29 resultados para Cavino, Giovanni dal, 1500-1570.

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La tesi di Dottorato, condotta in accordo di colutela tra l'Università di Roma Tor Vergata e l'UNIL di Losanna, ha affrontato l'analisi di un gruppo di undici disegni custodia presso la National Gallery of Scotland di Edimburgo, copie di alcuni dei più significativi mosaici medioevali delle chiese di Roma, ricostruendone la genesi, quindi le vicende legate alla committenza, e il percorso collezionistico. I disegni scozzesi, oggetto di un importante articolo di Julian Gardner pubblicato sul Burlington Magatine nel 1973, furono commissionati intorno agli anni Settanta del XVII secolo dall'antiquario romano Giovanni Giustino Ciampini (1633-1698) in connessione alla stesura della sua opera di erudizione più avvertita e famosa: i Vetera Mommenta in' quibus praecipue Musiva Opera, sacrarum, profanan,mque, Aedìum structura, ac nonnulli antiqui ritus dissertationibus iconìbusque illustrantur. La composizione dei Vetera Mommenta - un'opera riccamente illustrata che nasce per rispondere alle esigenze della ideologia della Chiesa di Roma in un momento di rinnovata crisi del sistema - impone a Ciampini di porsi da un lato nella prospettiva della più alta tradizione antiquaria cinque e seicentesca, di cui recupera i metodi di lettura e di analisi applicati allo studio delle monete e dei monumenti antichi interpretati quali prove per la ricostruzione storica, e dall'altra, come è emerso dalle mie ricerche, lo pone immediatamente in contatto con gli avamposti del più moderno metodo di indagine storica e filologica applicato alle fonti e ai documenti della storia ecclesiastica, inaugurato dall'ambiente bollandista e inaurino. I monumenti paleocristiani e medioevali assumono in quest'ottica lo status di 'fatti incontestabili', le fonti primarie attraverso le quali Ciampini ricuce le tappe salienti della storia della Chiesa, da Costantino fino al XV secolo. Nel 1700 le copie di Edimburgo arrivano nelle mani del mercante e connoisseur milanese il padre oratoriano Sebastiano Resta (1635-1714), di stanza a Roma presso la Chiesa Nuova della Vallicella dal 1660, che decide di rilegarle tutte insieme in un volume da donare al suo maggiore acquirente e patrono, il vescovo di Arezzo Giovanni Matteo Marchetti. Come spiega Resta in alcune sue lettere, il presente avrebbe dovuto costituire insieme una curiosità ed offrire un confronto: infatti «le copie delli mosaici di Roma che erano di Monsignor Ciampini» - afferma Resta - avrebbero mostrato al Marchetti «le maniere di que' tempi gottici, barbari e divoti de cristiani e [fatto] spiccare i secoli seguenti». Questa indagine infatti ha fatto riemergere aspetti della precoce attenzione di Sebastiano Resta per l'arte dei "secoli bassi", mai debitamente affrontata dagli studi. E' infatti sulla scorta di una profonda conoscenza dei testi della letteratura artistica, e in connessione alla esplosione vivacissima della controversia Malvasia/Baldinucci sul primato del risorgere delle arti in Toscana, che Sebastiano a partire dagli anni Ottanta del Seicento comincia a meditare sul Medioevo artistico con il fine di spiegare l'evoluzione del linguaggio tecnico e formale che ha condotto alla perfezione dell'atte moderna. In questa prospettiva ι disegni del XIV e XV secolo che egli riuscì ad intercettare sul mercato valgono quali testimonianze delle maniere degli artefici più antichi e sono imbastiti nei molteplici album che Resta compone nel rispetto della successione cronologica dei presunti autori, e ordinati in base alle scuole pittoriche di pertinenza. La tesi permette perciò di descrivere nelle loro diverse specificità: da un lato il modo dei conoscitori come Resta, interessati nell'opera al dato stilistico, con immediate e sensibili ricadute sul mercato, e disposti anche con passione a ricercare i documenti relativi all'opera in quanto pressati dall'urgenza di collocarla nella sequenza cronologica dello sviluppo del linguaggio formale e tecnico; dall'altro gli antiquari come Ciampini e come Bianchini, per i quali le opere del passato valgono come prove irrefutabili della ricostruzione storica, e divengono quindi esse stesse, anche nel loro statuto di copia, documento della stona. Sono due approcci che si manifestano nel Seicento, e talvolta in una medesima persona, come mostra il caso anche per questo cruciale di Giovati Pietro Bellori, ma che hanno radici cinquecentesche, di cui i protagonisti di queste vicende sono ben consapevoli: e se dietro Resta c'è palesemente Vasari, dietro Ciampini e soprattutto Bianchini c'è la più alta tradizione antiquaria del XVI secolo, da Antonio Augustin a Fulvio Orsini.

