56 resultados para Crittografia, teoria dei numeri, RSA


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Il presente lavoro è dedicato allo studio della geografia immaginaria creata dallo scrittore indiano di lingua inglese R.K. Narayan (1906-2001), allo scopo non solo di indagare la relazione che si stabilisce tra spazio, personaggi e racconto, ma anche di rilevare l’interazione tra il mondo narrativo e le rappresentazioni dominanti dello spazio indiano elaborate nel contesto coloniale e postcoloniale. Dopo un primo capitolo di carattere teorico-metodologico (che interroga le principali riflessioni seguite allo "spatial turn" che ha interessato le scienze umane nel corso del Novecento, i concetti fondamentali formulati nell’ambito della teoria dei "fictional worlds", e i più recenti approcci al rapporto tra spazio e letteratura), la ricerca si articola in due ulteriori sezioni, che si rivolgono ai quattordici romanzi dell’autore attraverso una pratica interpretativa di ispirazione geocritica e “spazializzata”. Nel secondo capitolo, che concerne la dimensione “verticale” che si estende dal cronotopo dei romanzi a quello dell’autore e dei lettori, si procede al rilevamento, all’interno del mondo narrativo, di tre macro-paesaggi, successivamente messi a confronto con le rappresentazioni endogene e esogene dello spazio extratestuale; da questo confronto, la cittadina di Malgudi emerge come proposta autoriale di riorganizzazione sociale e urbana dal carattere innovativo e dallo statuto eterotopico, sia in rapporto alla tradizione letteraria dalla quale origina, sia rispetto alle circostanze ambientali dell’India meridionale in cui essa è finzionalmente collocata. Seguendo una dinamica “orizzontale”, il terzo capitolo esamina infine il rapporto tra lo spazio frazionato di Malgudi, i luoghi praticati dai suoi abitanti e la relazione che questi instaurano con il territorio transfrontaliero e con la figura del forestiero; inoltre, al fine di stabilire la misura in cui la natura dello spazio narrativo influisce sulla forma del racconto, si osservano le coincidenze tra il tema dell’incompiutezza che pervade le vicende dei personaggi e la forma aperta dei finali romanzeschi.

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Il presente lavoro di ricerca si propone di discutere il contributo che l’analisi dell’evoluzione storica del pensiero politico occidentale e non occidentale riveste nel percorso intellettuale compiuto dai fondatori della teoria contemporanea dell’approccio delle capacità, fondata e sistematizzata nei suoi contorni speculativi a partire dagli anni Ottanta dal lavoro congiunto dell’economista indiano Amartya Sen e della filosofa dell’Università di Chicago Martha Nussbaum. Ci si ripropone di dare conto del radicamento filosofico-politico del lavoro intellettuale di Amartya Sen, le cui concezioni economico-politiche non hanno mai rinunciato ad una profonda sensibilità di carattere etico, così come dei principali filoni intorno ai quali si è imbastita la versione nussbaumiana dell’approccio delle capacità a partire dalla sua ascendenza filosofica classica in cui assume una particolare primazia il sistema etico-politico di Aristotele. Il pensiero politico moderno, osservato sotto il prisma della riflessione sulla filosofia della formazione che per Sen e Nussbaum rappresenta la “chiave di volta” per la fioritura delle altre capacità individuali, si organizzerà intorno a tre principali indirizzi teorici: l’emergenza dei diritti positivi e sociali, il dibattito sulla natura della consociazione nell’ambito della dottrina contrattualista e la stessa discussione sui caratteri delle politiche formative. La sensibilità che Sen e Nussbaum mostrano nei confronti dell’evoluzione del pensiero razionalista nel subcontinente che passa attraverso teorici antichi (Kautylia e Ashoka) e moderni (Gandhi e Tagore) segna il tentativo operato dai teorici dell’approccio delle capacità di contrastare concezioni politiche contemporanee fondate sul culturalismo e l’essenzialismo nell’interpretare lo sviluppo delle tradizioni culturali umane (tra esse il multiculturalismo, il comunitarismo, il neorealismo politico e la teoria dei c.d. “valori asiatici”) attraverso la presa di coscienza di un corredo valoriale incentrato intorno al ragionamento rintracciabile (ancorché in maniera sporadica e “parallela”) altresì nelle tradizioni culturali e politiche non occidentali.

