21 resultados para Tyrosine kinase inhibitors
Resumo:
Disregolazioni dei recettori tirosinchinasici (RTK) sono di frequente riscontro nei tumori dell’uomo e in molti casi sono indicatori biologici che permettono di definire in maniera più accurata la prognosi dei pazienti. Possono rappresentare inoltre marker predittivi per la risposta a terapie antitumorali con farmaci a bersaglio molecolare. Numerosi inibitori tirosinchinasici (TKI) sono attualmente in corso di studio o già disponibili per l’utilizzo in oncologia umana, e molti di questi hanno dimostrato una significativa efficacia utilizzati singolarmente o in combinazione a terapie convenzionali. Studi recenti indicano che un quadro analogo di disregolazione dei recettori tirosinchinasici è presente anche nelle neoplasie dei piccoli animali, e ne suggeriscono in molti casi un’implicazione prognostica. Gli inibitori tirosinchinasi sono da poco entrati nell’arena dell’oncologia veterinaria, ma i primi risultati lasciano supporre che siano destinati ad essere integrati definitivamente nei protocolli terapeutici standard. La tesi consiste in una parte introduttiva in cui sono trattate le principali funzioni biologiche dei recettori tirosinchinasici, la loro struttura e il loro ruolo nell’oncogenesi e nella progressione tumorale in medicina umana e veterinaria. Si affrontano inoltre le principali metodiche di laboratorio per l’analisi molecolare in oncologia e i meccanismi d’azione dei farmaci inibitori tirosinchinasici, con un cenno ai prodotti maggiormente utilizzati e alle loro indicazioni. Segue la presentazione e la discussione dei risultati di quattro studi relativi alla valutazione delle disregolazioni del recettore tirosinchinasico Kit (espressione aberrante e mutazioni genomiche) nel mastocitoma cutaneo del gatto e del recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR) nel carcinoma squamocellulare cutaneo del gatto e nei tumori polmonari primitivi del cane, con particolare attenzione al loro ruolo prognostico.
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Scopo: L’obiettivo del presente programma di studio è stato quello di identificare e validare nuovi possibili bersagli terapeutici per l’osteosarcoma (OS) partendo dall’analisi del chinoma umano. Risultati: L’analisi del profilo di espressione genica ottenuta su 21 campioni clinici di OS ad alto grado di malignità ha permesso di selezionare le seguenti chinasi di possibile rilevanza biologica per l’OS: AURK-A, AURK-B, CDK2, PIK3CA, PLK-1. Le chinasi selezionate sono state validate tramite RNA interference. Successivamente è stata valutata l’efficacia dei relativi inibitori specifici: VX-680 e ZM-447439 inibitori delle Aurora-chinasi, Roscovitina di CDK2 e NMS1 di PLK-1, già inclusi in studi clinici. In termini d’inibizione della crescita cellulare le linee sono risultate maggiomente sensibili ai farmaci VX-680 e NMS1. E’ stata osservata una minor sensibilità ai farmaci VX-680, ZM447439 e NMS1 nelle linee doxorubicina(DX)-resistenti (caratterizzate da elevati livelli di espressione di ABCB1), indicando questi farmaci come potenziali substrati di ABCB1. La Roscovitina, nonostante i valori di IC50 elevati, non sembrerebbe substrato di ABCB1. La validazione preclinica di VX-680 e ZM447439 è stata completata. La forte inibizione della crescita è causata da endoreduplicazione per mancata citodieresi con conseguente formazione di una popolazione iperploide e apoptosi. Inoltre, VX-680 inibisce la motilità e la capacità di formare colonie. Esperimenti di associazione farmacologica mostrano che VX-680 interagisce positivamente con tutti i chemioterapici convenzionali impiegati nel trattamento dell’OS. NMS-1 produce interazioni positive con la DX in linee cellulari DX-resistenti, probabilmente grazie all’effetto revertante esercitato su ABCB1. La Roscovitina produce interazioni positive con CDDP e DX nelle varianti resistenti, effetto probbilmente dovuto al ruolo di CDK2 nei meccanismi di riparo del DNA. Conclusioni: L’analisi in vitro dell’attività degli inibitori ha permesso di identificare VX-680 come nuovo farmaco di potenziale interesse clinico, soprattutto in virtù delle sue interazioni sinergiche con i chemioterapici di uso convenzionale nel trattamento dell’osteosarcoma.
