136 resultados para risolubilità radicali equazioni polinomiali teoria di Galois gruppi risolubili estensioni radicali risolubili
Resumo:
La tesi si occupa della teoria delle ranking functions di W. Spohn, dottrina epistemologica il cui fine è dare una veste logica rigorosa ai concetti di causalità, legge di natura, spiegazione scientifica, a partire dalla nozione di credenza. Di tale teoria manca ancora una esposizione organica e unitaria e, soprattutto, formulata in linguaggio immediatamente accessibile. Nel mio lavoro, che si presenta come introduzione ad essa, è anche messa a raffronto con le teorie che maggiormente l’hanno influenzata o rispetto alle quali si pone come avversaria. Il PRIMO CAPITOLO si concentra sulla teoria di P. Gärdenfors, il più diretto predecessore e ispiratore di Spohn. Questo consente al lettore di acquisire familiarità con le nozioni di base della logica epistemica. La conoscenza, nella teoria del filosofo svedese, è concepita come processo di acquisizione ed espulsione di credenze, identificate con proposizioni, da un insieme. I tre maggiori fenomeni epistemici sono l’espansione, la revisione e la contrazione. Nel primo caso si immagazzina una proposizione in precedenza sconosciuta, nel secondo se ne espelle una a causa dell’acquisizione della sua contraddittoria, nel terzo si cancella una proposizione per amore di ipotesi e si investigano le conseguenze di tale cancellazione. Controparte linguistica di quest’ultimo fenomeno è la formulazione di un condizionale controfattuale. L’epistemologo, così come Gärdenfors concepisce il suo compito, è fondamentalmente un logico che deve specificare funzioni: vale a dire, le regole che deve rispettare ciascun passaggio da un insieme epistemico a un successivo per via di espansione, revisione e contrazione. Il SECONDO CAPITOLO tratta infine della teoria di Spohn, cercando di esporla in modo esauriente ma anche molto semplice. Anche in Spohn evidentemente il concetto fondamentale è quello di funzione: si tratta però in questo caso di quella regola di giudizio soggettivo che, a ciascuna credenza, identificata con una proposizione, associa un grado (un rank), espresso da un numero naturale positivo o dallo zero. Un rank è un grado di non-credenza (disbelief). Perché la non-credenza (che comporta un notevole appesantimento concettuale)? Perché le leggi della credenza così concepite presentano quella che Spohn chiama una “pervasiva analogia” rispetto alle leggi della probabilità (Spohn la chiama persino “armonia prestabilita” ed è un campo su cui sta ancora lavorando). Essenziale è il concetto di condizionalizzazione (analogo a quello di probabilità condizionale): a una credenza si associa un rank sulla base di (almeno) un’altra credenza. Grazie a tale concetto Spohn può formalizzare un fenomeno che a Gärdenfors sfugge, ossia la presenza di correlazioni interdoxastiche tra le credenze di un soggetto. Nella logica epistemica del predecessore, infatti, tutto si riduce all’inclusione o meno di una proposizione nell’insieme, non si considerano né gradi di credenza né l’idea che una credenza sia creduta sulla base di un’altra. Il TERZO CAPITOLO passa alla teoria della causalità di Spohn. Anche questa nozione è affrontata in prospettiva epistemica. Non ha senso, secondo Spohn, chiedersi quali siano i tratti “reali” della causalità “nel mondo”, occorre invece studiare che cosa accade quando si crede che tra due fatti o eventi sussista una correlazione causale. Anche quest’ultima è fatta oggetto di una formalizzazione logica rigorosa (e diversificata, infatti Spohn riconosce vari tipi di causa). Una causa “innalza lo status epistemico” dell’effetto: vale a dire, quest’ultimo è creduto con rank maggiore (ossia minore, se ci si concentra sulla non-credenza) se condizionalizzato sulla causa. Nello stesso capitolo espongo la teoria della causalità di Gärdenfors, che però è meno articolata e minata da alcuni errori. Il QUARTO CAPITOLO è tutto dedicato a David Lewis e alla sua teoria controfattuale della causalità, che è il maggiore avversario tanto di Spohn quanto di Gärdenfors. Secondo Lewis la migliore definizione di causa può essere data in termini controfattuali: la causa è un evento tale che, se non fosse accaduto, nemmeno l’effetto sarebbe accaduto. Naturalmente questo lo obbliga a specificare una teoria delle condizioni di verità di tale classe di enunciati che, andando contro i fatti per definizione, non possono essere paragonati alla realtà. Lewis ricorre allora alla dottrina dei mondi possibili e della loro somiglianza comparativa, concludendo che un controfattuale è vero se il mondo possibile in cui il suo antecedente e il suo conseguente sono veri è più simile al mondo attuale del controfattuale in cui il suo antecedente è vero e il conseguente è falso. Il QUINTO CAPITOLO mette a confronto la teoria di Lewis con quelle di Spohn e Gärdenfors. Quest’ultimo riduce i controfattuali a un fenomeno linguistico che segnala il processo epistemico di contrazione, trattato nel primo capitolo, rifiutando così completamente la dottrina dei mondi possibili. Spohn non affronta direttamente i controfattuali (in quanto a suo dire sovraccarichi di sottigliezze linguistiche di cui non vuole occuparsi – ha solo un abbozzo di teoria dei condizionali) ma dimostra che la sua teoria è superiore a quella di Lewis perché riesce a rendere conto, con estrema esattezza, di casi problematici di causalità che sfuggono alla formulazione controfattuale. Si tratta di quei casi in cui sono in gioco, rafforzandosi a vicenda o “concorrendo” allo stesso effetto, più fattori causali (casi noti nella letteratura come preemption, trumping etc.). Spohn riesce a renderne conto proprio perché ha a disposizione i rank