398 resultados para diffusione anelastica, Compton, apparato sperimentale


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Premesse: Gli eventi ischemici (EI) e le emorragie cerebrali (EIC) sono le più temute complicanze della fibrillazione atriale (FA) e della profilassi antitrombotica. Metodi: in 6 mesi sono stati valutati prospetticamente i pazienti ammessi in uno dei PS dell’area di Bologna con FA associata ad EI (ictus o embolia periferica) o ad EIC. Risultati: sono stati arruolati 178 pazienti (60 maschi, età mediana 85 anni) con EI. Il trattamento antitrombotico in corso era: a) antagonisti della vitamina K (AVK) in 31 (17.4%), INR all’ingresso: <2 in 16, in range (2.0-3.0) in 13, >3 in 2; b) aspirina (ASA) in 107 (60.1%); c) nessun trattamento in 40 (22.5%), soprattutto in FA di nuova insorgenza. Nei 20 pazienti (8 maschi; età mediana 82) con EIC il trattamento era: a)AVK in 13 (65%), INR in range in 11 pazienti, > 3 in 2, b) ASA in 6 (30%). La maggior parte degli EI (88%) ed EIC (95%) si sono verificati in pazienti con età > 70 anni. Abbiamo valutato l’incidenza annuale di eventi nei soggetti con età > 70 anni seguiti neo centri della terapia anticoagulante (TAO) e nei soggetti con FA stimata non seguiti nei centri TAO. L’incidenza annuale di EI è risultata 12% (95%CI 10.7-13.3) nei pazienti non seguiti nei centri TAO, 0.57% (95% CI 0.42-0.76) nei pazienti dei centri TAO ( RRA 11.4%, RRR 95%, p<0.0001). Per le EIC l’incidenza annuale è risultata 0.63% (95% CI 0.34-1.04) e 0.30% (95% CI 0.19-0.44) nei due gruppi ( RRA di 0.33%/anno, RRR del 52%/anno, p=0.040). Conclusioni: gli EI si sono verificati soprattutto in pazienti anziani in trattamento con ASA o senza trattamento. La metà dei pazienti in AVK avevano un INR sub terapeutico. L’approccio terapeutico negli anziani con FA deve prevedere un’ adeguata gestione della profilassi antitrombotica.

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L’elaborato ha ad oggetto lo studio della conciliazione e dell’arbitrato con riferimento alle controversie individuali di lavoro privato e pubblico. Vengono trattati i diversi profili che caratterizzano gli strumenti di risoluzione delle liti alternativi al processo, al fine di comprenderne la disciplina e l’effettiva portata, e di evidenziarne le criticità. L’elaborato si occupa, in primo luogo, di ricostruire il percorso di sviluppo della disciplina legislativa dei due istituti, partendo dalla configurazione del quadro della sua evoluzione storica e affrontando, poi, approfonditamente le più recenti tappe di tale evoluzione. Nella ricostruzione della disciplina della conciliazione e dell’arbitrato viene dato conto dell’assetto delle fonti, legislativa e contrattuale, definendone i rispettivi ruoli e competenze in materia: la tesi si sofferma quindi sul ruolo che il legislatore attribuisce all’autonomia collettiva e sulle modalità con le quali questo ruolo viene concretamente esercitato in sede di contrattazione. Successivamente, viene compiuta una valutazione delle conciliazioni e dell’arbitrato diretta a comprenderne l’efficacia e l’effettività. L’analisi pone in rilievo taluni elementi che sono ritenuti indispensabili per lo sviluppo delle predette caratteristiche e, quindi, per l’opzione e per la fiducia delle parti verso gli strumenti di composizione stragiudiziale delle liti. L’attenzione viene poi focalizzata sui regimi di impugnazione dei provvedimenti con cui si concludono le procedure stragiudiziali, sulla base della riflessione per la quale la diffusione di uno strumento di composizione delle controversie postula necessariamente un certo grado di stabilità degli atti che esso genera. L’ultima parte dell’elaborato è dedicata alla disamina delle ipotesi applicative di successo nell’esperienza italiana di Alternative Dispute Resolution, ossia il tentativo obbligatorio di conciliazione nei licenziamenti economici introdotto dalla Riforma Fornero, la conciliazione monocratica e l’arbitrato per l’impugnazione delle sanzioni disciplinari, anche con l’intento di comprendere quali caratteristiche ne abbiano favorito la diffusione, in rapporto alle altre tipologie di conciliazione e arbitrato di lavoro.

