108 resultados para Gruppi finitamente generati liberi
Resumo:
Obiettivo del lavoro è migliorare la lettura della ruralità europea. A fronte delle profonde trasformazioni avvenute, oggi non è più possibile analizzare i territori rurali adottando un mero approccio dicotomico che semplicemente li distingua dalle città. Al contrario, il lavoro integra l’analisi degli aspetti socio-economici con quella degli elementi territoriali, esaltando le principali dimensioni che caratterizzano le tante tipologie di ruralità oggi presenti in Europa. Muovendo dal dibattito sulla classificazione delle aree rurali, si propone dapprima un indicatore sintetico di ruralità che, adottando la logica fuzzy, considera congiuntamente aspetti demografici (densità), settoriali (rilevanza dell’attività agricola), territoriali e geografici (accessibilità e uso del suolo). Tale tecnica permette di ricostruire un continuum di gradi di ruralità, distinguendo così, all’interno dell’Unione Europea (circa 1.300 osservazioni), le aree più centrali da quelle progressivamente più rurali e periferiche. Successivamente, attraverso un’analisi cluster vengono individuate tipologie di aree omogenee in termini di struttura economica, paesaggio, diversificazione dell’attività agricola. Tali cluster risentono anche della distribuzione geografica delle aree stesse: vengono infatti distinti gruppi di regioni centrali da gruppi di regioni più periferiche. Tale analisi evidenzia soprattutto come il binomio ruralità-arretratezza risulti ormai superato: alcune aree rurali, infatti, hanno tratto vantaggio dalle trasformazioni che hanno interessato l’Unione Europea negli ultimi decenni (diffusione dell’ICT o sviluppo della manifattura). L’ultima parte del lavoro offre strumenti di analisi a supporto dell’azione politica comunitaria, analizzando la diversa capacità delle regioni europee di rispondere alle sfide lanciate dalla Strategia Europa 2020. Un’analisi in componenti principali sintetizza le principali dimensioni di tale performance regionale: i risultati sono poi riletti alla luce delle caratteristiche strutturali dei territori europei. Infine, una più diretta analisi spaziale dei dati permette di evidenziare come la geografia influenzi ancora profondamente la capacità dei territori di rispondere alle nuove sfide del decennio.
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La dissertazione si articola attorno all’idea di tradizione e alla concettualizzazione di genere nella musica di villaggio dei Banyoro e dei Batooro dell’Uganda occidentale. Il lavoro si sviluppa nel complesso in tre parti principali. Nella prima si presentano le trasformazioni storiche intervenute nelle relazioni di genere dal periodo precoloniale al presente e si introduce la musica di villaggio delle popolazioni considerate, ponendola a confronto con la musica di corte e con quella religiosa. La seconda sezione è dedicata allo studio dei repertori vocali e di danza di villaggio, a partire dalla documentazione realizzata con informatori anziani: di queste musiche sono considerate le caratteristiche stilistiche ed è condotta un’analisi che mira a mettere in luce le idee di genere trasmesse attraverso questi repertori. L’ultima parte del lavoro prende in considerazione le trasformazioni intervenute nel panorama musicale ugandese nell’ultimo secolo, a partire dall’influenza di musiche esterne, dall’insegnamento della musica tradizionale nelle scuole e dall’istituzione di festival scolastici e di gruppi folklorici: diverse performance attuali di canti e di danza sotto sottoposte a studio analitico. Nel complesso, si rileva una generale rifunzionalizzazione di musiche e idee di genere che si rifanno al passato, ma hanno valore soprattutto per il recupero della cultura locale nel presente,connotato dal contesto multiculturale dell’Uganda contemporanea e dalle politiche, promosse dal Governo, che favoriscono l’emancipazione femminile.