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La schizofrenia rappresenta uno dei più grandi enigmi per l’impresa conoscitiva umana: non si conosce la sua eziologia, né le sue basi biologiche e cerebrali. Non è neanche chiaro cosa accada nell’esperienza di chi ne soffre, che sembra vivere in un mondo altro. La scarsa conoscenza dell’esperienza schizofrenica e la distanza tra questa e il senso comune hanno portato molti studiosi a inquadrare questo disturbo come illogico, irrazionale, insensato. Il presente lavoro tenta di confutare tale impostazione, mostrando come il mondo di senso dello schizofrenico si altera, non si disgrega; si trasforma, non si annulla. Il campo di studi all’interno del quale si colloca la ricerca è la semiotica, disciplina che studia i sistemi e i processi di significazione e i modi attraverso cui l’essere umano dà senso al mondo. L’intera indagine è inserita in un quadro interdisciplinare in costante dialogo con la psicopatologia fenomenologica e le scienze cognitive contemporanee, e si sviluppa a partire da numerosi testi autobiografici di pazienti schizofrenici, report psichiatrici, articoli di giornale, film e romanzi sul tema. L’ipotesi su cui si muove il lavoro è che sia possibile comprendere la schizofrenia come un problema costitutivamente semiotico, il cui nucleo è da rintracciarsi in una radicale metamorfosi delle modalità di produrre e interpretare il significato. La scommessa sottesa è che la semiotica possa contribuire in modo sostanziale alla comprensione delle modalità attraverso cui la nostra cultura concettualizza la schizofrenia e dei modi in cui gli schizofrenici danno senso al mondo. Il lavoro indaga, quindi, i legami tra schizofrenia e cultura, la storia del concetto nosografico, e le alterazioni dei processi di significazione nei casi di eloquio disorganizzato, nei racconti autobiografici e nei deliri, cercando anche di fornire strumenti utili alla pratica clinica.

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Con questa ricerca si intende costruire una semiotica specifica che sia in grado di fare luce sui processi di apprendimento della lettoscrittura durante l’età evolutiva. È un campo di ricerca a cui hanno contribuito numerose discipline: la psicologia e le neuroscienze trattano la lettoscrittura come uno stato cognitivo a cui l’essere umano accede nel corso dello sviluppo individuale, mentre l’archeologia cognitiva e la linguistica considerano lo stesso fenomeno dal punto di vista della filogenesi culturale. Queste stesse discipline possono essere distinte in due categorie a seconda dell’adozione di una prospettiva internalista, in cui lettura e scrittura sono rappresentate come attività compiute dal cervello e dai neuroni, o di una prospettiva distribuita, in cui si tratta di studiare l’evoluzione e la presa in carico delle forme materiali della lingua scritta. Gli strumenti di una semiotica interpretativa e cognitiva consentono di mediare e tradurre tra queste prospettive differenti e rendere ragione del modo in cui l’apprendimento di una pratica culturale socialmente regolata e costruita a partire da forme materiali disponibili, produce profonde modificazioni a livello neurofisiologico, nei vincoli di un’architettura cerebrale che - per quanto plastica - pone divieti e passaggi obbligati. Questa ricerca propone un ruolo centrale della produzione segnica e dell’inferenza abduttiva nei processi di apprendimento, nel processo di acquisizione delle competenze fondamentali dell’emergent literacy (la scoperta del fonema e la phonemic awareness) e, conseguentemente, nei processi di riciclaggio ed exaptation che si danno a livello neurofisiologico.

