254 resultados para Ritmi celebrali, Talamo, Modelli di massa neuronale, Onde del sonno, Spindles


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Il lavoro di ricerca prende le mosse da una premessa di ordine economico. Il fenomeno delle reti di impresa, infatti, nasce dalla realtà economica dei mercati. In tale contesto non può prescindere dal delineare un quadro della situazione- anche di crisi- congiunturale che ha visto coinvolte specialmente le imprese italiane. In tale prospettiva, si è reso necessario indagare il fenomeno della globalizzazione, con riferimento alle sue origini,caratteristiche e conseguenze. Ci si sofferma poi sulla ricostruzione dogmatica del fenomeno. Si parte dalla ricostruzione dello stesso in termini di contratto plurilaterale- sia esso con comunione di scopo oppure plurilaterale di scambio- per criticare tale impostazione, non del tutto soddisfacente, in quanto ritenuto remissiva di fronte alla attuale vis espansiva del contratto plurilaterale. Più convincente appare lo schema del collegamento contrattuale, che ha il pregio di preservare l’autonomia e l’indipendenza degli imprenditori aderenti, pur inseriti nel contesto di un’operazione economica unitaria, volta a perseguire uno scopo comune, l’“interesse di rete”, considerato meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico ex art. 1322 2.co. c.c. In effetti il contratto ben si presta a disegnare modelli di rete sia con distribuzione simmetrica del potere decisionale, sia con distribuzione asimmetrica, vale a dire con un elevato livello di gerarchia interna. Non può d’altra parte non ravvisarsi un’affinità con le ipotesi di collegamento contrattuale in fase di produzione, consistente nel delegare ad un terzo parte della produzione, e nella fase distributiva, per cui la distribuzione avviene attraverso reti di contratti. Si affronta la materia della responsabilità della rete, impostando il problema sotto due profili: la responsabilità interna ed esterna. La prima viene risolta sulla base dell’affidamento reciproco maturato da ogni imprenditore. La seconda viene distinta in responsabilità extracontrattuale, ricondotta nella fattispecie all’art. 2050 c.c., e contrattuale.

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La sindrome di Noonan (SN) è una patologia a trasmissione autosomica dominante caratterizzata da bassa statura, difetti cardiaci congeniti, dismorfia facciale. In letteratura sono stati pubblicati pochi case reports riguardanti le condizioni orali-facciali in pazienti affetti da SN. Obiettivo. Individuare patologie di pertinenza ortopedico-ortodontica caratteristiche della sindrome utilizzando un campione di pazienti con diagnosi di SN. Metodi. Un gruppo di 10 pazienti affetti da SN è stato sottoposto a esame obiettivo extraorale ed intraorale, ortopantomografia, teleradiografia latero-laterale, impronte delle arcate dentarie. Le misurazioni sulle TLL sono state effettuate sulla base dell'analisi MBT; i valori palatali provengono dai modelli di studio dell’arcata superiore. È stata utilizzato il test t-Student per mettere a confronto il gruppo di studio e il gruppo di controllo riguardo le misure cefalometriche e i valori palatali. Risultati. Nel gruppo di studio sono state rilevate anomalie di numero (un dente deciduo soprannumerario e una agenesia di un dente permanente). Il test t-Student rivela differenze statisticamente significative per 7 variabili cefalometriche su 13 e per 2 variabili palatali. Conclusioni. Basandosi su questo studio è possibile concludere che i pazienti con SN mostrano II classe scheletrica di tipo mandibolare, crescita iperdivergente, tendenza al morso aperto scheletrico, palatoversione degli incisivi superiori, palato stretto. Questi risultati possono fornire informazioni utili sia per la diagnosi di SN sia per la pianificazione del corretto trattamento ortodontico.

