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Rituali indigeni in Mesoamerica. La festa di Petición de Lluvias nella Montaña di Guerrero (Messico)
Resumo:
Questa tesi di carattere antropologico in ambito dottorale riguarda i rituali comunitari nelle comunità indigene messicane. Il principale oggetto della ricerca è il rituale della pioggia o di Petición de Lluvia, caratterizzato sia dal sacrificio animale che da una specifica relazione di causa-effetto con l’ambiente circostante. La ricerca etnografica è cominciata dall’ipotesi di voler verificare la persistenza nel tempo, e dunque nell’attualità, di procedure cerimoniali non appartenenti, almeno nella loro forma più lineare, alla religione cattolico-cristiana. Il luogo nel quale è avvenuta tale ricerca è la regione La Montaña di Guerrero, situata nel Messico sud-occidentale, e più precisamente la zona in cui vivono le comunità di etnia Nahua di San Pedro Petlacala, Acuilpa, e Xalpatláhuac che si trovano nelle vicinanze della cittadina di Tlapa de Comonfort. In un contesto ambientale profondamente rurale come quello della Montaña di Guerrero, la persistenza dei rituali evidenzia come le risorse naturali e gli agenti atmosferici - pioggia, vento, nubi - continuino a rappresentare gli elementi centrali che condizionano le variabili economiche di sussistenza e della riproduzione sociale. Il rituale di Petición de Lluvia rappresenta il momento di congiunzione tra la stagione secca e quella piovosa, tra la semina ed il raccolto del mais. Definito come una pratica religiosa nella quale il gruppo si identifica e partecipa con varie donazioni (ofrenda o deposito rituale), suddivisibili in alimenti/oggetti/preghiere ed azioni rituali, la cerimonia esprime l’auspicio di piogge abbondanti, con le quali irrigare i campi e continuare le attività umane. Il destinatario dell’offerta è la stessa divinità della pioggia, Tlaloc per le antiche civiltà mesoamericane, invocato sotto le mentite spoglie del santo patrono del 25 aprile, San Marcos. Il rituale è contraddistinto per tutta la sua durata dalla presenza del principale specialista religioso, sacerdote in lingua spagnola oppure «Tlahmáquetl» in lingua náhuatl.
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Lo sviluppo e la funzionalità della placenta influenzano direttamente la crescita ed il benessere del feto all'interno dell'utero, quindi qualsiasi problema strutturale o funzionale della placenta influenzerà lo sviluppo del feto. Lo scopo di questa tesi è stato quello di approfondire diversi aspetti clinici e clinico-patologici dell’insufficienza placentare nella specie equina, con l’intento di individuare dei parametri che possano essere di ausilio per l’identificazione precoce del puledro a rischio e della necessità di interventi terapeutici. La valutazione della concentrazione di lattato nel sangue e nel liquido amniotico potrebbe essere un utile strumento diagnostico per la diagnosi di acidosi metabolica associata ad ipossia/ischemia nel puledro e per identificare la necessità di un intervento precoce alla nascita. La risposta all’ipossia sembra essere mediata dall’HIF-1 e dall’HSF-1 anche nel puledro neonato, e se questi dati venissero confermati su un numero maggiore di animali, i due marcatori proteici e la MDA potrebbero essere utilizzati per la diagnosi di PAS nel puledro. L’esame di tutta l’unità placentare riveste un ruolo di fondamentale importanza per l’acquisizione di informazioni riguardo all’ambiente di vita intrauterino del puledro, ed è quindi auspicabile nella pratica ostetrica routinaria una maggiore attenzione all’esame della placenta, soprattutto in caso di patologie materno-fetali. Tra i parametri biochimici valutati al momento della nascita, la creatininemia e la glicemia possono fornire informazioni sull’efficienza dello scambio placentare ed essere quindi utilizzati per individuare puledri a rischio. Infine, lo sviluppo di una macro per il software ImageJ porta alla luce uno strumento nuovo, semplice da usare ed economico, per la valutazione morfometrica dell’arborizzazione dei villi placentari; tuttavia la ricerca necessità ulteriori indagini su un numero maggiore di animali per valutare le differenze morfometriche tra placente normali e patologiche.
