195 resultados para Tecniche di enhancement, Impronte digitali, Riconoscimento biometrico


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Oggetto della ricerca è l’accertamento dell’esistenza, nonché la definizione, della strategia dall’UE in materia di controversie commerciali aventi ad oggetto l’interpretazione e l’applicazione di norme facenti capo agli Accordi OMC in materia di misure sanitarie e di barriere tecniche al commercio. Nella prima parte della tesi, si ricostruiscono gli obbiettivi perseguiti dall’UE in materia di controversie SPS e TBT. In questo contesto, un’importanza di primo piano è attribuita alla difesa dell’autonomia regolamentare dell’Unione. Ad essa si riconduce la prassi UE finalizzata a prevenire il sorgere di controversie sul piano bilaterale attraverso la conclusione di accordi di mutuo riconoscimento, la cui portata ella sottolinea essere tuttavia limitata. L’analisi di cinque controversie sorte in ambito OMC di cui l’Unione è o è stata parte convenuta e che si fondano su presunte o accertate violazioni delle norme facenti capo ai due accordi menzionati consente di classificare gli argomenti giuridici avanzati dall’Unione nel contesto di tali controversie. Nella seconda parte della ricerca, la candidata identifica i mezzi a servizio della strategia UE, in primo luogo, attraverso l’analisi del quadro giuridico relativo alla partecipazione dell’Unione e degli Stati Membri al sistema OMC di risoluzione delle controversie; in secondo luogo, attraverso lo studio, da un lato, dello status delle norme OMC nell’ordinamento UE e, dall’altro, degli effetti delle pronunce dell’Organo di Risoluzione delle Controversie e della questione della responsabilità dell’Unione per violazione del diritto OMC. Sulla base del lavoro di ricerca svolto, si conclude che una strategia dell’UE esiste nella misura in cui l’Unione persegue l’obbiettivo di preservare la propria autonomia regolamentare attraverso, anche se non esclusivamente, gli strumenti afferenti all’ordine giuridico interno analizzati nella seconda parte. La candidata conclude altresì che la riforma del diritto delle relazioni esterne operata dal Trattato di Lisbona può indurre un cambiamento di tale strategia.

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Questo studio propone un’esplorazione dei nessi tra fenomeno migratorio, dinamiche transnazionali e quadri familiari, in un contesto specificato che è quello peruviano. Dal confronto critico con i paradigmi disciplinari in uso negli ambiti dell’antropologia delle migrazioni, degli studi sul transnazionalismo e sulle famiglie transnazionali, e dell’etnografia multi-situata, si è tentata una lettura teorica e metodologica che renda conto del contesto socio-familiare di partenza non come parte periferica di una completa visione del migrante, ma quale oggetto specifico della ricerca. L’obbiettivo è verificare, a livello locale, quale siano gli impatti della migrazione esterna di uno o più membri sulle strutture e sulle dinamiche, sui codici e sui ruoli del nucleo parentale originario. E individuare, sul piano transnazionale, quali reti, quali rituali o pratiche di connessione funzionino tra coloro che vanno e coloro che restano, quali discorsi e quali culture migratorie si sviluppino e si condividano. La ricerca si è svolta in Perù tra il 2009 ed il 2011. Il campo dell’indagine si è diviso tra due località nell’area della Costa del Perù. Lima, la capitale, e Chiclín, un villaggio rurale nella regione settentrionale de La Libertad. Attraverso le tecniche d’inchiesta della pratica etnografica, una permanenza prolungata sul terreno e l’osservazione partecipante, si è lavorato con i membri adulti di ambo i sessi di tre gruppi parentali distribuiti tra i due luoghi menzionati, selezionati in partenza sulla base dei contatti forniti da alcuni dei loro familiari emigrati in Italia tra il 1990 ed il 2000. Centrare l’analisi sulle figure per certi aspetti marginali dell’esperienza della migrazione normalmente considerata, è servito da un lato a rovesciare parzialmente la prospettiva transnazionale aggiustandola proprio rispetto a quegli attori sociali; dall’altro e ad un tempo, ha permesso di fare luce su dinamiche migratorie più generali, di ricostruirle e di ri-teorizzarle.

