12 resultados para Ciência - Periódicos - Sec. XX

em Université de Lausanne, Switzerland


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Les glorificateurs russes du nom avancent des arguments nombreux pour affirmer une autre vision sur le mot et son origine et sur la langue en général. Ainsi la référence sur la nature divine du mot et de la langue, l'unité de la forme et du contenu, le lien étroit entre le mot et la pensée ou le sens. Ils ont voulu poser la question de l'ontologie de la langue pour éclaircir certains problèmes de son emploi. Rappelons, que cette réflexion fut entamée par les penseurs antiques, notamment par Platon et Aristote, continué aux premières décennies du christianisme, et reprise par la philosophie russe au début du XIXe siècle.

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RÉSUMÉMythe, tragédie et méta-théâtre sont des termes techniques provenant de disciplines comme l'anthropologie, l'histoire, la théorie et la critique littéraires. Malgré le fait que l'on puisse les assigner à des périodes historiques déterminées, ce sont des notions qui ont encore un sens à la fois actuel (elles sont indispensables pour comprendre le théâtre contemporain) et concret (à travers les différentes poétiques qui les reconfigurent, elles affectent le spectateur d'une certaine façon, ont un effet déterminé sur son corps et sa conscience). Je propose donc de les définir synthétiquement en fonction de l'effet qu'ils produisent sur le spectateur qui est conçu comme une unité de corps et de conscience. Le corps étant défini comme le lieu des émotions, la conscience sera la connaissance que le sujet acquiert de soi et du monde en fonction de ces émotions. Or, le mûthos génère des émotions que la tragédie purge à travers le phénomène de la catharsis. En revanche, le méta-théâtre interrompt le processus émotif de la conscience. Tout en appuyant mes définitions sur des notions de psychologie, neurologie et physique quantique, j'oppose tragédie et méta-théâtre de la façon suivante: la tragédie produit une forme de conscience incarnée chez le spectateur, alors que le méta-théâtre n'aboutit qu'à une forme de conscience cartésienne ou vision désincarnée. J'applique ensuite cette conception à une série de pièces importantes de l'histoire du théâtre espagnol au XXe siècle qui comportent toutes une part de réécriture d'un ou de plusieurs mythes. Je constate une généralisation du traitement méta-théâtral de la réécriture, au détriment non du tragique, mais de la tragédie proprement dite. Par conséquent, je diagnostique un déficit d'incarnation dans le théâtre espagnol au XXe siècle.

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Si ritiene comunemente che le spinte emancipatrici femminili si siano imposte con maggior vigore nei luoghi contraddistinti da mercati lavorativi più sviluppati e da maggiori opportunità di impiego retribuito, mentre nei contesti periferici, caratterizzati da marginalità economica, queste spinte sarebbero state più flebili. Il ritardo della modernizzazione di molte regioni di montagna sarebbe quindi responsabile del perdurare di una realtà femminile segnata da dipendenza e "arretratezza" sociale e culturale. Il volume si propone di analizzare in modo critico il nesso tra marginalità (economica, culturale, geografica) e discriminazione femminile, ampliando le prospettive di genere e contribuendo così al dibattito in corso da diversi anni sulle società di montagna del passato e sul loro divenire all'interno della realtà europea. I contributi abbracciano diversi contesti montani europei e prendono in esame alcuni nodi tematici quali i profili dei ruoli femminili, il loro inserimento nel mercato lavorativo e le rappresentazioni che scaturiscono dalle loro attività, delineando molteplici prospettive per lo studio del binomio genere-montagna.

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Oggetto della tesi è la poesia volgare prodotta nell'orbita della corte viscontea nel corso del Trecento e del primo Quattrocento. La presente ricerca si propone di illustrare il contesto culturale lombardo e correggere alcuni giudizi di colore avanzati dagli studi positivistici di fine Ottocento e inizio Novecento, attraverso un'indagine rigorosa sui testi scritti attorno ai Visconti, dei quali si propone un'edizione filologicamente sorvegliata, accompagnata da uno studio sulla tradizione manoscritta, da cappelli introduttivi, apparati critici e note di commento. Una prima sezione ospita il corpus di rime dell'aretino Braccio Bracci: tre canzoni {Silenzio posto aveva al dire in rima-, O aspettato dalla giusta verga e lo scambio epistolare fittizio Soldan di Bambilonia et ceterà-Illustri e serenissimo, alto e vero) e quindici sonetti (O tesorier, che 7 bel tesor d'Omero-, Antonio mio, tua fama era inmortale; Deh, non guastare il popol cristiano; O santo Pietro, per Dio, non restare; El tempio tuo, che tu edificasti-, Veggio l'antica, dritta e ferma Scala-, Messer Luigi, vostra nobil fama-, Volse Traian, quando la vedovella-, Firenze, or ti rallegra, or ti conforta-, O infamato da ' lucenti raggi-, Sette sorelle sono a mme venute-, Sempre son stato con gran signoria; Se Ile cose terrene al possesore; Sia con voi pace, signor' fiorentini). La seconda sezione accoglie dodici sonetti attribuiti al fiorentino Marchionne di Matteo Arrighi {Deh, quant 'egli è in villa un bello stare; Omé, e ' mi par che Ila mia rota torca; Acciò che veggi chiaro il mio sonetto; Tu non potrai più bere alle stagioni; O Iscatizza di vii condizione; Se mille volte il dì tu m'uccidessi; Io n'ò 'n dispetto il Sole e Ila Luna; Tanto mi piace l'angelico sono; Lasso, tapino a mme, quando riguardo; Era venuta nella mente mia; Io ti ricordo, caro amico fino; Solo soletto ma non di pensieri). Nella terza sezione si propongono due canzoni viscontee del magister Giovanni da Modena, La mia gravosa e disformata vita e Ne l'ora che la caligin nocturna . La quarta e ultima sezione è dedicata ad alcune poesie anonime viscontee: sei sonetti (Egli è gran tempo, dolce Signor mio; Quela dolce saeta che nel core; Stan le cita lombarde co le chiave; Cesere in arme fu feroce e franco; l'pensava stancar la destra mano; Poniam silenzio a tutti i gran Signori), due ballate (Chi troppo al fuoco si lassa apressare e Io udii già cantare), due Lamenti di Bernabò Visconti in ottava rima (Novo lamento con doglioxo pianto e l'prego Idio eh 'è Signore e Padre, quest'ultimo pronunciato da un tal Matteo da Milano) e una canzone in morte del duca Gian Galeazzo {Fortuna c 'ogni ben mundan remuti).