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In una situazione caratterizzata dalla scarsità delle risorse finanziare a disposizione degli enti locali, che rende necessario il contributo dei privati alla realizzazione delle opere pubbliche, e dalla scarsità delle risorse ambientali, che impone di perseguire la sostenibilità degli interventi, la tesi si pone l’obiettivo di rendere le realizzazioni di nuove infrastrutture viarie “attive” rispetto al contesto in cui si collocano, garantendo l’impegno di tutte parti coinvolte. Si tratta di ottenere il contributo dei privati oltre che per le opere di urbanizzazione primaria, funzionali all’insediamento stesso, anche per la realizzazione di infrastrutture viarie non esclusivamente dedicate a questo, ma che sono necessarie per garantirne la sostenibilità. Tale principio, che viene anche denominato “contributo di sostenibilità”, comincia oggi a trovare un’applicazione nelle pratiche urbanistiche, sconta ancora alcune criticità, in quanto i casi sviluppati si basano spesso su considerazioni che si prestano a contenziosi tra operatori privati e pubblica amministrazione. Ponendosi come obiettivo la definizione di una metodologia di supporto alla negoziazione per la determinazione univoca e oggettiva del contributo da chiedere agli attuatori delle trasformazioni per la realizzazione di nuove infrastrutture viarie, ci si è concentrati sullo sviluppo di un metodo operativo basato sull’adozione dei modelli di simulazione del traffico a 4 stadi. La metodologia proposta è stata verificata attraverso l’applicazione ad un caso di studio, che riguarda la realizzazione di un nuovo asse viario al confine tra i comuni di Castel Maggiore ed Argelato. L’asse, indispensabile per garantire l’accessibilità alle nuove aree di trasformazione che interessano quel quadrante, permette anche di risolvere alcune criticità viabilistiche attualmente presenti. Il tema affrontato quindi è quello della determinazione del contributo che ciascuno degli utilizzatori del nuovo asse dovrà versare al fine di consentirne la realizzazione. In conclusione, si formulano alcune considerazioni sull’utilità della metodologia proposta e sulla sua applicabilità a casi analoghi.

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L’aumento dei costi in sanità, l’aumentata prevalenza delle patologie croniche, le disuguaglianze attuali, evidenziano la domanda crescente di una popolazione fragile che richiede una risposta globale ai bisogni della persona nel suo insieme, attraverso la costruzione di un sistema sanitario integrato che ne garantisca una presa in carico efficace. Riuscire a gestire le patologie croniche in modo appropriato è la sfida a cui sono chiamati i professionisti socio-sanitari; ma quali sono gli elementi per riuscirci? Le evidenze scientifiche dimostrano che è fondamentale l’integrazione tra i professionisti e lo sviluppo dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA). In quest’ottica, in Italia e in particolare in Emilia-Romagna e nell’Azienda USL di Bologna si sono succeduti, e ancora si stanno evolvendo, diversi modelli di organizzazione per migliorare la gestione appropriata delle patologie croniche e l’aderenza alle linee guida e/o ai PDTA. Il ruolo del medico di medicina generale (MMG) è ancora fondamentale e il suo contributo integrato a quello degli gli altri professionisti coinvolti sono imprescindibili per una buona gestione e presa in carico del paziente cronico. Per questo motivo, l’Azienda USL di Bologna ha sviluppato e implementato una politica strategica aziendale volta a disegnare i PDTA e incoraggiato la medicina generale a lavorare sempre di più in gruppo, rispetto al modello del singolo medico. Lo studio ha individuato nelle malattie cardiovascolari, che rimangono la causa principale di morte e morbilità, il suo focus prendendo in esame, in particolare,lo scompenso cardiaco e il post-IMA. L’obiettivo è verificare se e quanto il modello organizzativo, le caratteristiche del medico e del paziente influiscono sul buon management delle patologie croniche in esame valutando la buona adesione alla terapia farmacologica raccomandata dalle linee guida e/o PDTA dello scompenso cardiaco e post-IMA.

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In Italia, il processo di de-istituzionalizzazione e di implementazione di modelli di assistenza per la salute mentale sono caratterizzati da carenza di valutazione. In particolare, non sono state intraprese iniziative per monitorare le attività relative all’assistenza dei pazienti con disturbi psichiatrici. Pertanto, l’obiettivo della tesi è effettuare una valutazione comparativa dei percorsi di cura nell’ambito della salute mentale nei Dipartimenti di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche della regione Emilia-Romagna utilizzando indicatori ottenuti dai flussi amministrativi correnti.. I dati necessari alla costruzione degli indicatori sono stati ottenuti attraverso un data linkage dei flussi amministrativi correnti regionali delle schede di dimissione ospedaliera, delle attività territoriali dei Centri di Salute Mentale e delle prescrizioni farmaceutiche, con riferimento all’anno 2010. Gli indicatori sono stati predisposti per tutti i pazienti con diagnosi principale psichiatrica e poi suddivisi per categoria diagnostica in base al ICD9-CM. . Il set di indicatori esaminato comprende i tassi di prevalenza trattata e di incidenza dei disturbi mentali, i tassi di ospedalizzazione, la ri-ospedalizzazione a 7 e 30 giorni dalla dimissione dai reparti psichiatrici, la continuità assistenziale ospedale-territorio, l’adesione ai trattamenti ed il consumo e appropriatezza prescrittiva di farmaci. Sono state rilevate alcune problematiche nella ricostruzione della continuità assistenziale ospedale-territorio ed alcuni limiti degli indicatori relativi alle prescrizioni dei farmaci. Il calcolo degli indicatori basato sui flussi amministrativi correnti si presenta fattibile, pur con i limiti legati alla qualità, completezza ed accuratezza dei dati presenti. L’implementazione di questi indicatori su larga scala (regionale e nazionale) e su base regolare può essere una opportunità per impostare un sistema di sorveglianza, monitoraggio e valutazione dell’assistenza psichiatrica nei DSM.

