162 resultados para Sviluppo applicazione iOS


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Il lavoro è incentrato sull’applicazione ed integrazione di differenti tecniche di indagine geofisica in campo ambientale e ingegneristico/archeologico. Alcuni esempi sono stati descritti al fine di dimostrare l’utilità delle metodologie geofisiche nella risoluzione di svariate problematiche. Nello specifico l’attenzione è stata rivolta all’utilizzo delle tecniche del Ground Penetrating Radar e del Time Domain Reflectometry in misure condotte su un corpo sabbioso simulante una Zona Insatura. L’esperimento è stato realizzato all’interno di un’area test costruita presso l’azienda agricola dell’Università La Tuscia di Viterbo. Hanno partecipato al progetto le Università di Roma Tre, Roma La Sapienza, La Tuscia, con il supporto tecnico della Sensore&Software. Nello studio è stato condotto un approccio definito idrogeofisico al fine di ottenere informazioni da misure dei parametri fisici relativi alla Zona Insatura simulata nell’area test. Il confronto e l’integrazione delle due differenti tecniche di indagine ha offerto la possibilità di estendere la profondità di indagine all’interno del corpo sabbioso e di verificare l’utilità della tecnica GPR nello studio degli effetti legati alle variazioni del contenuto d’acqua nel suolo, oltre a determinare la posizione della superficie piezometrica per i differenti scenari di saturazione. Uno specifico studio è stato realizzato sul segnale radar al fine di stabilire i fattori di influenza sulla sua propagazione all’interno del suolo. Il comportamento dei parametri dielettrici nelle condizioni di drenaggio e di imbibizione del corpo sabbioso è stato riprodotto attraverso una modellizzazione delle proprietà dielettriche ed idrologiche sulla base della dimensione, forma e distribuzione dei granuli di roccia e pori, nonché sulla base della storia relativa alla distribuzione dei fluidi di saturazione all’interno del mezzo. La modellizzazione è stata operata sulle basi concettuali del Differential Effective Medium Approximation.

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La presente tesi di dottorato si propone lo sviluppo di un modello spazialmente distribuito per produrre una stima dell'erosione superficiale in bacini appenninici. Il modello è stato progettato per simulare in maniera fisicamente basata il distacco di suolo e di sedimento depositato ad opera delle precipitazioni e del deflusso superficiale, e si propone come utile strumento per lo studio della vulnerabilità del territorio collinare e montano. Si è scelto un bacino collinare dell'Appennino bolognese per testare le capacità del modello e verificarne la robustezza. Dopo una breve introduzione per esporre il contesto in cui si opera, nel primo capitolo sono presentate le principali forme di erosione e una loro descrizione fisico-matematica, nel secondo capitolo verranno introdotti i principali prodotti della modellistica di erosione del suolo, spiegando quale interpretazione dei fenomeni fisici è stata data. Nel terzo capitolo verrà descritto il modello oggetto della tesi di dottorando, con una prima breve descrizione della componente afflussi-deflussi ed una seconda descrizione della componente di erosione del suolo. Nel quarto capitolo verrà descritto il bacino di applicazione del modello, i risultati della calibrazione ed un'analisi di sensitività. Infine si presenteranno le conclusioni sullo studio.

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The growth and the metabolism of Bifidobacterium adolescentis MB 239 fermenting GOS, lactose, galactose, and glucose were investigated. An unstructerd unsegregated model for growth of B. adolescentis MB 239 in batch cultures was developed and kinetic parameters were calculated with a Matlab algorithm. Galactose was the best carbon source; lactose and GOS led to lower growth rate and cellular yield, but glucose was the poorest carbon source. Lactate, acetate and ethanol yields allowed calculation of the carbon fluxes toward fermentation products. Similar distribution between 3- and 2-carbon products was observed on all the carbohydrates (45 and 55%, respectively), but ethanol production was higher on glucose than on GOS, lactose and galactose, in decreasing order. Based on the stoichiometry of the fructose 6-phosphate shunt and on the carbon distribution among the products, ATP yield was calculated on the different carbohydrates. ATP yield was the highest on galactose, while it was 5, 8, and 25% lower on lactose, GOS, and glucose, respectively. Therefore, a correspondance among ethanol production, low ATP yields, and low biomass production was established demonstrating that carbohydrate preferences may result from different sorting of carbon fluxes through the fermentative pathway. During GOS fermentation, stringent selectivity based on the degree of polymerization was exhibited, since lactose and the trisaccharide were first to be consumed, and a delay was observed until longer oligosaccharides were utilized. Throughout the growth on both lactose and GOS, galactose accumulated in the cultural broth, suggesting