196 resultados para edificio polifunzionale, passerella ciclopedonale, efficienza, sicurezza, domotica, sistemi di controllo, fitodepurazione, facciata ventilata, geotermia, illuminazione naturale, masterplan bohigas, quadrante nord-ovest parma,Norma UNI EN 15232,


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Advances in wireless networking and content delivery systems are enabling new challenging provisioning scenarios where a growing number of users access multimedia services, e.g., audio/video streaming, while moving among different points of attachment to the Internet, possibly with different connectivity technologies, e.g., Wi-Fi, Bluetooth, and cellular 3G. That calls for novel middlewares capable of dynamically personalizing service provisioning to the characteristics of client environments, in particular to discontinuities in wireless resource availability due to handoffs. This dissertation proposes a novel middleware solution, called MUM, that performs effective and context-aware handoff management to transparently avoid service interruptions during both horizontal and vertical handoffs. To achieve the goal, MUM exploits the full visibility of wireless connections available in client localities and their handoff implementations (handoff awareness), of service quality requirements and handoff-related quality degradations (QoS awareness), and of network topology and resources available in current/future localities (location awareness). The design and implementation of the all main MUM components along with extensive on the field trials of the realized middleware architecture confirmed the validity of the proposed full context-aware handoff management approach. In particular, the reported experimental results demonstrate that MUM can effectively maintain service continuity for a wide range of different multimedia services by exploiting handoff prediction mechanisms, adaptive buffering and pre-fetching techniques, and proactive re-addressing/re-binding.

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Many combinatorial problems coming from the real world may not have a clear and well defined structure, typically being dirtied by side constraints, or being composed of two or more sub-problems, usually not disjoint. Such problems are not suitable to be solved with pure approaches based on a single programming paradigm, because a paradigm that can effectively face a problem characteristic may behave inefficiently when facing other characteristics. In these cases, modelling the problem using different programming techniques, trying to ”take the best” from each technique, can produce solvers that largely dominate pure approaches. We demonstrate the effectiveness of hybridization and we discuss about different hybridization techniques by analyzing two classes of problems with particular structures, exploiting Constraint Programming and Integer Linear Programming solving tools and Algorithm Portfolios and Logic Based Benders Decomposition as integration and hybridization frameworks.

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The increasing diffusion of wireless-enabled portable devices is pushing toward the design of novel service scenarios, promoting temporary and opportunistic interactions in infrastructure-less environments. Mobile Ad Hoc Networks (MANET) are the general model of these higly dynamic networks that can be specialized, depending on application cases, in more specific and refined models such as Vehicular Ad Hoc Networks and Wireless Sensor Networks. Two interesting deployment cases are of increasing relevance: resource diffusion among users equipped with portable devices, such as laptops, smart phones or PDAs in crowded areas (termed dense MANET) and dissemination/indexing of monitoring information collected in Vehicular Sensor Networks. The extreme dynamicity of these scenarios calls for novel distributed protocols and services facilitating application development. To this aim we have designed middleware solutions supporting these challenging tasks. REDMAN manages, retrieves, and disseminates replicas of software resources in dense MANET; it implements novel lightweight protocols to maintain a desired replication degree despite participants mobility, and efficiently perform resource retrieval. REDMAN exploits the high-density assumption to achieve scalability and limited network overhead. Sensed data gathering and distributed indexing in Vehicular Networks raise similar issues: we propose a specific middleware support, called MobEyes, exploiting node mobility to opportunistically diffuse data summaries among neighbor vehicles. MobEyes creates a low-cost opportunistic distributed index to query the distributed storage and to determine the location of needed information. Extensive validation and testing of REDMAN and MobEyes prove the effectiveness of our original solutions in limiting communication overhead while maintaining the required accuracy of replication degree and indexing completeness, and demonstrates the feasibility of the middleware approach.