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We aimed to evaluate the role of anti-TNF-alpha therapy with infliximab and adalimumab in a cohort of pediatric patients followed by our Center from 2002 to 2012. The cohort of patients examined consisted of 40 patients: 34 with Crohn disease (85%), 5 with ulcerative colitis (12.5%), one with chronic pouchitis after IPAA for ulcerative colitis (2.5%). All patients were treated with the anti-TNF-α biologic agents infliximab and adalimumab. Thirty-six received infliximab therapy: 19/36 received only infliximab, 17/36 received infliximab and then adalimumab due to loss of response to infliximab and steroid dependency; 4 patients received only adalimumab (infliximab-naïve). Anti-TNF treatment was started before 18 years of age in 34 patients: 29 received infliximab and 5 started adalimumab during childhood. Medical charts were reviewed and safety and efficacy of anti-TNF-alpha have been determined in this population.
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Igor Stravinskij (1882-1971) utilizzò di sovente fonti preesistenti come parte integrante del proprio artigianato compositivo. In questa tesi dottorale ho studiato il processo creativo di Stravinskij negli anni Venti sulle musiche di Pëtr Il'ič Čajkovskij (1840-1893). Nella prima parte della dissertazione ho indagato la Sleeping Princess (1921) e il successivo Mariage d’Aurore (1922-1929), entrambi allestiti dai Ballets russes di Sergej Djagilev (1872-1929). Dopo aver localizzato e contestualizzato le fonti manoscritte e i materiali d’uso, ho ricostruito le ri-orchestrazioni effettuate da Stravinskij della Danse russe (Coda del Pas de deux n. 28) e del Presto del Finale (n. 30), che erano a tutt’oggi inedite. La ricerca sulla Sleeping Princess si è rivelata fondamentale per la conseguente analisi del Baiser de la Fée (1928, Ballets de Mme Ida Rubinstein), balletto basato su pezzi pianistici e romanze per voce e pianoforte di Čajkovskij. Grazie allo studio dello Skizzenbuch VIII, della partitura pianistica manoscritta e di tutte le fonti rinvenute, ho gettato ulteriore luce sul processo compositivo di Stravinskij sulle fonti čajkovskiane. Ho rinvenuto nuove appropriazioni che finora non erano note.
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L’attività fisica produce effetti benefici a livello mentale (Biddle et al.,2004) e sembra agire sull’emozione modificando attitudini e motivazioni verso la pratica motoria (Digelidis et al., 2003) a partire da sensazioni come il piacere o la noia del fare (Spray et al., 1999). Da questi presupposti il progetto che comprendeva l’analisi di due studi volti a verificare gli effetti dell’attività motoria e sportiva in ambito scolastico, sui comportamenti di adattamento sociale e self efficacy dei bambini. Un terzo studio, di analisi qualitativa, in ambito calcistico, per verificare correlazioni tra orientamento motivazionale genitoriale e comportamenti di adattamento sociale dei figli. Gli strumenti di rilevazione dei livelli di adattamento sociale (Caprara et al, 1992) e self efficacy (Colella, 2008), sono stati somministrati prima e dopo il trattamento delle relative attività motorie mentre, l’orientamento motivazionale dei genitori (Borgogni et al, 2004) è stato rilevato una volta e confrontato con l’adattamento sociale dei figli. Il modulatore del primo studio, l’attività ad alto contenuto emotivo o aggressivo, ha mostrato variazioni significative (p<.05) nei livelli di aggressività fisica-verbale e di comportamento pro sociale tra i 2 gruppi, confermando la letteratura sull’argomento (Pellegrini, in Storch e Roth, 2005; Vaughn, 2005; Tappern e Boulton, 2005). Il modulatore del secondo studio, rappresentato dal giocosport rugby, sempre realizzato nelle ore curricolari di educazione fisica, ha evidenziato differenze significative (p<.05) nell’aumentata self efficacy da parte del gruppo sperimentale, con effetto preponderante sulle femmine rispetto ai maschi. Il terzo studio, descrittivo, ha evidenziato la correlazione tra orientamento motivazionale dei genitori e instabilità emotiva dei figli in risposta a profili genitoriali tendenti alla leadership o al successo nell’ambito lavorativo. I risultati evidenziati mostrano effetti significativi (p<.05), successivi al trattamento, sui comportamenti di adattamento sociale, aggressivo e sulla self efficacy a conferma, della letteratura, sull’importanza di determinate esperienze motorie in età scolare.