that β-(1-4) galactosides can be hydrolysed before they are taken up. The physiology of Bifidobacterium adolescentis MB 239 toward xylooligosaccharides (XOS) was also studied and our attention was focused on an extracellular glycosyl-hydrolase (β-Xylosidase) expressed by a culture of B. adolescentis grown on XOS as sole carbon source. The extracellular enzyme was purified from the the supernatant, which was dialyzed and concentrated by ultrafiltration. A two steps purification protocol was developed: the sample was loaded on a Mono-Q anion exchange chromatography and then, the active fractions were pooled and β-Xylosidase was purified by gel filtration chromatography on a Superdex-75. The enzyme was characterized in many aspects. β- Xylosidase was an homo-tetramer of 160 kDa as native molecular mass; it was a termostable enzyme with an optimum of temperature at 53 °C and an optimum of pH of 6.0. The kinetics parameter were calculated: km = 4.36 mM, Vmax = 0.93 mM/min. The substrate specificity with different di-, oligo- and polysaccharides was tested. The reactions were carried out overnight at pH 7 and at the optimum of temperature and the carbohydrates hydrolysis were analyzed by thin layer chromatography (TLC). Only glycosyl-hydrolase activities on XOS and on xylan were detected, whereas sucrose, lactose, cellobiose, maltose and raffinose were not hydrolyzed. It’s clearly shown that β-Xylosidase activity was higher than the Xylanase one. These studies on the carbohydrate preference of a strain of Bifidobacterium underlined the importance of the affinity between probiotics and prebiotics. On the basis of this concept, together with Barilla G&R f.lli SpA, we studied the possibility to develop a functional food containing a synbiotic. Three probiotic strains Lactobacillus plantarum BAR 10, Streptococcus thermophilus BAR 20, and Bifidobacterium lactis BAR 30 were studied to assess their suitability for utilization in synbiotic products on the basis of antioxidative activity, glutathione production, acid and bile tolerance, carbohydrates fermentation and viability in food matrices. Bile and human gastric juice resistance was tested in vitro to estimate the transit tolerance in the upper gastrointestinal tract. B. lactis and L. plantarum were more acid tolerant than S. thermophilus. All the strains resisted to bile. The growth kinetics on 13 prebiotic carbohydrates were determined. Galactooligosaccharides and fructo-oligosaccharides were successfully utilized by all the strains and could be considered the most appropriate prebiotics to be used in effective synbiotic formulations. The vitality of the three strains inoculated in different food matrices and maintained at room temperature was studied. The best survival of Lactobacillus plantarum BAR 10, Streptococcus thermophilus BAR 20, and Bifidobacterium lactis BAR 30 was found in food chocolate matrices. Then an in vivo clinical trial was carried out for 20 healthy volunteers. The increase in faecal bifidobacteria and lactobacilli populations and the efficacy of the pre-prototype was promising for the future develop of potential commercial products.

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E’ stato in primo luogo definito il criterio di efficienza dal punto di vista economico (con una accenno anche ai parametri elaborati dagli studiosi di discipline aziendali), nelle sue varie accezioni, ponendo altresì ciascuna di queste in relazione alle condizioni di concorrenza perfetta. Le nozioni di efficienza che sono state definite a tal fine sono quelle di efficienza allocativa, efficienza tecnica, efficienza dinamica ed efficienza distributiva. Ciascuna di esse é stata inquadrata a livello teorico secondo le definizioni fornite dalla letteratura, esaminandone le ipotesi sottostanti. E’ stata altresì descritta, contestualizzandola temporalmente, l’evoluzione della nozione, e ne sono state evidenziate le implicazioni ai fini della ricerca della forma di mercato più “efficiente”. Sotto quest’ultimo aspetto l’attenzione dello scrivente si é incentrata sul rapporto tra le diverse accezioni di efficienza economica oggetto di analisi e la desiderabilità o meno di un regime di concorrenza perfetta. Il capitolo si conclude con una breve panoramica sulle metodologie di misurazione finalizzata ad individuare i principali parametri utilizzati per determinare il livello di efficienza, di un mercato, di un’attività produttiva o di un’impresa, posto che, come verrà specificato nel prosieguo della tesi, la valutazione di efficienza in ambito antitrust deve essere verificata, ove possibile, anche basandosi sull’evidenza empirica delle singole imprese esaminate, come richiede il criterio della rule of reason. Capitolo 2 Presupposto per avere una regolazione che persegua l’obiettivo di avere una regolazione efficiente ed efficace, è, a parere di chi scrive, anche l’esistenza di autorità pubbliche deputate a esercitare la funzione regolatoria che rispettino al proprio interno e nel proprio agire la condizione di efficienza definita rispetto ai pubblici poteri. Lo sviluppo di questa affermazione ha richiesto in via preliminare, di definire