4 resultados para 13077-024
em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna
Resumo:
Pochi sono i dati disponibili sul decorso clinico della malattia di Crohn del colon severa(CD). L'obiettivo è quello di descrivere il decorso clinico della colite di Crohn severa (CC) in una coorte di pazienti isolata con CD del colon o ileocolica, e di confrontarlo con il decorso clinico di pazienti affetti da colite ulcerosa severa (UC). 34 pazienti con CC severa sono stati identificati retrospettivamente nella nostra coorte di 593 pazienti ricoverati (2003-2012) attraverso la valutazione di CDAI score e HBI. 169 pazienti con UC severa sono stati identificati retrospettivamente in una coorte di 449 pazienti ricoverati (2003-2012) attraverso la valutazione del score di Lichtiger e di Truelove-Witts. Abbiamo valutato questi risultati: risposta agli steroidi, risposta ai farmaci biologici, tasso di colectomia acuta, tasso di colectomia durante il follow-up, megacolon e tasso di infezione da citomegalovirus. Non abbiamo trovato differenze significative nella risposta agli steroidi e biologici, della percentuale di infezione da citomegalovirus e di megacolon, mentre il tasso di colectomia in acuto è risultato essere maggiore nei pazienti con CC rispetto ai pazienti con UC; anche la differenza tra i tassi di colectomia alla fine del follow-up è risultata non significativa. Con l'analisi univariata la giovane età alla diagnosi è associata ad un aumentato rischio di colectomia in assoluto (p = 0,024) e in elezione (p = 0.022), ma non in acuto. Il tasso globale di colectomia nei pazienti con CC severa è superiore a quella dei pazienti con UC severa , ma questo dato non è supportato da una diversa risposta clinica alla terapia steroidea o terapia di salvataggio con biologici. Il vero decorso clinico della colite di Crohn severa necessita di essere chiarito da studi prospettici che includano un numero maggiore di pazienti con questo sottogruppo di malattia.
Resumo:
La proteinuria è un marker di danno renale nel cane. L’obiettivo dello studio è di valutare la capacità del dipstick urinario e dell’UPC di diagnosticare precocemente l’albuminuria nel cane. Sono stati raccolti 868 campioni di urina, con sedimento spento e assenza di ematuria, nell’Ospedale Didattico Veterinario della Facoltà di Medicina Veterinaria di Bologna. Per 550 campioni è stata effettuata l’analisi delle urine, la misurazione dell’UPC e dell’UAC, mentre UPC e UAC sono stati misurati in tutti gli 868 campioni. I campioni di urina sono stati analizzati con il metodo dipstick mediante lettura automatizzata. Utilizzando come valore di riferimento l’UAC è stata valutata l’accuratezza diagnostica del dipstick urinario e dell’UPC. L’intervallo di riferimento dell’UAC (0-0,024) è stato determinato utilizzando 60 cani sani. I dati raccolti sono stati classificati utilizzando differenti cut-off per il peso specifico urinario (1012 o 1030), per la proteinuria al dipstick (30 o 100 mg/dl), per l’UPC (0,2) e per l’UAC (0,024). Sono stati valutati l’agreement diagnostico e la correlazione di Spearman tra dipstick, UPC e UAC. E’ stata stimata l’accuratezza diagnostica misurando l’area al di sotto della curva di ROC nell’analisi dell’UAC. Il livello di significatività è stato definito per p < 0,05. Indipendentemente dal peso specifico urinario, l’agreement diagnostico tra dipstick, UPC e UAC è risultato forte (k=0,62 e k=0,61, rispettivamente; p<0,001) con valori di dipstick ≥30 mg/dl, debole (k=0,27 e k=0,26, rispettivamente; p<0,001) con valori di dipstick ≥100 mg/dl. L’accuratezza diagnostica del dipstick messa a confronto con UPC e con UAC è molto buona (AUC 0,84 e 0,84, rispettivamente; p<0,001) e i risultati negativi al dipstick presentano il 100% di sensitività. UPC e UAC sono fortemente correlate (r=0,90; p<0,001). Mettendo a confronto UPC e UAC, l’accuratezza diagnostica è risultata eccellente (AUC 0,94; p<0,001), con massima sensitività e specificità per UPC≥0.3.