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Nel contributo è pubblicata la prima redazione conosciuta dell'Orazione con cui Giovanni della Casa nel 1549 chiese all'imperatore Carlo V la restituzione di Piacenza ai Farnese, loro sottratta dopo l'uccisione di Pier Luigi nel 1547. L'edizione documenta l'elaborazione d'autore con un apparato evolutivo del testo trasmesso dal manoscritto Vaticano Chigiano O vi 80. This article provides an edition of the first known version of Giovanni della Casa's request to the Emperor Charles V (1549) for the restitution of Piacenza to the Farnese family after Pier Luigi's murder in 1547. This edition documents the Author's working out with an evolutional apparatus of the text transmitted by the manuscript Chigiano O vi 80.

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RESUME Dalí et le dynamisme des formes. L'élaboration de l'activité « paranoïaque-critique » dans le contexte socioculturel des années 1920-1930 Rendre à nouveau lisibles des textes dont on ne sait plus reconnaître les enjeux historiques et cognitifs, tel est le principal défi que cet ouvrage consacré aux écrits surréalistes de Dalí se propose de relever. La thèse fait ressortir l'image sans doute un peu déroutante d'un créateur stratège qui, assimilant de manière originale les savoirs les plus variés et dialoguant avec les intellectuels de son temps, propose au tournant des années 1930 une théorie du surréalisme novatrice, capable de redynamiser un groupe en pleine crise. L'étude, combinant des perspectives sociologiques et linguistiques, explore tout d'abord les écrits à caractère manifestaire et dessine les traits conceptuels et stylistiques qui font la singularité du projet de Dalí dans le cadre du mouvement surréaliste. S'inspirant des images-devinettes, de la production des fous, de l'interprétation des figures aux formes indéterminées, le Catalan conçoit une méthode créative et cognitive qui se fonde sur une pensée subconsciente active, schématisant et fertilisant automatiquement toute donnée perçue. Dans le domaine de la peinture, ce sont les formes des objets qui sont surdéterminées par les désirs subconscients du créateur et du spectateur et qui acquièrent ainsi des significations inattendues. Dans le domaine de l'écriture, ce sont les formes sonores et graphiques des mots ou encore l'ossature discursive qui, investies par les fantasmes de l'écrivain et du lecteur, génèrent une multitude d'images. A l'aune des modes de connaissance propres à l'époque, l'étude porte ensuite sur deux modèles de pensée - le paradigme photographique et l'imaginaire lié à la notion d'espace-temps développée par Einstein dans le cadre de la théorie de la relativité générale - qui sont en vogue pendant les années 1930 et que le peintre se réapproprie pour signifier la dimension « révélatrice » et « objective » de ses oeuvres. Premièrement, pour penser la méthode « paranoïaque-critique », le Catalan reprend et détourne les phases de production du cliché : loin de reproduire fidèlement le visible, le dispositif photographique dalinien permet de révéler les pensées subconscientes. Deuxièmement, dès 1933-1934, Dalí reformule le modèle de l'espace-temps de la relativité générale d'Einstein pour penser la façon dont une entité invisible (le fantasme) s'objective et se matérialise dans la réalité extérieure. L'étude du dynamisme psychique conféré par Dalí aux formes des objets, aux formes verbales et picturales permet finalement de mettre en lumière le foisonnement mais aussi l'extrême cohérence de l'univers surréaliste du Catalan, et de souligner la valeur de l'approche « paranoïaque-critique » de la réalité tant sur le plan de l'histoire culturelle que sur le plan de la connaissance.