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Il territorio italiano presenta una grandissima ricchezza nel campo dei Beni Culturali, sia mobili che immobili; si tratta di un patrimonio di grande importanza che va gestito e tutelato nel migliore dei modi e con strumenti adeguati, anche in relazione ai problemi ad esso legati in termini di manutenzione e di salvaguardia dai fattori di rischio a cui può essere esposto. Per una buona conoscenza del Patrimonio Culturale, è fondamentale un’acquisizione preliminare di informazioni condotte in modo sistematico e unitario, che siano diffuse ed organiche, ma anche utili ad una valutazione preventiva e ad una successiva programmazione degli interventi di restauro di tipo conservativo. In questo ambito, l'impiego delle tecniche e tecnologie geomatiche nel campo dei Beni Culturali, può fornire un valido contributo, che va dalla catalogazione e documentazione del bene culturale al suo controllo e monitoraggio. Oggigiorno il crescente sviluppo di nuove tecnologie digitali, accompagnato dai notevoli passi avanti compiuti dalle discipline della geomatica (in primo luogo topografiche e fotogrammetriche), rende possibile una efficace integrazione tra varie tecniche, favorita anche dalla diffusione di soluzioni per l’interscambio dati e per la comunicazione tra differenti dispositivi. Lo studio oggetto della presente tesi si propone, di approfondire gli aspetti legati all’uso delle tecniche e tecnologie della Geomatica, per mettere in risalto le condizioni di un bene ed il suo stato di degrado. Per la gestione e la salvaguardia di un bene culturale , si presenta il SIT Carta del Rischio che evidenzia le pericolosità legate al patrimonio, e come esse sommate alla vulnerabilità di un singolo bene, contribuiscano all’individuazione del grado di rischio. di approfondire gli aspetti legati all’uso delle tecniche e tecnologie delle Geomatica, per mettere in risalto le condizioni di un bene ed il suo stato di degrado.
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La crisi del “teatro come servizio pubblico” degli Stabili, Piccolo Teatro in testa, si manifesta allo stadio di insoddisfazione interna già alla fine degli anni Cinquanta. Se dal punto di vista della pratica scenica, la prima faglia di rottura è pressoché unanimemente ricondotta alla comparsa delle primissime messe in scena –discusse, irritanti e provocatorie- di Carmelo Bene e Quartucci (1959-60) più difficile è individuare il corrispettivo di un critico-intellettuale apportatore di una altrettanto deflagrante rottura. I nomi di Arbasino e di Flaiano sono, in questo caso, i primi che vengono alla mente, ma, seppure portatori di una critica sensibile al “teatro ufficiale”, così come viene ribattezzato dopo il Convegno di Ivrea (1967) il modello attuato dagli Stabili, essi non possono, a ben vedere, essere considerati i veri promotori di una modalità differente di fare critica che, a partire da quel Convegno, si accompagnerà stabilmente alla ricerca scenica del Nuovo Teatro. Ma in cosa consiste, allora, questa nuova “operatività” critica? Si tratta principalmente di una modalità capace di operare alle soglie della scrittura, abbracciando una progressiva, ma costante fuoriuscita dalla redazione di cronache teatrali, per ripensare radicalmente la propria attività in nuovi spazi operativi quali le riviste e l’editoria di settore, un rapporto sempre più stretto con i mass-media quali radio e televisione e la pratica organizzativa di momenti spettacolari e teorici al contempo -festival, convegni, rassegne e premi- per una forma di partecipazione poi identificata come “sporcarsi le mani”. La seconda parte della tesi è una raccolta documentaria sull’oggi. A partire dal Manifesto dei Critici Impuri redatto nel 2003 a Prato da un gruppo di critici dell'ultima generazione, la tesi utilizza quella dichiarazione come punto di partenza per creare un piccolo archivio sull’oggi raccogliendo le elaborazioni di alcune delle esperienze più significative di questi dieci anni. Ricca appendice di materiali.
