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Resumo:
Le neuroscienze occupano oggi un ruolo essenziale nel dibattito scientifico e filosofico, nonché in quello delle scienze umane. Esse costituiscono la sfida più seria al sapere fin qui elaborato intorno ai fondamenti dell'esperienza di coscienza, poiché si propongono come capaci di rispondere alla domanda di origine e funzionamento della coscienza. Le neuroscienze cognitive stanno, oggi, rivoluzionando la nostra concezione della mente e delle sue funzioni. Ci forniscono nuovi dati sulla natura delle sensazioni, della memoria, della percezione e dei processi di astrazione. L'epistemologia è rientrata così pienamente nell'ambito di una disciplina sperimentale, come diversi filosofi (da Hume a Quine) hanno auspicato. È, alla fine, evoluta nell'esperienza odierna della cosiddetta "epistemologia sperimentale", luogo che coniuga il rigore sperimentale della scienza con la profondità e la sofisticazione argomentativa della tradizione filosofica. Come arriviamo a conoscere? Quali vincoli poniamo a quello che deve essere conosciuto? Perché seguiamo certe vie invece di altre? Come arriviamo a formulare giudizi e a prendere decisioni? Che valore ha la conoscenza già acquisita nell'elaborazione di nuove esperienze? In particolare, che peso hanno le aspettative e i ricordi in questo processo? Qual è il rapporto fra esperienza, conoscenza e memoria? Come si fissano e come si richiamano i ricordi? Qual è il rapporto fra coscienza e memoria? Sono alcune delle domande che l'autore si pone in questa ottica e alle quali cerca di rispondere, a partire dall'analisi e valutazione del dialogo-dibattito fra J.-P. Changeux e P. Ricoeur, per apprenderne il linguaggio, capire i problemi sollevati, adattarsi alla complessità della materia. Nel contesto della filosofia della mente, la "lettura" della discussione ripercorre i relativi percorsi attraverso l'analisi delle loro opere, da un lato quelle dello scienziato (sulla struttura e dinamica del cervello, la teoria dell'epigenesi e stabilizzazione selettiva, le speculazioni sull'uomo neuronale e i rilievi antropologici, le teorie della conoscenza e della coscienza, oltre che sulla conoscenza matematica, gli argomenti di estetica ed etica); dall'altro lato quelle del filosofo (dal Cogito riflessivo alla scoperta dell'ermeneutica, dalle eterogenee riflessioni sul Conflitto delle interpretazioni alla grande teoria sulla creatività del linguaggio, le conclusioni teoriche sull'ermeneutica del sé e l'ontologia dell'agire). Il punto di arrivo è la determinazione delle relative posizioni: quella di Changeux tra i neuroscienziati che si occupano di questioni filosofiche, epistemologiche ed etiche, e quella di Ricoeur tra i filosofi che si occupano di neuroscienze. La conclusione della tesi si svolge in un approfondimento teoretico che dalla nozione di "traccia" porta all'esperienza della "memoria", al fine di intrecciare i fili della discussione ripercorsa ed offrire una sponda non forzata al dibattito più ampio. Il tema della memoria è privilegiato per ragioni intrinseche, poiché si tratta di uno dei temi precipui delle neuroscienze, della filosofia della mente e della fenomenologia. A un primo livello viene instaurato su questo punto un confronto epistemologico tra la proposta della neurofenomenologia (Varala, ad esempio) e la posizione tenuta in particolare da Ricoeur rispetto ad essa e al suo "progetto unificante", posizione defilata e, per certi aspetti, criticamente dubbiosa sul fatto che si possa davvero giungere a un "terzo discorso". Si riferisce poi del largo interesse e dei risultati più significativi della riflessione fenomenologica antica e moderna sulla memoria. A un secondo livello vengono illustrati i programmi di ricerca recenti della neurofenomenologia su questo argomento all'interno delle scienze cognitive e si dà conto dei risultati più significativi. Ad un terzo e conclusivo livello, si approfondisce il significato teologico della memoria. Les neurosciences ont aujourd'hui un rôle essentiel dans le débat scientifique et philosophique, ainsi