90 resultados para BREF, MiniBREF, Impianti termoelettrici, Indici di inquinamento, concentrazione inquinanti


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Negli impianti utilizzati per la produzione di energia elettrica che sfruttano l'energia solare, quali la tecnologia solare a concentrazione (Solare Termodinamico) sviluppata da ENEA, per minimizzare le dispersioni di calore è necessaria una elevata selettività spettrale. Per ottimizzare l'efficienza dell'impianto è quindi necessario lo sviluppo di materiali innovativi, in grado di minimizzare la quantità di energia dispersa per riflessione. In questo studio, per incrementare la trasmittanza solare dei componenti in vetro presenti nei tubi ricevitori dell'impianto, sono state utilizzate tipologie diverse di rivestimenti antiriflesso (multistrato e a singolo strato poroso). I rivestimenti sono stati ottenuti mediante via umida, con tecnica di sol-gel dip-coating. I sol coprenti sono stati preparati da alcossidi o sali metallici precursori degli ossidi che costituiscono il rivestimento. Sono state approfondite sia la fase di sintesi dei sol coprenti, sia la fase di deposizione sul substrato, che ha richiesto la progettazione e realizzazione di una apparecchiatura prototipale, ossia di un dip-coater in grado di garantire un accurato controllo della velocità di emersione e dell'ambiente di deposizione (temperatura e umidità). Il materiale multistrato applicato su vetro non ha migliorato la trasmittanza del substrato nell'intervallo di lunghezze d'onda dello spettro solare, pur presentando buone caratteristiche antiriflesso nell'intervallo dell'UV-Vis. Al contrario, l'ottimizzazione del rivestimento a base di silice porosa, ha portato all'ottenimento di indici di rifrazione molto bassi (1.15 to 1.18) e ad un incremento della trasmittanza solare dal 91.5% al 96.8%, efficienza superiore agli attuali rivestimenti disponibili in commercio.

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Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare dapprima l’impatto ambientale di tali impianti e poi analizzare il contributo effettivo che oggi la tecnologia innovativa dei cicli Rankine organici può dare nella valorizzazione elettrica del calore di scarto di processi industriali, focalizzando l’obiettivo principalmente sulle turbine a gas ed eseguendo un caso di studio in un settore ancora poco esplorato da questa tecnologia, quello Oil&Gas. Dopo aver effettuato il censimento degli impianti a fonti fossili e rinnovabili, cogenerativi e non, presenti in Emilia-Romagna, è stato sviluppato un software chiamato MiniBref che permette di simulare il funzionamento di una qualsiasi centrale termoelettrica grazie alla possibilità di combinare la tecnologia dell’impianto con il tipo di combustibile consentendo la valutazione delle emissioni inquinanti ed i potenziali di inquinamento. Successivamente verranno illustrati gli ORC, partendo dalle caratteristiche impiantistiche e termodinamiche fino ad arrivare alla scelta del fluido organico, fondamentale per le performance del ciclo. Dopo aver effettuato una ricognizione dello stato dell’arte delle applicazioni industriali degli ORC nel recupero termico, verranno eseguite simulazioni numeriche per ricostruire gli ORC ed avere una panoramica il più completa ed attendibile delle prestazioni effettive di questi sistemi. In ultimo verranno illustrati i risultati di un caso di studio che vede l’adozione di recupero mediante ciclo organico in un’installazione esistente del settore Oil&Gas. Si effettuerà uno studio delle prestazione dell’impianto al variare delle pressioni massime e minime del ciclo ed al variare del fluido impiegato al fine di mostrare come questi parametri influenzino non solo le performance ma anche le caratteristiche impiantistiche da adottare. A conclusione del lavoro si riporteranno i risultati relativi all’analisi condotte considerando l’impianto ai carichi parziali ed in assetto cogenerativo.