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La presente trattazione analizza le novità normative apportate dalle recenti direttive europee sui servizi di pagamento e sulla moneta elettronica (rispettivamente la direttiva 2007/64/CE, c.c. Payment Services Directive o PSD, e la direttiva 2009/110/CE, detta Electronic Money Directive 2 o EMD2). Al fine di incrementare la competitività dei servizi di pagamento, sono stati introdotti nuovi prestatori di servizi di pagamento, non bancari, gli Istituti di Pagamento (IP) e gli Istituti di Moneta Elettronica (IMEL), a cui è stata attribuita la possibilità di far ricorso al contratto di conto di pagamento per la gestione dei servizi di pagamento con possibilità di finanziamento agli utenti. La prima parte della presente trattazione è dedicata alla configurazione giuridica dei nuovi prestatori di servizi di pagamento, influenzante la diffusione dei pagamenti digitali e della moneta elettronica. La seconda parte è rivolta alla ricostruzione giuridica del conto di pagamento, contratto – tipo per la gestione in conto dei servizi di pagamento, ed all’analisi delle modalità di erogazione dei finanziamenti agli utenti. Le direttive predette hanno inoltre attribuito ad IP ed IMEL la facoltà di emettere le carte di pagamento a spendibilità generalizzata, ossia carte di debito e carte di credito. In quanto abilitati all’emissione di moneta elettronica, gli IMEL possono inoltre emettere i c.d. borsellini di moneta elettronica, cioè i dispositivi di memorizzazione e di movimentazione della moneta elettronica. Nella terza parte della trattazione vengono, pertanto, presi in analisi la natura di tali strumenti di pagamento e le differenze intercorrenti rispetto agli affini strumenti bancari. In particolare, ampio spazio è dedicato alla ricostruzione giuridica dei borsellini di moneta elettronica, la cui diffusione tra gli utenti potrebbe avere l’effetto di favorire la progressiva digitalizzazione dei pagamenti e la realizzazione della cashless society.

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La prova informatica richiede l’adozione di precauzioni come in un qualsiasi altro accertamento scientifico. Si fornisce una panoramica sugli aspetti metodologici e applicativi dell’informatica forense alla luce del recente standard ISO/IEC 27037:2012 in tema di trattamento del reperto informatico nelle fasi di identificazione, raccolta, acquisizione e conservazione del dato digitale. Tali metodologie si attengono scrupolosamente alle esigenze di integrità e autenticità richieste dalle norme in materia di informatica forense, in particolare della Legge 48/2008 di ratifica della Convenzione di Budapest sul Cybercrime. In merito al reato di pedopornografia si offre una rassegna della normativa comunitaria e nazionale, ponendo l’enfasi sugli aspetti rilevanti ai fini dell’analisi forense. Rilevato che il file sharing su reti peer-to-peer è il canale sul quale maggiormente si concentra lo scambio di materiale illecito, si fornisce una panoramica dei protocolli e dei sistemi maggiormente diffusi, ponendo enfasi sulla rete eDonkey e il software eMule che trovano ampia diffusione tra gli utenti italiani. Si accenna alle problematiche che si incontrano nelle attività di indagine e di repressione del fenomeno, di competenza delle forze di polizia, per poi concentrarsi e fornire il contributo rilevante in tema di analisi forensi di sistemi informatici sequestrati a soggetti indagati (o imputati) di reato di pedopornografia: la progettazione e l’implementazione di eMuleForensic consente di svolgere in maniera estremamente precisa e rapida le operazioni di analisi degli eventi che si verificano utilizzando il software di file sharing eMule; il software è disponibile sia in rete all’url http://www.emuleforensic.com, sia come tool all’interno della distribuzione forense DEFT. Infine si fornisce una proposta di protocollo operativo per l’analisi forense di sistemi informatici coinvolti in indagini forensi di pedopornografia.