que dans celui des sciences humaines. Elles constituent le défi le plus sérieux aux savoir qu'on a construit jusqu'ici sur les fondements de l'expérience de conscience, attendu qu'elles-mêmes se considèrent capables de répondre à la demande sur l'origine e le fonctionnement de la conscience. Les neurosciences cognitives sont aujourd'hui en train de révolutionner notre conception de l'esprit et des ses fonctions. Elles nous offrent des nouvelles données au sujet de la nature de nos sensations, mémoire, perception et procédés d'abstraction. Aussi l'épistémologie est rentrée pleinement dans le domaine d'une discipline expérimentale, comme plusieurs philosophes (de Hume à Quine) l'ont souhaité. Elle s'est enfin adressée, dans l'expérience actuelle, vers la soi-disant "épistémologie expérimentale", lieu qui met en accord la rigueur expérimentale de la science avec la profondeur et la sophistiquée finesse argumentative de la tradition philosophique. Comment en arrivons-nous à connaître? Quels liens mettons-nous à ce qu'on doit être connu? Pourquoi suivons-nous certaines vois au lieu d'autres? Comment en arrivons-nous à formuler des opinions et à prendre des décisions? Quelle valeur a la connaissance qu'on a déjà acquise par l'élaboration des nouvelles expériences? En particulier, quelle est l'importance des attentes et des souvenirs dans cette évolution? Quel est le rapport entre expérience, connaissance e mémoire? Comment fixons et rappelons-nous nos souvenirs? Quel est le rapport entre conscience et mémoire? Ces sont quelques-unes des questions que l'auteur se pose dans cette perspective et aux quelles essaie de répondre a partir de l'analyse et l'évaluation du dialogue-débat entre fra J.-P. Changeux et P. Ricoeur, pour en apprendre le langage, comprendre les problèmes soulevés, s'adapter à la complexité du sujet. Dans le contexte de la philosophie du cerveau, la "lecture" du dialogue reparcourt les parcours des deux interlocuteurs par l'analyse de leur ouvrages, d'une part celles du savant (sur la structure et la dynamique du cerveau, la théorie de l'épigenèse et stabilisation sélective; les spéculations sur l'homme neuronal et les commentaires anthropologiques; les théories de la connaissance et de la conscience, de même que sur la connaissance de la mathématique, les sujets d'esthétique et étique; d'autre part celles du philosophe (du Cogito réflexif à la découverte de l'herméneutique, de les hétérogènes réflexions sur le Conflit des interprétations à la grande théorie sur la créativité du langage, les conclusions théoriques sur l'herméneutique du soi et l'ontologie de l'agir). L'issue est la determination des relatives positions: celle de Changeux parmi les neuro-scientifiques qui s'occupent de questions philosophiques, épistémologiques et éthiques, et celle de Ricoeur parmi les philosophes qui s'occupent de neurosciences. La conclusion de la thèse se développe dans un approfondissement théorétique que de la notion de "trace" à l'expérience de la "mémoire", à l'effet de nouer les fils de la discussion passée en revue et d'assurer un appui pas forcé au débat plus vaste. Le thème de la mémoire a été choisi pour des raisons intrinsèques, puisqu'il est un des thèmes principaux des neurosciences, de la philosophie de l'esprit et de la phénoménologie. Sur un premier plan épistémologique il est établi une comparaison entre la proposition de la neurophénoménologie (Varala, par exemple) et la position soutenue en particulier par Ricoeur au sujet de ce courant phénoménologique et de son "projet unifiant", position défilée et, à certains égards, critiquement hésitante sur le fait qu'on puisse vraiment en venir à un "troisième discours". On rend compte du grand intérêt et des résultats les plus significatifs de la réflexion phénoménologique ancienne et moderne sur la mémoire. Sur un second plan neurophénoménologique on illustre des plans de recherche récents sur cet argument au-dedans des sciences cognitives et on rend compte des résultats les plus distinctives. Sur un troisième et conclusif plan on approfondit le sens théologique de la mémoire.
