3 resultados para 666, SAST

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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Negli ultimi anni la longevità è divenuto un argomento di notevole interesse in diversi settori scientifici. Le ricerche volte ad indagare i meccanismi che regolano i fattori della longevità si sono moltiplicate nell’ultimo periodo interessando, in maniera diversa, alcune regioni del territorio italiano. Lo studio presentato nella tesi ha l’obiettivo di identificare eventuali aggregazioni territoriali caratterizzate da una significativa propensione alla longevità nella regione Emilia-Romagna mediante l’impiego di metodologie di clustering spaziale, alcune delle quali di recente implementazione. La popolazione in esame è costituita dagli individui residenti in Emilia- Romagna nel quinquennio 2000-2004 suddivisa in classi di età, sesso e comune. L’analisi è di tipo puramente spaziale, in cui l’unità geografica elementare è identificata dal comune, ed è stata condotta separatamente per i due sessi. L’identificazione delle aree regionali ad elevata longevità è avvenuta utilizzando quattro metodologie di clustering spaziale, basate sulla teoria della massima verosimiglianza, che si differenziano tra loro per la modalità di ricerca dei potenziali clusters. La differenza consiste nella capacità di identificare aggregazioni territoriali di forma regolare (spatial scan statistic, Kulldorff e Nagarwalla,1995; Kulldorff,1997, 1999) o dall’andamento geometrico “libero” (flexible scan statistic, Tango e Takahashi,2005; algoritmo genetico, Duczmal et al.,2007; greedy growth search, Yiannakoulias et al.,2007). Le caratteristiche di ciascuna metodologia consentono, in tal modo, di “catturare” le possibili conformazioni geografiche delle aggregazioni presenti sul territorio e la teoria statistica di base, comune ad esse, consente di effettuare agevolmente un confronto tra i risultati ottenuti. La persistenza di un’area caratterizzata da un’elevata propensione alla longevità consente, infatti, di ritenere il cluster identificato di notevole interesse per approfondimenti successivi. Il criterio utilizzato per la valutazione della persistenza di un cluster è stato derivato dalla teoria dei grafi, con particolare riferimento ai multigrafi. L’idea è confrontare, a parità di parametri di ricerca, i grafi associati alle aggregazioni spaziali identificate con le diverse metodologie attraverso una valutazione delle occorrenze dei collegamenti esistenti tra le coppie di vertici. Alcune valutazioni di carattere demografico ed un esame della letteratura esistente sugli studi di longevità, hanno indotto alla definizione di una classe (aperta) di età per rappresentare il fenomeno nella nostra ricerca: sono stati considerati gli individui con età superiore o uguale a 95 anni (indicata con 95+). La misura di sintesi utilizzata per descrivere il fenomeno è un indicatore specifico di longevità, mutuato dalla demografia, indicato con Centenarian Rate (CR) (Robine e Caselli, 2005). Esso è definito dal rapporto tra la popolazione 95+ e la popolazione residente, nello stesso comune, al censimento del 1961. L’idea alla base del CR è confrontare gli individui longevi di un istante temporale con quelli presenti, nella stessa area, circa 40 anni prima dell’osservazione, ipotizzando che l’effetto migratorio di una popolazione possa ritenersi trascurabile oltre i 60 anni di età. La propensione alla longevità coinvolge in maniera diversa le aree del territorio dell’Emilia-Romagna. Le province della regione caratterizzate da una maggiore longevità sono Bologna, Ravenna e parte di Forlì-Cesena mentre la provincia di Ferrara si distingue per un livello ridotto del fenomeno. La distinzione per sesso non appare netta: gli uomini con età 95+, numericamente inferiori alle donne, risiedono principalmente nei comuni delle province di Bologna e Ravenna, con qualche estensione nel territorio forlivese, analogamente a quanto accade per la popolazione femminile che mostra, tuttavia, una maggiore prevalenza nei territori di Bologna e Forlì-Cesena, includendo alcune aree del riminese. Le province occidentali della regione, invece, non risultano interessate significativamente da questo fenomeno. Le metodologie di cluster detection utilizzate nello studio hanno prodotto risultati pressoché simili seppur con criteri di ricerca differenti. La spatial scan statistic si conferma una metodologia efficace e veloce ma il vincolo geometrico regolare imposto al cluster condiziona il suo utilizzo, rivelando una scarsa adattabilità nell’identificazione di aggregazioni irregolari. La metodologia FSC ha evidenziato buone capacità di ricerca e velocità di esecuzione, completata da una descrizione chiara e dettagliata dei risultati e dalla possibilità di poter visualizzare graficamente i clusters finali, anche