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L’obiettivo della ricerca è, da un lato, quello di definire un quadro conoscitivo di sfondo rispetto al fenomeno della tratta e dello sfruttamento sessuale di donne che approdano nel contesto italiano, dall’altro quello di esaminare gli interventi politici e legislativi posti in essere per contrastare il fenomeno e per tutelarne le vittime. Dopo uno sguardo alle caratteristiche strutturali della tratta, alla normativa italiana, europea e internazionale connessa al suo contrasto e alla protezione delle vittime e ai modelli di intervento sociale nel settore posti in essere nel nostro Paese, l’analisi si è concretizzata prendendo in considerazione i risultati emersi dall’attività di ricerca. L’analisi delle storie di vita delle vittime, di nazionalità nigeriana, albanese e serba ha permesso, da un lato, di evidenziare la complessità dei loro percorsi di vita e dall’altro di tracciare un quadro delle modalità organizzative e di sfruttamento utilizzate dal racket nigeriano e da quello albanese. Sul versante legislativo, invece, le interviste ai ricercatori svedesi sono state volte a comprendere se la normativa che punisce l’acquisto di prestazioni sessuali potesse avere un potere deterrente e, quindi, se potesse rappresentare una risposta efficace per arginare il fenomeno della prostituzione schiavizzata. In ultimo, dal punto di vista processuale, l’analisi delle sentenze giudiziarie penali emesse dal Tribunale di Rimini è stata utile per individuare le principali dinamiche che caratterizzano il rapporto tra l’autore e la vittima di reato e, non di meno, per sottolineare l’importanza del ruolo della vittima nel processo penale.

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L’elaborato esamina il tema del concorso e del conflitto tra contratti collettivi di diverso livello nel settore privato. Partendo da un’impostazione complessiva del fenomeno della contrattazione collettiva, oltre che da una riflessione sulla natura e sul ruolo della contrattazione integrativa, il lavoro si propone di individuare un criterio di risoluzione del conflitto. In una prima parte della ricerca sono stati individuati e studiati i modelli di rapporti tra livelli definiti negli accordi interconfederali e nei contratti di categoria. Nello studio della regolamentazione interna al sistema sindacale si è considerato la natura delle relative clausole. Queste ultime hanno valenza obbligatoria e, per tale motivo, non sono idonee a risolvere l’eventuale conflitto tra livelli contrattuali. Si è reso quindi necessario considerare i criteri esterni di risoluzione del conflitto elaborati dalla dottrina e della giurisprudenza. Tra i vari criteri elaborati, ci si è soffermati sul criterio di specialità, sulla sua natura e sulla sua funzione. Più nello specifico, si è ritenuto il principio di specialità un principio generale dell’ordinamento giuridico, applicabile anche al conflitto tra contratti di diverso livello. Alla luce del principio di specialità, si è ricostruito il rapporto tra livelli, anche in ipotesi di contrattazione separata e di negoziazione operante su rinvio legislativo. Infine, nell’ultimo capitolo si è esaminato l’art. 8 della L. 148/2011. Ci si è interrogati sulla compatibilità di tale norma con l’impostazione complessiva del tema del rapporto tra contratti di diverso livello e sui suoi riflessi sulla questione del conflitto.