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Fluxus è stato definito il più radicale e sperimentale movimento artistico degli anni Sessanta. Dalla prima comparsa ad oggi è stato osannato, analizzato, dimenticato e riscoperto molte volte, tuttora però rimane una delle più grandi incognite critiche della storia dell’arte del Novecento. La ricerca si sviluppa secondo uno schema tripartito: indagare origini, ascendenze e ispirazioni; collocare e contestualizzare il periodo di nascita e sviluppo; esaminare influenze e lasciti. Attraverso un confronto di manifesti, scritti autografi e opere si è cercato di verificare punti di contatto e di continuità tra Fluxus e le Avanguardie Storiche, con particolare riferimento a Futurismo e Dadaismo. Successivamente si è cercato di ricostruire le dinamiche che hanno portato, alla fine degli anni Cinquanta, al definirsi di un terreno fertile dal quale sono germinate esperienze strettamente legate quali Happening, Performance Art e lo stesso Fluxus, del quale si sono ripercorsi i cosiddetti “anni eroici” per evidenziarne le caratteristiche salienti. Nella terza sezione sono state individuate diverse ipotesi di continuazione dell’attitudine Fluxus, dal percorso storico-filologico dei precoci tentativi di musealizzazione, alle eredità dirette e indirette sulle generazioni successive di artisti, fino alla individuazione di idee e concetti la cui attualità rende Fluxus un elemento imprescindibile per la comprensione della cultura contemporanea.

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Introduction: Open fractures of the leg represent a severe trauma. The combined approach, shared between plastic and orthopaedic surgeons, is considered to be important, although this multidisciplinary treatment is not routinely performed. Aim of this study was to verify whether the orthoplastic treatment is of any advantage over the traditional simply orthopedic treatment, through a multicentric inclusion of these unfrequent injuries into a prospective study. Material and methods: The following trauma centres were involved: Rizzoli Orthopaedic Institute/University of Bologna (leading centre) and Maggiore Hospital (Bologna, Italy), Frenchay Hospital (Bristol, United Kingdom), Jinnah Hospital (Lahore, Pakistan). All patients consecutively hospitalized in the mentioned centres between January 2012 and December 2013 due to tibial open fractures were included in the study and prospectively followed up to December 2014. Demographics and other clinical features were recorded, including the type of treatment (orthopaedic or orthoplastic). The considered outcome measures included duration of hospitalization, time for bone union and soft tissue closure, Enneking score at 3, 6 and 12 months, the incidence of osteomyelitis and other complications. Results: A total of 164 patients were included in the study. Out of them 68% were treated with an orthoplastic approach, whereas 32% received a purely orthopedic treatment. All considered outcome measures showed to be improved by the orthoplastic approach, compared to the orthopaedic one: time for soft tissue closure (2 versus 25 weeks), duration of hospital stay (22 versus 55 days), time for bone union (6 versus 8.5 months) , number of additional operations (0.6 versus 1.2) and functional recovery of the limb at 12 months (27 versus 19, Enneking’s score). All results were statistically significant. Conclusion: The combined orthoplastic approach to the treatment of open tibia fractures, in particular for high grade injuries (Gustilo 3B), is proven to improve the outcome of these severe injuries.

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L’accoppiamento articolare in ceramica è sempre più utilizzato in chirurgia protesica dell’anca per le sue eccellenti proprietà tribologiche. Tuttavia la fragilità della ceramica è causa di fallimenti meccanici. Abbiamo quindi condotto una serie di studi al fine di individuare un metodo efficace di diagnosi precoce del fallimento della ceramica. Abbiamo analizzato delle componenti ceramiche espiantate e abbiamo trovato un pattern di usura pre-frattura che faceva supporre una dispersione di particelle di ceramica nello spazio articolare. Per la diagnosi precoce abbiamo validato una metodica basata sulla microanalisi del liquido sinoviale. Per validare la metodica abbiamo eseguito un agoaspirato in 12 protesi ben funzionanti (bianchi) e confrontato i risultati di 39 protesi con segni di rottura con quelli di 7 senza segni di rottura. Per individuare i pazienti a rischio rottura i dati demografici di 26 pazienti con ceramica rotta sono stati confrontati con 49 controlli comparabili in termini demografici, tipo di ceramica e tipo di protesi. Infine è stata condotta una revisione sistematica della letteratura sulla diagnosi della rottura della ceramica. Nell’aspirato la presenza di almeno 11 particelle ceramiche di dimensioni inferiori a 3 micron o di una maggiore di 3 micron per ogni campo di osservazione sono segno di rottura della ceramica. La metodica con agoaspirato ha 100% di sensibilità e 88 % di specificità nel predire rotture della ceramica. Nel gruppo delle ceramiche rotte è stato trovato un maggior numero di malposizionamenti della protesi rispetto ai controlli (p=0,001). Il rumore in protesi con ceramica dovrebbe sollevare il sospetto di fallimento ed indurre ad eseguire una TC e un agoaspirato. Dal confronto con la letteratura la nostra metodica risulta essere la più efficace.