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La tesi sviluppa le proposte teoriche della Linguistica Cognitiva a proposito della metafora e propone una loro possibile applicazione in ambito didattico. La linguistica cognitiva costituisce la cornice interpretativa della ricerca, a partire dai suoi concetti principali: la prospettiva integrata, l’embodiment, la centralità della semantica, l’attenzione per la psicolinguistica e le neuroscienze. All’interno di questo panorama, prende vigore un’idea di metafora come punto d’incontro tra lingua e pensiero, come criterio organizzatore delle conoscenze, strumento conoscitivo fondamentale nei processi di apprendimento. A livello didattico, la metafora si rivela imprescindibile sia come strumento operativo che come oggetto di riflessione. L’approccio cognitivista può fornire utili indicazioni su come impostare un percorso didattico sulla metafora. Nel presente lavoro, si indaga in particolare l’uso didattico di stimoli non verbali nel rafforzamento delle competenze metaforiche di studenti di scuola media. Si è scelto come materiale di partenza la pubblicità, per due motivi: il diffuso impiego di strategie retoriche in ambito pubblicitario e la specificità comunicativa del genere, che permette una chiara disambiguazione di fenomeni che, in altri contesti, non potrebbero essere analizzati con la stessa univocità. Si presenta dunque un laboratorio finalizzato al miglioramento della competenza metaforica degli studenti che si avvale di due strategie complementari: da una parte, una spiegazione ispirata ai modelli cognitivisti, sia nella terminologia impiegata che nella modalità di analisi (di tipo usage-based); dall’altra un training con metafore visive in pubblicità, che comprende una fase di analisi e una fase di produzione. È stato usato un test, suddiviso in compiti specifici, per oggettivare il più possibile i progressi degli studenti alla fine del training, ma anche per rilevare le difficoltà e i punti di forza nell’analisi rispetto sia ai contesti d’uso (letterario e convenzionale) sia alle forme linguistiche assunte dalla metafora (nominale, verbale, aggettivale).
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Analysts, politicians and international players from all over the world look at China as one of the most powerful countries on the international scenario, and as a country whose economic development can significantly impact on the economies of the rest of the world. However many aspects of this country have still to be investigated. First the still fundamental role played by Chinese rural areas for the general development of the country from a political, economic and social point of view. In particular, the way in which the rural areas have influenced the social stability of the whole country has been widely discussed due to their strict relationship with the urban areas where most people from the countryside emigrate searching for a job and a better life. In recent years many studies have mostly focused on the urbanization phenomenon with little interest in the living conditions in rural areas and in the deep changes which have occurred in some, mainly agricultural provinces. An analysis of the level of infrastructure is one of the main aspects which highlights the principal differences in terms of living conditions between rural and urban areas. In this thesis, I first carried out the analysis through the multivariate statistics approach (Principal Component Analysis and Cluster Analysis) in order to define the new map of rural areas based on the analysis of living conditions. In the second part I elaborated an index (Living Conditions Index) through the Fuzzy Expert/Inference System. Finally I compared this index (LCI) to the results obtained from the cluster analysis drawing geographic maps. The data source is the second national agricultural census of China carried out in 2006. In particular, I analysed the data refer to villages but aggregated at province level.
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Il presente lavoro trae origine dagli obiettivi e dalle relative misure applicative della riforma dell’OCM zucchero del 2006 e nello specifico dal Piano nazionale per la razionalizzazione e riconversione della produzione bieticolo-saccarifera approvato dal MIPAF nel 2007. Lo studio riguarda la riconversione dello zuccherificio di Finale Emilia (MO), di appartenenza del Gruppo bieticolo-saccarifero Co.Pro.B, in un impianto di generazione di energia elettrica e termica che utilizza biomassa di origine agricola per la combustione diretta. L'alimentazione avviene principalmente dalla coltivazione dedicata del sorgo da fibra (Sorghum bicolor), integrata con risorse agro-forestali. Lo studio mostra la necessità di coltivazione di 4.400 ettari di sorgo da fibra con una produzione annua di circa 97.000 t di prodotto al 75% di sostanza secca necessari per l’alimentazione della centrale a biomassa. L’obiettivo é quello di valutare l’impatto della nuova coltura energetica sul comprensorio agricolo e sulla economia dell’impresa agricola. La metodologia adottata si basa sulla simulazione di modelli aziendali di programmazione lineare che prevedono l’inserimento del sorgo da fibra come coltura energetica nel piano ottimo delle aziende considerate. I modelli predisposti sono stati calibrati su aziende RICA al fine di riprodurre riparti medi reali su tre tipologie dimensionali rappresentative: azienda piccola entro i 20 ha, media da 20 a 50 ha e grande oltre i 50 ha. La superficie di entrata a livello aziendale, se rapportata alla rappresentatività delle aziende dell’area di studio, risulta insufficiente per soddisfare la richiesta di approvvigionamento dell’impianto a biomassa. Infatti con tale incremento la superficie di coltivazione nel comprensorio si attesta sui 2.500 ettari circa contro i 4.400 necessari alla centrale. Lo studio mostra pertanto che occorre un incentivo superiore, di circa 80-90 €/ha, per soddisfare la richiesta della superficie colturale a livello di territorio. A questi livelli, la disponibilità della coltura energetica sul comprensorio risulta circa 9.500 ettari.
