changing its community composition. Crop residue effect was much more limited. Mineral N fertilization stimulated crop residue mineralization, shifted microbial community composition and influenced N and P cycling enzyme activities. Seasonal fluctuations of environmental factors affected the soil microbiota. However microbial and biochemical parameters seasonality did not hamper the identification of fertilization-induced effects. Soil microbial community abundance, function and composition appeared to be strongly related to soil organic matter content and composition, confirming the close link existing between these soil quality indicators. Microplate-based fluorimetric enzyme assays showed potential to be used as fast and throughput toll to asses soil quality, but required proper optimization of the assay conditions for a precise estimation of enzymes maximum potential activity.