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Il campo d’interesse della ricerca è stato l’attuale processo di ricentralizzazione del Social Housing nelle periferie urbane in una parte del contesto internazionale, che sembra stia portando le città a ricrearsi e ripensarsi grazie alla presa di coscienza delle differenze esistenti, rispetto al passato, nei nuovi processi di trasformazione nei quali la città è intesa sia come spazio costruito ma anche sociale. In virtù di quest’ultimi due aspetti complementari della città, oggi, il ruolo della periferia contemporanea sembra essere diversamente interpretato, così come gli interventi di riqualificazione di tipo assistenziale - migliorativo tenderebbero a trasformarne i suoi caratteri alla ricerca del “modello di città”. L’interesse alla tematica è inoltre scaturito dalla constatazione che alla base della crisi dei modelli d’intervento pubblico starebbero sia l’insostenibilità economica ma soprattutto l’errata lettura dei bisogni delle famiglie nella loro specificità e diversità e che in tal senso l’eventuale partecipazione della cittadinanza costituirebbe effettivamente una proposta valida, anche per risolvere la crescente domanda abitativa che si pone a livello mondiale. L’obiettivo della ricerca è stato quello d’analizzare, nel contesto internazionale del Social Housing, le caratteristiche di partecipazione e sussidiarietà che connotano particolarmente gli interventi di riqualificazione destinati a famiglie economicamente carenti, nello specifico analizzando i metodi e gli strumenti atti alla comunicazione partecipativa del progetto in aree urbane periferiche italiane e brasiliane. Nella prima e seconda fase della ricerca è stato svolto, rispettivamente, un lavoro di analisi bibliografica sul tema dell’emergenza casa e sulle nuove politiche abitative di sviluppo urbano ed uno specifico sulla tematica della riqualificazione partecipata del Social Housing in aree della periferia urbana, infine nella terza fase sono stati analizzati i casi di studio prescelti dando rilievo all’analisi delle caratteristiche e requisiti prestazionali delle tecniche partecipative di rappresentazione - comunicazione, più idonee ad influenzare positivamente il suddetto processo.

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Questa tesi è dedicata alla qualità dell'alimento ittico in tre delle sue possibili accezioni. Dopo aver spiegato il complicato rapporto del consumatore con gli alimenti ittici e come l'Unione Europea abbia cercato di fare chiarezza al riguardo, gli argomenti di discussione saranno: Autenticazione d'origine La polpa di 160 esemplari di spigola (Dicentrachus labrax), suddivisi tra selvatici, allevati intensivamente e allevati estensivamente, provenienti dall'Italia e dall'estero per un totale di 18 fonti indagate, è stati analizzata individualmente per caratterizzarne la componente lipidica, isotopica e minerale e verificare le potenzialità di queste informazioni ai fini della autenticazione di origine in senso lato. Stima della Freshness Quality Numerosi lotti di seppia (Sepia officinalis), nasello (Merluccius merluccius) e triglia di fango (Mullus barbatus) sono stati sottoposti a due possibili modalità di stoccaggio sotto ghiaccio fondente, per indagare come, nell’arco della loro vita commerciale, ne evolvessero importanti connotati chimici (cataboliti dell’ATP e loro rapporti), fisici (proprietà dielettriche dei tessuti) e sensoriali (Quality Index Methods specie-specifici. Studio del profilo nutrizionale La componente lipidica di numerosi lotti di mazzancolla (Penaeus kerathurus), canocchia (Squilla mantis) e seppia (Sepia officinalis) è stata caratterizzata allo stato crudo e dopo cottura secondo tecniche “dedicate” per stabilire il contributo di queste matrici come fonte di acidi grassi polinsaturi della serie omega 3 e per pervenire alla determinazione dei loro coefficienti di ritenzione vera.