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Il temperamento può essere definito come l’attitudine che un cane esprime verso le persone e verso altri animali, la combinazione di tratti fisici e mentali, acquisiti e non, che determinano il comportamento del cane. Tale parametro delinea perciò il carattere di un individuo, inclinazioni e tendenze, eccitabilità, tristezza, rabbia e il modo caratteristico di comportarsi di un individuo, con particolare riferimento alle interazioni sociali. La presente tesi di Dottorato rappresenta uno studio su alcuni tratti del temperamento nel cane domestico elaborato in 3 progetti sperimentali. Nei primi due progetti sono state analizzate le differenze attitudinali tra alcune razze canine attraverso l’applicazione di un test di temperamento in cuccioli di 60 giorni e in cani adulti, per valutare e confrontarne il temperamento, la socialità ed identificare profili tipici di razza. Nel terzo progetto un campione di cani morsicatori di canile e di proprietà è stato confrontato con due rispettivi gruppi di controllo. Analizzando i risultati è stato possibile mettere in evidenza caratteristiche di razza omogenee nell’interazione con stimoli inanimati, nelle interazioni sociali e in relazione alla possessività e sono stati delineati profili di razza sia nei cuccioli sia negli adulti. Si sono tuttavia, osservate variabilità individuali, intra-razza e intra-cucciolata, a testimonianza dell’influenza complessa e multifattoriale delle componenti genetica e ambientale sul comportamento dei cani. Il confronto tra cani morsicatori di canile e di proprietà ha messo in luce interessanti differenze tra i soggetti in termini di reattività, socievolezza, propensione all’interazione con il proprietario o con un estraneo, comportamenti di evitamento e velocità di reazione agli stimoli presentati. Il test applicato è risultato un valido strumento per valutare il temperamento di cani dichiarati aggressivi che sono stati sottoposti a situazioni nuove e a stimoli sconosciuti per poter ottenere una migliore visione d’insieme del temperamento del soggetto.
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Introduzione: L'analgesia epidurale è stata messa in correlazione con l'aumento della durata del secondo stadio del travaglio e del tasso di utilizzo della ventosa ostetrica. Diversi meccanismi sono stati ipotizzati, tra cui la riduzione di percezione della discesa fetale, della forza di spinta e dei riflessi che promuovono la progressione e rotazione della testa fetale nel canale del parto. Tali parametri sono solitamente valutati mediante esame clinico digitale, costantemente riportato essere poco accurato e riproducibile. Su queste basi l'uso dell'ecografia in travaglio, con introduzione di diversi parametri ecografici di valutazione della discesa della testa fetale, sono stati proposti per supportare la diagnosi clinica nel secondo stadio del travaglio. Scopi dello studio: studiare effetto dell’analgesia epidurale sulla progressione della testa fetale durante il II stadio del travaglio valutata mediante ecografia intrapartum. Materiali e metodi: una serie di pazienti nullipare a basso rischio a termine (37+0-42+0) sono state reclutate in modo prospettico nella sala parto del nostro Policlinico Universitario. In ciascuna di esse abbiamo acquisito un volume ecografico ogni 20 minuti dall’inizio della fase attiva del secondo stadio fino al parto ed una serie di parametri ecografici sono stati ricavati in un secondo tempo (angolo di progressione, distanza di progressione distanza testa sinfisi pubica e midline angle). Tutti questi parametri sono stati confrontati ad ogni intervallo di tempo nei due gruppi. Risultati: 71 pazienti totali, di cui 41 (57.7%) con analgesia epidurale. In 58 (81.7%) casi il parto è stato spontaneo, mentre in 8 (11.3%) e 5 (7.0%) casi rispettivamente si è ricorsi a ventosa ostetrica o taglio cesareo. I valori di tutti i parametri ecografici misurati sono risultati sovrapponibili nei due gruppi in tutti gli intervalli di misurazione. Conclusioni: la progressione della testa fetale valutata longitudinalmente mediante ecografia 3D non sembra differire significativamente nelle pazienti con o senza analgesia epidurale.