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La sedimentazione clastica di mare profondo è attualmente uno dei principali argomenti della ricerca sedimentologica sia in ambito puramente accademico che in ambito petrolifero-industriale. Gli studi recenti hanno enfatizzato l'influenza fondamentale della topografia preesistente del fondo marino sulla crescita e la morfologia sui fan di mare profondo; si è visto come, in molti systemi torbiditici, l’evoluzione dei processi deposizionali sia stata da moderatamente a fortemente controllata dall’ effetto di confinamento di scarpate tettoniche, ridge strutturali e seamounts. Scopo di questo lavoro è studiare l'effetto del confinamento alla scala di bacino sui principali sistemi torbiditici del margine orientale della Sardegna che rappresenta un margine passivo articolato di bacini di intraslope confinati verso mare da seamounts. Lo studio dei sistemi deposizionali è stato eseguito attraverso l'interpretazione di dati di batimetria multibeam ad alto dettaglio acquisiti dall’ISMAR di Bologna durante la crociera Tir99. L’ interpretazione multibeam è stata integrata con l’ analisi di profili sismici a riflessione per comprendere la morfologia l’organizzazione interna e l’evoluzione nel tempo dei principali elementi deposizionali dei sistemi torbiditici. Tre bacini di intraslope (Olbia, Baronie e il settore settentrionale del bacino Ogliastra) sono stati investigati. Il bacino di Olbia è il bacino più settentrionale del margine orientale della Sardegna ed è limitato verso mare dai seamount Etruschi e Baronie. Il principale sistema torbiditico del bacino di Olbia è costituito dal Caprera, articolato in un sistema di canyon alimentatori nella piattaforma e nella scarpata continentale e da un ampio canale con argini alla base della scarpata. Il Caprera è fiancheggiato da un ampia piattaforma continentale, e questa, fungendo da “magazzino” per il materiale piu grossolando, può spiegare la peculiare architettura sedimentaria del suo fan. L'effetto di confinamento del bacino sulla forma e sull'evoluzione del fan del Caprera è evidente soprattutto sull'asimmetria dei leve e su fenomeni di avulsione che hanno coinvolto il canale. Il bacino di intraslope di Olbia appare completamente riempito, e, nel bordo orientale, è presente il canyon di intrabacino verso il bacino sottostante. Gli effetti dell'abbassamento del livello di base sono visibili nel settore distale del sistema, dove si ha lo sviluppo di canali distributari e di valli erosive a basso rilievo, che rappresentano le porzioni "upslope" dei canyon di "bypass". Il bacino di intraslope del Baronie è il bacino centrale del margine, confinato verso mare dal seamount delle Baronie, e presenta una via di fuga laterale rappresentato dal sistema di canyon di Gonone-Orosei. Il Posada è il sistema torbiditico principale, consiste di un canyon profondamente inciso nella piattaforma e nella scarpata, e sviluppa alla base della scarpata un piccolo fa radiale. La morfologia del è il risultato dell'interazione complessa tra la geoemtria del bacino ricevente ed il comportamento dei flussi sedimentari. La forma del bacino ha costretto il sistema torbiditico a cambiare la direzione di sviluppo, da est verso sud. Processi di framanento in massa a grande scala hanno inoltre contribuito alla riorganizzazione del sistema torbiditico. Il bacino dell’Ogliastra è localizzato nel settore meridionale del margine, limitato verso mare dal seamount Quirra. Il settore settentrionale della scarpata continentale del bacino Ogliastra è caratterizzato da canyon e incisioni di carattere ibrido, con tratti deposizionali ed erosivi. L'Arbatax è il principale sistema torbiditico del bacino di Ogliastra caratterizzato da un settore meridionale dominato da un canale alimentatore e da un settore settentrionale abbandonato, caratterizzato da fenomeni di smantellamento e instabilità gravitativa. In generale i risultati dello studio evidenziano l'importanza della combinazione dei fattori di controllo esterni, e della topografia preesistente, nello sviluppo dei processi sedimentari e degli elementi deposizionali dei sistemi torbiditici. In particolare, appare evidente come lo stile deposizionale dei sistemi torbiditici in ambiente confinato diverga sostanzialmente da quello previsto dai modelli di fan sottomarini usati come strumenti predittivi nella esplorazione e sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi.