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La ricerca è mirata a valutare come l’attuazione delle politiche ambientali di Sviluppo Rurale possa contribuire al miglioramento del paesaggio, analizzando i suoi effetti territoriali. Nell’ambito del caso di studio della Regione Emilia-Romagna vengono analizzate le misure agro-ambientali e di forestazione agricola dal 1994 al 2011, comprendendo gli interventi realizzati con i Regolamenti (CEE) 2078/1992, 2080/1992 e dai Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) 2000-2006 e 2007-2013. In particolare, sono approfonditi i fattori che determinano la partecipazione territoriale delle misure agro-ambientali, individuate a livello aziendale le motivazioni alla partecipazione per le azioni con effetto diretto sul paesaggio, valutati i conseguenti effetti tecnico-economici e analizzati gli impatti degli interventi sul paesaggio a livello territoriale, in funzione del contesto ambientale. I risultati hanno consentito di approfondire quanto già riportato nelle valutazioni istituzionali dei PSR e in letteratura scientifica, individuando i fattori determinanti della partecipazione a livello regionale. A questo scopo sono state utilizzate analisi di econometria spaziale che hanno permesso di evidenziare effetti di concentrazione territoriale delle superfici sotto impegno, in funzione delle priorità della misura e degli ordinamenti produttivi dei beneficiari. Sono stati inoltre analizzati gli impatti paesaggistici in un’area di studio ristretta a livello territoriale e aziendale: gli interventi specifici, in alcuni contesti territoriali dove è stata raggiunta una certa concentrazione delle superfici sotto impegno, hanno modificato il paesaggio rurale, differenziandolo rispetto alla matrice agricola intensiva in cui sono stati inseriti. A livello aziendale sono stati rilevati effetti significativi sull’economia dei beneficiari che scelgono di aderire a tali misure, con un diffuso effetto di riduzione della redditività. I contributi compensano in maniera differenziata i costi legati all’implementazione degli interventi in funzione della tipologia di intervento e delle scelte tecniche aziendali adottate per la loro gestione.

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La presente ricerca muove i suoi primi passi dall’ipotesi generale che il paradigma relazionale possa offrire al mondo dei servizi sociali una configurazione diversa, talora meno utopistica, del community work. Sebbene, infatti, in questi anni il sistema di offerta dei servizi si sia arricchito di principi come la co-progettazione e la co-responsabilità delle azioni, il lavoro di comunità resta ancora molto distante dal lavoro generalmente svolto nei servizi sociali territoriali, incapaci per ragioni strutturali e culturali di accogliere dentro di sé tale funzione. L’idea dalla quale trae origine la presente tesi di dottorato, è pertanto quella di arricchire la definizione di servizi sociali relazionali. Partendo dalle dimensioni che in letteratura sociologica e nei principali modelli teorici di social work definiscono un servizio alla persona quale servizio relazionale, nella prima parte teorica viene ipotizzata una trasformazione parziale del welfare regionale emiliano, poiché ai mutamenti culturali di questi anni non ha fatto seguito un cambiamento reale dei modelli operativi maggiormente basati sullo sviluppo delle competenze. Nella seconda parte della tesi, la ricerca empirica si focalizza sui progetti “family friendly” realizzati nel Comune di Parma, collocati in una logica di welfare societario e basati sull’apporto di soggetti di Terzo Settore, responsabili di ogni fase di realizzazione delle attività. La ricerca si avvale prevalentemente di tecniche qualitative e in alcuni tratti assume le caratteristiche della ricerca-azione. Nelle conclusioni, il contesto territoriale studiato rivela grande ricchezza dei legami strutturali, ma anche necessità di un rafforzamento dei legami interni. La forza dei servizi prodotti si situa, inoltre, nella sovrafunzionalità del legame tra volontari e famiglie, e di questo elemento dovrebbe arricchirsi anche il social work che scelga di adottare una prospettiva metodologica di lavoro relazionale.