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L’applicazione della citogenetica convenzionale e molecolare può identificare: Ph-negatività, traslocazioni t(9;22) varianti e alterazioni citogenetiche addizionali (ACA) al cromsoma Ph in pazienti con LMC alla diagnosi. Prima dell’introduzione della terapia con Imatinib, esse mostravano un impatto prognostico negativo o non chiaro. Nel nostro studio, 6 casi di LMC Ph- erano trattati con Imatinib. La FISH identificava 4 casi con riarrangiamento BCR/ABL sul der(9q), 1 sul der(22q) e 1 su entrambi i derivativi. Quattro pazienti (66,7%) raggiungevano la RCgC, 2 fallivano il trattamento e 1 sottoposto a TMO. A causa dello scarso numero di casi, non era possibile nessuna correlazione con la prognosi. Nell’ambito di studi prospettici multicentrici del GIMEMA-WP, abbiamo valutato: traslocazioni varianti e ACA. Dei 559 pazienti arruolati, 30(5%) mostravano traslocazioni varianti, 24 valutabili in FISH: 18(75%) mostravano meccanismo 1-step, 4(16,7%) meccanismo 2-step e 2(8,3%) meccanismo complesso. Abbiamo confermato che le varianti non influenzano la risposta e la sopravvivenza dei pazienti trattati con Imatinib. Dei 378 pazienti valutabili alla diagnosi con citogenetica convenzionale, 21(5,6%) mostravano ACA: 9(43%) avevano la perdita del cromosoma Y, 3(14%) trisomia 8, 2(10%) trisomia 19, 6(28%) altre singole anomalie e 1 cariotipo complesso. La presenza di ACA influenzava la risposta: le RCgC e RMolM erano significativamente più basse rispetto al gruppo senza ACA e le curve di sopravvivenza EFS e FFS non erano significativamente diverse. Le curve di PFS e OS erano sovrapponibili nei due gruppi, per il basso numero di eventi avversi oppure perché alcuni raggiungevano la risposta con TKI di seconda generazione. Le anomalie “major route” mostravano decorso clinico peggiore, ma non è stato possibile determinare l’impatto prognostico in relazione al tipo di alterazione. Pertanto, le ACAs alla diagnosi rivestono un ruolo negativo nella prognosi dei pazienti trattati con Imatinib, che quindi rappresentano una categoria più a rischio per la risposta.
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The aim of the research project discussed in this thesis was to study the inhibition of aerobic glycolysis, that is the metabolic pathway exploited by cancer cells for the ATP generation. This observation has led to the evaluation of glycolytic inhibitors as potential anticancer agents. Lactate dehydrogenase (LDH) is the only enzyme whose inhibition should allow a blocking of aerobic glycolysis of tumor cells without damaging the normal cells which, in conditions of normal functional activity and sufficient oxygen supply, do not need this enzyme. In preliminar experiments we demonstrated that oxamic acid and tartronic acid, two LDH competitive inhibitors, impaired aerobic glycolysis and replication of cells from human hepatocellular carcinoma. Therefore, we proposed that the depletion of ATP levels in neoplastic cells, could improved the chemotherapeutic index of associated anticancer drugs; in particular, it was studied the association of oxamic acid and multi-targeted kinase inhibitors. A synergistic effect in combination with sorafenib was observed, and we demonstrated that this was related to the capacity of sorafenib to hinder the oxidative phosphorylation, so that cells were more dependent to aerobic glycolysis. These results linked to LDH blockage encouraged us to search for LDH inhibitors more powerful than oxamic acid; thus, in collaboration with the Department of Pharmaceutical Sciences of Bologna University we identified a new molecule, galloflavin, able to inhibit both A and B isoforms of LDH enzyme. The effects of galloflavin were studied on different human cancer cell lines (hepatocellular carcinoma, breast cancer, Burkitt’s lymphoma). Although exhibiting different power on the tested cell lines, galloflavin was constantly found to inhibit lactate and ATP production and to induce cell death, mainly in the form of apoptosis. Finally, as LDH-A is able to bind single stranded DNA, thus stimulating cell transcription, galloflavin effects were also studied on this other LDH function.