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Questo lavoro di tesi nasce da un progetto di ricerca promosso nel 2001 dal Prof. Leonardo Seccia (Seconda Facoltà di Ingegneria, sede di Forlì, e C.I.R.A.M., Università di Bologna), dal Prof. Nicola Santopuoli (Facoltà di Architettura Valle Giulia, Sapienza Università di Roma), dal Prof. Ingo Muller e dal Dott. André Musolff (Technical University Berlin, Facultat III, Thermodynamics). Tale progetto ha avuto come obiettivo lo studio, la progettazione e la realizzazione di un dispositivo di ancoraggio in lega a memoria di forma per il restauro di affreschi e mosaici parietali, che presentino distacchi più o meno evidenti fra gli strati di intonaco di supporto, proponendosi come mezzo efficace per la salvaguardia strutturale di tali zone variamente ammalorate. In particolare, è stata programmata una serie di prove di laboratorio per caratterizzare in modo preciso il comportamento del materiale prescelto, al fine di realizzare un prototipo rispondente alle caratteristiche di progetto ed anche per implementare un modello numerico sufficientemente realistico. A questo proposito, è stato anche approfondito il problema della scelta del modello costitutivo più adeguato. Successivamente, i risultati ottenuti sono stati impiegati nella progettazione e realizzazione di nuovi dispositivi in lega a memoria di forma da impiegare nel campo dei beni culturali, fra cui sistemi reversibili per il ricongiungimento di parti fratturate e sistemi di movimentazione intelligenti sia per lastre di protezione di superfici affrescate, sia per finestre da inserire in contesti museali per il controllo del microclima.

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SCOPO DELLA RICERCA Aedes albopictus è diventata in pochi anni dalla sua introduzione in Italia la specie di zanzara più nociva e più importante sotto il profilo sanitario. Essendo una zanzara tipicamente urbana e ad attività diurna, limita fortemente la fruizione degli spazi aperti ed incide negativamente su alcune attività economiche. Il recente episodio epidemico di Chikungunya, che ha colpito il nostro Paese, ha allarmato le autorità sanitarie nazionali ed europee che stanno attivando misure di prevenzione e contrasto per fronteggiare il rischio che il virus diventi endemico o che altri virus possano essere introdotti nelle nostre aree. Le misure di lotta contro Aedes albopictus attualmente in essere (lotta larvicida, rimozione dei microfocolai, informazione e coinvolgimento dei cittadini) non danno risultati sufficienti in termini di capacità di contenimento delle densità del vettore. Per questo è stato avviato un progetto di ricerca centrato sull'applicazione del metodo dell'autocidio a questa specie. L’attività di ricerca svolta ha avuto come scopo la messa a punto delle metodiche di allevamento massale e di sterilizzazione in grado di permettere la produzione di maschi di qualità sufficiente a garantire una buona fitness nelle condizioni di campo e competitività coi maschi selvatici nella fase di accoppiamento. Le prove condotte possono essere raggruppate sotto tre principali campi di indagine: Prove di allevamento, Prove di Irraggiamento e Prove di Competizione. 1. Prove di allevamento In questo ambito sono state esaminate nuove diete larvali al fine di ottenere una più elevata produttività in termini di pupe con tempi di impupamento e dimensioni delle pupe più omogenei. È stata inoltre valutata la possibile reazione fagostimolante dell’ATP addizionato al pasto di sangue delle femmine adulte con lo scopo di incrementare la produttività di uova prodotte dai ceppi di Ae.albopictus in allevamento. 2. Prove di irraggiamento Attraverso prove di laboratorio sono stati investigati in gabbia gli effetti sterilizzanti di diverse dosi radianti (20 - 85 Gy) sulle pupe maschio di Ae. albopictus per la valutazione dei livelli di sterilità, fertilità e fecondità indotti sulle femmine. Si sono compiute inoltre indagini per valutare eventuali alterazioni dello stato fisiologico dei maschi irraggiati e dei livelli di sterilità indotti su femmine, in funzione dell’età pupale alla quale venivano sottoposti a radiazioni. Analisi degli effetti delle radiazioni sui tempi di rotazione genitale, sulla velocità ed efficacia degli accoppiamenti e sui tempi di sfarfallamento degli adulti sono state condotte su maschi irraggiati a diverse dosi. Infine su femmine di Ae. albopictus si sono realizzate prove in gabbia per lo studio dei tempi di recettività all'accoppiamento. Prove di competizione L'effetto negativo della colonizzazione in condizioni artificiali e l'irraggiamento sono riconosciuti come i fattori