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La prima parte della ricerca è un approfondito studio dell'endecasillabo della Gerusalemme Liberata: in particolar modo, analizzo con un metodo statistico-quantitativo morfologia prosodica e tipologie del verso epico tassiano e distribuzione dei diversi tipi ritmici all'interno dell'ottava, tenendo naturalmente conto della necessaria connessione tra fisionomia ritmico-prosodica del verso e le strutture retoriche e sintattiche. Tale analisi, condotta con una prospettiva comparativa nei confronti di altre opere tassiane (Rinaldo, Conquistata) e della precedente tradizione in ottave, porta a riscontrare delle linee evolutive coerenti nella direzione di un progressivo innalzamento verso il modello lirico petrarchesco e dellacasiano e di un complessivo 'aggravamento' delle strutture stilistiche. I risultati permettono di mettere in discussione la vulgata critica che considererebbe monotono l'endecasillabo della Liberata: questo è negato, oltre che dall'evidenza delle statistiche, dal piano melodico e intonativo del verso, dato che diversi fattori stilistici interagenti (inarcature; struttura prevalentemente paratattica; dispositio molto mossa; moltiplicazione delle pause interne al verso) contribuiscono a minare la stabilità intonativa dell'endecasillabo, nella direzione del contrappunto tra movimento della frase e cadenze del verso. Analogamente, lo studio della fisionomia dell'ottava (seconda parte della ricerca) mostra da un lato il mantenimento di un modello di stanza 'pari', sostanzialmente affine al modello ariostesco, dall'altro una disposizione dei materiali verbali tesa a sommuovere internamente l'incedere per distici. Questo è legato alla strategia narrativa, di disposizione delle sequenze diegetiche: si possono infatti notare sovente aggregazioni di distici la cui continuità logico-argomentativa travalica la misura dell'ottava, rinnovando il rapporto dinamico e contrappuntistico tra forme metriche e fluire della narrazione. Ciò ha una funzione solidale proprio con lo sviluppo narrativo, dato che diversi espedienti stilistici paiono concorrere alla realizzazione di quella varietà nell'unità aristotelicamente centrale nell'elaborazione teorica tardocinquecentesca e tassiana in particolare. Nella terza parte del lavoro, infine, provo ad allontanare la lente dalla microscopia metrica e cerco di porre in relazione i dati metrico-stilistici con quelli sintattico-retorici già studiati dalla critica, provando a verificare nella concreta prassi poetica la teoria della commistione degli stili, così come viene progressivamente definendosi nella ricca produzione teorica del Tasso: centrale è la questione del dosaggio di artifici simmetrici, tipici del genere lirico, e asimmetrici, caratteristici dello stile grave, dosaggio coerente che si rivela in grado di illuminare da una prospettiva appunto stilistica le oscillazioni e le screziature del più grande poema tardorinascimentale.
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Vitellogenins (Vtg) are ancient lipid transport and storage proteins and members of the large lipid transfer protein (LLTP) gene family, which includes insect apolipophorin II/I, apolipoprotein B (apoB), and the microsomal triglyceride transfer protein (MTP). Lipidation of Vtg occurs at its site of synthesis in vertebrate liver, insect fat body, and nematode intestine; however, the mechanism of Vtg lipid acquisition is unknown. To explore whether Vtg biogenesis requires the apoB cofactor and LLTP family member, MTP, Vtg was expressed in COS cells with and without coexpression of the 97-kDa subunit of human MTP. Expression of Vtg alone gave rise to a approximately 220-kDa apoprotein, which was predominantly confined to an intracellular location. Coexpression of Vtg with human MTP enhanced Vtg secretion by 5-fold, without dramatically affecting its intracellular stability. A comparison of wild type and a triglyceride transfer-defective form of MTP revealed that both were capable of promoting Vtg secretion, whereas only wild type MTP could promote the secretion of apoB41 (amino-terminal 41% of apoB). These studies demonstrate that the biogenesis of Vtg is MTP-dependent and that MTP is the likely ancestral member of the LLTP gene family.
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To investigate their role in receptor coupling to G(q), we mutated all basic amino acids and some conserved hydrophobic residues of the cytosolic surface of the alpha(1b)-adrenergic receptor (AR). The wild type and mutated receptors were expressed in COS-7 cells and characterized for their ligand binding properties and ability to increase inositol phosphate accumulation. The experimental results have been interpreted in the context of both an ab initio model of the alpha(1b)-AR and of a new homology model built on the recently solved crystal structure of rhodopsin. Among the twenty-three basic amino acids mutated only mutations of three, Arg(254) and Lys(258) in the third intracellular loop and Lys(291) at the cytosolic extension of helix 6, markedly impaired the receptor-mediated inositol phosphate production. Additionally, mutations of two conserved hydrophobic residues, Val(147) and Leu(151) in the second intracellular loop had significant effects on receptor function. The functional analysis of the receptor mutants in conjunction with the predictions of molecular modeling supports the hypothesis that Arg(254), Lys(258), as well as Leu(151) are directly involved in receptor-G protein interaction and/or receptor-mediated activation of the G protein. In contrast, the residues belonging to the cytosolic extensions of helices 3 and 6 play a predominant role in the activation process of the alpha(1b)-AR. These findings contribute to the delineation of the molecular determinants of the alpha(1b)-AR/G(q) interface.