il criterio di efficienza in ambito pubblicistico individuandone in particolare l’ambito di applicazione, il suo rapporto con gli altri principi che reggono l’azione amministrativa (con particolare riferimento al criterio di efficacia). Successivamente é stato collocato nel nostro ordinamento nazionale, ponendolo in relazione con il principio di buon andamnento della Pubblica Amministrazione, benchè l’ordinamento italiano, per la sua specificità non costituisca un esempio estendibile ad ordinamenti. Anche con riferimento al criterio di efficienza pubblica, un paragrafo é stato dedicato alle metodologie di misurazione di questa, e, nello specifico sull’Analisi Costi-Benefici e sull’Analisi di Impatto della Regolazione Una volta inquadrata la definizione di efficienza pubblica, questa é stata analizzata con specifico riferimento all’attività di regolazione dell’economia svolta dai soggetti pubblici, ambito nella quale rientra la funzione antitrust. Si é provato in particolare ad evidenziare, a livello generale, quali sono i requisiti necessari ad un’autorità amministrativa antitrust, costituita e dotata di poteri ad hoc, affinché essa agisca, nella sua attività di regolazione, secondo il principio di efficienza, Il capitolo si chiude allargando l’orizzonte della ricerca verso una possibile alternativa metodologica al criterio di efficienza precedentemente definito: vi si é infatti brevemente interrogati circa lo schema interpretativo nel quale ci muoviamo, affrontando la questione definitoria del criterio di efficienza, ponendolo in relazione con l’unico modello alternativo esistente, quello sviluppatosi nella cultura cinese. Non certo per elaborare un’applicazione in “salsa cinese” del criterio di efficienza alla tutela della concorrenza, compito al quale lo scrivente non sarebbe stato in grado di ottemperare, bensì, più semplicemente per dare conto di un diverso approccio alla questione che il futuro ruolo di superpotenza economica della Cina imporrà di prendere in considerazione. Capitolo 3 Nel terzo capitolo si passa a definire il concetto di concorrenza come istituto oggetto di tutela da parte della legge antitrust, per poi descrivere la nascita e l’evoluzione di tale legislazione negli Stati Uniti e della sua applicazione, posto che il diritto antitrust statunitense ancora oggi costituisce il necessario punto di riferimento per lo studioso di questa materia. L’evoluzione del diritto antitrust statunitense é stata analizzata parallelamente allo sviluppo delle principali teorie di law and economics che hanno interpretato il diritto della concorrenza quale possibile strumento per conseguire l’obiettivo dell’efficienza economica: la Scuola di Harvard e il paradigma strutturalista, la teoria evoluzionista della Scuola Austriaca, la Scuola di Chicago; le c.d. teorie “Post-Chicago”. Nel terzo capitolo, in altri termini, si é dato conto dell’evoluzione del pensiero economico con riferimento alla sua applicazione al diritto antitrust, focalizzando l’attenzione su quanto avvenuto negli Stati Uniti, paese nel quale sono nati sia l’istituto giuridico della tutela della concorrenza sia l’analisi economica del diritto. A conclusione di questa ricostruzione dottrinale ho brevemente esaminato quelle che sono le nuove tendenze dell’analisi economica del diritto, e specificatamente la teoria del comportamento irrazionale, benché esse non abbiano ancora ricevuto applicazione al diritto antitrust. Chi scrive ritiene infatti che queste teorie avranno ricadute anche in questa materia poiché essa costituisce uno dei principali ambiti applicativi della law and economics. Capitolo 4 Nel quarto capitolo é stata effettuata una disanima della disciplina comunitaria antitrust sottolineando come l’Unione Europea si proponga attraverso la sua applicazione, soprattutto in materia di intese, di perseguire fini eterogenei, sia economici che non economici, tra loro diversi e non di rado contrastanti, e analizzando come questa eterogeneità di obiettivi abbia influito sull’applicazione del criterio di efficienza. Attenendomi in questo capitolo al dato normativo, ho innanzitutto evidenziato l’ampiezza dell’ambito di applicazione della disciplina comunitaria antitrust sia dal punto di vista soggettivo che territoriale (dottrina dell’effetto utile), sottolineando come la norma giustifichi esplicitamente il ricorso al criterio di efficienza solo nella valutazione delle intese: il comma 3 dell’art. 81 del Trattato include, infatti, tra i requisiti di una possibile esenzione dall’applicazione del divieto per le intese qualificate come restrittive della concorrenza, la possibilità di ottenere incrementi di efficienza tecnica e/o dinamica attraverso l’implementazione delle intese in questione. Tuttavia la previsione da parte dello stesso art. 81 (3) di altri requisiti che devono contemporaneamente essere soddisfatti affinché un intesa restrittiva della concorrenza possa beneficiare dell’esenzione, nonché la possibile diversa interpretazione della locuzione “progresso tecnico ed economico”, impone, o comunque ammette, il perseguimento di altri obiettivi, contestualmente a quello dell’efficienza, giustificando