principali che incidono sulla competitività dei maschi sterilizzati nei confronti di quelli fertili. Per la verifica della variazione di fitness dovuta a imbreeding ed eterosi, prove di competizione in serra (7,5 x 5 x 2,80 m) sono state realizzate impiegando ceppi allevati in laboratorio, ceppi selvatici raccolti in campo e ceppi ibridi ottenuti incrociando diversi ceppi di laboratorio. RISULTATI 1. Prove di allevamento Sono state confrontate la dieta standard (DS = 2,5 mg/larva Friskies Adult ® + 0,5 mg/larva lievito di birra) e la nuova dieta integrata addizionata di Tetramin ® (DI = DS + 0,2 mg/larva Tetramin ®) per l’alimentazione delle larve in allevamento. Le prove condotte hanno evidenziato una buona risposta nelle percentuali di impupamento e di produttività in termini di pupe per la nuova dieta senza però evidenziare miglioramenti significativi con la DS. Con la dieta integrata si ottiene un impupamento a 7 giorni del 66,6% delle larve allevate (65% con la DS) e il setacciamento a 1400 μm delle pupe ottenute produce in media il 98,3% di maschi nel setacciato (98,5% con la DS). Con la dieta standard la percentuale di maschi ottenuti sulle larve iniziali è pari a 27,2% (20-25% con la DS). Come riportato da Timmermann e Briegel (1999) la dieta delle larve va strutturata con l’obiettivo di garantire un ampio range di elementi nutritivi evitando così il rischio di carenze o sub-carenze che possano influire negativamente sulla produttività dell’allevamento e sulle condizioni di vigore dei maschi. Secondo Reisen (1980, 1982), l’influenza negativa dell’allevamento sulla competitività dei maschi nella fase di accoppiamento potrebbe essere di maggiore peso rispetto all’influenza dell’irraggiamento dei maschi. Infine le prove di laboratorio condotte per la verifica dell’efficacia fagostimolante di ATP nel pasto di sangue offerto alle femmine dell’allevamento non hanno evidenziato differenze significative in nessuno dei parametri considerati tra il campione nutrito con ATP e il testimone. Nella realizzazione di allevamenti massali per la produzione di maschi da irraggiare, si ritiene quindi opportuno mantenere la nuova dieta testata che garantisce una spettro nutritivo più ampio e completo alle larve in allevamento. L’aggiunta di ATP nel pasto di sangue delle femmine adulte non sarà impiegato in quanto troppo costoso e significativamente poco produttivo nel garantire un aumento del numero di uova prodotte. 2. Prove di irraggiamento Oltre alla sopravvivenza e alla sterilità, la scelta dello stadio di sviluppo più conveniente da irraggiare in un programma SIT dipende dalla possibilità di maneggiare in sicurezza grandi quantità di insetti senza danneggiarli durante tutte le fasi che intercorrono tra l’allevamento massale, l’irraggiamento e il lancio in campo. La fase pupale risulta sicuramente più vantaggiosa per il maggior numero di pupe irraggiabili per unidi volume e per il minimo danneggiamento arrecabile all'insetto che viene mantenuto in acqua durante tutte le procedure. La possibilità di lavorare con la minima dose radiante efficace, significa ridurre lo stress provocato inevitabilmente alle pupe maschio, che si manifesta nell’adulto con una ridotta longevità, una diminuita capacità di accoppiamento o di ricerca del partner e attraverso possibili alterazioni comportamentali che possono rendere il maschio inattivo o inefficace una volta introdotto in campo. I risultati ottenuti sottoponendo pupe maschili a irraggiamento a differenti ore dall’impupamento evidenziano come la maturità del campione influisca sia sulla mortalità delle pupe che sull’efficacia sterilizzante dell’irraggiamento. Come riportato anche da Wijeyaratne (1977) le pupe più vecchie mostrano una minore mortalità e una maggiore sensibilità alle radiazioni rispetto a quelle più giovani. In particolare si è osservato come pupe maschili di età superiore 24h fossero maggiormente sensibili all’irraggiamento riportando minore perdita di competitività rispetto alle pupe irraggiate precocemente. La minore dose impiegata per il raggiungimento della sterilità con minimi effetti sulla longevità dei maschi trattati e con livelli di fecondità e fertilità indotti sulle femmine non differenti dal testimone, corrisponde a 40Gy (Cs 137 - 2,3 Gy/min). Analizzando la sopravvivenza dei maschi, si osserva una tendenza all'aumento della mortalità in funzione dell’aumento della dose fornita per tutte le età pupali di irraggiamento testate. Per trattamenti condotti su pupe di età > 30h la longevità dei maschi non risente dell’irraggiamento fino a dosi di 40Gy. La fecondità delle femmine accoppiatesi con maschi irraggiati con dosi superiori