5 resultados para Diente primario

em Université de Lausanne, Switzerland


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Zusammenfassung: Um die innerpsychischen Begleitprozesse von Tötungsdelikten aus triebpsychologischer Sicht zu verstehen, wendete ich mich an 33 Menschen, die ein Tötungsdelikt begangen oder zu begehen versucht haben. Als Methode diente mir der Szondi-Test, den ich mit den Betreffenden durchführte, die mir ausserdem von sich und ihrem Delikt erzählten. Die reguläre triebdiagnostische Analyse wie auch die Kainsyndromatik nach Szondi ergaben jedoch keine Gruppenbildungen und brachten mich in meinem Verständnis der Tötungen nicht wirklich weiter. So wendete ich mich der pathoanalytischen Betrachtungsweise zu, die mittels der vier grossen Nosographien der klassischen Psychiatrie, Gruppenvergleiche erst möglich machte und mir einen Überblick über verschiedene Grundstrukturen bot. Die Strukturdiagnostik der 33 Szondi-Tests sollte die Basis und demnach meine neue Ausgangslage bilden. Hypothesengenerierend stiess ich dann auf zwei weitere Einflussgrössen, die den Prozess einer Tötung entscheidend mitzuprägen schienen: die verschiedenen Aggressionsstile und die acting-Prozesse. Diese drei Einflussgrössen ergaben in ihrem Zusammenspiel auf der nosographischen, der anthropologischen und der metapsychologischen Ebene vier konstante Grössen mit je spezifischen Eigenschaften, die ich als Tötungsstile bezeichnete. Auf diese Weise entstand ein theoretisch-klinisches Modell zur retrospektiven Erfassung innerpsychischer Prozesse, die eine tötende Handlung aus triebpsychologischer und pathoanalytischer Sicht begleiten.

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Secondo Ludwig Wittgenstein occorre accettare come ovvia l'inconfrontabilità, e non la confrontabilità. E i due termini del confronto possibile o impossibile sono innanzi tutto le lingue. La traduzione svolge dunque una funzione decisiva nella vita del linguaggio. Nella traduzione le lingue si scambiano (e rubano) significati, rompono chiusura e provincialismo e comunicano la propria specifica forza significante. Silvana Borutti e Ute Heidmann riflettono sulla traduzione come esperienza di conoscenza, modello di rapporto tra lingue, letterature e culture, accesso conoscitivo, comunicativo e affettivo alla differenza. Si tratti di un testo o di un intero sistema simbolico, l'alterità non è mai un'entità data, bensì una forma dinamica che solo quando esce da sé riesce a misurare la complessità della propria relazione originaria di appartenenza e a realizzare il proprio potenziale di senso. Tradurre è allora un'operazione innovativa di attraversamento, trasmissione e metamorfosi. Per la vivibilità stessa del mondo, siamo sempre intenti a farlo: al limite, traduciamo noi a noi stessi, atto necessario per uscire dal narcisismo primario che ci trattiene in un orizzonte limitato e immediato.

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Das im letzten Viertel des 12. Jahrhunderts entstandene Alexander-Epos Walters von Châtillon, schon im 13. Jahrhundert in den ,,status of a classic" (Colker) und überdies zum Schultext avanciert, gehört zu den am reichhaltigsten überlieferten Erzähltexten der lateinischen Literatur des Mittelalters. Der Beitrag kann ausser den in der Ausgabe Colkers (1987) nachgewiesenen 209 Textzeugen 15 weitere Handschriften und Fragmente belegen und zudem einen Neufund vorstellen: Im Archiv der Bürgergemeinde Frauenfeld, Schweiz, erhielt sich als einzelnes Doppelblatt ein glossiertes Fragment des Textes aus dem späten 13. oder frühen 14. Jahrhundert. Sein Layout verrät, dass es für die begleitende Kommentierung von vornherein angelegt war und vermutlich einem Schulbuch entstammt. Die erhaltenen Scholien scheinen dem ,,Standardkommentar" (Killermann) zur ,Alexandreis' nahezustehen, könnten aber auch Bezüge zum Kommentar des Geoffrey de Vitry aufweisen, der in einer mit seinem Namen auktorial verbundenen, aus Rheinau stammenden Handschrift erhalten ist. In vergleichsweise dichter räumlicher und zeitlicher Nähe zu diesem Textzeugen entstand die Handschrift, aus der das neue Frauenfelder Fragment stammt: Die Untersuchung der Akte, als deren Schutzumschlag das Doppelblatt aus der ,Alexandreis' diente, zeigt, dass sie sich seit dem frühen 15. Jahrhundert im jetzigen Kontext, den Beständen des heutigen Archivs der Frauenfelder Bürgergemeinde, befunden hat, das auf eine seit dem 13. Jahrhundert geführte Sammlung zurückgeht. Da zudem in Frauenfeld eine Lateinschule seit dem 14. Jahrhundert nachweisbar und schon im 13. Jahrhundert zu vermuten ist, liegt es nahe, dass der Fundort des neuen Textzeugen auch der seiner Entstehung oder doch zumindest seiner Benutzung im Unterricht war. Das Fragment bietet einen trotz schlechter Abschrift (mit häufigen Korrekturen durch den Glossator) unverkennbar guten Text, in kritischer Hinsicht dabei nur geringen Gewinn. Seine textgeschichtliche Verortung kann angesichts der nach wie vor weitgehend unaufgearbeiteten Überlieferung der ,Alexandreis' nur in groben Zügen vorgenommen werden. - Mit einem durch einen kritischen Apparat erschlossenen diplomatischen Abdruck und zwei Abbildungen des neuen Fragments.