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Obiettivi: L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’utilizzo del cerchiaggio cervicale, in relazione alle diverse indicazioni per cui è stato eseguito, presso la Clinica Ostetrica e Ginecologica del Policlinico Universitario Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, tra Gennaio 2001 e Dicembre 2013. Outcome secondario e’ stato quello di paragonare i risultati ottenuti con le più recenti evidenze scientifiche per valutare come esse abbiano influenzato l’utilizzo del cerchiaggio nel nostro centro. Materiali e metodi: valutazione osservazionale di tutte le pazienti sottoposte a cerchiaggio cervicale presso il nostro centro. La popolazione di studio e’ stata suddivisa in 5 gruppi in relazione all’indicazione per cui il cerchiaggio e’ stato eseguito: cerchiaggio elettivo (I), eco indicato (II), d’emergenza (III), in gravidanze gemellari (IV) e in gravidanze trigemine (V). Di tutte le pazienti e’ stato valutato l’outcome della gravidanza (epoca gestazionale al parto, peso neonatale, Apgar score) e l’appropriatezza dell’indicazione al cerchiaggio. Risultati: nel corso dei 13 anni in studio sono stati eseguiti 191 cerchiaggi: 109 nel I gruppo, 24 nel II, 39 nel III, 13 e 6 rispettivamente nel IV e V gruppo. In un caso il cerchiaggio e’ stato eseguito per via laparoscopica prima dell’insorgenza della gravidanza. La distribuzione dei diversi tipi di cerchiaggio e’ cambiata: dal 2007 non vengono seguiti cerchiaggi in gravidanze multiple, sono diminuiti quelli elettivi e sono aumentati i cerchiaggi d’emergenza pur essendo i casi con morbilità materna maggiore: in una paziente si e’ verificato un aborto settico con shock settico materno e si e’ reso necessario un intervento di isterectomia. Conclusioni: l'applicazioni di indicazioni piu' selettive all’esecuzione del cerchiaggio hanno determinato una forte riduzione dell’utilizzo da tale procedura. L'aumento dell'utilizzo del cerchiaggio d’emergenza e' legato al fatto che rappresenta l’ultima chance per convertire un aborto inevitabile in un parto di neonato vivo in casi estremi.
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Le cellule mesenchimali stromali (MSC) sono cellule multipotenti e numerosi studi hanno mostrato i loro effetti benefici nel danno renale acuto ma non sono ancora stati dimostrati potenziali effetti nella malattia renale cronica. L'ostruzione ureterale unilaterale (UUO) è un modello di fibrosi interstiziale nel quale l'attivazione di molecole vasoattive, citochine profibrotiche e infiammatorie gioca un ruolo patogenetico nello sviluppo dell'apoptosi e atrofia tubulare. Il sistema renina-angiotensina (RAS) gioca un ruolo chiave nello sviluppo della fibrosi renale e i farmaci che hanno come target l'angiotensina II, principale mediatore del RAS, sono attualmente la terapia più efficace nel ridurre la progressione della malattia renale cronica. E' noto che gli ACE-inibitori (ACEi) inducono un aumento compensatorio della renina plasmatica per la mancaza del feedback negativo sulla sua produzione. Tuttavia, la renina (R) promuove il danno renale non solo stimolando la produzione di ANGII, ma anche up-regolando geni profibrotici attraverso l'attivazione del recettore renina/prorenina. Lo scopo dello studio è stato indagare se l'infusione di MSC riduceva il danno renalein un modello animale di UUO e comparare gli eventuali effetti protettivi di ACEi e MSC in UUO. Abbiamo studiato 5 gruppi di ratti. A: sham operati. B: ratti sottoposti a UUO che ricevevano soluzione salina. C: ratti sottoposti a UUO che ricevavano MSC 3X106 nella vena della coda al giorno 0. D:ratti sottoposti a UUO che ricevevano lisinopril dal g 1 al g 21. E: ratti sottoposti a UUO che ricevevano MSC 3X106 nella vena della coda al giorno 0 e lisinopril dal g 1 al g 21. I ratti sono stati sacrificati al giorno 7 e 21. I risultati dello studio mostrano che MSC in UUO prevengono l'aumento della renina, riducono la generazione di ANGII e che in terapia combinata con ACEi riducono ulteriormente l'ANGII, determinando una sinergia nel miglioramento della fibrosi renale.