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Il rachide è stato suddiviso in tre colonne da Denis: anteriore e centrale comprendono la metà anteriore del corpo vertebrale, la metà posteriore e l’inizio dei peduncoli, mentre la colonna posteriore comprende l’arco e i peduncoli stessi. In caso di resezione o lesione della colonna anteriore e media è indicata la ricostruzione. Diverse tecniche e materiali possono essere usati per ricostruire il corpo vertebrale. Innesti vascolarizzati, autograft, allograft sono stati usati, così come impianti sintetici di titanio o materiale plastico come il PEEK (Poly etere etere ketone). Tutti questi materiali hanno vantaggi e svantaggi in termini di proprietà intrinseche, resistenza meccanica, modulo di elasticità, possibilità di trasmissione malattie, capacità di fondersi con l’osso ospite o meno. Le soluzioni più usate sono le cage in titanio o carbonio, il PMMA ( Poli methil metacrilato), gli innesti ossei massivi. Si è effettuato uno studio di coorte retrospettivo paragonando due gruppi di pazienti oncologici spinali trattati da due chirurghi esperti in un centro di riferimento, con vertebrectomia e ricostruzione della colonna anteriore: un gruppo con cage in carbonio o titanio, l’altro gruppo con allograft massivo armato di innesto autoplastico o mesh in titanio. Si sono confrontati i risultati in termini di cifosi segmenterai evolutiva, fusione ossea e qualità di vita del paziente. Il gruppo delle cage in carbonio / titanio ha avuto risultati leggermente migliori dal punto di vista biomeccanico ma non statisticamente significativo, mentre dal punto di vista della qualità di vita i risultati sono stati migliori nel gruppo allograft. Non ci sono stati fallimenti meccanici della colonna anteriore in entrambi i gruppi, con un Fu tra 12 e 60 mesi. Si sono paragonati anche i costi delle due tecniche. In conclusione l’allogar è una tecnica sicura ed efficace, con proprietà meccaniche solide, soprattutto se armato con autograft o mesi in titanio.

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In recent decades, Organic Thin Film Transistors (OTFTs) have attracted lots of interest due to their low cost, large area and flexible properties which have brought them to be considered the building blocks of the future organic electronics. Experimentally, devices based on the same organic material deposited in different ways, i.e. by varying the deposition rate of the molecules, show different electrical performance. As predicted theoretically, this is due to the speed and rate by which charge carriers can be transported by hopping in organic thin films, transport that depends on the molecular arrangement of the molecules. This strongly suggests a correlation between the morphology of the organic semiconductor and the performance of the OTFT and hence motivated us to carry out an in-situ real time SPM study of organic semiconductor growth as an almost unprecedent experiment with the aim to fully describe the morphological evolution of the ultra-thin film and find the relevant morphological parameters affecting the OTFT electrical response. For the case of 6T on silicon oxide, we have shown that the growth mechanism is 2D+3D, with a roughening transition at the third layer and a rapid roughening. Relevant morphological parameters have been extracted by the AFM images. We also developed an original mathematical model to estimate theoretically and more accurately than before, the capacitance of an EFM tip in front of a metallic substrate. Finally, we obtained Ultra High Vacuum (UHV) AFM images of 6T at lying molecules layer both on silicon oxide and on top of 6T islands. Moreover, we performed ex-situ AFM imaging on a bilayer film composed of pentacene (a p-type semiconductor) and C60 (an n-type semiconductor).