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La tesi si propone come obiettivo di dimostrare nel quadro di un’indagine comparatistica l’importanza della tematica del finanziamento della politica, del rapporto tra denaro e politica, nelle democrazie contemporanee. In questo senso ci si propone di sviluppare i nessi esistenti nell’ambito del tema del finanziamento fra disciplina dei partiti, disciplina delle campagne elettorali e, più in generale, disciplina del sistema elettorale in senso stretto e della forma di governo; di descrivere il complesso quadro giuridico in materia di diritto della finanza politica, oggetto di frequenti aggiornamenti e in continua evoluzione, in alcuni casi anche in via giurisprudenziale, quale risulta emergere dallo studio di ciascun ordinamento considerato; e di definire in conclusione i precisi contorni dei due distinti modelli di «finanziamento della politica» ricostruiti dalla ricerca politologica come modello statalista o pubblico, da una parte, e modello liberale o volontario, dall’altra, pur nelle specificità di ogni contesto istituzionale

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L'epilessia frontale notturna (EFN) è caratterizzata da crisi motorie che insorgono durante il sonno. Scopo del progetto è studiare le cause fisiopatologiche e morfo-funzionali che sottendono ai fenomeni motori nei pazienti con EFN e identificare alterazioni strutturali e/o metaboliche mediante tecniche avanzate di Risonanza Magnetica (RM). Abbiamo raccolto una casistica di pazienti con EFN afferenti al Centro Epilessia e dei Disturbi del Sonno del Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università di Bologna. Ad ogni paziente è stato associato un controllo sano di età (± 5 anni) e sesso corrispondente. Tutti sono stati studiati mediante tecniche avanzate di RM comprendenti Spettroscopia del protone (1H-MRS), Tensore di diffusione ed imaging 3D ad alta risoluzione per analisi morfometriche. In particolare, la 1H-MRS è stata effettuata su due volumi di interesse localizzati nei talami e nel giro del cingolo anteriore. Sono stati inclusi nell’analisi finale 19 pazienti (7 M), età media 34 anni (range 19-50) e 14 controlli (6 M) età media 30 anni (range 19-40). A livello del cingolo anteriore il rapporto della concentrazione di N-Acetil-Aspartato rispetto alla Creatina (NAA/Cr) è risultato significativamente ridotto nei pazienti rispetto ai controlli (p=0,021). Relativamente all’analisi di correlazione, l'analisi tramite modelli di regressione multipla ha evidenziato che il rapporto NAA/Cr nel cingolo anteriore nei pazienti correlava con la frequenza delle crisi (p=0,048), essendo minore nei pazienti con crisi plurisettimanali/plurigiornaliere. Per interpretare il dato ottenuto è possibile solo fare delle ipotesi. L’NAA è un marker di integrità, densità e funzionalità neuronale. E’ possibile che alla base della EFN ci siano alterazioni metaboliche tessutali in precise strutture come il giro del cingolo anteriore. Questo apre nuove possibilità sull’utilizzo di strumenti di indagine basati sull’analisi di biosegnali, per caratterizzare aree coinvolte nella genesi della EFN ancora largamente sconosciute e chiarire ulteriormente l’eziologia di questo tipo di epilessia.

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Abstract (Ita): La tesi si propone l'obiettivo di analizzare l'affermazione del monachesimo cistercense nel nord della penisola iberica a cavallo tra XII e XIII secolo con particolare attenzione alla Galizia, una regione caratterizzata da una fortissima concorrenza tra i “poteri” presenti sul territorio. Attraverso l'analisi delle fonti edite ed inedite di tre monasteri cistercensi dislocati da nord a sud su tutto il territorio galiziano (Sobrado nell'arcidiocesi di Compostela, Meira nella diocesi di Lugo e Melón nella diocesi di Tuy), con il supporto della documentazione di altre cinque abbazie galiziane dell'Ordine di Cîteaux (Monfero, Armenteira, Oseira, Montederramo e Oya) e avvalendosi della più recente storiografia internazionale, la ricerca approfondisce i rapporti tra i monaci bianchi e la monarchia castellano-leonesa, le grandi famiglie aristocratiche (specialmente i Traba), la piccola aristocrazia locale dei milites e dei proprietari fondiari, gli heredes, il mondo ecclesiastico locale (sia le relazioni con l'episcopato sia con gli altri cenobi presenti sul territorio) e il mondo urbano in grande fermento nel corso del XII secolo analogamente ad altre aree d'Europa, mostrando come i monaci bianchi furono capaci di elaborare modelli di sviluppo diversi nelle varie aree della Galizia.