numerici, che consentono un’analisi secondo cui a ciascun fattore causale è assegnato un preciso ruolo quantitativamente espresso, mentre la dottrina controfattuale è incapace di operare simili distinzioni (un controfattuale infatti è vero o falso, senza gradazioni). Il SESTO CAPITOLO si concentra sui modelli di spiegazione scientifica di Hempel e Salmon, e sulla nozione di causalità sviluppata da quest’ultimo, mettendo in luce soprattutto il ruolo (problematico) delle leggi di natura e degli enunciati controfattuali (a questo proposito sono prese in considerazione anche le famose critiche di Goodman e Chisholm). Proprio dalla riflessione su questi modelli infatti è scaturita la teoria di Gärdenfors, e tanto la dottrina del filosofo svedese quanto quella di Spohn possono essere viste come finalizzate a rendere conto della spiegazione scientifica confrontandosi con questi modelli meno recenti. Il SETTIMO CAPITOLO si concentra sull’analisi che la logica epistemica fornisce delle leggi di natura, che nel capitolo precedente sono ovviamente emerse come elemento fondamentale della spiegazione scientifica. Secondo Spohn le leggi sono innanzitutto proposizioni generali affermative, che sono credute in modo speciale. In primo luogo sono credute persistentemente, vale a dire, non sono mai messe in dubbio (tanto che se si incappa in una loro contro-istanza si va alla ricerca di una violazione della normalità che la giustifichi). In secondo luogo, guidano e fondano la credenza in altre credenze specifiche, che sono su di esse condizionalizzate (si riprendono, con nuovo rigore logico, le vecchie idee di Wittgenstein e di Ramsey e il concetto di legge come inference ticket). In terzo luogo sono generalizzazioni ricavate induttivamente: sono oggettivazioni di schemi induttivi. Questo capitolo si sofferma anche sulla teoria di legge offerta da Gärdenfors (analoga ma embrionale) e sull’analisi che Spohn fornisce della nozione di clausola ceteris paribus. L’OTTAVO CAPITOLO termina l’analisi cominciata con il sesto, considerando finalmente il modello epistemico della spiegazione scientifica. Si comincia dal modello di Gärdenfors, che si mostra essere minato da alcuni errori o comunque caratterizzato in modo non sufficientemente chiaro (soprattutto perché non fa ricorso, stranamente, al concetto di legge). Segue il modello di Spohn; secondo Spohn le spiegazioni scientifiche sono caratterizzate dal fatto che forniscono (o sono finalizzate a fornire) ragioni stabili, vale a dire, riconducono determinati fenomeni alle loro cause e tali cause sono credute in modo persistente. Con una dimostrazione logica molto dettagliata e di acutezza sorprendente Spohn argomenta che simili ragioni, nel lungo periodo, devono essere incontrate. La sua quindi non è solo una teoria della spiegazione scientifica che elabori un modello epistemico di che cosa succede quando un fenomeno è spiegato, ma anche una teoria dello sviluppo della scienza in generale, che incoraggia a perseguire la ricerca delle cause come necessariamente coronata da successo. Le OSSERVAZIONI CONCLUSIVE fanno il punto sulle teorie esposte e sul loro raffronto. E’ riconosciuta la superiorità della teoria di Spohn, di cui si mostra anche che raccoglie in pieno l’eredità costruttiva di Hume, al quale gli avversari si rifanno costantemente ma in modo frammentario. Si analizzano poi gli elementi delle teorie di Hempel e Salmon che hanno precorso l’impostazione epistemica. La teoria di Spohn non è esente però da alcuni punti ancora problematici. Innanzitutto, il ruolo della verità; in un primo tempo Spohn sembra rinunciare, come fa esplicitamente il suo predecessore, a trattare la verità, salvo poi invocarla quando si pone il grave problema dell’oggettivazione delle ranking functions (il problema si presenta poiché di esse inizialmente si dice che sono regole soggettive di giudizio e poi si identificano in parte con le leggi di natura). C’è poi la dottrina dei gradi di credenza che Spohn dice presentarsi “unitamente alle proposizioni” e che costituisce un inutile distacco dal realismo psicologico (critica consueta alla teoria): basterebbe osservare che i gradi di credenza sono ricavati o per condizionalizzazione automatica sulla base del tipo di fonte da cui una proposizione proviene, o per paragone immaginario con altre fonti (la maggiore o minore credenza infatti è un concetto relazionale: si crede di più o di meno “sulla base di…” o “rispetto a…”). Anche la trattazione delle leggi di natura è problematica; Spohn sostiene che sono ranking functions: a mio avviso invece esse concorrono a regole di giudizio, che prescrivono di impiegare le leggi stesse per valutare proposizioni o aspettative. Una legge di natura è un ingranaggio, per così dire, di una valutazione di certezza ma non si identifica totalmente con una legge di giudizio. I tre criteri che Spohn individua per distinguere le leggi poi non sono rispettati da tutte e sole le leggi stesse: la generalizzazione induttiva può anche dare adito a pregiudizi, e non di tutte le leggi si sono viste, individualmente, istanze ripetute tanto da giustificarle induttivamente. Infine, un episodio reale di storia della scienza come la scoperta della sintesi dell’urea da parte di F. Wöhler (1828 – ottenendo carbammide, organico, da due sostanze inorganiche, dimostra che non è vera la legge di natura fini a quel momento presunta tale secondo cui “sostanze organiche non possono essere ricavate da sostanze inorganiche”) è indice che le leggi di natura non sono sempre credute in modo persistente, cosicché per comprendere il momento della scoperta è pur sempre necessario rifarsi a una teoria di tipo popperiano, rispetto alla quale Spohn presenta invece la propria in assoluta antitesi.