a 40Gy mostra una tendenza alla riduzione del numero di uova prodotte con l’aumentare della dose ricevuta dal maschio. L’irraggiamento delle pupe non determina variazioni significative nei tempi di sfarfallamento degli adulti per le diverse dosi radianti fornite e per le differenti età pupali testate in rapporto al testimone. L’irraggiamento influenza al contrario i tempi di rotazione dei genitali esterni dei maschi evidenziando un ritardo proporzionale alla dose ricevuta. Resta da definire sui maschi irraggiati l’effetto combinato dei due effetti sui tempi di sfarfallamento degli adulti anche se appare chiara l’assenza di variazioni significative per la dose di irraggiamento 40Gy scelta come radiazione utile per la sterilizzazione dei maschi da lanciare in campo. Per quanto riguarda l’analisi dei tempi di accoppiamento dei maschi irraggiati si osserva in generale una minore reattività rispetto ai maschi fertili particolarmente marcata nei maschi irraggiati a dosi superiori i 40 Gy. Gli studi condotti sui tempi di accoppiamento delle femmine evidenziano una buona recettività (>80%) all’accoppiamento solo per femmine di età superiore a 42 - 48 h femmine. Prima di tale periodo la femmina realizza accoppiamenti con normale appaiamento dei due sessi ma non riceve il trasferimento degli spermi. 3. Prove di competizione Prove preliminari di competizione in tunnel svolte nel 2006 su ceppi selvatici e di allevamento avevano mostrato risultati di competitività dei maschi sterili (50 Gy) segnati da forte variabilità. Nel 2007 dopo aver condotto analisi per la verifica dei tempi di sfarfallamento, di accoppiamento e di rotazione genitale nei maschi sterilizzati, e di recettività nelle femmine, sono state realizzate nuove prove. In queste prove maschi adulti di Ae. albopictus irraggiati a 40Gy sono stati posizionati in campo, in ambiente naturale ombreggiato ed isolato, all’interno di serre (8x5x2,8 m) insieme a maschi adulti fertili e femmine vergini di Ae. albopictus con rapporto 1:1:1. Le prove preliminari 2006 erano condotte con le medesime condizioni sperimentali del 2007 ad eccezione dei tempi di inserimento delle femmine vergini passati da 1 giorno nel 2006, a 3 giorni nel 2007 dall’immissione dei maschi in tunnel. Sono state effettuate prove testando la competizione tra esemplari provenienti da ceppi di allevamento (cicli di allevamento in gabbia > 15), ceppi selvatici (da materiale raccolto in campo e con cicli di allevamento in gabbia < 5) e ceppi ibridi (ottenuti dall’incrocio di ceppi italiani di diversa provenienza geografica). I risultati ottenuti mostrano indici di competizioni medi accettabili senza evidenziare differenza fra i ceppi impiegati. L’allevamento massale quindi non deprime i ceppi allevati e gli ibridi realizzati non mostrano una vigoria superiore ne rispetto ai ceppi selvatici ne rispetto agli allevati in laboratorio.

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The control of a proton exchange membrane fuel cell system (PEM FC) for domestic heat and power supply requires extensive control measures to handle the complicated process. Highly dynamic and non linear behavior, increase drastically the difficulties to find the optimal design and control strategies. The objective is to design, implement and commission a controller for the entire fuel cell system. The fuel cell process and the control system are engineered simultaneously; therefore there is no access to the process hardware during the control system development. Therefore the method of choice was a model based design approach, following the rapid control prototyping (RCP) methodology. The fuel cell system is simulated using a fuel cell library which allowed thermodynamic calculations. In the course of the development the process model is continuously adapted to the real system. The controller application is designed and developed in parallel and thereby tested and verified against the process model. Furthermore, after the commissioning of the real system, the process model can be also better identified and parameterized utilizing measurement data to perform optimization procedures. The process model and the controller application are implemented in Simulink using Mathworks` Real Time Workshop (RTW) and the xPC development suite for MiL (model-in-theloop) and HiL (hardware-in-the-loop) testing. It is possible to completely develop, verify and validate the controller application without depending on the real fuel cell system, which is not available for testing during the development process. The fuel cell system can be immediately taken into operation after connecting the controller to the process.