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La presenza di micotossine nelle materie prime desta grande preoccupazione a causa delle importanti implicazioni nella sicurezza di alimenti e mangimi. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di mettere a punto e validare una metodica analitica rapida e semplice, in cromatografia liquida ad ultra prestazione accoppiata a spettrometria di massa-tandem (UPLC-MS/MS), per la determinazione simultanea di differenti micotossine: aflatossine (B1, B2, G1, G2), ocratossina A, fumonisine (B1, B2), deossinivalenolo e zearalenone in matrici biologiche. Il metodo sviluppato per l’analisi di campioni di mangime secco per cani ha mostrato prestazioni adeguate ed è stato applicato a 49 campioni reperibili in commercio, al fine di valutare la sua efficacia e di ottenere alcuni dati preliminari sulla contaminazione da micotossine in alimenti per cani disponibili sul mercato italiano. Lo studio ha evidenziato una percentuale alta di campioni positivi, contenenti principalmente fumonisine, deossinivalenolo e ocratossina A; tutti i tenori si sono dimostrati inferiori al limite di legge previsto (Racc. CE 576/2006). Una seconda metodica è stata messa a punto e validata per l’identificazione e la quantificazione micotossine in campioni di formaggio; per questa matrice è stata inserita anche l’aflatossina M1, specifica dei prodotti lattiero - caseari. Le differenti proprietà chimico-fisiche degli analiti e la complessità della matrice hanno implicato alcune difficoltà nello sviluppo della metodica. Tuttavia, il metodo validato si è mostrato rapido, semplice ed affidabile ed è stato applicato a diversi tipi di formaggi per verificarne la versatilità. I risultati preliminari hanno mostrato l’assenza di contaminazione da parte delle micotossine in oggetto. Entrambi i metodi si sono dimostrati utili per il monitoraggio di contaminanti in matrici complesse ad oggi ancora poco studiate.

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In Medicina Veterinaria l'avvelenamento da rodenticidi anticoagulanti è conosciuto e studiato ormai da anni, essendo una delle intossicazioni più comunemente riscontrate nelle specie non target. In letteratura si rinvengono numerose pubblicazioni ma alcuni aspetti sono rimasti ancora inesplorati.Questo studio si propone di valutare il processo infiammatorio, mediante le proteine di fase acuta (APPs), in corso di fenomeni emorragici, prendendo come modello reale un gruppo di soggetti accidentalmente avvelenati da rodenticidi anticoagulanti. I 102 soggetti avvelenati presentano un valore più elevato di proteina C reattiva (CRP)con una mediana di 4.77 mg/dl statisticamente significativo rispetto alla mediana delle due popolazioni di controllo di pari entità numerica create con cross match di sesso, razza ed età; rispettivamente 0.02 mg/dl dei soggetti sani e 0.37 mg/dl dei soggetti malati di altre patologie. Inoltre all'interno del gruppo dei soggetti avvelenati un valore di CRP elevato all'ammissione può predisporre al decesso. La proteina C reattiva assume quindi un ruolo diagnostico e prognostico in questo avvelenamento. Un'altra finalità, di non inferiore importanza, è quella di definire una linea guida terapeutica con l'ausilio di biomarker coagulativi e di valutare la sicurezza della vitamina K per via endovenosa: in 73 cani, non in terapia con vitamina k, intossicati da rodenticidi anticoagulanti, i tempi della coagulazione (PT ed aPTT) ritornano nel range di normalità dopo 4 ore dalla prima somministrazione di 5 mg/kg di vitamina k per via endovenosa e nessun soggetto durante e dopo il trattamento ha manifestato reazioni anafilattiche, nessuno dei pazienti ha necessitato trasfusione ematica e tutti sono sopravvissuti. Infine si è valutata l'epidemiologia dell'ingestione dei prodotti rodenticidi nella specie oggetto di studio e la determinazione dei principi attivi mediante cromatografia liquida abbinata a spettrofotometria di massa (UPLC-MS/MS).