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Scopo del presente lavoro di ricerca è quello di comparare due contesti metropolitani, valenciano e bolognese, sulle pratiche di accompagnamento al lavoro rivolte a fasce svantaggiate, in particolare persone con problemi di dipendenza da sostanze psicotrope. L’indagine propone un confronto su alcune tematiche trasversali (tipologia di azioni messe in campo, organizzazione territoriale e governance, profilo degli utenti, inserimento sociale, coinvolgimento del mondo produttivo) e pone in evidenza gli elementi che ci consentono di individuare e segnalare sia delle buone pratiche trasferibili sia delle linee progettuali, partendo dunque dal presupposto che capacitare una persona significa innanzitutto offrirle congrue opportunità di scelta, nel senso seniano e come spiegato dalla stessa Nussbaum, ma soprattutto accompagnarla e sostenerla nel percorso di inserimento lavorativo e, in parallelo, sociale. Il bisogno raccolto è quello di un sostegno, motivazionale e orientativo, che segua un approccio socio educativo capace di fornire, alla persona, una risposta integrata, di unicità, capace dunque di agire sull’autonomia, sull’autostima, sull’elaborazione delle proprie esperienze di vita e lavorative, nonché su elementi anche di contesto quali la casa, le reti amicali e familiari, spesso compromesse. L’elemento distintivo che consente di agire in questa direzione è il lavoro di collaborazione tra i diversi servizi e la co-progettazione del percorso con l’utente stesso. Il tema degli inserimenti lavorativi è un argomento molto complesso che chiama in causa diversi aspetti: i mutamenti sociali e le trasformazioni del lavoro; l’emergere di nuove fasce deboli e il rischio di aggravamento delle condizioni di esclusione per le fasce deboli “tradizionali”; l’importanza del lavoro per la costruzione di percorsi identitari e di riconoscimento; l’impatto delle politiche attive sulle fasce svantaggiate e i concetti di capitazione e attivazione; il ruolo del capitale sociale e l’emergere di nuovi welfare; la rete degli attori coinvolti dal processo di inserimento e il tema della governace territoriale.

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Il seguente lavoro di tesi verte sulla ricerca-azione formazione triennale “Il Filo di Arianna” realizzata in convenzione tra Associazione Italiana Sindrome X Fragile e Dipartimento Di Scienze dell’Educazione – Università di Bologna, finalizzata alla superamento degli handicap che la X fragile propone. La ricerca ha un fuoco in Pedagogia Speciale e un carattere multidisciplinare e inter istituzionale grazie alla sinergia con l’area neuroriabilitativa (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) San Raffaele Pisana di Roma) e l’area della Psicologia Clinica (Ospedale Bambin Gesù di Roma). Il lavoro di tesi descrive il percorso per giungere alle linee guida di intervento scaturite dalla ricerca, per il potenziamento cognitivo ed affettivo di bambini e persone con x fragile nei contesti di casa, scuola e tempo libero.

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Oggetto di indagine del lavoro è il movimento ambientalista e culturale delle Città in Transizione che rappresentano esperimenti di ri-localizzazione delle risorse volte a preparare le comunità (paesi, città, quartieri) ad affrontare la duplice sfida del cambiamento climatico e del picco del petrolio. A partire dal Regno Unito, la rete delle Transition Towns si è in pochi anni estesa significativamente e conta oggi più di mille iniziative. L’indagine di tale movimento ha richiesto in prima battuta di focalizzare l’attenzione sul campo disciplinare della sociologia dell’ambiente. L’attenzione si è concentrata sul percorso di riconoscimento che ha reso la sociologia dell’ambiente una branca autonoma e sul percorso teorico-concettuale che ha caratterizzato la profonda spaccatura paradigmatica proposta da Catton e Dunlap, che hanno introdotto nel dibattito sociologico il Nuovo Paradigma Ecologico, prendendo le distanze dalla tradizionale visione antropocentrica della sociologia classica. Vengono poi presentate due delle più influenti prospettive teoriche della disciplina, quella del Treadmill of Production e la più attuale teoria della modernizzazione ecologica. La visione che viene adottata nel lavoro di tesi è quella proposta da Spaargaren, fautore della teoria della modernizzazione ecologica, secondo il quale la sociologia dell’ambiente può essere collocata in uno spazio intermedio che sta tra le scienze ambientali e la sociologia generale, evidenziando una vocazione interdisciplinare richiamata anche dal dibattito odierno sulla sostenibilità. Ma le evidenze empiriche progressivamente scaturite dallo studio di questo movimento che si autodefinisce culturale ed ambientalista hanno richiesto una cornice teorica più ampia, quella della modernità riflessiva e della società del rischio, in grado di fornire categorie concettuali spendibili nella descrizione dei problemi ambientali e nell’indagine del mutamento socio-culturale e dei suoi attori. I riferimenti empirici dello studio sono tre specifiche realtà locali in Transizione: York in Transition per il Regno Unito, Monteveglio (Bo) e Scandiano (Re) in Transizione per l’Italia.