Resumo:
Il tema della casa, e più in generale dell’abitare, è argomento tornato al centro del dibattito sociale più di quanto non sia avvenuto in campo tecnico‐architettonico. Sono infatti abbastanza evidenti i limiti delle proposte che nel recente passato sono state, di norma, elaborate nelle nostre città, proposte molto spesso incapaci di tener conto delle molteplici dimensioni che l’evoluzione dei costumi e della struttura urbana e sociale ha indotto anche nella sfera della residenza e che sono legate a mutate condizioni lavorative, alla diversità di cultura e di religione di nuovi gruppi etnici insediati, alla struttura dei nuclei familiari (ove ancora esistano) ed a molti altri fattori; cambiate le esigenze, un tempo composte nella struttura della famiglia, sono cambiati desideri e richieste mentre l’apparato normativo è rimasto strutturato su modelli sociali ed economici superati. Il tema dunque assume, oggi più che mai, connotazioni con forti relazioni fra problematiche funzionali, tecnologiche e simboliche. Stimolata da queste osservazioni generali, la ricerca si è mossa partendo da un’analisi di casi realizzati nel periodo storico in cui si è esaurita, in Italia, l’emergenza abitativa post‐bellica, nell’intento di riconsiderare l’approccio vitale che era stato messo in campo in quella drammatica circostanza, ma già consapevole che lo sviluppo che avrebbe poi avuto sarebbe stato molto più circoscritto. La tesi infatti, dopo aver osservato rapidamente la consistenza tipologica ed architettonica di quegli interventi, per trarne suggestioni capaci di suggerire un credibile e nuovo prototipo da indagare, attraverso un’analisi comparativa sugli strumenti oggi disponibili per la comunicazione e gestione del progetto, si è soffermata sulla potenzialità delle nuove tecnologie dell'informazione (IT). Non si può infatti non osservare che esse hanno modificato non solo il modo di vivere, di lavorare, di produrre documenti e di scambiare informazioni, ma anche quello di controllare il processo di progetto. Il fenomeno è tuttora in corso ma è del tutto evidente che anche l'attività progettuale, seppure in un settore quale è quello dell'industria edilizia, caratterizzato da una notevole inerzia al cambiamento e restio all'innovazione, grazie alle nuove tecnologie ha conosciuto profonde trasformazioni (già iniziate con l’avvento del CAD) che hanno accelerato il progressivo mutamento delle procedure di rappresentazione e documentazione digitale del progetto. Su questo tema quindi si è concentrata la ricerca e la sperimentazione, valutando che l'”archivio di progetto integrato”, (ovvero IPDB ‐ Integrated Project Database) è, probabilmente, destinato a sostituire il concetto di CAD (utilizzato fino ad ora per il settore edilizio ed inteso quale strumento di elaborazione digitale, principalmente grafica ma non solo). Si è esplorata quindi, in una prima esperienza di progetto, la potenzialità e le caratteristiche del BIM (Building Information Model) per verificare se esso si dimostra realmente capace di formulare un archivio informativo, di sostegno al progetto per tutto il ciclo di vita del fabbricato, ed in grado di definirne il modello tridimensionale virtuale a partire dai suoi componenti ed a collezionare informazioni delle geometrie, delle caratteristiche fisiche dei materiali, della stima dei costi di costruzione, delle valutazioni sulle performance di materiali e componenti, delle scadenze manutentive, delle informazioni relative a contratti e procedure di appalto. La ricerca analizza la strutturazione del progetto di un edificio residenziale e presenta una costruzione teorica di modello finalizzata alla comunicazione e gestione della pianificazione, aperta a tutti i soggetti coinvolti nel processo edilizio e basata sulle potenzialità dell’approccio parametrico.
Resumo:
Descrizione, tema e obiettivi della ricerca La ricerca si propone lo studio delle possibili influenze che la teoria di Aldo Rossi ha avuto sulla pratica progettuale nella Penisola Iberica, intende quindi affrontare i caratteri fondamentali della teoria che sta alla base di un metodo progettuale ed in particolar modo porre l'attenzione alle nuove costruzioni quando queste si confrontano con le città storiche. Ha come oggetto principale lo studio dei documenti, saggi e scritti riguardanti il tema della costruzione all'interno delle città storiche. Dallo studio di testi selezionati di Aldo Rossi sulla città si vuole concentrare l'attenzione sull'influenza che tale teoria ha avuto nei progetti della Penisola Iberica, studiare come è stata recepita e trasmessa successivamente, attraverso gli scritti di autori spagnoli e come ha visto un suo concretizzarsi poi nei progetti di nuove costruzioni all'interno delle città storiche. Si intende restringere il campo su un periodo ed un luogo precisi, Spagna e Portogallo a partire dagli anni Settanta, tramite la lettura di un importante evento che ha ufficializzato il contatto dell'architetto italiano con la Penisola Iberica, quale il Seminario di Santiago de Compostela tenutosi nel 1976. Al Seminario parteciparono numerosi architetti che si confrontarono su di un progetto per la città di Santiago e furono invitati personaggi di fama internazionale a tenere lezioni introduttive sul tema di dibattito in merito al progetto e alla città storica. Il Seminario di Santiago si colloca in un periodo storico cruciale per la Penisola Iberica, nel 1974 cade il regime salazarista in Portogallo e nel 1975 cade il regime franchista in Spagna ed è quindi di rilevante importanza capire il legame tra l'architettura e la nuova situazione politica. Dallo studio degli interventi, dei progetti che furono prodotti durante il Seminario, della relazione tra questo evento ed il periodo storico in cui esso va contestualizzato, si intende giungere alla individuazione delle tracce della reale presenza di tale eredità. Presupposti metodologici. Percorso e strumenti di ricerca La ricerca può quindi essere articolata in distinte