così quell’eterogeneità dei fini che contraddistingue la politica della concorrenza dell’Unione Europea. Se la disciplina delle intese aiuta a comprendere il ruolo del criterio di efficienza nell’applicazione dei precetti antitrust da parte degli organi comunitari, l’art. 82 del Trattato non contiene invece alcun riferimento alla possibilità di utilizzare il criterio di efficienza nella valutazione delle condotte unilaterali poste in essere da imprese in posizione dominante sul mercato rilevante. Si è peraltro dato conto della consultazione recentemente avviata dalla Commissione Europea finalizzata all’elaborazione di Linee Guida che definiscano i criteri di interpretazione che l’organo comunitario dovrà seguire nella valutazione dei comportamenti unilaterali. A parere dello scrivente, anzi, l’assenza di un preciso schema cui subordinare la possibilità di ricorrere al criterio di efficienza nella valutazione della fattispecie, attribuisce alle autorità competenti un più ampio margine di discrezionalità nell’utilizzo del suddetto criterio poiché manca il vincolo della contestuale sussistenza delle altre condizioni di cui all’art. 81(3). Per quanto concerne infine la disciplina delle concentrazioni, essa, come abbiamo visto, prevede un riferimento ai possibili incrementi di efficienza (tecnica e dinamica) derivanti da operazioni di fusione, utilizzando la nozione utilizzata per le intese, così come nel precedente Regolamento 4064/89. Si é infine analizzato il nuovo Regolamento in materia di concentrazioni che avrebbe potuto costituire l’occasione per recepire nella disciplina comunitaria l’attribuzione della facoltà di ricorrere all’efficiency defense in presenza di una fattispecie, quella della fusione tra imprese, suscettibile più di altre di essere valutata secondo il criterio di efficienza, ma che si é invece limitato a riprendere la medesima locuzione presente nell’art. 81(3). Il capitolo attesta anche l’attenzione verso l’istanza di efficienza che ha riguardato il meccanismo di applicazione della norma antitrust e non il contenuto della norma stessa; a questo profilo attiene, infatti, l’innovazione apportata dal Regolamento 1/2003 che ha permesso, a parere dello scrivente, un’attribuzione più razionale della competenza nella valutazione dei casi tra la Commissione e le autorità nazionali degli Stati membri; tuttavia pone alcune questioni che investono direttamente il tema dei criteri di valutazione utilizzati dalle autorità competenti. Capitolo 5 L’analisi del quarto capitolo é stata condotta, sebbene in forma più sintetica, con riferimento alle normative antitrust dei principali Stati membri della Comunità Europea (Germania, Gran Bretagna, Spagna, Francia e Italia), rapportando anche queste al criterio di efficienza, ove possibile. Particolare attenzione é stata dedicata ai poteri e alle competenze attribuite alle autorità nazionali antitrust oggetto di studio dall’ordinamento giuridico cui appartengono e al contesto, in termini di sistema giuridico, nel quale esse operano. Capitolo 6 Si é provato ad effettuare una valutazione del livello di efficienza delle autorità prese in esame, la Commissione e le diverse autorità nazionali e ciò con particolare riferimento alla idoneità di queste a svolgere i compiti istituzionali loro affidati (criterio di efficienza dal punto di vista giuridico): affinchè un’autorità si possa ispirare al criterio di efficienza economica nell’adozione delle decisioni, infatti, è preliminarmente necessario che essa sia idonea a svolgere il compito che le è stato affidato dall’ordinamento. In questo senso si é osservata la difficoltà dei paesi di civil law a inquadrare le autorità indipendenti all’interno di un modello, quello appunto di civil law, ispirato a una rigida tripartizione dei poteri. Da qui la difficile collocazione di queste autorità che, al contrario, costituiscono un potere “ibrido” che esercita una funzione di vigilanza e garanzia non attribuibile integralmente né al potere esecutivo né a quello giurisdizionale. Si rileva inoltre una certa sovrapposizione delle competenze e dei poteri tra autorità antitrust e organi ministeriali, in particolare nel campo delle concentrazioni che ingenera un rischio di confusione e bassa efficienza del sistema. Mantenendo, infatti, un parziale controllo politico si rischia, oltre all’introduzione di criteri di valutazione politica che prescindono dagli effetti delle fattispecie concrete sul livello di concorrenza ed efficienza del mercato, anche di dare luogo a conflitti tra le diverse autorità del sistema che impediscano l’adozione e l’implementazione di decisioni definitive, incrementando altresì i costi dell’intervento pubblico. Un giudizio a parte è stato infine formulato con riguardo alla Commissione Europea, istituzione, in quanto avente caratteristiche e poteri peculiari. Da un lato l’assenza di vincolo di mandato dei Commissari e l’elevata preparazione tecnica dei funzionari costituiscono aspetti che avvicinano la Commissione al modello dell’autorità indipendenti, e l’ampiezza dei poteri in capo ad essa le permette di operare efficientemente grazie anche alla possibilità di valersi