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Reasoning under uncertainty is a human capacity that in software system is necessary and often hidden. Argumentation theory and logic make explicit non-monotonic information in order to enable automatic forms of reasoning under uncertainty. In human organization Distributed Cognition and Activity Theory explain how artifacts are fundamental in all cognitive process. Then, in this thesis we search to understand the use of cognitive artifacts in an new argumentation framework for an agent-based artificial society.

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Bioinformatics is a recent and emerging discipline which aims at studying biological problems through computational approaches. Most branches of bioinformatics such as Genomics, Proteomics and Molecular Dynamics are particularly computationally intensive, requiring huge amount of computational resources for running algorithms of everincreasing complexity over data of everincreasing size. In the search for computational power, the EGEE Grid platform, world's largest community of interconnected clusters load balanced as a whole, seems particularly promising and is considered the new hope for satisfying the everincreasing computational requirements of bioinformatics, as well as physics and other computational sciences. The EGEE platform, however, is rather new and not yet free of problems. In addition, specific requirements of bioinformatics need to be addressed in order to use this new platform effectively for bioinformatics tasks. In my three years' Ph.D. work I addressed numerous aspects of this Grid platform, with particular attention to those needed by the bioinformatics domain. I hence created three major frameworks, Vnas, GridDBManager and SETest, plus an additional smaller standalone solution, to enhance the support for bioinformatics applications in the Grid environment and to reduce the effort needed to create new applications, additionally addressing numerous existing Grid issues and performing a series of optimizations. The Vnas framework is an advanced system for the submission and monitoring of Grid jobs that provides an abstraction with reliability over the Grid platform. In addition, Vnas greatly simplifies the development of new Grid applications by providing a callback system to simplify the creation of arbitrarily complex multistage computational pipelines and provides an abstracted virtual sandbox which bypasses Grid limitations. Vnas also reduces the usage of Grid bandwidth and storage resources by transparently detecting equality of virtual sandbox files based on content, across different submissions, even when performed by different users. BGBlast, evolution of the earlier project GridBlast, now provides a Grid Database Manager (GridDBManager) component for managing and automatically updating biological flatfile databases in the Grid environment. GridDBManager sports very novel features such as an adaptive replication algorithm that constantly optimizes the number of replicas of the managed databases in the Grid environment, balancing between response times (performances) and storage costs according to a programmed cost formula. GridDBManager also provides a very optimized automated management for older versions of the databases based on reverse delta files, which reduces the storage costs required to keep such older versions available in the Grid environment by two orders of magnitude. The SETest framework provides a way to the user to test and regressiontest Python applications completely scattered with side effects (this is a common case with Grid computational pipelines), which could not easily be tested using the more standard methods of unit testing or test cases. The technique is based on a new concept of datasets containing invocations and results of filtered calls. The framework hence significantly accelerates the development of new applications and computational pipelines for the Grid environment, and the efforts required for maintenance. An analysis of the impact of these solutions will be provided in this thesis. This Ph.D. work originated various publications in journals and conference proceedings as reported in the Appendix. Also, I orally presented my work at numerous international conferences related to Grid and bioinformatics.