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Quelle est la différence entre un flibustier et un pirate ? Ce projet de recherche est basé sur cette question enfantine. En fait, les historiens contemporains, qui ont consacré de nombreuses pages à la « piraterie » et à la « flibuste » de l’âge moderne, n’ont pas réussi à répondre à cette – apparemment – simple question. Les reconstructions et les théories développées, en fait, ont assimilé ces deux phénomènes, en traitant les deux termes comme de simples synonymes. Mais, si cela peut être considéré comme vrai aujourd’hui, il n'était pas au cours des XVIIème et XVIIIème siècles. À l'époque, pirate était équivalent de « hostis humani generis », et comme tel craint et persécuté. Les flibustiers, au contraire, ont été considérés comme l’un des groupes les plus importants dans les premiers établissements des îles de la Mer des Caraïbes. En outre, le terme flibustier, dans la correspondance des gouverneurs français, se réfère à un élément considéré comme essentiel pour la réussite du processus de construction de la colonie, et également cruciale pour la consolidation des établissements américains. C’est donc la relation spéciale entre les flibustiers et le Nouveau Monde est l’objet de cette thèse. En utilisant une approche historico-culturel, on a essayé de contextualiser le phénomène de la flibuste dans le « processus d’américanisation » des premières communautés européennes en Amérique. La relation étroite entre les colons des établissements français de Saint-Domingue (aujourd’hui Haïti) et les nombreux espaces - économique, militaire, diplomatique, social, humain - des Caraïbes a fait des flibustiers un élément fortement « américanisé ». Grâce à la lecture des documents d'archives et les mémoires des années entre 1684 et 1727, on a reconstruit la dynamique de la relation entre ce groupe et le contexte américain, avec une attention particulière à la dynamique culturelle et sociale.
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In this work we presented several aspects regarding the possibility to use readily available propargylic alcohols as acyclic precursors to develop new stereoselective [Au(I)]-catalyzed cascade reactions for the synthesis of highly complex indole architectures. The use of indole-based propargylic alcohols of type 1 in a stereoselective [Au(I)]-catalyzed hydroindolynation/immiun trapping reactive sequence opened access to a new class of tetracyclic indolines, dihydropyranylindolines A and furoindolines B. An enantioselective protocol was futher explored in order to synthesize this molecules with high yields and ee. The suitability of propargylic alcohols in [Au(I)]-catalyzed cascade reactions was deeply investigated by developing cascade reactions in which was possible not only to synthesize the indole core but also to achieve a second functionalization. Aniline based propargylic alcohols 2 were found to be modular acyclic precursors for the synthesis of [1,2-a] azepinoindoles C. In describing this reactivity we additionally reported experimental evidences for an unprecedented NHCAu(I)-vinyl specie which in a chemoselective fashion, led to the annulation step, synthesizing the N1-C2-connected seven membered ring. The chemical flexibility of propargylic alcohols was further explored by changing the nature of the chemical surrounding with different preinstalled N-alkyl moiety in propargylic alcohols of type 3. Particularly, in the case of a primary alcohol, [Au(I)] catalysis was found to be prominent in the synthesis of a new class of [4,3-a]-oxazinoindoles D while the use of an allylic alcohol led to the first example of [Au(I)] catalyzed synthesis and enantioselective functionalization of this class of molecules (D*). With this work we established propargylic alcohols as excellent acyclic precursor to developed new [Au(I)]-catalyzed cascade reaction and providing new catalytic synthetic tools for the stereoselective synthesis of complex indole/indoline architectures.
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Studio prospettico su 75 pazienti con malattia paranale di Crohn che ha come obiettivo quello di confrontare i risultati tra le nuove terapie medico-chirurgiche emergenti. La prima procedura è comune a tutti i pazienti e consiste in un intervento di incisione degli ascessi, fistulectomia e posizionamento di setoni di drenaggio nei tramiti fistolosi per il controllo della sepsi.Successivamente i pazienti vengono divisi in cinque gruppi e sottoposti ai trattamenti per la chiusura dei tramiti fistolosi: terapia sistemica con Infliximab,terapia sistemica con Adalimumab,confezionamento di Flap endoanale, instillazione di colla di fibrina o posizionamento di protesi biologiche. Abbiamo osservato una chiusura completa dei tramiti fistolosi nel 60% dei pazienti trattati con Infliximab, 53% di quelli trattati con Adalimumab, 40% di quelli in terapia con colla di fibrina, 80% di quelli sottoposti a Flap endoanale e 60% di quelli trattati con protesi biologiche. Gli ottimi risultati raggiunti in con le diverse metodiche di trattamento chirurgico locale rappresentano una valida alternativa alla terapia con farmaci biologici. Tali nuove metodiche risultano anzi fondamentali per il trattamento di quei pazienti che dopo una terapia con farmaci biologici non hanno raggiunto una completa risoluzione del quadro (rescue therapy). Terapia biologica e nuove tecniche chirurgiche risultano pertanto complementari, la prima contribuendo al miglioramento della qualità della mucosa del canale anale e del retto basso sulla quale risulta quindi più agevole agire con le seconde con una percentuale di successo sempre maggiore.