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Siegfried Kracauer (1889-1966) fu di formazione ingegnere-architetto, giornalista. Egli fu un instancabile osservatore critico della superficie della realtà, convinto quale era che solo dall’osservazione dei fenomeni superficiali si potesse davvero intuire la realtà di un’epoca. L’obiettivo della tesi è cercare di cogliere il rapporto tra forma e critica della realtà attraverso saggi, articoli di giornale, recensioni di libri e film, biografie e autobiografie. All’interno di questo lavoro si sono isolate alcune immagini e opere che permettono, a nostro parere, di cogliere il senso della decifrazione della modernità in Kracauer. La luce come figura ambigua della fantasmagoria e della metropoli, il mito e la razionalizzazione capitalistica, la figura di Ginster, personaggio letterario chiaramente autobiografico incaricato di descrivere le tensioni nel passaggio dall’esperienza della prima guerra mondale al mondo moderno dell’improvvisazione e della perdita dei confini e, infine, Jacques Offenbach e l’operetta, incursione storica di Kracauer alla ricerca di una biografia sociale della città di Parigi come archeologia della modernità sviluppando un parallelo tra l’epoca del Secondo Impero di Napoleone III e l’avvento del nazismo. A ognuno di questi momenti è dedicato un capitolo che cerca di sviluppare continuità e discontinuità del pensiero di Kracauer nei confronti delle eredità filosofiche e metodologiche di György Lukács, Georg Simmel, Karl Marx. mL’attenzione è stata rivolta alle testimonianze dei rapporti e dei confronti, talora aspri, con i suoi colleghi e amici a partire da quelli complicati con Benjamin e Adorno che restituiscono un’immagine di un pensatore originale e complesso alla ricerca e, paradossalmente sulla soglia, di una via per pensare l’irruzione della cultura di massa e del potere assoggettante delle immagini.

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Allostery is a phenomenon of fundamental importance in biology, allowing regulation of function and dynamic adaptability of enzymes and proteins. Despite the allosteric effect was first observed more than a century ago allostery remains a biophysical enigma, defined as the “second secret of life”. The challenge is mainly associated to the rather complex nature of the allosteric mechanisms, which manifests itself as the alteration of the biological function of a protein/enzyme (e.g. ligand/substrate binding at the active site) by binding of “other object” (“allos stereos” in Greek) at a site distant (> 1 nanometer) from the active site, namely the effector site. Thus, at the heart of allostery there is signal propagation from the effector to the active site through a dense protein matrix, with a fundamental challenge being represented by the elucidation of the physico-chemical interactions between amino acid residues allowing communicatio n between the two binding sites, i.e. the “allosteric pathways”. Here, we propose a multidisciplinary approach based on a combination of computational chemistry, involving molecular dynamics simulations of protein motions, (bio)physical analysis of allosteric systems, including multiple sequence alignments of known allosteric systems, and mathematical tools based on graph theory and machine learning that can greatly help understanding the complexity of dynamical interactions involved in the different allosteric systems. The project aims at developing robust and fast tools to identify unknown allosteric pathways. The characterization and predictions of such allosteric spots could elucidate and fully exploit the power of allosteric modulation in enzymes and DNA-protein complexes, with great potential applications in enzyme engineering and drug discovery.

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Questa ricerca si concentra sui modi di produzione e ricezione della teatralità nelle pratiche performative contemporanee con finalità estetiche. In particolare, sono indagate quelle pratiche che – all’interno di ecosistemi performátici – impiegano modalità di progettazione dell’azione ricorrendo a strategie e dispositivi di teatralizzazione dell’evento attraverso modelli immersivi co-partecipativi, intervenendo sui meccanismi semiocognitivi di interpretazione dello spettatore. Il concetto di ecosistemi performátici consente di pertinentizzare le differenti formazioni semiotiche che emergono dal continuum performativo della semiosfera, cogliendo i rapporti ecologici ed evolutivi che si instaurano diacronicamente tra le forme teatrali. Sono soprattutto le trasformazioni a essere comprese, restituendo all’analisi semiotica un’immagine delle arti performátiche dinamica e radicata nella cultura e nella società, e delle modalità in cui i meccanismi di base della teatralità prendono forma. Con approccio etnografico ecologico cognitivo, si affronta il tema della corporeità e dei regimi di presenza, introducendo nell’analisi relazionale il concetto di emplacement a integrazione della nozione di embodiment. È elaborato, inoltre, un modello autopoietico dell’enunciazione come atto di mostrazione, sulla metafora della “conversazione”. Nell’ecologia dell’ambiente performático tra attore e spettatore si crea un “campo interattivo”, nel quale si consuma l’enunciazione teatrale. Attraverso casi studio, si illustra come le esperienze immersive co-partecipative scardinano e riconfigurano l’insieme di norme e usi naturalizzati nella tradizione teatrale occidentale del dramma. Si giunge, infine, a concepire la relazione tra frontalità e immersività non in termini di opposizione tra contrari, bensì in rapporto di continuità quale costante del discorso performático soggetta a multiformi gradazioni. Quella tra attore e spettatore è una interazione, un dialogo, che non si gioca sulla relazione frontalità/immersività bensì su quella interattività/non-interattività dalla cui articolazione emergono le differenti e cangianti forme teatrali che popolano e popoleranno gli ecosistemi performátici.