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The dynamicity and heterogeneity that characterize pervasive environments raise new challenges in the design of mobile middleware. Pervasive environments are characterized by a significant degree of heterogeneity, variability, and dynamicity that conventional middleware solutions are not able to adequately manage. Originally designed for use in a relatively static context, such middleware systems tend to hide low-level details to provide applications with a transparent view on the underlying execution platform. In mobile environments, however, the context is extremely dynamic and cannot be managed by a priori assumptions. Novel middleware should therefore support mobile computing applications in the task of adapting their behavior to frequent changes in the execution context, that is, it should become context-aware. In particular, this thesis has identified the following key requirements for novel context-aware middleware that existing solutions do not fulfil yet. (i) Middleware solutions should support interoperability between possibly unknown entities by providing expressive representation models that allow to describe interacting entities, their operating conditions and the surrounding world, i.e., their context, according to an unambiguous semantics. (ii) Middleware solutions should support distributed applications in the task of reconfiguring and adapting their behavior/results to ongoing context changes. (iii) Context-aware middleware support should be deployed on heterogeneous devices under variable operating conditions, such as different user needs, application requirements, available connectivity and device computational capabilities, as well as changing environmental conditions. Our main claim is that the adoption of semantic metadata to represent context information and context-dependent adaptation strategies allows to build context-aware middleware suitable for all dynamically available portable devices. Semantic metadata provide powerful knowledge representation means to model even complex context information, and allow to perform automated reasoning to infer additional and/or more complex knowledge from available context data. In addition, we suggest that, by adopting proper configuration and deployment strategies, semantic support features can be provided to differentiated users and devices according to their specific needs and current context. This thesis has investigated novel design guidelines and implementation options for semantic-based context-aware middleware solutions targeted to pervasive environments. These guidelines have been applied to different application areas within pervasive computing that would particularly benefit from the exploitation of context. Common to all applications is the key role of context in enabling mobile users to personalize applications based on their needs and current situation. The main contributions of this thesis are (i) the definition of a metadata model to represent and reason about context, (ii) the definition of a model for the design and development of context-aware middleware based on semantic metadata, (iii) the design of three novel middleware architectures and the development of a prototypal implementation for each of these architectures, and (iv) the proposal of a viable approach to portability issues raised by the adoption of semantic support services in pervasive applications.

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The full exploitation of multi-hop multi-path connectivity opportunities offered by heterogeneous wireless interfaces could enable innovative Always Best Served (ABS) deployment scenarios where mobile clients dynamically self-organize to offer/exploit Internet connectivity at best. Only novel middleware solutions based on heterogeneous context information can seamlessly enable this scenario: middleware solutions should i) provide a translucent access to low-level components, to achieve both fully aware and simplified pre-configured interactions, ii) permit to fully exploit communication interface capabilities, i.e., not only getting but also providing connectivity in a peer-to-peer fashion, thus relieving final users and application developers from the burden of directly managing wireless interface heterogeneity, and iii) consider user mobility as crucial context information evaluating at provision time the suitability of available Internet points of access differently when the mobile client is still or in motion. The novelty of this research work resides in three primary points. First of all, it proposes a novel model and taxonomy providing a common vocabulary to easily describe and position solutions in the area of context-aware autonomic management of preferred network opportunities. Secondly, it presents PoSIM, a context-aware middleware for the synergic exploitation and control of heterogeneous positioning systems that facilitates the development and portability of location-based services. PoSIM is translucent, i.e., it can provide application developers with differentiated visibility of data characteristics and control possibilities of available positioning solutions, thus dynamically adapting to application-specific deployment requirements and enabling cross-layer management decisions. Finally, it provides the MMHC solution for the self-organization of multi-hop multi-path heterogeneous connectivity. MMHC considers a limited set of practical indicators on node mobility and wireless network characteristics for a coarsegrained estimation of expected reliability/quality of multi-hop paths available at runtime. In particular, MMHC manages the durability/throughput-aware formation and selection of different multi-hop paths simultaneously. Furthermore, MMHC provides a novel solution based on adaptive buffers, proactively managed based on handover prediction, to support continuous services, especially by pre-fetching multimedia contents to avoid streaming interruptions.