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Il lavoro di tesi è incentrato sulla valutazione del degrado del suolo dovuto a fenomeni di inquinamento da metalli pesanti aerodispersi, ovvero apportati al suolo mediante deposizioni atmosferiche secche ed umide, in ambiente urbano. Lo scopo della ricerca è legato principalmente alla valutazione dell’efficienza del metodo di monitoraggio ideato che affianca al campionamento e all’analisi pedologica l’utilizzo di bioindicatori indigeni, quali il muschio, il cotico erboso, le foglie di piante arboree e il materiale pulverulento depositatosi su di esse. Una semplice analisi pedologica infatti non permette di discriminare la natura dei contaminanti in esso ritrovati. I metalli pesanti possono raggiungere il suolo attraverso diverse vie. In primo luogo questi elementi in traccia si trovano naturalmente nei suoi; ma numerose sono le fonti antropiche: attività industriali, traffico veicolare, incenerimento dei rifiuti, impianti di riscaldamento domestico, pratiche agricole, utilizzo di acque con bassi requisiti di qualità, ecc. Questo fa capire come una semplice analisi del contenuto totale o pseudo - totale di metalli pesanti nel suolo non riesca a rispondere alla domanda su quale si la fonte di provenienza di queste sostanze. Il metodo di monitoraggio integrato suolo- pianta è stato applicato a due diversi casi di studio. Il primo denominato “Progetto per il monitoraggio e valutazione delle concentrazioni in metalli pesanti e micro elementi sul sistema suolo - pianta in aree urbane adibite a verde pubblico dell’Emilia – Romagna” ha permesso di valutare l’insorgenza di una diminuzione della qualità dell’ecosistema parco urbano causata dalla ricaduta di metalli pesanti aerotrasportati, in tre differenti realtà urbane dell’Emilia Romagna: le città di Bologna, Ferrara e Cesena. Le città presentano caratteristiche pedologiche, ambientali ed economico-sociali molto diverse tra loro. Questo ha permesso di studiare l’efficienza del metodo su campioni di suolo e di vegetali molto diversi per quanto riguarda le aliquote di metalli pesanti riscontrate. Il secondo caso di studio il “Monitoraggio relativo al contenuto in metalli pesanti e microelementi nel sistema acqua-suolo-pianta delle aree circostanti l’impianto di termovalorizzazione e di incenerimento del Frullo (Granarolo dell’Emilia - BO)” è stato invece incentrato sulla valutazione della qualità ambientale delle aree circostanti l’inceneritore. Qui lo scenario si presentava più omogeneo dal punto di vista pedologico rispetto al caso di studio precedente, ma molto più complesso l’ecosistema di riferimento (urbano, extra-urbano ed agricolo). Seppure il metodo suolo-pianta abbia permesso di valutare gli apporti di metalli pesanti introdotti per via atmosferica, non è stato possibile imputarne l’origine alle sole emissioni prodotte dall’inceneritore.

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Il lavoro di Dottorato si è incentrato con successo sullo studio della possibilità di applicare il modello ADM1 per la descrizione e verifica di impianti industriali di digestione anaerobica. Dai dati sperimentali il modello e l'implementazione in software di analisi numerica si sono rivelati strumenti efficaci. Il software sviluppato è stato utilizzato come strumento di progettazione di impianti alimentati con biomasse innovative, analizzate con metodiche biochimiche (BMP) in scala di laboratorio. Lo studio è stato corredato con lo studio di fattibilità di un impianto reale con verifica di ottimo economico.

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Gli istoni sono proteine basiche che possono essere classificate in varie classi: H1, H2A, H2B, H3 e H4. Queste proteine formano l’ottamero proteico attorno al quale si avvolge il DNA per formare il nucleosoma che è l’unità fondamentale della cromatina. A livello delle code N-terminali, gli istoni possono essere soggetti a numerose modifiche posttraduzionali quali acetilazioni, metilazioni, fosforilazioni, ADP-ribosilazioni e ubiquitinazioni. Queste modifiche portano alla formazione di diversi siti di riconoscimento per diversi complessi enzimatici coinvolti in importanti processi come la riparazione e la replicazione del DNA e l’assemblaggio della cromatina. La più importante e la più studiata di queste modifiche è