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Il tema oggetto della presente tesi di dottorato trae spunto dall'analisi dell'art. 2468 c.c. nel quale può dirsi contenuto il nucleo fondamentale della disciplina della partecipazione sociale. In primo luogo vi è un'analisi comparata dell'istituto in esame con quelli previsti negli altri paesi europei. Dopo una breve analisi di diritto comparato ci si è concentrati sulla legislazione italiana ed, in particolare, l'elaborato cerca di dare una risposta ai seguenti interrogativi: a) quali sono i “particolari diritti” ex art. 2468 c.c.? b) si può parlare di “categorie speciali di partecipazioni”? Con riferimento al primo interrogativo va considerato che il modello legale prevede che i diritti particolari attribuibili ai soci riguardano l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili. Tale disciplina sussiste quando l’atto costitutivo attribuisce i particolari diritti senza disporre nulla sulla loro trasferibilità, modificabilità ed inerenza alla partecipazione sociale piuttosto che alla persona del socio. Ci si è chiesti quali siano i confini delle due categorie espressamente previste dall’art. 2468, 3 c.c. e se tale previsione sia tassativa piuttosto che esemplificativa, aprendosi quindi la strada alla libera determinabilità dei diritti sociali, alla stregua di quanto sancisce l’art. 2348, 2 c.c., in merito alle azioni “speciali”. Si giunge così alla conclusione che la previsione sia esemplificativa e che anche nelle s.r.l. le parti sono libere di attribuire ai soci diritti sociali diversi da quelli derivanti dal modello legale, nei limiti derivanti da specifiche norme imperative. Nel secondo capitolo sono stati approfonditi i principi dettati dall’art. 2468 c.c., la natura di tali "particolari diritti" ed i loro profili di qualificazione nonché le loro esplicazioni contenutistiche Nel terzo capitolo si è analizzato cosa accade ai "particolari diritti" in caso di vicende modificative. Nel quarto capitolo poi è stato affrontata la controversa questione relativa alla possibilità di creare delle “categorie di quote”.
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Scopo della presente trattazione è quello di andare ad osservare in che modo il legislatore della riforma abbia cercato di offrire una disciplina ad un fenomeno sempre più in espansione nell’economia italiana: i gruppi di impresa. In particolare, l’elaborato è composto da 3 nuclei. Il primo analizza la disciplina, introdotta nel 2003, relativa all’attività di direzione e coordinamento (art. 2497 c.c. e ss) rintracciandone le regole generali e il rapporto con le norme del codice civile. Una seconda parte approfondisce gli elementi costitutivi dell'attivita' di direzione e coordinamento, i presupposti affinche' si possa configurare una responsabilita' da parte della societa' capogruppo e i soggetti conivolti all'interno di un gruppo. La terza parte e' invece dedicata allo studio delle problematiche legate all’azione risarcitoria introdotta con la disposizione di cui all’art. 2497 c.c., soprattutto confrontando la posizione dei soci di minoranza con quella dei creditori sociali. In particolare, vengono descritte le modalità con le quali i soci e i creditori sociali possono esercitare l’azione a tutela dei propri interessi e dunque tentare di trovare pieno ristoro ai danni sofferti; danni che in qualche modo risultano legati alle scelte operate dal gruppo di comando e, più tecnicamente, dalla società che esercita l’attività di direzione e coordinamento, la c.d. capogruppo.
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The relationship between emotion and cognition is a topic that raises great interest in research. Recently, a view of these two processes as interactive and mutually influencing each other has become predominant. This dissertation investigates the reciprocal influences of emotion and cognition, both at behavioral and neural level, in two specific fields, such as attention and decision-making. Experimental evidence on how emotional responses may affect perceptual and attentional processes has been reported. In addition, the impact of three factors, such as personality traits, motivational needs and social context, in modulating the influence that emotion exerts on perception and attention has been investigated. Moreover, the influence of cognition on emotional responses in decision-making has been demonstrated. The current experimental evidence showed that cognitive brain regions such as the dorsolateral prefrontal cortex are causally implicated in regulation of emotional responses and that this has an effect at both pre and post decisional stages. There are two main conclusions of this dissertation: firstly, emotion exerts a strong influence on perceptual and attentional processes but, at the same time, this influence may also be modulated by other factors internal and external to the individuals. Secondly, cognitive processes may modulate emotional prepotent responses, by serving a regulative function critical to driving and shaping human behavior in line with current goals.