dell’assistenza delle autorità nazionali. Dall’altra parte, tuttavia la Commissione si caratterizza sempre di più come un organo politico svolgente funzioni esecutive, di indirizzo e di coordinamento che possono influenzare gli obiettivi che essa persegue attraverso l’attività antitrust, deviandola dal rispetto del criterio di efficienza. Capitolo 7 Una volta definito il contesto istituzionale di riferimento e la sua idoneità a svolgere la funzione affidatagli dall’ordinamento comunitario, nonché da quelli nazionali, si è proceduto quindi all’analisi delle decisioni adottate da alcune delle principali autorità nazionali europee competenti ad applicare la disciplina della concorrenza dal punto di vista dell’efficienza. A tal fine le fattispecie rilevanti a fini antitrust dal punto di vista giuridico sono state classificate utilizzando un criterio economico, individuando e definendo quelle condotte che presentano elementi comuni sotto il profilo economico e per ciascuna di esse sono state inquadrate le problematiche rilevanti ai fini dell’efficienza economica sulla scorta dei contributi teorici e delle analisi empiriche svolte dalla letteratura. 6 Con riferimento a ciascuna condotta rilevante ho esaminato il contenuto di alcune delle decisioni antitrust più significative e le ho interpretate in base al criterio di efficienza. verificando se e in quale misura le autorità antitrust prese in esame utilizzano tale criterio, cercando altresì di valutare l’evoluzione dei parametri di valutazione occorsa nel corso degli anni. Le decisioni analizzate sono soprattutto quelle adottate dalla Commissione e le eventuali relative sentenze della Corte di Giustizia Europea; ciò sia per la maggior rilevanza dei casi trattati a livello comunitario, sia in quanto le autorità nazionali, con qualche rara eccezione, si conformano generalmente ai criteri interpretativi della Commissione. Riferimenti a decisioni adottate dalle autorità nazionali sono stati collocati allorquando i loro criteri interpretativi si discostino da quelli utilizzati dagli organi comunitari. Ne è emerso un crescente, anche se ancora sporadico e incostante, ricorso al criterio di efficienza da parte degli organi europei preposti alla tutela della concorrenza. Il tuttora scarso utilizzo del criterio di efficienza nello svolgimento dell’attività antitrust è motivato, a parere di chi scrive, in parte dall’eterogeneità degli obiettivi che l’Unione Europea persegue attraverso la politica della concorrenza comunitaria (completamento del mercato unico, tutela del consumatore, politica industriale, sviluppo delle aree svantaggiate), in parte dall’incapacità (o dall’impossibilità) delle autorità di effettuare coerenti analisi economiche delle singole fattispecie concrete. Anche le principali autorità nazionali mostrano una crescente propensione a tendere conto dell’efficienza nella valutazione dei casi, soprattutto con riferimento agli accordi verticali e alle concentrazioni, sulla scia della prassi comunitaria. Più innovativa nell’applicazione del criterio di efficienza economica così come nella ricerca di uso ottimale delle risorse si è finora dimostrato l’OFT, come vedremo anche nel prossimo capitolo. Al contrario sembra più lenta l’evoluzione in questo senso dell’Ufficio dei Cartelli tedesco sia a causa delle già citate caratteristiche della legge antitrust tedesca, sia a causa del persistente principio ordoliberale della prevalenza del criterio della rule of law sulla rule of reason. Peraltro, anche nei casi in cui le Autorità siano propense ad utilizzare il criterio di efficienza nelle loro valutazioni, esse si limitano generalmente ad un’analisi teorica dell’esistenza di precondizioni che consentano alle imprese in questione di ottenere guadagni di efficienza. La sussistenza di tali pre-condizioni viene infatti rilevata sulla base della capacità potenziale della condotta dell’impresa (o delle imprese) di avere un effetto positivo in termini di efficienza, nonché sulla base delle caratteristiche del mercato rilevante. Raramente, invece, si tiene conto della capacità reale dei soggetti che pongono in essere la pratica suscettibile di essere restrittiva della concorrenza di cogliere effettivamente queste opportunità, ovvero se la struttura e l’organizzazione interna dell’impresa (o delle imprese) non è in grado di mettere in pratica ciò che la teoria suggerisce a causa di sue carenza interne o comunque in ragione delle strategie che persegue. Capitolo 8 Poiché l’approccio ispirato al criterio di efficienza economica non può prescindere dalle caratteristiche del settore e del mercato in cui operano l’impresa o le imprese che hanno posto in essere la condotta sotto esame, e poiché una valutazione approfondita di tutti i settori non era effettuabile per quantità di decisioni adottate dalle autorità, ho infine ritenuto di svolgere un’analisi dettagliata dell’attività delle autorità con riferimento ad uno specifico settore. La scelta è caduta sul settore dei trasporti in quanto esso presenta alcune problematiche che intrecciano l’esigenza di efficienza con la tutela della concorrenza, nonché per la sua importanza ai fini dello sviluppo