fasi corrispondenti per lo più ai capitoli in cui si articola la tesi: una prima fase con carattere prevalentemente storica, di ricerca del materiale per poter definire il contesto in cui si sviluppano poi le vicende oggetto della tesi; una seconda fase di impronta teorica, ossia di ricerca bibliografica del materiale e delle testimonianze che provvedono alla definizione della reale presenza di effetti scaturiti dai contatti tra Rossi e la Penisola Iberica, per andare a costruire una eredità ; una terza fase che entra nel merito della composizione attraverso lo studio e la verifica delle prime due parti, tramite l'analisi grafica applicata ad uno specifico esempio architettonico selezionato; una quarta fase dove il punto di vista viene ribaltato e si indaga l'influenza dei luoghi visitati e dei contatti intrattenuti con alcuni personaggi della Penisola Iberica sull'architettura di Rossi, ricercandone i riferimenti. La ricerca è stata condotta attraverso lo studio di alcuni eventi selezionati nel corso degli anni che si sono mostrati significativi per l'indagine, per la risonanza che hanno avuto sulla storia dell'architettura della Penisola. A questo scopo si sono utilizzati principalmente tre strumenti: lo studio dei documenti, le pubblicazioni e le riviste prodotte in Spagna, gli scritti di Aldo Rossi in merito, e la testimonianza diretta attraverso interviste di personaggi chiave. La ricerca ha prodotto un testo suddiviso per capitoli che rispetta l'organizzazione in fasi di lavoro. A seguito di determinate condizioni storiche e politiche, studiate nella ricerca a supporto della tesi espressa, nella Penisola Iberica si è verificato il diffondersi della necessità e del desiderio di guardare e prendere a riferimento l'architettura europea e in particolar modo quella italiana. Il periodo sul quale viene focalizzata l'attenzione ha inizio negli anni Sessanta, gli ultimi prima della caduta delle dittature, scenario dei primi viaggi di Aldo Rossi nella Penisola Iberica. Questi primi contatti pongono le basi per intense e significative relazioni future. Attraverso l'approfondimento e la studio dei materiali relativi all'oggetto della tesi, si è cercato di mettere in luce il contesto culturale, l'attenzione e l'interesse per l'apertura di un dibattito intorno all'architettura, non solo a livello nazionale, ma europeo. Ciò ha evidenziato il desiderio di innescare un meccanismo di discussione e scambio di idee, facendo leva sull'importanza dello sviluppo e ricerca di una base teorica comune che rende coerente i lavori prodotti nel panorama architettonico iberico, seppur ottenendo risultati che si differenziano gli uni dagli altri. E' emerso un forte interesse per il discorso teorico sull'architettura, trasmissibile e comunicabile, che diventa punto di partenza per un metodo progettuale. Ciò ha reso palese una condivisione di intenti e l'assunzione della teoria di Aldo Rossi, acquisita, diffusa e discussa, attraverso la pubblicazione dei suoi saggi, la conoscenza diretta con l'architetto e la sua architettura, conferenze, seminari, come base teorica su cui fondare il proprio sapere architettonico ed il processo metodologico progettuale da applicare di volta in volta negli interventi concreti. Si è giunti così alla definizione di determinati eventi che hanno permesso di entrare nel profondo della questione e di sondare la relazione tra Rossi e la Penisola Iberica, il materiale fornito dallo studio di tali episodi, quali il I SIAC, la diffusione della rivista "2C. Construccion de la Ciudad", la Coleccion Arquitectura y Critica di Gustavo Gili, hanno poi dato impulso per il reperimento di una rete di ulteriori riferimenti. E' stato possibile quindi individuare un gruppo di architetti spagnoli, che si identificano come allievi del maestro Rossi, impegnato per altro in quegli anni nella formazione di una Scuola e di un insegnamento, che non viene recepito tanto nelle forme, piuttosto nei contenuti. I punti su cui si fondano le connessioni tra l'analisi urbana e il progetto architettonico si centrano attorno due temi di base che riprendono la teoria esposta da Rossi nel saggio L'architettura della città : - relazione tra l'area-studio e la città nella sua globalità, - relazione tra la tipologia edificatoria e gli aspetti morfologici. La ricerca presentata ha visto nelle sue successive fasi di approfondimento, come si è detto, lo sviluppo parallelo di più tematiche. Nell'affrontare ciascuna fase è stato necessario, di volta in volta, operare una verifica delle tappe percorse precedentemente, per mantenere costante il filo del discorso col lavoro svolto e ritrovare, durante lo svolgimento stesso della ricerca, gli elementi di connessione tra i diversi episodi analizzati. Tale operazione ha messo in luce talvolta nodi della ricerca rimasti in sospeso che richiedevano un ulteriore approfondimento o talvolta solo una rivisitazione per renderne possibile un più proficuo collegamento con la rete di informazioni accumulate. La ricerca ha percorso strade diverse che corrono parallele, per quanto riguarda il periodo preso in analisi: - i testi sulla storia dell'architettura spagnola e la situazione contestuale agli anni Settanta - il materiale riguardante il I SIAC - le interviste ai partecipanti al I SIAC - le traduzioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica - la rivista "2C. Construccion de la Ciudad" Esse hanno portato alla luce una notevole quantità di tematiche, attraverso le quali, queste strade vengono ad intrecciarsi e a coincidere, verificando l'una la veridicità dell'altra e rafforzandone il valore delle affermazioni. Esposizione sintetica dei principali contenuti esposti dalla ricerca Andiamo ora a vedere brevemente i contenuti dei singoli capitoli. Nel primo capitolo Anni Settanta. Periodo di transizione per la Penisola Iberica si è cercato di dare un contesto storico agli eventi studiati successivamente, andando ad evidenziare gli elementi chiave che permettono di rintracciare la presenza