Resumo:
Charge transport in conjugated polymers as well as in bulk-heterojunction (BHJ) solar cells made of blends between conjugated polymers, as electron-donors (D), and fullerenes, as electron-acceptors (A), has been investigated. It is shown how charge carrier mobility of a series of anthracene-containing poly(p-phenylene-ethynylene)-alt-poly(p-phenylene-vinylene)s (AnE-PVs) is highly dependent on the lateral chain of the polymers, on a moderate variation of the macromolecular parameters (molecular weight and polydispersity), and on the processing conditions of the films. For the first time, the good ambipolar transport properties of this relevant class of conjugated polymers have been demonstrated, consistent with the high delocalization of both the frontier molecular orbitals. Charge transport is one of the key parameters in the operation of BHJ solar cells and depends both on charge carrier mobility in pristine materials and on the nanoscale morphology of the D/A blend, as proved by the results here reported. A straight correlation between hole mobility in pristine AnE-PVs and the fill factor of the related solar cells has been found. The great impact of charge transport for the performance of BHJ solar cells is clearly demonstrated by the results obtained on BHJ solar cells made of neat-C70, instead of the common soluble fullerene derivatives (PCBM or PC70BM). The investigation of neat-C70 solar cells was motivated by the extremely low cost of non-functionalized fullerenes, compared with that of their soluble derivatives (about one-tenth). For these cells, an improper morphology of the blend leads to a deterioration of charge carrier mobility, which, in turn, increases charge carrier recombination. Thanks to the appropriate choice of the donor component, solar cells made of neat-C70 exhibiting an efficiency of 4.22% have been realized, with an efficiency loss of just 12% with respect to the counterpart made with costly PC70BM.
Resumo:
Introduction: Antiviral therapy can prevent disease progression in patients with chronic hepatitis C . Transient Elastografy (TE; Fibroscan) is an accurate surrogate marker to liver fibrosis, by measuring liver stiffness (LS). LS decrease has been associated with sustained virologic response (SVR). Aim: to assess the changes of LS measurments in CHC patients during and one year after Interferon (IFN)-based antiviral therapy (IFN/ribavirin) or (telaprevir+IFN/ribavirin). Methods: consecutive 69 CHC patients (53.6% females, mean age 57.9 ± 11.4) who underwent antiviral therapy for at least 20 weeks were enrolled. LS was measured using FibroScan at baseline, after three months, at the end of treatment and one year after treatment discontinuation. Fibrosis was graded using METAVIR score. Results: twenty patients treated with triple therapy and 49 with IFN/ribavirin. Fifty patients had SVR and 19 were non-responders. SVR patients: F0-F1, F2 and F3 patients (39.1%, 7.2% and 17.4%; respectively) showed no significant LS decrease (P= 0.186, 0.068 and 0.075; respectively). Conversely, in F4 patients (36.2%) LS was significantly decreased (P=0.015) after one year of treatment completion. In all patients with no SVR, no significant decrease in LS was observed. Interestingly, all Patients with F4 fibrosis (even non-responders) showed an initial significant decrease in LS (P=0.024) at 3 months after the start of treatment. However, this decrease was not predictive of SVR; area under the ROC curve 0.369 (CI %: 0.145-0.592) P= 0.265. Conclusion: Our study showed that initial decrease in LSM, especially in patients with higher baseline fibrosis score is unlikely to predict an SVR. In addition no significant association was found between clinical or virological parameters and fibrosis improvement. Further studies are needed to delineate the most appropriate clinical scenarios for the LSM by Fibroscan in chronic hepatitis C and its role in monitoring the response to antiviral treatment.