economico. Tanto più alla luce del fenomeno della crescente apertura dei mercati che ha enfatizzato la triplice funzione dei trasporti di merci, di livellamento nello spazio dei prezzi di produzione, di redistribuzione nello spazio dell’impiego dei fattori della produzione, e soprattutto di sollecitazione al miglioramento delle tecnologie utilizzate nella produzione stessa in quanto contribuiscono alla divisione territoriale del lavoro e alla specializzazione produttiva. A loro volta, d’altra parte, i miglioramenti tecnici e organizzativi intervenuti nel settore negli ultimi trenta anni hanno reso possibile il fenomeno della globalizzazione nella misura in cui lo conosciamo. Così come le riduzioni di costo e di tempo conseguite nel trasporto di persone hanno consentito massicci spostamenti di lavoratori e più in generale di capitale umano da una parte all’altra del globo, e favorito altresì la spettacolare crescita del settore turistico. Ho quindi condotto un’analisi delle decisioni antitrust relative al settore dei trasporti, suddividendo la casistica in base al comparto al quale esse si riferivano, cercando sempre di non perdere di vista i crescenti legami che esistono tra i vari comparti alla luce dell’ormai affermato fenomeno del trasporto multimodale. Dall’analisi svolta emerge innanzitutto come l’assoggettamento del settore dei trasporti alla disciplina di tutela della concorrenza sia un fenomeno relativamente recente rispetto alle altre attività economiche, laddove la ragione di tale ritardo risiede nel fatto che tradizionalmente questo settore era caratterizzato da un intervento pubblico diretto e da una pervasiva regolamentazione, a sua volta giustificata da vari fattori economici: le caratteristiche di monopolio naturale delle infrastrutture; le esigenze di servizio pubblico connesse all’erogazione di molti servizi di trasporto; il ruolo strategico svolto dal trasporto sia di persone che di merci ai fini della crescita economica di un sistema. Si concretizza, inoltre, con riferimento ai trasporti marittimi e aerei, l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che spesso hanno effetti letteralmente globali. Le imprese marittime e aeree coinvolte nelle fattispecie da noi esaminate, infatti, in molti casi predisponevano, direttamente o mediatamente, tramite “alleanze”, collegamenti tra tutte le aree del mondo, individuando nell’Europa solo un nodo di un network ben più ampio Da questa constatazione discende, a parere dello scrivente, l’impossibilità per l’autorità comunitaria e ancor più per quella nazionale di individuare tutti gli effetti in termini di efficienza che la fattispecie concreta può provocare, non includendo pertanto solo quelli evidenti sul mercato comunitario. Conseguentemente una reale applicazione del criterio di efficienza all’attività antitrust nel settore dei trasporti non può prescindere da una collaborazione tra autorità a livello mondiale sia a fini di indagine che a fini di individuazione di alcuni principi fondamentali cui ispirarsi nello svolgimento della loro missione istituzionale. Capitolo 9. Conclusioni L’opera si chiude con l’individuazione delle evidenze e degli elementi emersi dalla trattazione considerati dallo scrivente maggiormente rilevanti nell’ambito dell’attuale dibattito di economia positiva circa le principali problematiche che affiggono l’intervento antitrust con particolare riferimento al suo rispetto del criterio di efficienza. Sono state altresì proposte alcune soluzioni a quelle che sono, a parere dello scrivente, le principali carenze dell’attuale configurazione dell’intervento antitrust a livello europeo, sempre in una prospettiva di efficienza sia delle autorità competenti sia dei mercati in cui le autorità stesse cercano di mantenere o ripristinare condizioni di concorrenza effettiva. Da un lato il modello costituito dalla Commissione Europea, l’autorità antitrust comunitaria, non replicabile né esente da critiche: la Commissione, infatti, rappresenta il Governo dell’Unione Europea e come tale non può ovviamente costituire un esempio di autorità indipendente e neutrale recepibile da parte degli Stati membri. Ciò anche a prescindere dalla questione della sua legittimazione, che in questa sede non affrontiamo. Dall’altro in una prospettiva di efficienza dei mercati la crescente applicazione delle teorie economiche da parte delle autorità esaminate è rimasta a un livello astratto, senza porre la dovuta attenzione alle specificità dei mercati rilevanti né tantomeno alle dinamiche interne alle singole imprese, con particolare riferimento alla loro capacità di rendere effettivi i guadagni di efficienza individuabili a livello potenziale, così come prescrive la più recente teoria economica applicata al diritto antitrust. Sotto il profilo dell’applicazione del criterio di efficienza si può comunque affermare che l’evoluzione che ha avuto la prassi decisionale e la giurisprudenza, comunitaria e degli Stati membri, in materia antitrust è stata caratterizzata dal loro progressivo avvicinamento alle tendenze sviluppatesi nelle agencies e nella giurisprudenza statunitense a partire dagli anni’70, caratterizzate dalla