della predisposizione ad un cambiamento culturale. La fase di passaggio da una condizione di chiusura rispetto alle contaminazioni provenienti dall'esterno, che caratterizza Spagna e Portogallo negli anni Sessanta, lascia il posto ad un graduale abbandono della situazione di isolamento venutasi a creare intorno al Paese a causa del regime dittatoriale, fino a giungere all'apertura e all'interesse nei confronti degli apporti culturali esterni. E' in questo contesto che si gettano le basi per la realizzazione del I Seminario Internazionale di Architettura Contemporanea a Santiago de Compostela, del 1976, diretto da Aldo Rossi e organizzato da César Portela e Salvador Tarragó, di cui tratta il capitolo secondo. Questo è uno degli eventi rintracciati nella storia delle relazioni tra Rossi e la Penisola Iberica, attraverso il quale è stato possibile constatare la presenza di uno scambio culturale e l'importazione in Spagna delle teorie di Aldo Rossi. Organizzato all'indomani della caduta del franchismo, ne conserva una reminescenza formale. Il capitolo è organizzato in tre parti, la prima si occupa della ricostruzione dei momenti salienti del Seminario Proyecto y ciudad historica, dagli interventi di architetti di fama internazionale, quali lo stesso Aldo Rossi, Carlo Aymonino, James Stirling, Oswald Mathias Ungers e molti altri, che si confrontano sul tema delle città storiche, alle giornate seminariali dedicate all’elaborazione di un progetto per cinque aree individuate all’interno di Santiago de Compostela e quindi dell’applicazione alla pratica progettuale dell’inscindibile base teorica esposta. Segue la seconda parte dello stesso capitolo riguardante La selezione di interviste ai partecipanti al Seminario. Esso contiene la raccolta dei colloqui avuti con alcuni dei personaggi che presero parte al Seminario e attraverso le loro parole si è cercato di approfondire la materia, in particolar modo andando ad evidenziare l’ambiente culturale in cui nacque l’idea del Seminario, il ruolo avuto nella diffusione della teoria di Aldo Rossi in Spagna e la ripercussione che ebbe nella pratica costruttiva. Le diverse interviste, seppur rivolte a persone che oggi vivono in contesti distanti e che in seguito a questa esperienza collettiva hanno intrapreso strade diverse, hanno fatto emergere aspetti comuni, tale unanimità ha dato ancor più importanza al valore di testimonianza offerta. L’elemento che risulta più evidente è il lascito teorico, di molto prevalente rispetto a quello progettuale che si è andato mescolando di volta in volta con la tradizione e l’esperienza dei cosiddetti allievi di Aldo Rossi. Negli stessi anni comincia a farsi strada l’importanza del confronto e del dibattito circa i temi architettonici e nel capitolo La fortuna critica della teoria di Aldo Rossi nella Penisola Iberica è stato affrontato proprio questo rinnovato interesse per la teoria che in quegli anni si stava diffondendo. Si è portato avanti lo studio delle pubblicazioni di Gustavo Gili nella Coleccion Arquitectura y Critica che, a partire dalla fine degli anni Sessanta, pubblica e traduce in lingua spagnola i più importanti saggi di architettura, tra i quali La arquitectura de la ciudad di Aldo Rossi, nel 1971, e Comlejidad y contradiccion en arquitectura di Robert Venturi nel 1972. Entrambi fondamentali per il modo di affrontare determinate tematiche di cui sempre più in quegli anni si stava interessando la cultura architettonica iberica, diventando così ¬ testi di riferimento anche nelle scuole. Le tracce dell’influenza di Rossi sulla Penisola Iberica si sono poi ricercate nella rivista “2C. Construccion de la Ciudad” individuata come strumento di espressione di una teoria condivisa. Con la nascita nel 1972 a Barcellona di questa rivista viene portato avanti l’impegno di promuovere la Tendenza, facendo riferimento all’opera e alle idee di Rossi ed altri architetti europei, mirando inoltre al recupero di un ruolo privilegiato dell’architettura catalana. A questo proposito sono emersi due fondamentali aspetti che hanno legittimato l’indagine e lo studio di questa fonte: - la diffusione della cultura architettonica, il controllo ideologico e di informazione operato dal lavoro compiuto dalla rivista; - la documentazione circa i criteri di scelta della redazione a proposito del materiale pubblicato. E’ infatti attraverso le pubblicazioni di “2C. Construccion de la Ciudad” che è stato possibile il ritrovamento delle notizie sulla mostra Arquitectura y razionalismo. Aldo Rossi + 21 arquitectos españoles, che accomuna in un’unica esposizione le opere del maestro e di ventuno giovani allievi che hanno recepito e condiviso la teoria espressa ne “L’architettura della città”. Tale mostra viene poi riproposta nella Sezione Internazionale di Architettura della XV Triennale di Milano, la quale dedica un Padiglione col titolo Barcelona, tres epocas tres propuestas. Dalla disamina dei progetti presentati è emerso un interessante caso di confronto tra le Viviendas para gitanos di César Portela e la Casa Bay di Borgo Ticino di Aldo Rossi, di cui si è occupato l’ultimo paragrafo di questo capitolo. Nel corso degli studi è poi emerso un interessante risvolto della ricerca che, capovolgendone l’oggetto stesso, ne ha approfondito gli aspetti cercando di scavare più in profondità nell’analisi della reciproca influenza tra la cultura iberica e Aldo Rossi, questa parte, sviscerata nell’ultimo capitolo, La Penisola Iberica nel “magazzino della memoria” di Aldo Rossi, ha preso il posto di quello che inizialmente doveva presentarsi come il risvolto progettuale della tesi. Era previsto infatti, al termine dello studio dell’influenza di Aldo Rossi sulla Penisola Iberica, un capitolo che concentrava l’attenzione sulla produzione progettuale. A seguito dell’emergere di un’influenza di carattere prettamente teorica, che ha sicuramente modificato la pratica dal punto di vista delle scelte architettoniche, senza però rendersi esplicita dal punto di vista