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Large scale wireless adhoc networks of computers, sensors, PDAs etc. (i.e. nodes) are revolutionizing connectivity and leading to a paradigm shift from centralized systems to highly distributed and dynamic environments. An example of adhoc networks are sensor networks, which are usually composed by small units able to sense and transmit to a sink elementary data which are successively processed by an external machine. Recent improvements in the memory and computational power of sensors, together with the reduction of energy consumptions, are rapidly changing the potential of such systems, moving the attention towards datacentric sensor networks. A plethora of routing and data management algorithms have been proposed for the network path discovery ranging from broadcasting/floodingbased approaches to those using global positioning systems (GPS). We studied WGrid, a novel decentralized infrastructure that organizes wireless devices in an adhoc manner, where each node has one or more virtual coordinates through which both message routing and data management occur without reliance on either flooding/broadcasting operations or GPS. The resulting adhoc network does not suffer from the deadend problem, which happens in geographicbased routing when a node is unable to locate a neighbor closer to the destination than itself. WGrid allow multidimensional data management capability since nodes' virtual coordinates can act as a distributed database without needing neither special implementation or reorganization. Any kind of data (both single and multidimensional) can be distributed, stored and managed. We will show how a location service can be easily implemented so that any search is reduced to a simple query, like for any other data type. WGrid has then been extended by adopting a replication methodology. We called the resulting algorithm WRGrid. Just like WGrid, WRGrid acts as a distributed database without needing neither special implementation nor reorganization and any kind of data can be distributed, stored and managed. We have evaluated the benefits of replication on data management, finding out, from experimental results, that it can halve the average number of hops in the network. The direct consequence of this fact are a significant improvement on energy consumption and a workload balancing among sensors (number of messages routed by each node). Finally, thanks to the replications, whose number can be arbitrarily chosen, the resulting sensor network can face sensors disconnections/connections, due to failures of sensors, without data loss. Another extension to {WGrid} is {W*Grid} which extends it by strongly improving network recovery performance from link and/or device failures that may happen due to crashes or battery exhaustion of devices or to temporary obstacles. W*Grid guarantees, by construction, at least two disjoint paths between each couple of nodes. This implies that the recovery in W*Grid occurs without broadcasting transmissions and guaranteeing robustness while drastically reducing the energy consumption. An extensive number of simulations shows the efficiency, robustness and traffic road of resulting networks under several scenarios of device density and of number of coordinates. Performance analysis have been compared to existent algorithms in order to validate the results.

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Traditional software engineering approaches and metaphors fall short when applied to areas of growing relevance such as electronic commerce, enterprise resource planning, and mobile computing: such areas, in fact, generally call for open architectures that may evolve dynamically over time so as to accommodate new components and meet new requirements. This is probably one of the main reasons that the agent metaphor and the agent-oriented paradigm are gaining momentum in these areas. This thesis deals with the engineering of complex software systems in terms of the agent paradigm. This paradigm is based on the notions of agent and systems of interacting agents as fundamental abstractions for designing, developing and managing at runtime typically distributed software systems. However, today the engineer often works with technologies that do not support the abstractions used in the design of the systems. For this reason the research on methodologies becomes the basic point in the scientific activity. Currently most agent-oriented methodologies are supported by small teams of academic researchers, and as a result, most of them are in an early stage and still in the first context of mostly \academic" approaches for agent-oriented systems development. Moreover, such methodologies are not well documented and very often defined and presented only by focusing on specific aspects of the methodology. The role played by meta- models becomes fundamental for comparing and evaluating the methodologies. In fact a meta-model specifies the concepts, rules and relationships used to define methodologies. Although it is possible to describe a methodology without an explicit meta-model, formalising the underpinning ideas of the methodology in question is valuable when checking its consistency or planning extensions or modifications. A good meta-model must address all the different aspects of a methodology, i.e. the process to be followed, the work products to be generated and those responsible for making all this happen. In turn, specifying the work products that must be developed implies dening the basic modelling building blocks from which they are built. As a building block, the agent abstraction alone is not enough to fully model all the aspects related to multi-agent systems in a natural way. In particular, different perspectives exist on the role that environment plays within agent systems: however, it is clear at least that all non-agent elements of a multi-agent system are typically considered to be part of the multi-agent system environment. The key role of environment as a first-class abstraction in the engineering of multi-agent system is today generally acknowledged in the multi-agent system community, so environment should be explicitly accounted for in the engineering of multi-agent system, working as a new design dimension for agent-oriented methodologies. At least two main ingredients shape the environment: environment abstractions - entities of the environment encapsulating some functions -, and topology abstractions - entities of environment that represent the (either logical or physical) spatial structure. In addition, the engineering of non-trivial multi-agent systems requires principles and mechanisms for supporting the management of the system representation complexity. These principles lead to the adoption of a multi-layered description, which could be used by designers to provide different levels of abstraction over multi-agent systems. The research in these fields has lead to the formulation of a new version of the SODA methodology where environment abstractions and layering principles are exploited for en- gineering multi-agent systems.