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Our objective in this thesis is to study the pseudo-metric and topological structure of the space of group equivariant non-expansive operators (GENEOs). We introduce the notions of compactification of a perception pair, collectionwise surjectivity, and compactification of a space of GENEOs. We obtain some compactification results for perception pairs and the space of GENEOs. We show that when the data spaces are totally bounded and endow the common domains with metric structures, the perception pairs and every collectionwise surjective space of GENEOs can be embedded isometrically into the compact ones through compatible embeddings. An important part of the study of topology of the space of GENEOs is to populate it in a rich manner. We introduce the notion of a generalized permutant and show that this concept too, like that of a permutant, is useful in defining new GENEOs. We define the analogues of some of the aforementioned concepts in a graph theoretic setting, enabling us to use the power of the theory of GENEOs for the study of graphs in an efficient way. We define the notions of a graph perception pair, graph permutant, and a graph GENEO. We develop two models for the theory of graph GENEOs. The first model addresses the case of graphs having weights assigned to their vertices, while the second one addresses weighted on the edges. We prove some new results in the proposed theory of graph GENEOs and exhibit the power of our models by describing their applications to the structural study of simple graphs. We introduce the concept of a graph permutant and show that this concept can be used to define new graph GENEOs between distinct graph perception pairs, thereby enabling us to populate the space of graph GENEOs in a rich manner and shed more light on its structure.

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In the literature on philosophical practices, despite the crucial role that argumentation plays in these activities, no specific argumentative theories have ever been proposed to assist the figure of the facilitator in conducting philosophical dialogue and to enhance student’s critical thinking skills. The dissertation starts from a cognitive perspective that challenges the classic Cartesian notion of rationality by focusing on limits and biases of human reasoning. An argumentative model (WRAT – Weak Reasoning Argumentative Theory) is then outlined in order to respond to the needs of philosophical dialogue. After justifying the claim that this learning activity, among other inductive methodologies, is the most suitable for critical thinking education, I inquired into the specific goal of ‘arguing’ within this context by means of the tools provided by Speech Act Theory: the speaker’s intention is to construct new knowledge by questioning her own and other’s beliefs. The model proposed has been theorized on this assumption, starting from which the goals, and, in turn, the related norms, have been pinpointed. In order to include all the epistemic attitudes required to accomplish the complex task of arguing in philosophical dialogue, I needed to integrate two opposed cognitive accounts, Dual Process Theory and Evolutionary Approach, that, although they provide incompatible descriptions of reasoning, can be integrated to provide a normative account of argumentation. The model, apart from offering a theoretical contribution to argumentation studies, is designed to be applied to the Italian educational system, in particular to classes in technical and professional high schools belonging to the newly created network Inventio. This initiative is one of the outcomes of the research project by the same name, which also includes an original Syllabus, research seminars, a monitoring action and publications focused on introducing philosophy, in the form of workshop activities, into technical and professional schools.