l’acetilazione che avviene a livello dei residui amminici della catena laterale dell’amminoacido lisina. I livelli corretti di acetilazione delle proteine istoniche sono mantenuti dall’attività combinata di due enzimi: istone acetil transferasi (HAT) e istone deacetilasi (HDAC). Gli enzimi appartenenti a questa famiglia possono essere suddivisi in varie classi a seconda delle loro diverse caratteristiche, quali la localizzazione cellulare, la dimensione, l’omologia strutturale e il meccanismo d’azione. Recentemente è stato osservato che livelli aberranti di HDAC sono coinvolti nella carcinogenesi; per questo motivo numerosi gruppi di ricerca sono interessati alla progettazione e alla sintesi di composti che siano in grado di inibire questa classe enzimatica. L’inibizione delle HDAC può infatti provocare arresto della crescita cellulare, apoptosi o morte cellulare. Per questo motivo la ricerca farmaceutica in campo antitumorale è mirata alla sintesi di inibitori selettivi verso le diverse classi di HDAC per sviluppare farmaci meno tossici e per cercare di comprendere con maggiore chiarezza il ruolo biologico di questi enzimi. Il potenziale antitumorale degli inibitori delle HDAC deriva infatti dalla loro capacità di interferire con diversi processi cellulari, generalmente non più controllati nelle cellule neoplastiche. Nella maggior parte dei casi l’attività antitumorale risiede nella capacità di attivare programmi di differenziamento, di inibire la progressione del ciclo cellulare e di indurre apoptosi. Inoltre sembra essere molto importante anche la capacità di attivare la risposta immunitaria e l’inibizione dell’angiogenesi. Gli inibitori delle HDAC possono essere a loro volta classificati in base alla struttura chimica, alla loro origine (naturale o sintetica), e alla loro capacità di inibire selettivamente le HDAC appartenenti a classi diverse. Non è ancora chiaro se la selettività di queste molecole verso una specifica classe di HDAC sia importante per ottenere un effetto antitumorale, ma sicuramente inibitori selettivi possono essere molto utili per investigare e chiarire il ruolo delle HDAC nei processi cellulari che portano all’insorgenza del tumore. Nel primo capitolo di questa tesi quindi è riportata un’introduzione sull’importanza delle proteine istoniche non solo da un punto di vista strutturale ma anche funzionale per il destino cellulare. Nel secondo capitolo è riportato lo stato dell’arte dell’analisi delle proteine istoniche che comprende sia i metodi tradizionali come il microsequenziamento e l’utilizzo di anticorpi, sia metodi più innovativi (RP-LC, HILIC, HPCE) ideati per poter essere accoppiati ad analisi mediante spettrometria di massa. Questa tecnica consente infatti di ottenere importanti e precise informazioni che possono aiutare sia a identificare gli istoni come proteine che a individuare i siti coinvolti nelle modifiche post-traduzionali. Nel capitolo 3 è riportata la prima parte del lavoro sperimentale di questa tesi volto alla caratterizzazione delle proteine istoniche mediante tecniche cromatografiche accoppiate alla spettrometria di massa. Nella prima fase del lavoro è stato messo a punto un nuovo metodo cromatografico HPLC che ha consentito di ottenere una buona separazione, alla linea di base, delle otto classi istoniche (H1-1, H1-2, H2A-1, H2A-2, H2B, H3-1, H3-2 e H4). La separazione HPLC delle proteine istoniche ha permesso di poter eseguire analisi accurate di spettrometria di massa mediante accoppiamento con un analizzatore a trappola ionica tramite la sorgente electrospray (ESI). E’ stato così possibile identificare e quantificare tutte le isoforme istoniche, che differiscono per il tipo e il numero di modifiche post-traduzionali alle quali sono soggette, previa estrazione da colture cellulari di HT29 (cancro del colon). Un’analisi così dettagliata delle isoforme non può essere ottenuta con i metodi immunologici e permette di eseguire un’indagine molto accurata delle modifiche delle proteine istoniche correlandole ai diversi stadi della progressione del ciclo e alla morte cellulare. Il metodo messo a punto è stato convalidato mediante analisi comparative che prevedono la stessa separazione cromatografica ma accoppiata a uno spettrometro di massa avente sorgente ESI e analizzatore Q-TOF, dotato di maggiore sensibilità e