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In this study, a quantitative approach was used to investigate the role of D142, which belongs to the highly conserved E/DRY sequence, in the activation process of the alpha1B-adrenergic receptor (alpha1B-AR). Experimental and computer-simulated mutagenesis were performed by substituting all possible natural amino acids at the D142 site. The resulting congeneric set of proteins together with the finding that all the receptor mutants show various levels of constitutive (agonist-independent) activity enabled us to quantitatively analyze the relationships between structural/dynamic features and the extent of constitutive activity. Our results suggest that the hydrophobic/hydrophilic character of D142, which could be regulated by protonation/deprotonation of this residue, is an important modulator of the transition between the inactive (R) and active (R*) state of the alpha1B-AR. Our study represents an example of quantitative structure-activity relationship analysis of the activation process of a G protein-coupled receptor.
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Recombinant secretory immunoglobulin A containing a bacterial epitope in domain I of the secretory component (SC) moiety can serve as a mucosal delivery vehicle triggering both mucosal and systemic responses (Corthésy, B., Kaufmann, M., Phalipon, A., Peitsch, M., Neutra, M. R., and Kraehenbuhl, J.-P. (1996) J. Biol. Chem. 271, 33670-33677). To load recombinant secretory IgA with multiple B and T epitopes and extend its biological functions, we selected, based on molecular modeling, five surface-exposed sites in domains II and III of murine SC. Loops predicted to be exposed at the surface of SC domains were replaced with the DYKDDDDK octapeptide (FLAG). Another two mutants were obtained with the FLAG inserted in between domains II and III or at the carboxyl terminus of SC. As shown by mass spectrometry, internal substitution of the FLAG into four of the mutants induced the formation of disulfide-linked homodimers. Three of the dimers and two of the monomers from SC mutants could be affinity-purified using an antibody to the FLAG, mapping them as candidates for insertion. FLAG-induced dimerization also occurred with the polymeric immunoglobulin receptor (pIgR) and might reflect the so-far nondemonstrated capacity of the receptor to oligomerize. By co-expressing in COS-7 cells and epithelial Caco-2 cells two pIgR constructs tagged at the carboxyl terminus with hexahistidine or FLAG, we provide the strongest evidence reported to date that the pIgR dimerizes noncovalently in the plasma membrane in the absence of polymeric IgA ligand. The implication of this finding is discussed in terms of IgA transport and specific antibody response at mucosal surfaces.
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Mutations of G protein-coupled receptors (GPCR) can increase their constitutive (agonist-independent) activity. Some of these mutations have been artificially introduced by site-directed mutagenesis, others occur spontaneously in human diseases. The alpha(1B)adrenoceptor was the first GPCR in which point mutations were shown to trigger receptor activation. This article briefly summarizes some of the findings reported in the last several years on constitutive activity of the alpha(1)adrenoceptor subtypes, the location where mutations have been found in the receptors, the spontaneous activity of native receptors in recombinant as well as physiological systems. In addition, it will highlight how the analysis of the pharmacological and molecular properties of the constitutively active adrenoceptor mutants provided an important contribution to our understanding of the molecular mechanisms underlying the mechanism of receptor activation and inverse agonism.
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Ability to induce protein expression at will in a cell is a powerful strategy used by scientists to better understand the function of a protein of interest. Various inducible systems have been designed in eukaryotic cells to achieve this goal. Most of them rely on two distinct vectors, one encoding a protein that can regulate transcription by binding a compound X, and one hosting the cDNA encoding the protein of interest placed downstream of promoter sequences that can bind the protein regulated by compound X (e.g., tetracycline, ecdysone). The commercially available systems are not designed to allow cell- or tissue-specific regulated expression. Additionally, although these systems can be used to generate stable clones that can be induced to express a given protein, extensive screening is often required to eliminate the clones that display poor induction or high basal levels. In the present report, we aimed to design a pancreatic beta cell-specific tetracycline-inducible system. Since the classical two-vector based tetracycline-inducible system proved to be unsatisfactory in our hands, a single vector was eventually designed that allowed tight beta cell-specific tetracycline induction in unselected cell populations.