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Negli anni Ottanta si assiste tanto nel vecchio quanto nel nuovo continente alla rinascita del movimento antinucleare. Mentre in Europa l’origine di questa ondata di proteste antinucleari è collegata alla “doppia decisione” NATO del 1979, negli Stati Uniti la genesi si colloca nel contesto dalla mobilitazione dei gruppi ambientalisti in seguito all’incidente alla centrale nucleare di Three Mile Island. Dopo l’elezione di Ronald Reagan, alle proteste contro le applicazioni pacifiche dell’atomo si affiancarono quelle contro la politica nucleare del Paese. La retorica di Reagan, il massiccio piano di riarmo, unitamente al rinnovato deteriorarsi delle relazioni tra USA e URSS contribuirono a diffondere nell’opinione pubblica la sensazione che l’amministrazione Reagan, almeno da un punto di vista teorico, non avesse escluso dalle sue opzioni il ricorso alle armi nucleari nel caso di un confronto con l’URSS. I timori legati a questa percezione produssero una nuova ondata di proteste che assunsero dimensioni di massa grazie alla mobilitazione provocata dalla Nuclear Weapons Freeze Campaign (NWFC). Il target della NWFC era l’ampio programma di riarmo nucleare sostenuto da Reagan, che secondo gli attivisti nucleari, in un quadro di crescenti tensioni internazionali, avrebbe fatto aumentare le possibilità di uno scontro atomico. Per evitare lo scenario dell’olocausto nucleare, la NWFC proponeva «un congelamento bilaterale e verificabile del collaudo, dell’installazione e della produzione di armi nucleari». L’idea del nuclear freeze, che era concepito come un passo per fermare la spirale del riarmo e tentare successivamente di negoziare riduzioni negli arsenali delle due superpotenze, riscosse un tale consenso nell’opinione pubblica americana da indurre l’amministrazione Reagan a formulare una risposta specifica. Durante la primavera del 1982 fu, infatti, creato un gruppo interdipartimentale ad hoc, l’Arms Control Information Policy Group, con il compito di arginare l’influenza della NWFC sull’opinione pubblica americana e formulare una risposta coerente alle critiche del movimento antinucleare.
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Il trattamento dell’osteoartrosi (OA) del cane è una sfida nella pratica clinica veterinaria. Molti trattamenti sono stati proposti, tuttavia la risposta clinica agli stessi non è sempre soddisfacente. Molti farmaci sono utilizzati per il trattamento dell’OA, tra cui farmaci anti-infiammatori non steroidei, corticosteroidi, ed inibitori della produzione dell’ossido nitrico. Lo stanozololo è un derivato sintetico del testosterone; oltre alle sue proprietà anaboliche/androgeniche , a basse dosi lo stanozololo ha un affinità per i recettori glucocorticoidi. Per questa attività antinfiammatoria e rigenerativa sui tessuti articolari danneggiati viene utilizzato nella degenerative joint desease del cavallo. Lo scopo di questo studio è stato di valutare l’efficacia clinica dello stanozololo intra-articolare a 15, 30, 45 e 60 giorni dal trattamento di gomiti con OA di cane. E’ stato eseguito uno studio cieco, multicentrico e randomizzato. Previo consenso informato, sono stati arruolati 48 cani, suddivisi in 3 gruppi e trattati con stanozololo, mavacoxib e con entrambi i farmaci. Sono state valutate zoppia, tollerabilità del trattamento, range of motion, e punteggio radiografico. Inoltre sono state stabilite e annoverate quantità e qualità del liquido sinoviale. Ai dati ottenuti sono stati applicati i test di Kruskal-Wallis, Chi-quadro e Fischer, i quali hanno dimostrato l’efficacia della terapia nei singoli gruppi e tra i diversi gruppi di studio. I risultati ottenuti hanno mostrato la riduzione di almeno un grado di zoppia e la riduzione della progressione dell’OA nei casi trattati con stanozololo. Si può quindi affermare che tale molecola per via intra-articolare può essere una valida alternativa per il trattamento dell’OA di gomito nel cane.