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The aim of this work is to provide a precise and accurate measurement of the 238U(n,gamma) reaction cross-section. This reaction is of fundamental importance for the design calculations of nuclear reactors, governing the behaviour of the reactor core. In particular, fast neutron reactors, which are experiencing a growing interest for their ability to burn radioactive waste, operate in the high energy region of the neutron spectrum. In this energy region inconsistencies between the existing measurements are present up to 15%, and the most recent evaluations disagree each other. In addition, the assessment of nuclear data uncertainty performed for innovative reactor systems shows that the uncertainty in the radiative capture cross-section of 238U should be further reduced to 1-3% in the energy region from 20 eV to 25 keV. To this purpose, addressed by the Nuclear Energy Agency as a priority nuclear data need, complementary experiments, one at the GELINA and two at the n_TOF facility, were scheduled within the ANDES project within the 7th Framework Project of the European Commission. The results of one of the 238U(n,gamma) measurement performed at the n_TOF CERN facility are presented in this work, carried out with a detection system constituted of two liquid scintillators. The very accurate cross section from this work is compared with the results obtained from the other measurement performed at the n_TOF facility, which exploit a different and complementary detection technique. The excellent agreement between the two data-sets points out that they can contribute to the reduction of the cross section uncertainty down to the required 1-3%.

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Despite the scientific achievement of the last decades in the astrophysical and cosmological fields, the majority of the Universe energy content is still unknown. A potential solution to the “missing mass problem” is the existence of dark matter in the form of WIMPs. Due to the very small cross section for WIMP-nuleon interactions, the number of expected events is very limited (about 1 ev/tonne/year), thus requiring detectors with large target mass and low background level. The aim of the XENON1T experiment, the first tonne-scale LXe based detector, is to be sensitive to WIMP-nucleon cross section as low as 10^-47 cm^2. To investigate the possibility of such a detector to reach its goal, Monte Carlo simulations are mandatory to estimate the background. To this aim, the GEANT4 toolkit has been used to implement the detector geometry and to simulate the decays from the various background sources: electromagnetic and nuclear. From the analysis of the simulations, the level of background has been found totally acceptable for the experiment purposes: about 1 background event in a 2 tonne-years exposure. Indeed, using the Maximum Gap method, the XENON1T sensitivity has been evaluated and the minimum for the WIMP-nucleon cross sections has been found at 1.87 x 10^-47 cm^2, at 90% CL, for a WIMP mass of 45 GeV/c^2. The results have been independently cross checked by using the Likelihood Ratio method that confirmed such results with an agreement within less than a factor two. Such a result is completely acceptable considering the intrinsic differences between the two statistical methods. Thus, in the PhD thesis it has been proven that the XENON1T detector will be able to reach the designed sensitivity, thus lowering the limits on the WIMP-nucleon cross section by about 2 orders of magnitude with respect to the current experiments.

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Ribosome-inactivating proteins (RIPs) are a family of plant toxic enzymes that permanently damage ribosomes and possibly other cellular substrates, thus causing cell death involving different and still not completely understood pathways. The high cytotoxic activity showed by many RIPs makes them ideal candidates for the production of immunotoxins (ITs), chimeric proteins designed for the selective elimination of unwanted or malignant cells. Saporin-S6, a type 1 RIP extracted from Saponaria officinalis L. seeds, has been extensively employed to construct anticancer conjugates because of its high enzymatic activity, stability and resistance to conjugation procedures, resulting in the efficient killing of target cells. Here we investigated the anticancer properties of two saporin-based ITs, anti-CD20 RTX/S6 and anti-CD22 OM124/S6, designed for the experimental treatment of B-cell NHLs. Both ITs showed high cytotoxicity towards CD20-positive B-cells, and their antitumor efficacy was enhanced synergistically by a combined treatment with proteasome inhibitors or fludarabine. Furthermore, the two ITs showed differencies in potency and ability to activate effector caspases, and a different behavior in the presence of the ROS scavenger catalase. Taken together, these results suggest that the different carriers employed to target saporin might influence saporin intracellular routing and saporin-induced cell death mechanisms. We also investigated the early cellular response to stenodactylin, a recently discovered highly toxic type 2 RIP representing an interesting candidate for the design and production of a new IT for the experimental treatment of cancer.