formale, si è preferito, anche per la difficoltà di individuare un solo esempio rappresentativo di quanto espresso, sostituire quest’ultima parte con lo studio dell’altra faccia della medaglia, ossia l’importanza che a sua volta ha avuto la cultura iberica nella formazione della collezione dei riferimenti di Aldo Rossi. L’articolarsi della tesi in fasi distinte, strettamente connesse tra loro da un filo conduttore, ha reso necessari successivi aggiustamenti nel percorso intrapreso, dettati dall’emergere durante la ricerca di nuovi elementi di indagine. Si è pertanto resa esplicita la ricercata eredità di Aldo Rossi, configurandosi però prevalentemente come un’influenza teorica che ha preso le sfumature del contesto e dell’esperienza personale di chi se ne è fatto ricevente, diventandone così un continuatore attraverso il proprio percorso autonomo o collettivo intrapreso in seguito. Come suggerisce José Charters Monteiro, l’eredità di Rossi può essere letta attraverso tre aspetti su cui si basa la sua lezione: la biografia, la teoria dell’architettura, l’opera. In particolar modo per quanto riguarda la Penisola Iberica si può parlare dell’individuazione di un insegnamento riferito alla seconda categoria, i suoi libri di testo, le sue partecipazioni, le traduzioni. Questo è un lascito che rende possibile la continuazione di un dibattito in merito ai temi della teoria dell’architettura, della sue finalità e delle concrete applicazioni nelle opere, che ha permesso il verificarsi di una apertura mentale che mette in relazione l’architettura con altre discipline umanistiche e scientifiche, dalla politica, alla sociologia, comprendendo l’arte, le città la morfologia, la topografia, mediate e messe in relazione proprio attraverso l’architettura.
Resumo:
Porous materials are widely used in many fields of industrial applications, to achieve the requirements of noise reduction, that nowadays derive from strict regulations. The modeling of porous materials is still a problematic issue. Numerical simulations are often problematic in case of real complex geometries, especially in terms of computational times and convergence. At the same time, analytical models, even if partly limited by restrictive simplificative hypotheses, represent a powerful instrument to capture quickly the physics of the problem and general trends. In this context, a recently developed numerical method, called the Cell Method, is described, is presented in the case of the Biot's theory and applied for representative cases. The peculiarity of the Cell Method is that it allows for a direct algebraic and geometrical discretization of the field equations, without any reduction to a weak integral form. Then, the second part of the thesis presents the case of interaction between two poroelastic materials under the context of double porosity. The idea of using periodically repeated inclusions of a second porous material into a layer composed by an original material is described. In particular, the problem is addressed considering the efficiency of the analytical method. A analytical procedure for the simulation of heterogeneous layers based is described and validated considering both conditions of absorption and transmission; a comparison with the available numerical methods is performed. ---------------- I materiali porosi sono ampiamente utilizzati per diverse applicazioni industriali, al fine di raggiungere gli obiettivi di riduzione del rumore, che sono resi impegnativi da norme al giorno d'oggi sempre più stringenti. La modellazione dei materiali porori per applicazioni vibro-acustiche rapprensenta un aspetto di una certa complessità. Le simulazioni numeriche sono spesso problematiche quando siano coinvolte geometrie di pezzi reali, in particolare riguardo i tempi computazionali e la convergenza. Allo stesso tempo, i modelli analitici, anche se parzialmente limitati a causa di ipotesi semplificative che ne restringono l'ambito di utilizzo, rappresentano uno strumento molto utile per comprendere rapidamente la fisica del problema e individuare tendenze generali. In questo contesto, un metodo numerico recentemente sviluppato, il Metodo delle Celle, viene descritto, implementato nel caso della teoria di Biot per la poroelasticità e applicato a casi rappresentativi. La peculiarità del Metodo delle Celle consiste nella discretizzazione diretta algebrica e geometrica delle equazioni di campo, senza alcuna riduzione a forme integrali deboli. Successivamente, nella seconda parte della tesi viene presentato il caso delle interazioni tra due materiali poroelastici a contatto, nel contesto dei materiali a doppia porosità. Viene descritta l'idea di utilizzare inclusioni periodicamente ripetute di un secondo materiale poroso all'interno di un layer a sua volta poroso. In particolare, il problema è studiando il metodo analitico e la sua efficienza. Una procedura analitica per il calcolo di strati eterogenei di materiale viene descritta e validata considerando sia condizioni di assorbimento, sia di trasmissione; viene effettuata una comparazione con i metodi numerici a disposizione.
Resumo:
In questa Tesi vengono trattati alcuni temi relativi alla modellizzazione matematica delle Transizioni di Fase, il cui filo conduttore è la descrizione basata su un parametro d'ordine, originato dalla Teoria di Landau. Dopo aver presentato in maniera generale un modo di approccio alla dinamica delle transizioni mediante campo di fase, con particolare attenzione al problema della consistenza termodinamica nelle situazioni non isoterme, si considerano tre applicazioni di tale metodo a transizioni di fase specifiche: la transizione ferromagnetica, la transizione superconduttrice e la transizione martensitica nelle leghe a memoria di forma (SMA). Il contributo maggiore viene fornito nello studio di quest'ultima transizione di fase per la quale si è elaborato un modello a campo di fase termodinamicamente consistente, atto a descriverne le proprietà termomeccaniche essenziali.