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HER-2 is a 185 kDa transmembrane receptor tyrosine kinase that belongs to the EGFR family. HER-2 is overexpressed in nearly 25% of human breast cancers and women with this subtype of breast cancer have a worse prognosis and frequently develop metastases. The progressive high number of HER-2-positive breast cancer patients with metastatic spread in the brain (up to half of women) has been attributed to the reduction in mortality, the effectiveness of Trastuzumab in killing metastatic cells in other organs and to its incapability to cross the blood-brain barrier. Apart from full-length-HER-2, a splice variant of HER-2 lacking exon 16 (here referred to as D16) was identified in human HER-2-positive breast cancers. Here, the contribution of HER-2 and D16 to mammary carcinogenesis was investigated in a model transgenic for both genes (F1 model). A dominant role of D16, especially in early stages of tumorigenesis, was suggested and the coexistence of heterogeneous levels of HER-2 and D16 in F1 tumors revealed the undeniable value of F1 strain as preclinical model of HER-2-positive breast cancer, closer resembling the human situation in respect to previous models. The therapeutical efficacy of anti-HER-2 agents, targeting HER-2 receptor (Trastuzumab, Lapatinib, R-LM249) or signaling effectors (Dasatinib, UO126, NVP-BKM120), was investigated in models of local or advanced HER-2-positive breast cancer. In contrast with early studies, data herein collected suggested that the presence of D16 can predict a better response to Trastuzumab and other agents targeting HER-2 receptor or Src activity. Using a multiorgan HER-2-positive metastatic model, the efficacy of NVP-BKM120 (PI3K inhibitor) in blocking the growth of brain metastases and the oncolytic ability of R-LM249 (HER-2-retargeted HSV) to reach and destroy metastatic HER-2-positive cancer cells were shown. Finally, exploiting the definition of “oncoantigen” given to HER-2, the immunopreventive activity of two vaccines on HER-2-positive mammary tumorigenesis was demonstrated.
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Gastrointestinal stromal tumors (GIST) are mesenchymal neoplasms frequently caused by a gain of function mutation in KIT or PDGFRα, two tyrosine kinase receptors (TKR). For this reason, they are successfully treated with imatinib, a tyrosine kinase inhibitor (TKI). However, the therapy is typically long-term ineffective due to imatinib resistance, which represents the main issue in the clinic of GISTs. Although numerous efforts have been made in the last two decades to develop novel therapies for imatinib-resistant GISTs, the approvals of multi-target TKIs have only improved the clinical outcomes modestly. Emblematic is the recent failure of ripretinib in the phase III INTRIGUE trial, decisively marking the end of the paradigm only based on the central role of KIT secondary mutations in imatinib resistance, and the consequent seeking of multi-target TKIs as the solution. Consistent with this clinical result, preclinical studies have revealed numerous mechanisms of resistance that are not targetable with multi-target TKIs, indicating that imatinib resistance is more multifaceted than initially hypothesized and explaining the modest efficacy of these latter. In this scenario, the absence of drugs capable of long-term counteracting the rise of imatinib-resistant subclones unavoidably leads to progressive disease and metastasis. In particular, the onset of metastases remarkably impacts the median overall survival and determines the most GIST-related deaths. Therefore, new therapy proposals are needed. Here, we present two project lines investigating novel strategies to counteract imatinib-resistant GISTs.