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Le profonde trasformazioni che hanno interessato l’industria alimentare, unitamente alle accresciute capacità delle scienze mediche ed epidemiologiche di individuare nessi causali tra il consumo di determinate sostanze e l’insorgere di patologie, hanno imposto al legislatore di intervenire nella materia della c.d. sicurezza alimentare mettendo in atto sistemi articolati e complessi tesi a tutelare la salute dei consociati. Quest’ultimo obiettivo viene perseguito, da un lato, mediante disposizioni di natura pubblicistica e di carattere preventivo e, dall’altro lato, dallo strumento della responsabilità civile. Le due prospettive di tutela della salute delle persone costituiscono parti distinte ma al tempo stesso fortemente integrate in una logica unitaria. Questa prospettiva emerge chiaramente nel sistema statunitense: in quel ordinamento la disciplina pubblicistica della sicurezza degli alimenti – definita dalla Food and Drug Administration – costituisce un punto di riferimento imprescindibile anche quando si tratta di stabilire se un prodotto alimentare è difettoso e se, di conseguenza, il produttore è chiamato a risarcire i danni che scaturiscono dal suo utilizzo. L’efficace sinergia che si instaura tra la dimensione pubblicistica del c.d. Public Enforcement e quella risarcitoria (Private Enforcement) viene ulteriormente valorizzata dalla presenza di efficaci strumenti di tutela collettiva tra i quali la class action assume una importanza fondamentale. Proprio muovendo dall’analisi del sistema statunitense, l’indagine si appunta in un primo momento sull’individuazione delle lacune e delle criticità che caratterizzano il sistema nazionale e, più in generale quello comunitario. In un secondo momento l’attenzione si focalizza sull’individuazione di soluzioni interpretative e de iure condendo che, anche ispirandosi agli strumenti di tutela propri del diritto statunitense, contribuiscano a rendere maggiormente efficace la sinergia tra regole preventive sulla sicurezza alimentare e regole risarcitorie in materia di responsabilità del produttore.

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Il presente studio rappresenta la prima applicazione della tecnica CEUS in alcune delle più diffuse specie non convenzionali, nonché la prima nei rettili. In particolare è stata investigata la perfusione di fegato e milza in 10 conigli, 10 furetti e il fegato in 8 iguane. Per quanto riguarda i mammiferi, la tecnica è risultata di facile attuazione e i risultati ottenuti erano equiparabili a quelli documentati per i piccoli animali. Maggiore variabilità si è messa in evidenza a livello splenico in entrambe le specie e nel coniglio rispetto al furetto. Nelle iguane è stata necessaria una modifica del protocollo a seguito dei tempi più lunghi delle fasi di wash in e di wash out. Le curve ottenute erano caratterizzate da picchi più bassi e TTP più lunghi, con wash out incompleto anche dopo 10 minuti di indagine. Nelle iguane l’indagine del fegato è stata approfondita grazie all’esecuzione di TC dinamiche con MDC, studio pioneristico per quanto riguarda la medicina dei rettili. L’esecuzione è avvenuta senza problemi in anestesia generale. Diffusione del MDC e conseguenti variazione di HU a livello aortico e epatico sono state considerate contemporaneamente, con costruzione di curve HU-tempo piuttosto ripetibili, entrambe caratterizzate da un wash in rapido, un picco, particolarmente alto a livello aortico, e da una fase di wash out più lento, anche qui incompleto dopo i 600 secondi di indagine. Una certa variabilità è stata notata in tre individui, risultato attendibile conseguentemente alla forte dipendenza da fattori intriseci ed estrinseci del metabolismo e della funzionalità epatica dei rettili. L’intero protocollo è stato applicato in un furetto e due iguane patologiche, al fine di evidenziare le potenzialità cliniche delle tecniche. Sebbene il numero esiguo di casi non permetta di trarre conclusioni a questo riguardo, l’ultimo capitolo della tesi vuole essere uno spunto per studi futuri.