risoluzione. Successivamente, per identificare quali sono gli specifici amminoacidi coinvolti nelle diverse modifiche post-traduzionali, l’istone H4 è stato sottoposto a digestione enzimatica e successiva analisi mediante tecniche MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS. Queste analisi hanno permesso di identificare le specifiche lisine acetilate della coda N-terminale e la sequenza temporale di acetilazione delle lisine stesse. Nel quarto capitolo sono invece riportati gli studi di inibizione, mirati a caratterizzare le modifiche a carico delle proteine istoniche indotte da inibitori delle HDAC, dotati di diverso profilo di potenza e selettività. Dapprima Il metodo messo a punto per l’analisi delle proteine istoniche è stato applicato all’analisi di istoni estratti da cellule HT29 trattate con due noti inibitori delle HDAC, valproato e butirrato, somministrati alle cellule a dosi diverse, che corrispondono alle dosi con cui sono stati testati in vivo, per convalidare il metodo per studi di inibizione di composti incogniti. Successivamente, lo studio è proseguito con lo scopo di evidenziare effetti legati alla diversa potenza e selettività degli inibitori. Le cellule sono state trattate con due inibitori più potenti, SAHA e MS275, alla stessa concentrazione. In entrambi i casi il metodo messo a punto ha permesso di evidenziare l’aumento dei livelli di acetilazione indotto dal trattamento con gli inibitori; ha inoltre messo in luce differenti livelli di acetilazione. Ad esempio il SAHA, potente inibitore di tutte le classi di HDAC, ha prodotto un’estesa iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MS275 selettivo per la classe I di HDAC, ha prodotto modifiche molto più blande. E’ stato quindi deciso di applicare questo metodo per studiare la dose e la tempo-dipendenza dell’effetto di quattro diversi inibitori delle HDAC (SAHA, MS275, MC1855 e MC1568) sulle modifiche post-traduzionali di istoni estratti da cellule HT29. Questi inibitori differiscono oltre che per la struttura chimica anche per il profilo di selettività nei confronti delle HDAC appartenenti alle diverse classi. Sono stati condotti quindi studi di dose-dipendenza che hanno consentito di ottenere i valori di IC50 (concentrazione capace di ridurre della metà la quantità relativa dell’istone meno acetilato) caratteristici per ogni inibitore nei confronti di tutte le classi istoniche. E’ stata inoltre calcolata la percentuale massima di inibizione per ogni inibitore. Infine sono stati eseguiti studi di tempo-dipendenza. I risultati ottenuti da questi studi hanno permesso di correlare i livelli di acetilazione delle varie classi istoniche con la selettività d’azione e la struttura chimica degli inibitori somministrati alle cellule. In particolare, SAHA e MC1855, inibitori delle HDAC di classi I e II a struttura idrossamica, hanno causato l’iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MC1568 (inibitore selettivo per HDAC di classe II) ha prodotto l’iperacetilazione solo di H4. Inoltre la potenza e la selettività degli inibitori nel provocare un aumento dei livelli di acetilazione a livello delle distinte classi istoniche è stata correlata al destino biologico della cellula, tramite studi di vitalità cellulare. E’ stato osservato che il SAHA e MC1855, inibitori potenti e non selettivi, somministrati alla coltura HT29 a dose 50 μM producono morte cellulare, mentre MS275 alla stessa dose produce accumulo citostatico in G1/G0. MC1568, invece, non produce effetti significatici sul ciclo cellulare. Questo studio ha perciò dimostrato che l’analisi tramite HPLC-ESI-MS delle proteine istoniche permette di caratterizzare finemente la potenza e la selettività di nuovi composti inibitori delle HDAC, prevedendone l’effetto sul ciclo cellulare. In maggiore dettaglio è risultato che l’iperacetilazione di H4 non è in grado di provocare modifiche significative sul ciclo cellulare. Questo metodo, insieme alle analisi MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS che permettono di individuare l’ordine di acetilazione delle lisine della coda N-terminale, potrà fornire importanti informazioni sugli inibitori delle HDAC e potrà essere applicato per delineare la potenza, la selettività e il meccanismo di azione di nuovi potenziali inibitori di questa classe enzimatica in colture cellulari tumorali.