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Through this research I have tried to demonstrate how the evolution of the newest marketing strategies - that work towards engaging relationships with consumers, thus building an emotional connection between the brand and the user- can be considered as a response to the evolution of young audiences and consumers. More specifically, I have analized product placement as a cultural and social phenomena above all, and not only as an economical one, thus demonstrating all the social and cultural practices that this tool implies. The approach I have chosen to do so, is historical-analytical, particularly focusing on the evolution of the society and of the consumer, especially for what teenagers (both as audiences and as consumers) are concerned.

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Il Soprintendente Alfredo Barbacci fu uomo di poliedrica formazione, perito nell’uso di metodiche innovative di restauro ed esperto delle tecniche di ricomposizione delle forme architettoniche dei complessi monumentali, danneggiati dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale. Quel che, questo studio ha inteso indagare e comprendere, attraverso un approccio critico, sostanziato dalle carte d’archivio, è fondamentalmente il contributo, da egli ha offerto circa la valenza storica e architettonica del tessuto connettivo di base della città, da cui si originava - negli anni della sua attività - l’idea ancora inedita di un bene culturale e sociale nuovo: il centro storico tutto, con annessi monumenti, complessi architettonici nobili ed edilizia minore, di base. Dando avvio all’analisi sistematica delle teorie e della prassi di Alfredo Barbacci e alla lettura puntuale dei suoi scritti, sono stati razionalizzati il significato, le valenze e le implicazioni del termine edilizia minore all’interno del più ampio contesto del restauro dell’edilizia monumentale e alla luce degli elementi di tendenza, portati all’attenzione dal dibattito delle diverse scuole di pensiero sul restauro, a partire dai primi anni del sec. XX fino agli anni Settanta dello scorso secolo. Concretamente vi si evidenziano interessanti intuizioni e dichiarazioni, afferenti la necessità di un restauro del tipo integrato, da intendersi come strumento privilegiato di intervento sul tessuto nobile e meno nobile della città antica. Al termine della sua carriera, il contributo del Soprintendente Barbacci al dibattito scientifico si documenta da sé, nella compilazione a sua firma di quella parte della Relazione Franceschini, in cui si dava proposta di un corpo normativo alla necessità di guardare alla città storica come a un bene culturale e sociale, insistendo come al suo interno era d’uopo mantenere, nel corso di interventi restaurativi, un razionale equilibrio tra monumento ed edilizia minore già storicizzata e che non escludesse anche l’apparato paesaggistico di contorno.

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La ricerca si pone l’obiettivo di analizzare strumenti e metodi per l’applicazione dell’H-BIM comprendendone le criticità e fornendo soluzioni utili in questo campo. Al contempo la finalità non è circoscrivibile alla semplice produzione di modelli 3D semanticamente strutturati e parametrici a partire da una nuvola di punti ottenuta con un rilievo digitale, ma si propone di definire i criteri e le metodiche di applicazione delle H-BIM all’interno dell’intero processo. L’impostazione metodologica scelta prevede un processo che parte dalla conoscenza dello stato dell’arte in tema di H-BIM con lo studio dell’attuale normativa in materia e i casi studio di maggior rilevanza. Si è condotta una revisione critica completa della letteratura in merito alla tecnologia BIM e H-BIM, analizzando esperienze di utilizzo della tecnologia BIM nel settore edile globale. Inoltre, al fine di promuovere soluzioni intelligenti all’interno del Facility Management è stato necessario analizzare le criticità presenti nelle procedure, rivedere i processi e i metodi per raccogliere e gestire i dati, nonché individuare le procedure adeguate per garantire il successo dell’implementazione. Sono state evidenziate le potenzialità procedurali e operative legate all’uso sistematico delle innovazioni digitali nell’ottica del Facility Management, oltre che allo studio degli strumenti di acquisizione ed elaborazione dei dati e di post-produzione. Si è proceduto al testing su casi specifici per l’analisi della fase di Scan-to-BIM, differenziati per tipologia di utilizzo, data di costruzione, proprietà e localizzazione. Il percorso seguito ha permesso di porre in luce il significato e le implicazioni dell’utilizzo del BIM nell’ambito del Facility Management, sulla base di una differenziazione delle applicazioni del modello BIM al variare delle condizioni in essere. Infine, sono state definite le conclusioni e formulate raccomandazioni riguardo al futuro utilizzo della tecnologia H-BIM nel settore delle costruzioni. In particolare, definendo l’emergente frontiera del Digital Twin, quale veicolo necessario nel futuro della Costruzione 4.0.