se con un livello minimo di dettaglio. Il limite principale della metodologia è la dimensione ridotta del cluster finale: l’eccessivo impegno computazionale richiesto dalla procedura induce a fissare il limite massimo al di sotto delle 30 aree, rendendola così utilizzabile solo nelle indagini in cui si ipotizza un’estensione limitata del fenomeno sul territorio. L’algoritmo genetico GA si rivela efficace nell’identificazione di clusters di qualsiasi forma ed estensione, seppur con una velocità di esecuzione inferiore rispetto alle procedure finora descritte. Senza un’adeguata selezione dei parametri di ricerca,la procedura può individuare clusters molto irregolari ed estesi, consigliando l’uso di penalizzazione non nulla in fase di ricerca. La scelta dei parametri di ricerca non è comunque agevole ed immediata e, spesso, è lasciata all’esperienza del ricercatore. Questo modo di procedere, in aggiunta alla mancanza di informazioni a priori sul fenomeno, aumenta il grado di soggettività introdotto nella selezione dei parametri influenzando i risultati finali. Infine, la metodologia GGS richiede un carico computazionale nettamente superiore rispetto a quello necessario per le altre metodologie utilizzate e l’introduzione di due parametri di controllo favorisce una maggiore arbitrarietà nella selezione dei valori di ricerca adeguati; inoltre, la recente implementazione della procedura e la mancanza di studi su dati reali inducono ad effettuare un numero maggiore di prove durante la fase di ricerca dei clusters.

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In this research work I analyzed the instrumental seismicity of Southern Italy in the area including the Lucanian Apennines and Bradano foredeep, making use of the most recent seismological database available so far. I examined the seismicity occurred during the period between 2001 and 2006, considering 514 events with magnitudes M ≥ 2.0. In the first part of the work, P- and S-wave arrival times, recorded by the Italian National Seismic Network (RSNC) operated by the Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), were re-picked along with those of the SAPTEX temporary array (2001–2004). For some events located in the Upper Val d'Agri, I also used data from the Eni-Agip oil company seismic network. I computed the VP/VS ratio obtaining a value of 1.83 and I carried out an analysis for the one-dimensional (1D) velocity model that approximates the seismic structure of the study area. After this preliminary analysis, making use of the records obtained in the SeSCAL experiment, I incremented the database by handpicking new arrival times. My final dataset consists of 15,666 P- and 9228 S-arrival times associated to 1047 earthquakes with magnitude ML ≥ 1.5. I computed 162 fault-plane solutions and composite focal mechanisms for closely located events. I investigated stress field orientation inverting focal mechanism belonging to the Lucanian Apennine and the Pollino Range, both areas characterized by more concentrated background seismicity. Moreover, I applied the double difference technique (DD) to improve the earthquake locations. Considering these results and different datasets available in the literature, I carried out a detailed analysis of single sub-areas and of a swarm (November 2008) recorded by SeSCAL array. The relocated seismicity appears more concentrated within the upper crust and it is mostly clustered along the Lucanian Apennine chain. In particular, two well-defined clusters were located in the Potentino and in the Abriola-Pietrapertosa sector (central Lucanian region). Their hypocentral depths are slightly deeper than those observed beneath the chain. I suggest that these two seismic features are representative of the transition from the inner portion of the chain with NE-SW extension to the external margin characterized by dextral strike-slip kinematics. In the easternmost part of the study area, below the Bradano foredeep and the Apulia foreland, the seismicity is generally deeper and more scattered and is associated to the Murge uplift and to the small structures present in the area. I also observed a small structure NE-SW oriented in the Abriola-Pietrapertosa area (activated with a swarm in November 2008) that could be considered to act as a barrier to the propagation of a potential rupture of an active NW-SE striking faults system. Focal mechanisms computed in this study are in large part normal and strike-slip solutions and their tensional axes (T-axes) have a generalized NE-SW orientation. Thanks to denser coverage of seismic stations and the detailed analysis, this study is a further contribution to the comprehension of the seismogenesis and state of stress of the Southern Apennines region, giving important contributions to seismotectonic zoning and seismic hazard assessment.