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Negli ultimi vent’anni sono state proposte al livello internazionale alcune analisi dei problemi per le scienze nella scuola e diverse strategie per l’innovazione didattica. Molte ricerche hanno fatto riferimento a una nuova nozione di literacy scientifica, quale sapere fondamentale dell’educazione, indipendente dalle scelte professionali successive alla scuola. L’ipotesi di partenza di questa ricerca sostiene che alcune di queste analisi e l’idea di una nuova literacy scientifica di tipo non-vocazionale mostrino notevoli limiti quando rapportate al contesto italiano. Le specificità di quest’ultimo sono state affrontate, innanzitutto, da un punto di vista comparativo, discutendo alcuni documenti internazionali sull’insegnamento delle scienze. Questo confronto ha messo in luce la difficoltà di ottenere un insieme di evidenze chiare e definitive sui problemi dell’educazione scientifica discussi da questi documenti, in particolare per quanto riguarda i dati sulla crisi delle vocazioni scientifiche e sull’attitudine degli studenti verso le scienze. Le raccomandazioni educative e alcuni progetti curricolari internazionali trovano degli ostacoli decisivi nella scuola superiore italiana anche a causa di specificità istituzionali, come particolari principi di selezione e l’articolazione dei vari indirizzi formativi. Il presente lavoro si è basato soprattutto su una ricostruzione storico-pedagogica del curricolo di fisica, attraverso l’analisi delle linee guida nazionali, dei programmi di studio e di alcuni rappresentativi manuali degli ultimi decenni. Questo esame del curricolo “programmato” ha messo in luce, primo, il carattere accademico della fisica liceale e la sua debole rielaborazione culturale e didattica, secondo, l’impatto di temi e problemi internazionali sui materiali didattici. Tale impatto ha prodotto dei cambiamenti sul piano delle finalità educative e degli strumenti di apprendimento incorporati nei manuali. Nonostante l’evoluzione di queste caratteristiche del curricolo, tuttavia, l’analisi delle conoscenze storico-filosofiche utilizzate dai manuali ha messo in luce la scarsa contestualizzazione culturale della fisica quale uno degli ostacoli principali per l’insegnamento di una scienza più rilevante e formativa.
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Nell'ambito di un'indagine sull'identità del rivoluzionario nel XIX secolo, calata tra gli attivisti coinvolti nella Comune di Parigi, si è trattato di selezionare quelle autobiografie scritte e pubblicate da comunardi come parte integrante della loro attività politica, e così porre il problema del rapporto tra pratica autobiografica e rivoluzione, ovvero chiarire le condizioni del passage au récit, la scelta autobiografica e insieme la mise en intrigue tra esperienze individuali e rivoluzione. Questa ricerca si presenta dunque come un lavoro sulle pratiche autobiografiche all'interno delle pratiche di attivismo politico, ovvero più specificamente sulla relazione tra autobiografia e rivoluzione. In altri termini si analizza il modo in cui i rivoluzionari narravano la loro identità in pubblico, perché lo avessero fatto e cosa veicolavo in termini di stili di vita e convinzioni particolari. In quanto rivoluzionari, l'autobiografia diviene fonte e parte di ciò che essi reputavano in quel momento la propria traiettoria rivoluzionaria, la narrazione di quella che in quel momento ritenevano comunicare al pubblico come propria identità narrativa. La ricerca si articola in tre momenti. Nel primo capitolo analizzo le biografie, o meglio un piccolo gruppo tra la massa di biografie di comunardi edite all'indomani della Comune da parte della pubblicistica tanto ostile quanto partigiana della Comune. Queste narrazioni biografiche diffuse nei mesi successivi alla repressione della rivoluzione comunalista consentono di affrontare una delle condizioni fondamentali del passage au récit autobiografico che si manifesterà solo posteriormente. Il secondo e il terzo capitolo sono dedicati a due progetti autobiografici di diversa natura: la trilogia autobiografica di Jules Vallès (1879, 1881, 1886) e le Mémoires di Louise Michel (1886).