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L’elaborato svolge in 4 capitoli un percorso di analisi multidisciplinare volto a fondare teoricamente e a sviluppare operativamente la costituzione di una associazione di co-sviluppo italotunisina. Nel primo capitolo viene approfondita, sotto il profilo della teoria economica, la relazione fra emigrazione e sviluppo, prendendo in esame le recenti teorie sull’argomento e indirizzando l’interesse verso il ruolo dei network di migranti come elemento di continuità socio-economica e di interazione fra il paese di origine e il paese ospitante. Nel secondo capitolo il network viene approfondito sotto gli aspetti connessi alla sua natura di intermediario sociale, politico ed economico, soprattutto in presenza di migrazione di ritorno. Il terzo capitolo si concentra sulle associazioni degli immigrati e non solo Hometown Associations quali strumenti elaborati all’interno dei network di migranti per mettere in pratica le loro capacità di agente economico e di attore sociale nel processo di co-sviluppo dei paesi di provenienza e di destinazione. Infine, nel quarto capitolo viene descritto l’iter istituzionale previsto per la costituzione di una specifica associazione (El-Hiwar Atiir, Associazione Tunisina per l’Integrazione e l’Investimento di Ritorno) e le caratteristiche della medesima. Il lavoro di tesi, coordinato e sviluppato, pur approfondendo tematiche e modelli economici si muove anche su altri piani (sociale e istituzionale), mostrando la molteplicità delle sfaccettature del problema. Inoltre riesce a radicare in campo teorico uno strumento operativo molto interessante per la gestione economica e politica del fenomeno migratorio, mostrando come la cooperazione allo sviluppo, oltre che tema di modellazione economica e di dichiarazioni di principio nei documenti ufficiali, possa divenire processo operativo attraverso strumenti giuridici consolidati.

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Il tema della Logistica Urbana è un argomento complesso che coinvolge diverse discipline. Infatti, non è possibile affrontare la distribuzione delle merci da un solo punto di vista. Da un lato, infatti, manifesta l’esigenza della città e della società in generale di migliorare la qualità della vita anche attraverso azioni di contenimento del traffico, dell’inquinamento e degli sprechi energetici. A questo riguardo, è utile ricordare che il trasporto merci su gomma costituisce uno dei maggiori fattori di impatto su ambiente, sicurezza stradale e congestione della viabilità urbana. Dall’altro lato vi sono le esigenze di sviluppo economico e di crescita del territorio dalle quali non è possibile prescindere. In questa chiave, le applicazioni inerenti la logistica urbana si rivolgono alla ricerca di soluzioni bilanciate che possano arrecare benefici sociali ed economici al territorio anche attraverso progetti concertati tra i diversi attori coinvolti. Alla base di tali proposte di pratiche e progetti, si pone il concetto di esternalità inteso come l’insieme dei costi esterni sostenuti dalla società imputabili al trasporto, in particolare al trasporto merci su gomma. La valutazione di questi costi, che rappresentano spesso una misurazione qualitativa, è un argomento delicato in quanto, come è facile immaginare, non può essere frutto di misure dirette, ma deve essere dedotto attraverso meccanismi inferenziali. Tuttavia una corretta definizione delle esternalità definisce un importante punto di partenza per qualsiasi approccio al problema della Logistica Urbana. Tra gli altri fattori determinanti che sono stati esplorati con maggiore dettaglio nel testo integrale della tesi, va qui accennata l’importanza assunta dal cosiddetto Supply Chain Management nell’attuale assetto organizzativo industriale. Da esso dipendono approvvigionamenti di materie prime e consegne dei prodotti finiti, ma non solo. Il sistema stesso della distribuzione fa oggi parte di quei servizi che si integrano con la qualità del prodotto e dell’immagine della Azienda. L’importanza di questo settore è accentuata dal fatto che le evoluzioni del commercio e l’appiattimento