Resumo:
Questo studio propone un’esplorazione dei nessi tra fenomeno migratorio, dinamiche transnazionali e quadri familiari, in un contesto specificato che è quello peruviano. Dal confronto critico con i paradigmi disciplinari in uso negli ambiti dell’antropologia delle migrazioni, degli studi sul transnazionalismo e sulle famiglie transnazionali, e dell’etnografia multi-situata, si è tentata una lettura teorica e metodologica che renda conto del contesto socio-familiare di partenza non come parte periferica di una completa visione del migrante, ma quale oggetto specifico della ricerca. L’obbiettivo è verificare, a livello locale, quale siano gli impatti della migrazione esterna di uno o più membri sulle strutture e sulle dinamiche, sui codici e sui ruoli del nucleo parentale originario. E individuare, sul piano transnazionale, quali reti, quali rituali o pratiche di connessione funzionino tra coloro che vanno e coloro che restano, quali discorsi e quali culture migratorie si sviluppino e si condividano. La ricerca si è svolta in Perù tra il 2009 ed il 2011. Il campo dell’indagine si è diviso tra due località nell’area della Costa del Perù. Lima, la capitale, e Chiclín, un villaggio rurale nella regione settentrionale de La Libertad. Attraverso le tecniche d’inchiesta della pratica etnografica, una permanenza prolungata sul terreno e l’osservazione partecipante, si è lavorato con i membri adulti di ambo i sessi di tre gruppi parentali distribuiti tra i due luoghi menzionati, selezionati in partenza sulla base dei contatti forniti da alcuni dei loro familiari emigrati in Italia tra il 1990 ed il 2000. Centrare l’analisi sulle figure per certi aspetti marginali dell’esperienza della migrazione normalmente considerata, è servito da un lato a rovesciare parzialmente la prospettiva transnazionale aggiustandola proprio rispetto a quegli attori sociali; dall’altro e ad un tempo, ha permesso di fare luce su dinamiche migratorie più generali, di ricostruirle e di ri-teorizzarle.
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Obiettivi: nonostante i miglioramenti nel trattamento, circa il 30% dei pazienti pediatrici affetti da Linfoma di Hodgkin (LH) in stadio avanzato recidiva o muore per progressione di malattia e i correnti metodi predittivi biologico-clinici non consentono di individuare tali pazienti. L’obiettivo dello studio è stato quello di definire un profilo molecolare di rischio che correli con l’outcome in questi pazienti. Materiali e metodi: studio retrospettico condotto su pazienti pediatrici affetti da LH omogeneamente trattati dal 2004 in poi. Su tali pazienti è stato intrapreso uno studio di validazione di marcatori molecolari già identificati in studi esplorativi precedenti. 27 geni sono stati analizzati in RT PCR su campioni di tessuto istologico prelevato alla diagnosi fissato in formalina e processato in paraffina relativi a una coorte di 37 pazienti, 12 ad outcome sfavorevole e 25 ad outcome favorevole. Risultati: dall’analisi univariata è emerso che solo l’espressione di CASP3 e CYCS, appartenenti al pathway apoptotico, è in grado di influenzare l’EFS in modo significativo nella nostra coorte di pazienti. Lo studio delle possibili combinazioni di questi geni ha mostrato l’esistenza di 3 gruppi di rischio che correlano con l’EFS: alto rischio (down regolazione di entrambi i geni), rischio intermedio (down regolazione di uno solo dei 2 geni), basso rischio (up regolazione di entrambi i geni). Dall’analisi multivariata è emerso che CASP3 è l’unica variabile che mantiene la sua indipendenza nell’influenzare la prognosi con un rischio di eventi di oltre il doppio di chi ha un’espressione bassa di questo gene. Conclusioni: i risultati ottenuti sulla nostra coorte di pazienti pediatrici affetti da LH confermano l’impatto sulla prognosi di due marcatori molecolari CASP3 e CYCS coinvolti nel patwhay apoptotico. La valutazione del profilo di espressione di tali geni, potrebbe pertanto essere utilizzata in corso di stadiazione, come criterio di predittività.
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Nel 1932 Ernst Robert Curtius pubblica il pamphlet politico culturale Deutscher Geist in Gefahr nel quale chiarisce il suo pensiero di fronte alla grave crisi in cui versa la Germania. Egli si schiera contro le posizioni di destra del suo tempo, delle quali critica apertamente la boria nazionalista, il rozzo antisemitismo e la creazione di un mito nazionale elaborato come strumento di manipolazione dell’opinione pubblica. Ritiene inoltre inaccettabili le posizioni rivoluzionarie, tanto di destra quanto di sinistra, che vogliono liberarsi della tradizione umanistica europea e disprezzano la Zivilisation francese; allo stesso modo rifiuta l’ideale di un germanesimo eroico avulso dalla storia europea e respinge infine tutte le forme di nichilismo che si risolvono in un atteggiamento di indifferenza nei confronti della realtà, dei valori e della storia. Curtius accetta il sistema democratico come unica soluzione e ritiene che le decisioni politiche debbano mirare al bene di tutti i ceti sociali indipendentemente dagli interessi di partiti e di singoli gruppi. Rifiuta qualunque forma, anche culturale, di supremazia della Germania, aspira a un’Europa cosmopolita, le cui nazioni siano valorizzate nelle loro caratteristiche specifiche, ed è convinto che per la costruzione della pace gli europei debbano vivere, studiare e lavorare insieme imparando gli uni le lingue degli altri. Per Curtius l’Umanesimo della tradizione classica e la letteratura del Medioevo sono parte integrante della vita di ogni europeo e fonte di energie spirituali per affrontare in modo creativo il presente e il futuro.