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Numerose ricerche indicano i modelli di cure integrate come la migliore soluzione per costruire un sistema più efficace ed efficiente nella risposta ai bisogni del paziente con tumore, spesso, però, l’integrazione è considerata da una prospettiva principalmente clinica, come l’adozione di linee guida nei percorsi della diagnosi e del trattamento assistenziale o la promozione di gruppi di lavoro per specifiche patologie, trascurando la prospettiva del paziente e la valutazione della sua esperienza nei servizi. Il presente lavoro si propone di esaminare la relazione tra l’integrazione delle cure oncologiche e l’esperienza del paziente; com'è rappresentato il suo coinvolgimento e quali siano i campi di partecipazione nel percorso oncologico, infine se sia possibile misurare l’esperienza vissuta. L’indagine è stata svolta sia attraverso la revisione e l’analisi della letteratura sia attraverso un caso di studio, condotto all'interno della Rete Oncologica di Area Vasta Romagna, tramite la somministrazione di un questionario a 310 pazienti con neoplasia al colon retto o alla mammella. Dai risultati, emerge un quadro generale positivo della relazione tra l’organizzazione a rete dei servizi oncologici e l’esperienza del paziente. In particolare, è stato possibile evidenziare quattro principali nodi organizzativi che introducono la prospettiva del paziente: “individual care provider”,“team care provider”,“mixed approach”,“continuity and quality of care”. Inoltre, è stato possibile delineare un campo semantico coerente del concetto di coinvolgimento del paziente in oncologia e individuare quattro campi di applicazione, lungo tutte le fasi del percorso: “prevenzione”, “trattamento”,“cura”,“ricerca”. Infine, è stato possibile identificare nel concetto di continuità di cura il modo in cui i singoli pazienti sperimentano l’integrazione o il coordinamento delle cure e analizzare differenti aspetti del vissuto della persona e dell’organizzazione.

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Questa ricerca analizza le implicazioni derivanti dall’introduzione della procedura di co-decisione come procedura legislativa ordinaria nel processo di riforma della politica agricola comune. La diversa distribuzione dei poteri tra le istituzioni europee modifica gli assetti istituzionali e fornisce al Parlamento il ruolo di colegislatore in materia agricola. La forma assunta dalla nuova politica agricola europea scaturisce dalla configurazione dei poteri di contrattazione che ciascun attore ha mostrato nella sede dei triloghi negoziali. La ricerca tenta di verificare la accuratezza predittiva di diversi modelli di contrattazione legislativa attraverso il confronto e la verifica degli errori di predizione sui risultati finali di alcune questioni salienti della riforma della Politica Agricola Comune e allo stesso tempo, cerca di identificare il peso del potere del Parlamento europeo in veste di co-legislatore nel processo di riforma della PAC post-2013.

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Negli ultimi anni lo spreco alimentare ha assunto un’importanza crescente nel dibattito internazionale, politico ed accademico, nel contesto delle tematiche sulla sostenibilità dei modelli di produzione e consumo, sull’uso efficiente delle risorse e la gestione dei rifiuti. Nei prossimi anni gli Stati Membri dell’Unione Europea saranno chiamati ad adottare specifiche strategie di prevenzione degli sprechi alimentari all’interno di una cornice di riferimento comune. Tale cornice è quella che si va delineando nel corso del progetto Europeo di ricerca “FUSIONS” (7FP) che, nel 2014, ha elaborato un framework di riferimento per la definizione di “food waste” allo scopo di armonizzare le diverse metodologie di quantificazione adottate dai paesi membri. In questo scenario, ai fini della predisposizione di un Piano Nazionale di Prevenzione degli Sprechi Alimentari per l’Italia, il presente lavoro applica per la prima volta il “definitional framework” FUSIONS per l’analisi dei dati e l’identificazione dei principali flussi nei diversi anelli della filiera e svolge un estesa consultazione degli stakeholder (e della letteratura) per identificare le possibili misure di prevenzione e le priorità di azione. I risultati ottenuti evedenziano (tra le altre cose) la necessità di predisporre e promuovere a livello nazionale l’adozione di misure uniformi di quantificazione e reporting; l’importanza del coinvolgimento degli stakeholder nel contesto di una campagna nazionale di prevenzione degli sprechi alimentari; l’esigenza di garantire una adeguata copertura economica per le attività di pianificazione e implementazione delle misure di prevenzione da parte degli enti locali e di un coordinamento a livello nazionale della programmazione regionale; la necessità di una armonizzazione/semplificazione del quadro di riferimento normativo (fiscale, igienico-sanitario, procedurale) che disciplina la donazione delle eccedenze alimentari; l’urgenza di approfondire il fenomeno degli sprechi alimentari attraverso la realizzazione di studi di settore negli stadi a valle della filiera.