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La ricerca si è focalizzata su due degli aspetti di interesse odontoiatrico più diffusi: la carie dentaria e la parodontite cronica. Il problema della carie dentaria è stato studiato in una popolazione di 39 soggetti affetti da cardiopatia congenita in cui la scarsa igiene orale è fattore di rischio per problematiche di salute generale e soprattutto per lo sviluppo di endocardite infettiva. I dati osservati e confrontati con quelli di un omogeneo gruppo di controllo dimostrano che nella dentatura decidua questi bambini hanno più denti cariati, come dimostrato dalla significativa differenza dell'indice dmft. Nella dentatura permanente non si osservano differenze tra i due gruppi. La carica microbica totale rilevata nella saliva e la presenza di Streptococcus mutans non mostrano differenze tra i due gruppi. I problemi di parodontite cronica sono stati studiati in un gruppo di 352 soggetti italiani adulti in cui si è definita la prevalenza dei 6 più importanti patogeni parodontali e la possibile correlazione con parametri clinici (pus, sanguinamento al sondaggio - BOP, profondità di sondaggio della tasca parodontale – PPD). Tra le 6 specie batteriche ricercate, quello di più frequente riscontro è stato Fusobacterium nucleatum (95%), mentre quello con carica batterica più alta è stato Tannerella forsythia. La carica batterica di Porphyromonas gingivalis, Treponema denticola, Tannerella forsythia e Fusobacterium nucleatum ha mostrato una correlazione diretta con il BOP e la presenza di pus. Inoltre, si è riscontrato che la carica batterica di tutte le specie (tranne Aggregatibacterium actinomycetemcomitans) aumenta all'aumentare del PPD. Tra le variabili studiate, PPD rappresenta il più importante fattore di rischio per la presenza di parodontopatogeni, mentre BOP è un indicatore di rischio per la ricerca del complesso rosso.
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Background: sebbene la letteratura recente abbia suggerito che l’utilizzo degli impianti corti possa rappresentare una alternative preferibile alle procedure di rigenerazione ossea nelle aree posteriori atrofiche, perché è un trattamento più semplice e con meno complicazioni, esistono solo pochi studi a medio e lungo termine che abbiano comparato queste tecniche. Scopo: lo scopo di questo studio retrospettivo è quello di valutare se gli impianti corti (6-8 mm) (gruppo impianti corti) possano presentare percentuali di sopravvivenza e valori di riassorbimento osseo marginali simili a impianti di dimensioni standard (≥11 mm) inseriti contemporaneamente ad una grande rialzo di seno mascellare. Materiali e Metodi: in totale, 101 pazienti sono stati inclusi: 48 nel gruppo impianti corti e 53 nel gruppo seno. In ciascun paziente da 1 a 3 impianti sono stati inseriti e tenuti sommersi per 4-6 mesi. I parametri clinici e radiografici valutati sono: i fallimenti implantari, le complicazioni, lo stato dei tessuti molli, e il riassorbimento osseo marginale. Tutti i pazienti sono stati seguiti per almeno 3 anni dal posizionamento implantare. Risultati: il periodo di osservazione medio è stato di 43.47 ± 6.1 mesi per il gruppo impianti corti e 47.03 ± 7.46 mesi per il gruppo seno. Due su 101 impianti corti e 6 su 108 impianti standard sono falliti. Al follow-up finale, si è riscontrato un riassorbimento osseo medio di 0.47 ± 0.48 mm nel gruppo impianti corti versus 0.64 ± 0.58 mm nel gruppo seno. Non sono presenti differenze statisticamente significative fra i gruppi in termini di fallimenti implantari, complicazioni protesiche, tessuti molli, e riassorbimento osseo. Il gruppo seno ha presentato, invece, un maggior numero di complicazioni chirurgiche. Conclusioni: entrambe le tecniche hanno dimostrato un simile tasso di successo clinico e radiografico, ma gli impianti corti hanno ridotto il numero di complicazioni chirurgiche.