dei differenziali tra i sistemi di produzione hanno portato agli estremi la competizione. In questa ottica, minimi vantaggi in termini di servizio e di qualità si traducono in enormi vantaggi in termini di competitività e di acquisizione di mercato. A questo si aggiunge una nuova logica di taglio dei costi che porta a ridurre le giacenze di magazzino accorciando la pipeline di produzione ai minimi termini in tutte le fasi di filiera. Naturalmente questo si traduce, al punto vendita in una quasi totale assenza di magazzino. Tecnicamente, il nuovo modello di approvvigionamento viene chiamato just-in-time. La ricerca che è stata sviluppata in questi tre anni di Dottorato, sotto la supervisione del Prof. Piero Secondini, ha portato ad un approfondimento di questi aspetti in una chiave di lettura ad ampio spettro. La ricerca si è quindi articolata in 5 fasi: 1. Ricognizione della letteratura italiana e straniera in materia di logistica e di logistica urbana; 2. Studio delle pratiche nazionali ed europee 3. Analisi delle esperienze realizzate e delle problematiche operative legate ai progetti sostenuti dalla Regione Emilia Romagna 4. Il caso di studio di Reggio Emilia e redazione di più proposte progettuali 5. Valutazione dei risultati e conclusioni Come prima cosa si è quindi studiata la letteratura in materia di Logistica Urbana a livello nazionale. Data la relativamente recente datazione dei primi approcci nazionali ed europei al problema, non erano presenti molti testi in lingua italiana. Per contro, la letteratura straniera si riferisce generalmente a sistemi urbani di dimensione e configurazione non confrontabili con le realtà nazionali. Ad esempio, una delle nazioni che hanno affrontato per prime tale tematica e sviluppato un certo numero di soluzioni è stata il Giappone. Naturalmente, città come Tokyo e Kyoto sono notevolmente diverse dalle città europee ed hanno necessità ed esigenze assai diverse. Pertanto, soluzioni tecnologiche e organizzative applicate in questi contesti sono per la maggior parte inattuabili nei contesti del vecchio continente. Le fonti che hanno costituito maggiore riferimento per lo sviluppo del costrutto teorico della tesi, quindi, sono state i saggi che la Regione Emilia Romagna ha prodotto in occasione dello sviluppo del progetto City Ports di cui la Regione stessa era coordinatore di numerosi partners nazionali ed europei. In ragione di questo progetto di ricerca internazionale, l’Emilia Romagna ha incluso il trattamento della logistica delle merci negli “Accordi di Programma per il miglioramento della qualità dell’aria” con le province ed i capoluoghi. In Questo modo si è posta l’attenzione sulla sensibilizzazione delle Pubbliche Amministrazioni locali verso la mobilità sostenibile anche nell’ambito di distribuzione urbana delle merci. Si noti infatti che l’impatto sulle esternalità dei veicoli leggeri per il trasporto merci, quelli cioè che si occupano del cosiddetto “ultimo miglio” sono di due ordini di grandezza superiori rispetto a quelli dei veicoli passeggeri. Nella seconda fase, la partecipazione a convegni di ambito regionale e nazionale ha permesso di arricchire le conoscenze delle best-practice attuate in Italia per lo sviluppo di strumenti finalizzati ad condividere i costi esterni della mobilità delle merci con gli operatori logistici. In questi contesti è stato possibile verificare la disponibilità di tre linee di azione sulle quali, all’interno del testo della tesi si farà riferimento molto spesso: - linea tecnologica; - linea amministrativa; - linea economico/finanziaria. Nel discutere di questa tematica, all’interno di questi contesti misti in cui partecipavano esponenti della cultura accademica, delle pubbliche amministrazioni e degli operatori, ci si è potuti confrontare con la complessità che il tema assume. La terza fase ha costituito la preparazione fondamentale allo studio del caso di studio. Come detto sopra, la Regione Emilia Romagna, all’interno degli Accordi di Programma con le Province, ha deliberato lo stanziamento di co-finanziamenti per lo sviluppo di progetti, integrati con le pratiche della mobilità, inerenti