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A partire dagli anni Trenta del Cinquecento la traduzione dei poeti classici in lingua volgare comincia a imporsi come un fenomeno di vasta portata nel mercato editoriale italiano. Omero, Virgilio, Stazio, ma soprattutto l'enciclopedico e lascivo Ovidio vengono liberamente riscritti e adattati per il diletto di un pubblico medio, desideroso di ritrovare i poemi antichi nel metro dell'Orlando furioso. Se molte di queste traduzioni non riuscirono a sopravvivere ai mutamenti del gusto, alcune di esse entrarono stabilmente nel canone delle versioni poetiche italiane. È il caso delle Metamorfosi ovidiane riscritte in ottava rima attorno alla metà del secolo da Giovanni Andrea dell'Anguillara, poeta della cerchia farnesiana destinato a vita tormentata ed errabonda. Digressivo, artificioso, magniloquente, l'Ovidio dell'Anguillara (cui è dedicato in gran parte questo volume) otterrà per almeno due secoli un incontrastato successo presso letterati, pittori e musicisti, da Marino a Tiepolo.

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La thèse est articulée en trois grandes sections, consacrées respectivement: (I) à la traduction poétique en Italie à partir des années 1540 jusqu'à la fin du XVIème siècle (II), à la réception des Métamorphoses d'Ovide à travers la réflexion théorique et les réécritures en italien (III), à la plus célèbre des versions italiennes du poème latin, celle de Giovanni Andrea dell'Anguillara (1507-1570 env.), parue à Venise en 1561. Le premier chapitre (La traduzione poetica nel Cinquecento) prend en considération plus d'une trentaine de traductions d'auteurs classiques parues en Italie entre 1540 et 1580. L'examen détaillé du péritexte qui accompagne les éditions (préfaces, commentaires, dédicaces) montre l'existence d'un riche débat autour de la traduction littéraire ainsi que la présence d'un public vaste et diversifié comme destinataire de ces oeuvres. Dans ce contexte, la traduction en langue vulgaire de l'oeuvre d'Ovide, et particulièrement des Métamorphoses, constitue un cas fort intéressant. Le deuxième chapitre (Aspetti della ricezione delle Metamorfosi nel Cinquecento) offre un ample aperçu sur la réception du poème latin à travers ses principales éditions, commentaires et interprétations. En s'appuyant sur les travaux de A. Moss et D. Javitch, ce chapitre (II. 2 Usi e funzioni delle Metamorfosi in ambito teorico e poetico) montre les contradictions existant dans les jugements sur les Métamorphoses au XVIème siècle, partagés entre l'admiration pour la virtuosité du poète latin et l'écho des préjugés moraux et stylistiques hérités de la critique ancienne. La poétique du Cinquecento en effet devait faire face à deux problèmes majeurs posés par le texte d'Ovide: au niveau structurel son caractère polycentrique et digressif, inconciliable avec le modèle épique virgilien chéri par le siècle; au niveau thématique la présence de récits de phénomènes jugés invraisemblables, comme notamment celui de la métamorphose. L'analyse des traductions des Métamorphoses en italien entre 1530 et 1570 prend en considération autant les réécritures partielles (dues aux poètes Luigi Alamanni, Bernardo Tasso, Girolamo Parabosco) que les versions intégrales du poème. Parmi ces dernières, une attention particulière a été réservée à l'adaptation du vénitien Ludovico Dolce, Le Trasformationi (1553), libre réécriture sur le modèle du Roland Furieux. La dernière partie du travail est entièrement consacrée à la célèbre version de Giovanni Andrea dell'Anguillara, poète et traducteur dans le cercle du cardinal Alessandro Farnese. Comme le démontre l'analyse comparée du texte italien et de l'original latin, cette «belle infidèle» (qui supplanta la version de Dolce et fut réimprimée maintes fois jusqu'au XIX siècle) doit son succès à son parfait équilibre entre fidélité à la structure du poème et une attitude très libre dans la narration, qui n'hésite pas à actualiser et «contaminer» le texte ovidien avec des auteurs modernes tels que l'Arioste ou Bandello. L'appendice comprend une bibliographie exhaustive des éditions de la traduction d'Anguillara parues au XVIème siècle.

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