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Scopo dello studio: valutare i cambiamenti indotti da diversi trattamenti di mordenzatura sulla morfologia superficiale e sulla microstruttura di due vetro-ceramiche a base disilicato di litio (IPS e.max® Press e IPS e.max® CAD) ed esaminarne gli effetti sia sull’adesione con un cemento resinoso che sulla resistenza alla flessione. Materiali e metodi: Settanta dischetti (12 mm di diametro, 2 mm di spessore) di ogni ceramica sono stati preparati e divisi in 5 gruppi: nessun trattamento (G1), HF 5% 20s (G2), HF 5% 60s (G3), HF 9.6% 20s (G4), HF 9.6% 60s (G5). Un campione per ogni gruppo è stato analizzato mediante profilometro ottico e osservato al SEM. Per gli altri campioni è stato determinato lo shear bond strength (SBS) con un cemento resinoso. Dopo l’SBS test, i campioni sono stati caricati fino a frattura utilizzando il piston-on-three-ball test per determinarne la resistenza biassiale alla flessione. Risultati: L’analisi morfologica e microstrutturale dei campioni ha rivelato come diversi trattamenti di mordenzatura producano delle modifiche nella rugosità superficiale che non sono direttamente collegate ad un aumento dei valori di adesione e dei cambiamenti microstrutturali che sono più rilevanti con l’aumento del tempo di mordenzatura e di concentrazione dell’acido. I valori medi di adesione (MPa) per IPS e.max® CAD sono significativamente più alti in G2 e G3 (21,28 +/- 4,9 e 19,55 +/- 5,41 rispettivamente); per IPS e.max® Press, i valori più elevati sono in G3 (16,80 +/- 3,96). La resistenza biassiale alla flessione media (MPa) è più alta in IPS e.max® CAD (695 +/- 161) che in IPS e.max® Press (588 +/- 117), ma non è non influenzata dalla mordenzatura con HF. Conclusioni: il disilicato di litio va mordenzato preferibilmente con HF al 5%. La mordenzatura produce alcuni cambiamenti superficiali e microstrutturali nel materiale, ma tali cambiamenti non ne influenzano la resistenza in flessione.
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Lo studio CAVE PTX ha lo scopo di valutare la reale prevalenza della paratiroidectomia nei pazienti dializzati in Italia, verificare l’aderenza ai targets ematochimici proposti dalle linee guida internazionali K/DOQI e ricercare la presenza di fratture vertebrali e calcificazioni vascolari. Al momento attuale riportiamo i dati preliminari sulla prevalenza e le caratteristiche cliniche generali dei pazienti finora arruolati. Il nostro studio ha ricevuto contributi da 149 centri dialisi italiani, su un totale di 670, pari al 22%. La popolazione dialitica dalla quale sono stati ottenuti i casi di paratiroidectomia è risultata pari a 12515 pazienti;l’87,7% dei pazienti effettuava l’emodialisi mentre il 12,3% la dialisi peritoneale. Cinquecentoventotto, pari al 4,22%, avevano effettuato un intervento di paratiroidectomia (4,5%emodializzati, 1,9% in dialisi peritoneale;p<0.001). Abbiamo considerato tre gruppi differenti di PTH: basso (<150 pg/ml), ottimale (150 -300 pg/ml) ed elevato (>300 pg/ml). I valori medi di PTH e calcemia sono risultati significativamente diversi (più alti) tra casi e controlli nei due gruppi con PTH basso (PTX = 40±39 vs controllo = 92±42 pg/ml; p<.0001) e PTH alto (PTX= 630 ± 417 vs controllo 577 ±331; p<.05). La percentuale di pazienti con PTH troppo basso è risultata più elevata nei pazienti chirurgici rispetto al resto della popolazione (64vs23%; p<0.0001), mentre la percentuale dei casi con PTH troppo alto è risultata significativamente più alta nel gruppo di controllo (38%vs19%; p<0.003). Il 61% dei casi assumeva vitamina D rispetto al 64 % dei controlli; l’88% vs 75% un chelante del fosforo ed il 13%vs 35% il calciomimentico. In conclusione, la paratiroidectomia ha una bassa prevalenza in Italia, i pazienti sono più spesso di sesso femminile, in emodialisi e con età relativamente giovane ma da più tempo in dialisi.