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1.Ricostruzione mandibolare La ricostruzione mandibolare è comunemente eseguita utilizzando un lembo libero perone. Il metodo convenzionale (indiretto) di Computer Aided Design e Computer Aided Manifacturing prevede il modellamento manuale preoperatorio di una placca di osteosintesi standard su un modello stereolitografico della mandibola. Un metodo innovativo CAD CAM diretto comprende 3 fasi: 1) pianificazione virtuale 2) computer aided design della dima di taglio mandibolari, della dima di taglio del perone e della placca di osteosintesi e 3) Computer Aided Manufacturing dei 3 dispositivi chirurgici personalizzati. 7 ricostruzioni mandibolari sono state effettuate con il metodo diretto. I risultati raggiunti e le modalità di pianificazione sono descritte e discusse. La progettazione assistita da computer e la tecnica di fabbricazione assistita da computer facilita un'accurata ricostruzione mandibolare ed apporta un miglioramento statisticamente significativo rispetto al metodo convenzionale. 2. Cavità orale e orofaringe Un metodo ricostruttivo standard per la cavità orale e l'orofaringe viene descritto. 163 pazienti affetti da cancro della cavità orale e dell'orofaringe, sono stati trattati dal 1992 al 2012 eseguendo un totale di 175 lembi liberi. La strategia chirurgica è descritta in termini di scelta del lembo, modellamento ed insetting. I modelli bidimensionali sono utilizzati per pianificare una ricostruzione tridimensionale con il miglior risultato funzionale ed estetico. I modelli, la scelta del lembo e l' insetting sono descritti per ogni regione. Complicazioni e risultati funzionali sono stati valutati sistematicamente. I risultati hanno mostrato un buon recupero funzionale con le tecniche ricostruttive descritte. Viene proposto un algoritmo ricostruttivo basato su template standard.

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Obiettivo: Valutare l’accuratezza reciproca dell’ecografia “esperta” e della risonanza magnetica nelle diagnosi prenatale delle anomalie congenite. Materiali e metodi: Sono stati retrospettivamente valutati tutti i casi di malformazioni fetali sottoposte a ecografia “esperta” e risonanza magnetica nel nostro Policlinico da Ottobre 2001 a Ottobre 2012. L’età gestazionale media all’ecografia e alla risonanza magnetica sono state rispettivamente di 28 e 30 settimane. La diagnosi ecografica è stata confrontata con la risonanza e quindi con la diagnosi postnatale. Risultati: sono stati selezionati 383 casi, con diagnosi ecografica o sospetta malformazione fetale “complessa” o anamnesi ostetrica positiva infezioni prenatali, valutati con ecografia “esperta”, risonanza magnetica e completi di follow up. La popolazione di studio include: 196 anomalie del sistema nervoso centrale (51,2%), 73 difetti toracici (19,1%), 20 anomalie dell’area viso-collo (5,2%), 29 malformazioni del tratto gastrointestinale (7,6%), 37 difetti genito-urinari (9,7%) e 28 casi con altra indicazione (7,3%). Una concordanza tra ecografia, risonanza e diagnosi postnatale è stata osservata in 289 casi (75,5%) ed è stata maggiore per le anomalie del sistema nervoso centrale 156/196 casi (79,6%) rispetto ai difetti congeniti degli altri distretti anatomici 133/187 (71,1%). La risonanza ha aggiunto importanti informazioni diagnostiche in 42 casi (11%): 21 anomalie del sistema nervoso centrale, 2 difetti dell’area viso collo, 7 malformazioni toraciche, 6 anomalie del tratto gastrointestinale, 5 dell’apparato genitourinario e 1 caso di sospetta emivertebra lombare. L’ecografia è stata più accurata della risonanza in 15 casi (3,9%). In 37 casi (9,7%) entrambe le tecniche hanno dato esito diverso rispetto agli accertamenti postnatali. Conclusioni: l’ecografia prenatale rimane a tutt’oggi la principale metodica di imaging fetale. In alcuni casi complessi e/o dubbi sia del sistema nervoso centrale sia degli altri distretti anatomici la risonanza può aggiungere informazioni rilevanti.