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Environmental Management includes many components, among which we can include Environmental Management Systems (EMS), Environmental Reporting and Analysis, Environmental Information Systems and Environmental Communication. In this work two applications are presented: the developement and implementation of an Environmental Management System in local administrations, according to the European scheme "EMAS", and the analysis of a territorial energy system through scenario building and environmental sustainability assessment. Both applications are linked by the same objective, which is the quest for more scientifically sound elements; in fact, both EMS and energy planning are oftec carachterized by localism and poor comparability. Emergy synthesis, proposed by ecologist H.T. Odum and described in his book "Environmental Accounting: Emergy and Environmental Decision Making" (1996) has been chosen and applied as an environmental evaluation tool, in order complete the analysis with an assessment of the "global value" of goods and processes. In particular, eMergy syntesis has been applied in order to improve the evaluation of the significance of environmental aspects in an EMS, and in order to evaluate the environmental performance of three scenarios of future evolution of the energy system. Regarding EMS, in this work an application of an EMS together with the CLEAR methodology for environmental accounting is discussed, in order to improve the identification of the environmental aspects; data regarding environmental aspects and significant ones for 4 local authorities are also presented, together with a preliminary proposal for the integration of the assessment of the significance of environmental aspects with eMergy synthesis. Regarding the analysis of an energy system, in this work the carachterization of the current situation is presented together with the overall energy balance and the evaluation of the emissions of greenhouse gases; moreover, three scenarios of future evolution are described and discussed. The scenarios have been realized with the support of the LEAP software ("Long Term Energy Alternatives Planning System" by SEI - "Stockholm Environment Institute"). Finally, the eMergy synthesis of the current situation and of the three scenarios is shown.

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La presente tesi di dottorato ha come argomento la produzione d’idrogeno per via fermentativa sfruttando il metabolismo anaerobico di particolari batteri estremofili del genere Thermotoga. In questo lavoro, svolto in seno al progetto Bio-Hydro, sfruttando reattori batch da 116 mL, è stato selezionato il ceppo migliore di Thermotoga fra i quatto ceppi testati: T. neapolitana. Una volta individuato il candidato batterico migliore è stato individuato il valore ottimale di pH (8.5 a t.amb) per la produzione d’idrogeno. Un intenso lavoro è stato svolto sul medium di coltura permettendone la minimizzazione e rendendolo così economicamente sostenibile per il suo utilizzo nel reattore da 19L; in questo caso il glucosio è stato completamente sostituito con due sottoprodotti agroindustriali individuati in precedenza, il melasso di barbabietola e il siero di latte. Sono stati poi eliminati i gravosi micronutrienti e le vitamine. È stata sfruttata la capacità di T. neapolitana di produrre biofilm e sono stati testati 4 diversi supporti in vetro sinterizzato e ceramici, tali test hanno permesso di individuare Biomax come supporto migliore. Sono stati svolti studi sul metabolismo di T. neapolitana volti ad individuare le concentrazioni inibenti di ogni substrato testato, l’inibizione da prodotto (idrogeno) e l’inibizione da ossigeno. Tutte queste prove hanno dato le conoscenze di base per la conduzione di esperienze su reattore da 19L. L’innovativo reattore di tipo SPCSTR è stato interamente studiato, progettato e costruito presso il DICMA. dell’Università di Bologna. La conduzione di esperienze batch su SPCSTR ha dato la possibilità di verificare il funzionamento del nuovo tipo d’impianto. Presso il Wageningen UR (NL), è stata svolta la selezione del miglior ceppo di Caldicellulosisruptor fra 3 testati e del miglior supporto per la produzione d’idrogeno; è stato poi costruito testato e condotto in continuo l’innovativo reattore CMTB.

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Nell’ambito della patologia gastroenterica del suino sono comprese alcune malattie sostenute da batteri spirillari gram negativi, di cui sono disponibili numerose trattazioni riguardanti, soprattutto, l'aspetto epidemiologico e patogenetico. Per alcuni di questi agenti microbici, e per le relative manifestazioni patologiche, poco si conosce nel cinghiale selvatico, animale correlato filogeneticamente al suino domestico, ma compreso in un’ecologia completamente differente. Da queste premesse è nato un approccio di ricerca e studio del comportamento di questi microrganismi in una metapopolazione di cinghiali, abbattuti durante il piano di controllo della popolazione densità-dipendente nel Parco dei Gessi e Calanchi dell’Abbadessa (BO), cercando di rapportare le conoscenze riportate in letteratura sul suino domestico con quanto è scaturito dalle indagini condotte sul cinghiale selvatico. In particolare è stata indagata con metodica immunoistochimica la presenza di Lawsonia intracellularis, patogeno del suino responsabile di Enterite Proliferativa (EP), in secondo luogo sono state condotte indagini batteriologiche e istologiche da stomaco e intestino, finalizzate all’isolamento di microrganismi spirillari dei generi Campylobacter e Helicobacter, da correlare all’eventuale presenza di lesioni infiammatorie e ulcerative gastriche o enteriche valutate secondo sistemi a punteggio ottenuti dalla bibliografia o realizzati in base alla tipologia di infiltrato cellulare e alla sua localizzazione. In ultimo, a fini comparativi con uno studio condotto nel 2002-2004 nello steso Parco Regionale, sono stati monitorati i livelli di antibioticoresistenza di indicatori fecali usando metodiche internazionali standardizzate (Escherichia coli e Enterococcus faecium.) nonché su un numero significativo di isolati di Campylobacter lanienae, per ottenere indicazioni preliminari sull’andamento nei 10 anni trascorsi dello stato di inquinamento da farmaco del Parco stesso. I risultati ottenuti permettono di ampliare le conoscenze sulla flora enterica del cinghiale selvatico e pongono questioni di sicurezza pubblica sulla gestione dei mammiferi selvatici.