valutazione degli effetti, piuttosto che della forma giuridica, dal riconoscimento del criterio di efficienza e dalla rule of reason quale approccio metodologico. L’effetto è stato quello di determinare una significativa riduzione delle differenze inizialmente emerse tra le due esperienze, nate inizialmente sotto diverse prospettive politiche. Per quanto concerne specificatamente i trasporti sono emersi sotto il profilo economico due aspetti rilevanti, oltre al perdurante ritardo con cui il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario che limita fortemente l’intervento antitrust nel comparto, ma che esula dalla competenza delle stesse autorità antitrust. Il primo consiste nella spesso troppo rigida separazione tra comparti adottata dalle autorità. Il secondo è l’estensivo ricorso all’essential facility doctrine nelle fattispecie riguardanti infrastrutture portuali e aeroportuali: la massimizzazione dell’efficienza dinamica consiglierebbe in questi casi una maggiore cautela, in quanto si tratta di un paradigma che, una volta applicato, disincentiva la duplicazione e l’ampliamento di tali infrastrutture autoalimentandone il carattere di essenzialità. Ciò soprattutto laddove queste infrastrutture possono essere sostituite o duplicate piuttosto facilmente da un punto di vista tecnico (meno da un punto di vista economico e giuridico), essendo esse nodi e non reti. E’stata infine sottolineata l’inadeguatezza della dimensione nazionale e comunitaria delle autorità competenti rispetto a comportamenti di impresa che con riferimento ai trasporti marittimi ed aerei hanno effetti letteralmente globali. E’ di tutta evidenza che le autorità comunitarie e tantomeno quelle nazionali non sono da sole in grado di condurre le analisi quantitative necessarie ad una valutazione di tali condotte ispirata a un criterio di efficienza che tenga conto degli effetti di lungo periodo della fattispecie concreta. Né tali autorità sono sufficientemente neutre rispetto alla nazionalità delle imprese indagate per poter giudicare sulla liceità o meno della condotta in questione senza considerare gli effetti della loro decisione sull’economia interna, rendendo così ancora più improbabile un corretto utilizzo del criterio di efficienza. Da ultimo ho constatato come l’applicazione del concetto di efficienza giuridica imporrebbe di concepire autorità antitrust del tutto nuove, sganciate quanto più possibile dall’elemento territoriale, in grado di elaborare regole e standards minimi comuni e di permettere il controllo dei comportamenti di impresa in un contesto ampliato rispetto al tradizionale mercato unico, nonchè ai singoli mercati nazionali. Il processo di armonizzazione a livello globale è difficile e il quadro che attualmente viene formato è ancora confuso e incompleto. Vi sono tuttavia sparsi segnali attraverso i quali é possibile intravedere i lineamenti di una futura global governance della concorrenza che permetterà, sperabilmente, di incrementare l’efficienza di un sistema, quello antitrust, che tanto più piccolo è l’ambito in cui opera quanto più si sta dimostrando inadeguato a svolgere il compito affidatogli. Solo il futuro, peraltro, ci consentirà di verificare la direzione di sviluppo di questi segnali.

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The thesis concerns, from an economic and institutional point of view, the migration process in connection with development issues, focusing on the Middle East and North Africa region. Adopting a south-south perspective of migration flows, which is focusing on migration from the Maghreb and Mashreq towards the GCC, the research focuses on the linkage between migration and local development (LED), considering the economic implication that temporary migration flows (trough physical and human capital accumulation) have for the labour exporting countries of the region. Since south-south migration flows are both temporary and skilled, the research points out that return migrants from the GCC can have a significant impact for the growth of recipient countries, as they transfer capital through remittances on regular basis and, once back, they can use human capital acquired abroad to promote economic initiatives. Starting from the descriptive analysis on international migration flows (from an historical to a systemic point of view), and focusing on the patterns of people movements in the Gulf Migration System and on the role remittances have in the region as a strategy for both household survival and local development, the research considers the economics of migrant remittances from a micro and macro perspective and the main direct and indirect effects that remittances have on the local communities. The review of the economic literature on international remittances and on local development shows how migration is an alternative strategy of financing local economic development (LED) especially for low-middle income countries (among them the Maghreb countries). The linkage between return migration, remittances, human capital formation and the promotion of local development in the Egyptian case is the focus of the empirical investigation.