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It is well known that ageing and cancer have common origins due to internal and environmental stress and share some common hallmarks such as genomic instability, epigenetic alteration, aberrant telomeres, inflammation and immune injury. Moreover, ageing is involved in a number of events responsible for carcinogenesis and cancer development at the molecular, cellular, and tissue levels. Ageing could represent a “blockbuster” market because the target patient group includes potentially every person; at the same time, oncology has become the largest therapeutic area in the pharmaceutical industry in terms of the number of projects, clinical trials and research and development (R&D) spending, but cancer remains one of the leading causes of mortality worldwide. The overall aim of the work presented in this thesis was the rational design of new compounds able to modulate activity of relevant targets involved in cancer and aging-related pathologies, namely proteasome and immunoproteasome, sirtuins and interleukin 6. These three targets play different roles in human cells, but the modulation of its activity using small molecules could have beneficial effects on one or more aging-related diseases and cancer. We identified new moderately active and selective non-peptidic compounds able to inhibit the activity of both standard and immunoproteasome, as well as novel and selective scaffolds that would bind and inhibit SIRT6 selectively and can be used to sensitize tumor cells to commonly used anticancer agents such gemcitabine and olaparib. Moreover, our virtual screening approach led us also to the discovery of new putative modulators of SIRT3 with interesting in-vitro and cellular activity. Although the selectivity and potency of the identified chemical scaffolds are susceptible to be further improved, these compounds can be considered as highly promising leads for the development of future therapeutics.

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Pediatric acute myeloid leukemia (AML) is a molecularly heterogeneous disease that arises from genetic alterations in pathways that regulate self-renewal and myeloid differentiation. While the majority of patients carry recurrent chromosomal translocations, almost 20% of childhood AML do not show any recognizable cytogenetic alteration and are defined as cytogenetically normal (CN)-AML. CN-AML patients have always showed a great variability in response to therapy and overall outcome, underlining the presence of unknown genetic changes, not detectable by conventional analyses, but relevant for pathogenesis, and outcome of AML. The development of novel genome-wide techniques such as next-generation sequencing, have tremendously improved our ability to interrogate the cancer genome. Based on this background, the aim of this research study was to investigate the mutational landscape of pediatric CN-AML patients negative for all the currently known somatic mutations reported in AML through whole-transcriptome sequencing (RNA-seq). RNA-seq performed on diagnostic leukemic blasts from 19 pediatric CN-AML cases revealed a considerable incidence of cryptic chromosomal rearrangements, with the identification of 21 putative fusion genes. Several of the fusion genes that were identified in this study are recurrent and might have a prognostic and/or therapeutic relevance. A paradigm of that is the CBFA2T3-GLIS2 fusion, which has been demonstrated to be a common alteration in pediatric CN-AML, predicting poor outcome. Important findings have been also obtained in the identification of novel therapeutic targets. On one side, the identification of NUP98-JARID1A fusion suggests the use of disulfiram; on the other, here we describe alteration-activating tyrosine kinases, providing functional data supporting the use of tyrosine kinase inhibitors to specifically inhibit leukemia cells. This study provides new insights in the knowledge of genetic alterations underlying pediatric AML, defines novel prognostic markers and putative therapeutic targets, and prospectively ensures a correct risk stratification and risk-adapted therapy also for the “all-neg” AML subgroup.

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The aging process is characterized by the progressive fitness decline experienced at all the levels of physiological organization, from single molecules up to the whole organism. Studies confirmed inflammaging, a chronic low-level inflammation, as a deeply intertwined partner of the aging process, which may provide the “common soil” upon which age-related diseases develop and flourish. Thus, albeit inflammation per se represents a physiological process, it can rapidly become detrimental if it goes out of control causing an excess of local and systemic inflammatory response, a striking risk factor for the elderly population. Developing interventions to counteract the establishment of this state is thus a top priority. Diet, among other factors, represents a good candidate to regulate inflammation. Building on top of this consideration, the EU project NU-AGE is now trying to assess if a Mediterranean diet, fortified for the elderly population needs, may help in modulating inflammaging. To do so, NU-AGE enrolled a total of 1250 subjects, half of which followed a 1-year long diet, and characterized them by mean of the most advanced –omics and non –omics analyses. The aim of this thesis was the development of a solid data management pipeline able to efficiently cope with the results of these assays, which are now flowing inside a centralized database, ready to be used to test the most disparate scientific hypotheses. At the same time, the work hereby described encompasses the data analysis of the GEHA project, which was focused on identifying the genetic determinants of longevity, with a particular focus on developing and applying a method for detecting epistatic interactions in human mtDNA. Eventually, in an effort to propel the adoption of NGS technologies in everyday pipeline, we developed a NGS variant calling pipeline devoted to solve all the sequencing-related issues of the mtDNA.