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Lo scritto ha l’obiettivo di definire dinamiche e cronologie di quel complesso processo espansionistico che portò Roma alla conquista dei territori dell’Ager Gallicus, partendo dall’analisi dettagliata della cultura materiale e dei rispettivi contesti di provenienza emersi dalle recenti indagini archeologiche realizzate dal Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università degli Studi di Bologna nella città di Senigallia. In armonia con quanto testimoniato dalle sequenze stratigrafiche documentate, si delineano quattro principali fasi di vita dell’abitato: la prima preromana, la seconda riferibile alla prima fase di romanizzazione del sito, la terza inerente allo sviluppo dell’insediamento con la fondazione della colonia romana e l’ultima riferibile all’età repubblicana. Emerge con chiarezza la presenza già dalla fine del IV-inizio III a.C., di un insediamento romano nel territorio della città, sviluppatosi con la fondazione di un’area sacra e la predisposizione di un’area produttiva. La scelta del sito di Sena Gallica fu strategica: un territorio idoneo allo sfruttamento agricolo e utile come testa di ponte per la conquista dei territori del Nord Italia. Inoltre, questo centro aveva già intrecciato rapporti commerciali con gli insediamenti costieri adriatici e mediterranei. La presenza di ceramica di produzione locale, il rinvenimento di elementi distanziatori e le caratteristiche geomorfologiche del sito, fanno ipotizzare la presenza in loco di un’officina ceramica. Ciò risulta di grande importanza dato che tutte le attestazioni ceramiche prodotte localmente e rinvenute nel territorio, fino ad oggi sono attribuite alle officine di Aesis e Ariminum. Dunque Sena Gallica sarebbe stata un centro commerciale e produttivo. La precoce presenza di ceramica a Vernice Nera di tipo romano-laziale prodotte localmente prima dell’istituzione ufficiale della colonia, che permette di ipotizzare uno stanziamento di piccoli gruppi di Romani in territori appena conquistati ma non ancora colonizzati, attestata a Sena Gallica, trova riscontro anche in altri centri adriatici come Ariminum, Aesis, Pisaurum, Suasa e Cattolica.
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Il lavoro è una riflessione sugli sviluppi della nozione di definizione nel recente dibattito sull'analiticità. La rinascita di questa discussione, dopo le critiche di Quine e un conseguente primo abbandono della concezione convenzionalista carnapiana ha come conseguenza una nuova concezione epistemica dell'analiticità. Nella maggior parte dei casi le nuove teorie epistemiche, tra le quali quelle di Bob Hale e Crispin Wright (Implicit Definition and the A priori, 2001) e Paul Boghossian (Analyticity, 1997; Epistemic analyticity, a defence, 2002, Blind reasoning, 2003, Is Meaning Normative ?, 2005) presentano il comune carattere di intendere la conoscenza a priori nella forma di una definizione implicita (Paul Horwich, Stipulation, Meaning, and Apriority, 2001). Ma una seconda linea di obiezioni facenti capo dapprima a Horwich, e in seguito agli stessi Hale e Wright, mettono in evidenza rispettivamente due difficoltà per la definizione corrispondenti alle questioni dell'arroganza epistemica e dell'accettazione (o della stipulazione) di una definizione implicita. Da questo presupposto nascono diversi tentativi di risposta. Da un lato, una concezione della definizione, nella teoria di Hale e Wright, secondo la quale essa appare come un principio di astrazione, dall'altro una nozione della definizione come definizione implicita, che si richiama alla concezione di P. Boghossian. In quest'ultima, la definizione implicita è data nella forma di un condizionale linguistico (EA, 2002; BR, 2003), ottenuto mediante una fattorizzazione della teoria costruita sul modello carnapiano per i termini teorici delle teorie empiriche. Un'analisi attenta del lavoro di Rudolf Carnap (Philosophical foundations of Physics, 1966), mostra che la strategia di scomposizione rappresenta una strada possibile per una nozione di analiticità adeguata ai termini teorici. La strategia carnapiana si colloca, infatti, nell'ambito di un tentativo di elaborazione di una nozione di analiticità che tiene conto degli aspetti induttivi delle teorie empiriche
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Obiettivo Analisi di consumi e costi degli antibiotici sistemici negli ospedali dell’Emilia-Romagna dal 2004 al 2011, con attenzione alla variabilità interaziendale e al significato, in termini di resistenza batterica, dell’aumento di alcuni gruppi terapeutici; Sottoanalisi nei reparti pediatrici, individuando i gruppi terapeutici critici, e valutazione delle reazioni avverse pediatriche da antibiotici segnalate, per il periodo in esame. Metodi I dati di consumo e spesa degli antibiotici sistemici per il periodo 2004-2011 sono stati ottenuti dal database regionale AFO e le giornate di degenza per ogni reparto dal database regionale di dimissione ospedaliera SDO. Le segnalazioni di sospette reazioni avverse da antibiotici tra gennaio 2004 e dicembre 2011 sono state estratte dal database nazionale VigiSegn. Risultati Negli otto anni, il consumo di antibiotici negli ospedali dell’Emilia-Romagna è aumentato del 27% e la spesa del 3%. Il consumo è apparso nettamente superiore nei reparti chirurgici che medici. La prima classe per consumo e spesa sono le penicilline/inibitori delle beta lattamasi. Nei reparti pediatrici, sono stati utilizzati 65 principi attivi diversi e amoxicillina/acido clavulanico è stato il più usato (26% del totale del 2011). Tra gli antibiotici critici, le cefalosporine di terza generazione sono state le più consumate in tutti i reparti pediatrici nel 2011. Tra le molecole il cui uso ospedaliero è vincolato, spiccano il linezolid e la teicoplanina che, comunque, hanno inciso più di tutte nella spesa del 2011 (18% e 15%, rispettivamente). Per la farmacovigilanza, i bambini (3-13 anni) sono stati coinvolti in 23 casi, mentre gli infanti (≤2 anni) solo in 4. L’associazione amoxicillina/acido clavulanico è stata più frequentemente segnalata (n=7), e soltanto 2 casi erano gravi. Conclusioni I risultati mostrano un quadro critico sul massiccio uso delle cefalosporine di terza generazione e sull’incremento del linezolid, da approfondire se per inappropriatezza d’uso oppure per aumento delle resistenze batteriche.