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La tesi descrive il fenomeno di ricezione del mito faustiano all'interno della tradizione letteraria italiana di Otto e Novecento (1808-1945) nel suo sviluppo diacronico, individuando i nodi processuali emergenti ritenuti sistematici accanto alle tipologie predominanti della risposta testuale e alle più proficue rifunzionalizzazioni letterarie. La storia del mito di Faust è stata considerata aristotelicamente nella sua natura complessa ed evolutiva di fabula rinarrata, e di volta in volta risemantizzata in nuovi sistemi di valori, estetici e ideologici. Ma soprattutto in nuovi sistemi testuali. Scopo primario è stato infatti quello di comprendere come il mito di Faust sia entrato dentro alla cultura letteraria italiana e come abbia agito al suo interno, interferendo con essa. Naturalmente lo scambio e gli sviluppi hanno investito in modo reciproco e la tradizione accogliente e il mito stesso, producendo un allargamento esegetico delle sue possibilità semantiche: è infatti emersa una storia testuale che tematizza nel tempo il medesimo mito lungo assi interpretative anche estremamente divergenti. La ricerca ha portato alla scoperta di una ricca testualità rimossa dal canone della storia della letteratura italiana, anche se spesso prevalgono i testi-documento sui testi esteticamente più validi e significativi in sé; si tratta di una testualità talmente quantitativamente ricca da invitare ad un ripensamento qualitativo del fenomeno generale. Il mito di Faust, per due secoli percepito dalla critica dominante come distante ed estraneo alla cultura letteraria italiana, è invece riuscito ad entrare nella tradizione letteraria italiana, anche se attraverso modalità molto controverse: in linea di massima è potuto passare dal canone statico al canone dinamico laddove ha saputo influenzare e stimolare nuove vie significative di sviluppo formale. Il confronto della cultura letteraria italiana con il mito di Faust è stato in effetti caratterizzato subito da un doppio movimento discratico di rifiuto e dialogo. Il principale fattore di rifiuto è stato di carattere culturale: la difficoltà ad accettare un equilibrio fatto non di antitesi risolte in una sintesi ma di polarità aperte, irrisolte, in perpetuo bilanciamento, anche a livello formale reso in una tragedia franta in scene apparentemente autonome, divisa in due parti così diverse e chiusa da un lieto fine, mal si confaceva ai diffusi canoni classicisti di equilibrio formale, nonché alle esigenze romantiche di poesia moralmente chiara nel suo messaggio. Da qui le diffuse accuse di scarsa chiarezza e ambiguità morale, che andavano direttamente ad incontrarsi e sommarsi con i pregiudizi più propriamente teologico- religiosi di estraneità a quel mito nato come saga luterana dichiaratamente anti-papale. La condanna di carattere moralistico-cattolico risulta nei fatti propria più di certa cultura che non del largo pubblico che invece nel corso dell'Ottocento dimostra di gradire le versioni per musica e balletto di argomento faustiano, per quanto semplificata ed edulcorate rispetto alla leggenda originaria così come rispetto alla tragedia goethiana. Rispetto a tutti questi elementi di resistenza e rifiuto l'opera Mefistofele di Boito si presenta come snodo di opposizione consapevole e riferimento duraturo d'interrogazione critica. La principale linea di avvicinamento invece tra la cultura letteraria italiana e il mito di Faust resta quella del parallelo, già ideato dagli stessi intellettuali tedeschi d'inizio Ottocento, con l'opera ritenuta massima nel nuovo canone nazionale italiano da fine Settecento ad oggi: la Divina Commedia. Tanta critica, almeno fino alla metà del XX secolo, si rifà più o meno esplicitamente a questo parallelo pregiudiziale e testualmente piuttosto infondato ma molto produttivo, come si è attestato, a livello creativo. Questa ricostruzione ha voluto nel suo complesso dimostrare sul campo il valore di questo macrotesto faustiano come una delle vie maestre della dialettica tra tradizione e modernità, ancor più significativa nell'ambito di una cultura letteraria come quella italiana che, dopo l'estinguersi della sua centralità in epoca rinascimentale, si è rivelata particolarmente resistente al dialogo con le altre letterature fino al pieno Novecento.