la distribuzione delle merci in città. Inizialmente, per tutti i capoluoghi di provincia, la misura 5.2 degli A.d.P. prevedeva la costruzione di un Centro di Distribuzione Urbana e l’individuazione di un gestore dei servizi resi dallo stesso. Successive considerazioni hanno poi portato a modifiche della misura lasciando una maggiore elasticità alle amministrazioni locali. Tramite una esperienza di ricerca parallela e compatibile con quella del Dottorato finanziata da un assegno di ricerca sostenuto dall’Azienda Consorziale Trasporti di Reggio Emilia, si è potuto partecipare a riunioni e seminari presentati dalla Regione Emilia Romagna in cui si è potuto prendere conoscenza delle proposte progettuali di tutte le province. L’esperienza di Reggio Emilia costituisce il caso di studio della tesi di Dottorato. Le molteplici problematiche che si sono affrontate si sono protratte per tempi lunghi che hanno visto anche modifiche consistenti nell’assetto della giunta e del consiglio comunali. Il fatto ha evidenziato l’ennesimo aspetto problematico legato al mantenimento del patrimonio conoscitivo acquisito, delle metodiche adottate e di mantenimento della coerenza dell’impostazione – in termini di finalità ed obiettivi – da parte dell’Amministrazione Pubblica. Essendo numerosi gli attori coinvolti, in un progetto di logistica urbana è determinante per la realizzazione e la riuscita del progetto che ogni fattore sia allineato e ben informato dell’evoluzione del progetto. In termini di programmazione economica e di pianificazione degli interventi, inoltre, la pubblica amministrazione deve essere estremamente coordinata internamente. Naturalmente, questi sono fattori determinanti per ogni progetto che riguarda le trasformazioni urbane e lo sviluppo delle città. In particolare, i diversi settori (assessorati) coinvolti su questa tematica, fanno o possno fare entrare in situazioni critiche e rischiose la solidità politica dello schieramento di maggioranza. Basti pensare che la distribuzione delle merci in città coinvolge gli assessorati della mobilità, del commercio, del centro storico, dell’ambiente, delle attività produttive. In funzione poi delle filiere che si ritiene di coinvolgere, anche la salute e la sicurezza posso partecipare al tavolo in quanto coinvolte rispettivamente nella distribuzione delle categorie merceologiche dei farmaci e nella security dei valori e della safety dei trasporti. L’esperienza di Reggio Emilia è stata una opportunità preziosissima da molteplici punti di vista. Innanzitutto ha dato modo di affrontare in termini pratici il problema, di constatare le difficoltà obiettive, ad esempio nella concertazione tra gli attori coinvolti, di verificare gli aspetti convergenti su questo tema. Non ultimo in termini di importanza, la relazione tra la sostenibilità economica del progetto in relazione alle esigenze degli operatori commerciali e produttivi che ne configurano gli spazi di azione. Le conclusioni del lavoro sono molteplici. Da quelle già accennate relative alla individuazione delle criticità e dei rischi a quelle dei punti di forza delle diverse soluzioni. Si sono affrontate, all’interno del testo, le problematiche più evidenti cercando di darne una lettura costruttiva. Si sono evidenziate anche le situazioni da evitare nel percorso di concertazione e si è proposto, in tal proposito, un assetto organizzativo efficiente. Si è presentato inoltre un modello di costruzione del progetto sulla base anche di una valutazione economica dei risultati per quanto riguarda il Business Plan del gestore in rapporto con gli investimenti della P.A.. Si sono descritti diversi modelli di ordinanza comunale per la regolamentazione della circolazione dei mezzi leggeri per la distribuzione delle merci in centro storico con una valutazione comparativa di meriti ed impatti negativi delle stesse. Sono inoltre state valutate alcune combinazioni di rapporto tra il risparmio in termini di costi esterni ed i possibili interventi economico finanziario. Infine si è analizzato il metodo City Ports evidenziando punti di forza e di debolezza emersi nelle esperienze applicative studiate.