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Numerose evidenze sperimentali hanno dimostrato il contributo delle cellule staminali di derivazione midollare nei processi di rigenerazione epatica dopo danno tissutale. E’ cresciuto pertanto l’interesse sul loro potenziale impiego in pazienti con cirrosi. Questo studio si propone di valutare la fattibilità e la sicurezza della reinfusione intraepatica di cellule staminali midollari autologhe CD133+ in 12 pazienti con insufficienza epatica terminale definita da un punteggio di Model for End Stage of Liver Disease (MELD) compreso tra 17 e 25. L’efficacia in termini di funzionalità epatica rappresenta un obiettivo secondario. Previa mobilizzazione nel sangue periferico mediante somministrazione di granulocyte-colony stimulating factor (G-CSF) alla dose di 7,5 mcg/Kg/b.i.d. e raccolta per leucoaferesi, le cellule CD133+ altamente purificate vengono reinfuse in arteria epatica a partire da 5x104/Kg fino a 1x106/kg. Nei tre giorni successivi si somministra G-CSF per favorire l’espansione e l’attecchimento delle cellule. Durante la mobilizzazione, la reinfusione e nei 12 mesi successivi i pazienti sono sottoposti a periodici controlli clinici, laboratoristici e strumentali e ad attenta valutazione di effetti collaterali. Lo studio è tuttora in corso e ad oggi, 11 pazienti sono stati sottoposti a reinfusione e 4 hanno completato i 12 mesi di follow-up. Il G-CSF è stato ben tollerato e ha consentito di ottenere una buona espansione cellulare. Dopo la reinfusione sono stati documentati un ematoma inguinale e due episodi transitori di encefalopatia portosistemica. Durante il follow-up 4 pazienti sono stati trapiantati e 2 sono morti. Non è stata osservata alcuna modificazione significativa degli indici di funzione epatica. Questi risultati preliminari confermano la possibilità di mobilizzare e reinfondere un numero adeguato di cellule staminali di derivazione midollare in pazienti con malattia epatica in stadio terminale.

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La presente indagine mira ad esaminare, in chiave innovativa, i rapporti tra l’Europa ed un reato prettamente europeo: il negazionismo. Sviluppatosi in maniera assolutamente predominante nel nostro continente, le ragioni della sua diffusione sono molteplici. Al di là della lotta a razzismo ed antisemitismo, il motivo principale va identificato nel ruolo “fondativo” che riveste la memoria dell’Olocausto in Europa, collocata nel cuore dell’universo valoriale su cui si reggono i due principali attori europei, ovverosia l’Unione europea e la Corte europea dei diritti dell’uomo. La ricerca, dunque, ruota attorno a due poli tematici. Da un lato, sono state esaminate le politiche normative dell’Unione europea in materia di razzismo e xenofobia, entro cui spicca la promozione dell’incriminazione del negazionismo “allargato”, cioè esteso alle condotte di negazione non solo dell’Olocausto, ma anche degli altri crimini internazionali. Dall’altro lato, l’analisi della trentennale giurisprudenza della Corte di Strasburgo in materia ha evidenziato come, con riguardo alle manifestazioni negazioniste, sia stato elaborato uno “statuto speciale”, che si risolve nel perentorio diniego di tutela per questa categoria di opinioni, sottratte a monte all’ordinario giudizio di bilanciamento in quanto giudicate incompatibili con i valori sottesi alla CEDU. Lo scopo di questo lavoro riposa nel tentativo di individuare le interazioni tra questi due sistemi istituzionali, per interpretare una tendenza che converge con nettezza verso un incremento della repressione penale della parola. Da questo complesso intreccio di norme e principi, di hard law e soft law, sarà possibile enucleare la natura giuridica ed il contenuto delle richieste di incriminazione rivolte agli Stati membri. Una volta appurato che agli Stati è concesso di restringere il campo di applicazione del reato di negazionismo, adottando degli indici di pericolosità delle condotte, sarà analizzata la tenuta di questi “elementi opzionali del reato” alla luce dei principi penalistici di tassatività, materialità, offensività e laicità.