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The recent introduction of free form NC machining in the ophthalmic field involved a full review of the former product development process both from the design and the manufacturing viewpoint. Aim of the present work is to investigate and to set up innovative methods and tools supporting the product development, particularly for lenses characterized by free form geometry, as e.g. progressive lenses. In the design stage, the research addressed geometric modeling of complex lens shapes and relevant analysis tools for the optical-geometrical characterization of the produced models. In the manufacturing stage, the main interest was focused on the set-up of the fabrication process, particularly on the NC machining process for which an integration CADCAM software was developed for the generation and the simulation of the machining cycle. The methodologies and tools made available by the present work are currently used in the development of new complex geometry product typologies as, e.g. progressive lenses.

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Background: Several lines of evidence showed that inflammation is associated with changes in the expression of tachykinins both in human and animal models. Tachykinins, including substance P (SP), are small peptides expressed in the extrinsic primary afferent nerve fibres and enteric neurons of the gut: they exert their action through three distinct receptors, termed NK1, NK2 and NK3. SP modulates intestinal motility and enteric secretion, acting preferentially through the NK1 receptor. SP neural network and NK1 receptor expression are increased in patients with inflammatory bowel disease, and similar changes were observed in experimental models of inflammation. The 2,4 Dinitrobenzene Sulphonic Acid (DNBS) model of colitis is useful to study innate immunity, non-specific inflammation and wound healing; it has been suggested that the transmural inflammation seen in this model resembles that found in Crohn’s disease and can therefore be used to study what cells and mediators are involved in this type of inflammation. Aim: To test the possible protective effect of the NK1 receptor antagonist SSR140333 on: 1) acute model of intestinal inflammation; 2) reactivation of DNBS-induced colitis in rats. Methods: Acute colitis was induced in male SD rats by intrarectal administration of DNBS (15 mg/rat in 50% ethanol). Reactivation of colitis was induced by intrarectal injections of DNBS on day 28 (7.5 mg/rat in 35% ethanol). Animals were sacrificed on day 6 (acute colitis) and 29 (reactivation of colitis). SSR140333 (10 mg/kg) was administered orally starting from the day before the induction of colitis for 7 days (acute colitis) or seven days before the reactivation of colitis. Colonic damage was assessed by means of macroscopic and microscopic scores, myeloperoxidase activity (MPO) and TNF-α tissue levels. Enzyme immunoassay was used to measure colonic substance P levels. Statistical analysis was performed using analysis of variance (one-way or two-way, as appropriate) with the Bonferroni’s correction for multiple comparisons. Results: DNBS administration impaired body weight gain and markedly increased all inflammatory parameters (p<0.01). Treatment with SSR140333 10 mg/kg significantly counteracted the impairment in body weight gain, decreased macroscopic and histological scores and reduced colonic myeloperoxidase activity (p<0.01). Drug treatment counteracted TNF-α tissue levels and colonic SP concentrations (acute model). Similar results were obtained administering the NK1 receptor antagonist SSR140333 (3 and 10 mg/kg) for 5 days, starting the day after the induction of colitis. Intrarectal administration of DNBS four weeks after the first DNBS administration resulted in reactivation of colitis, with increases in macroscopic and histological damage scores and increase in MPO activity. Preventive treatment with SSR140333 10 mg/kg decreased macroscopic damage score, significantly reduced microscopic damage score but did not affect MPO activity. Conclusions: Treatment with SSR140333 significantly reduced intestinal damage in acute model of intestinal inflammation in rats. The NK1 receptor antagonist SSR140333 was also able to prevent relapse in experimental colitis. These results support the hypothesis of SP involvement in intestinal inflammation and indicate that NK receptor antagonists may have a therapeutic potential in inflammatory bowel disease.

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A new multi-energy CT for small animals is being developed at the Physics Department of the University of Bologna, Italy. The system makes use of a set of quasi-monochromatic X-ray beams, with energy tunable in a range from 26 KeV to 72 KeV. These beams are produced by Bragg diffraction on a Highly Oriented Pyrolytic Graphite crystal. With quasi-monochromatic sources it is possible to perform multi-energy investigation in a more effective way, as compared with conventional X-ray tubes. Multi-energy techniques allow extracting physical information from the materials, such as effective atomic number, mass-thickness, density, that can be used to distinguish and quantitatively characterize the irradiated tissues. The aim of the system is the investigation and the development of new pre-clinic methods for the early detection of the tumors in small animals. An innovative technique, the Triple-Energy Radiography with Contrast Medium (TER), has been successfully implemented on our system. TER consist in combining a set of three quasi-monochromatic images of an object, in order to obtain a corresponding set of three single-tissue images, which are the mass-thickness map of three reference materials. TER can be applied to the quantitative mass-thickness-map reconstruction of a contrast medium, because it is able to remove completely the signal due to other tissues (i.e. the structural background noise). The technique is very sensitive to the contrast medium and is insensitive to the superposition of different materials. The method is a good candidate to the early detection of the tumor angiogenesis in mice. In this work we describe the tomographic system, with a particular focus on the quasi-monochromatic source. Moreover the TER method is presented with some preliminary results about small animal imaging.