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L’ecografia del tratto gastroenterico è una delle metodiche d’elezione nella valutazione diagnostica delle patologie gastrointestinali nel gatto. In questa tesi dottorale sono presentati i risultati di tre studi in cui l’ecografia convenzionale e con mezzo di contrasto è stata impiegata in gatti sani o con patologie gastroenteriche. Lo scopo del primo studio, prospettico, è stato quello di determinare lo spessore ecografico dei singoli strati di parete nell’intestino tenue in una popolazione di gatti sani. Lo strato mucoso è risultato significativamente più spesso nel duodeno e nel digiuno, per la maggiore grandezza dei villi in queste porzioni dell’intestino tenue. A livello dell’ileo, gli strati di maggior spessore sono risultati quello sottomucoso, per l’abbondante presenza di aggregati linfoidi, e quello muscolare, a causa delle caratteristiche anatomo-funzionali di sfintere che questo tratto intestinale svolge. Il secondo progetto, retrospettivo, nasce dalla collaborazione tra due centri universitari, uno italiano e uno americano, con l’obiettivo di confrontare lo spessore della tonaca muscolare intestinale in gatti affetti da Inflammatory Bowel disease (IBD) o da neoplasie intestinali. In questo studio, l’ipertrofia della tonaca muscolare (ITM) è stato maggiormente osservato in gatti con IBD rispetto a gatti con neoplasie intestinali, ma non sono state evidenziate differenze di spessore della tonaca muscolare tali da poter differenziare le due patologie. Lo scopo del terzo progetto, prospettico, è stato quello di descrivere il pattern di perfusione parietale del piccolo intestino, valutato mediante uso di mezzo di contrasto ecografico, in gatti con ITM associata a IBD. In tutti gli animali studiati, l’ITM si è associato a una modesta assunzione del mezzo di contrasto rispetto agli altri strati della parete intestinale. Questi risultati confermano che l’ITM che si osserva in gatti con IBD non è associato a significativi aumenti della vascolarizzazione di tale strato parietale.

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Il contesto nazionale è cambiato recentemente per l’introduzione del nuovo Sistema Geodetico coincidente con quello Europeo (ETRS89, frame ETRF00) e realizzato dalle stazioni della Rete Dinamica Nazionale. Sistema geodetico, associato al cartografico UTM_ETRF00, divenuto per decreto obbligatorio nelle Pubbliche Amministrazioni. Questo cambiamento ha consentito di ottenere rilevamenti dei dati cartografici in coordinate assolute ETRF00 molto più accurate. Quando i dati così rilevati vengono utilizzati per aggiornamenti cartografici perdono le coordinate originarie e vengono adattati a particolari cartografici circostanti. Per progettare una modernizzazione delle mappe catastali e delle carte tecniche finalizzata a consentire l’introduzione degli aggiornamenti senza modificarne le coordinate assolute originarie, lo studio è iniziato valutando come utilizzare sviluppi di strutturazione dei dati topografici presenti nel Database Geotopografico, modellizzazioni 3D di fabbricati nelle esperienze catastali INSPIRE, integrazioni in ambito MUDE tra progetti edilizi e loro realizzazioni. Lo studio è proseguito valutando i servizi di posizionamento in tempo reale NRTK presenti in Italia. Inoltre sono state effettuate sperimentazioni per verificare anche in sede locale la precisione e l’affidabilità dei servizi di posizionamento presenti. La criticità della cartografia catastale deriva sostanzialmente dal due fatti: che originariamente fu inquadrata in 850 Sistemi e successivamente fu trasformata in Roma40 con una esigua densità di punti rimisurati; che fino al 1988 fu aggiornata con modalità non rigorose di bassa qualità. Per risolvere tali criticità si è quindi ipotizzato di sfruttare le modalità di rilevamento NRTK per aumentare localmente la densità dei punti rimisurati e reinquadrare le mappe catastali. Il test, realizzato a Bologna, ha comportato un’analisi preliminare per individuare quali Punti Fiduciali considerare coerenti con le specifiche cartografiche per poi utilizzarli e aumentare localmente la densità dei punti rimisurati. La sperimentazione ha consentito la realizzazione del progetto e di inserire quindi i prossimi aggiornamenti senza modificarne le coordinate ETRF00 ottenute dal servizio di posizionamento.