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Il percorso sui Frammenti di Erodoto è cronologico. L'introduzione presenta criteri di lavoro, un esempio di studio sul Proemio delle Storie e la struttura generale. Per ogni momento è preso in considerazione un fenomeno particolare con un esempio. Il primo caso è contemporaneo ad Erodoto. Si tratta di un test che riguarda la criticità di alcuni concetti chiave tradizionali: intertestualità e riferimenti letterali. Il secondo capitolo è uno studio sulla storiografica di IV secolo a.C., periodo di fioritura e determinazione delle norme del genere. Qui si mettono in luce la criticità dei frammenti multipli aprendo in questo modo ampie possibilità di ricerca. Il capitolo successivo, sulla tradizione papiracea mostra il passaggio storico tra la tradizione indiretta a la tradizione manoscritta e permette uno sguardo all'epoca alessandrina. Include un catalogo ed alcuni aggiornamenti. Il capitolo quinto pone invece problemi tradizionali di trasmissione delle tradizioni storiche affrontando lo studio di FGrHist 104, testo che permette di osservare passaggi della storiografia di quinto e quarto secolo avanti Cristo. I due capitoli sulle immagini e sul Rinascimento, paralleli per quanto riguarda i riferimenti cronologici, offrono un ponte per passare dal discorso storiografico a quello in cui la consapevolezza di Erodoto è già maturata come parte della ”cultura”. Alto Medioevo, Umanesimo e Rinascimento offrono spazio a storie delle Storie che iniziano ad essere quasi di ricezione di Erodoto. Questo tema è l'oggetto dei due capitoli finali, studi legati alla presenza o assenza di Erodoto in discipline e pensieri moderni e contemporanei: il pensiero di genere e l’analisi conversazionale. Le appendici completano soprattutto il capitolo su Aristodemo con uno studio sul codice che lo trasmette, il papiro P.Oxy 2469 e il testo stesso, con traduzione e commento storico. Il lavoro si completa con una premessa, una bibliografia strutturata e indici di persone e passi citati.

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Ottimizzazione di un protocollo di anticoagulazione regionale con citrato in CRRT Introduzione: La necessità di un'anticoagulazione continua e l'ipofosforemia in corso di trattamento sono problemi costranti in corso di CRRT. Il nostro studio ha cercato di dimostrare l'efficacia e la sicurezza dell'anticoagulazione regionale con citrato in CVVH basato sull'utilizzo di una soluzione di citrato (18 mmol/L) associata ad una soluzione di reinfusione contenente fosfato, recentemente disponibile in commercio, al fine di ridurre l'ipofosfatemia in corso di CRRT. Metodi: Abbiamo utilizzato il nostro protocollo basato sull'utilizzo di una concentrazione di citrato contenente 18 mmol/l associata ad una soluzione di reinfusione contenente fosfato in un piccolo gruppo di pazienti ricoverati in terapia intensiva post-cardiochirurgica, sottoposti a CRRT per insufficienza renale acuta. Risultati: Il nostro protocollo ha garantito un'adeguata durata del circuito ed un ottimo controllo dell'equilibrio acido-base in ogni paziente. E' stata necessaria solo una minima supplementazione di fosforo in alcuni dei pazienti trattati. Conclusioni: Il nostro protocollo basato sull' utilizzo di una soluzione a concentrazione di citrato maggiore (18 mmol/l), permette un miglior controllo dell'equilibrio acido-base rispetto all'utilizzo della soluzione a più bassa concentrazione di citrato. L'uso di una minore dose di citrato ed il mantenimento di un target maggiore di calcio ionizzato all'interno del circuito sono comunque associati ad un'adeguata durata del circuito. I livelli di fosforemia sono rimasti sostanzialmente stabili nella maggior parte dei pazienti trattati, grazie alla presenza di fosfato nella soluzione utilizzata come reinfusione in post-diluizione.