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Mitogen-activated protein kinase (MAPK) cascades regulate a wide variety of cellular processes that ultimately depend on changes in gene expression. We have found a novel mechanism whereby one of the key MAP3 kinases, Mekk1, regulates transcriptional activity through an interaction with p53. The tumor suppressor protein p53 down-regulates a number of genes, including the gene most frequently mutated in autosomal dominant polycystic kidney disease (PKD1). We have discovered that Mekk1 translocates to the nucleus and acts as a co-repressor with p53 to down-regulate PKD1 transcriptional activity. This repression does not require Mekk1 kinase activity, excluding the need for an Mekk1 phosphorylation cascade. However, this PKD1 repression can also be induced by the stress-pathway stimuli, including TNFα, suggesting that Mekk1 activation induces both JNK-dependent and JNK-independent pathways that target the PKD1 gene. An Mekk1-p53 interaction at the PKD1 promoter suggests a new mechanism by which abnormally elevated stress-pathway stimuli might directly down-regulate the PKD1 gene, possibly causing haploinsufficiency and cyst formation.
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Transcriptional activity relies on coregulators that modify the chromatin structure and serve as bridging factors between transcription factors and the basal transcription machinery. Using the DE domain of human peroxisome proliferator-activated receptor gamma (PPARgamma) as bait in a yeast two-hybrid screen of a human adipose tissue library, we isolated the scaffold attachment factor B1 (SAFB1/HET/HAP), which was previously shown to be a corepressor of estrogen receptor alpha. We show here that SAFB1 has a very broad tissue expression profile in human and is also expressed all along mouse embryogenesis. SAFB1 interacts in pull-down assays not only with PPARgamma but also with all nuclear receptors tested so far, albeit with different affinities. The association of SAFB1 and PPARgamma in vivo is further demonstrated by fluorescence resonance energy transfer (FRET) experiments in living cells. We finally show that SAFB1 is a rather general corepressor for nuclear receptors. Its change in expression during the early phases of adipocyte and enterocyte differentiation suggests that SAFB1 potentially influences cell proliferation and differentiation decisions.
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Mapping the transcription start points of the eap, emp, and vwb promoters revealed a conserved octanucleotide sequence (COS). Deleting this sequence abolished the expression of eap, emp, and vwb. However, electrophoretic mobility shift assays gave no evidence that this sequence was a binding site for SarA or SaeR, known regulators of eap and emp.
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The alpha1B-adrenergic receptor (alpha1BAR), its truncated mutant T368, different G protein-coupled receptor kinases (GRK) and arrestin proteins were transiently expressed in COS-7 or HEK293 cells alone and/or in various combinations. Coexpression of beta-adrenergic receptor kinase (betaARK) 1 (GRK2) or 2 (GRK3) could increase epinephrine-induced phosphorylation of the wild type alpha1BAR above basal as compared to that of the receptor expressed alone. On the other hand, overexpression of the dominant negative betaARK (K220R) mutant impaired agonist-induced phosphorylation of the receptor. Overexpression of GRK6 could also increase epinephrine-induced phosphorylation of the receptor, whereas GRK5 enhanced basal but not agonist-induced phosphorylation of the alpha1BAR. Increasing coexpression of betaARK1 or betaARK2 resulted in the progressive attenuation of the alpha1BAR-mediated response on polyphosphoinositide (PI) hydrolysis. However, coexpression of betaARK1 or 2 at low levels did not significantly impair the PI response mediated by the truncated alpha1BAR mutant T368, lacking the C terminus, which is involved in agonist-induced desensitization and phosphorylation of the receptor. Similar attenuation of the receptor-mediated PI response was also observed for the wild type alpha1BAR, but not for its truncated mutant, when the receptor was coexpressed with beta-arrestin 1 or beta-arrestin 2. Despite their pronounced effect on phosphorylation of the alpha1BAR, overexpression of GRK5 or GRK6 did not affect the receptor-mediated response. In conclusion, our results provide the first evidence that betaARK1 and 2 as well as arrestin proteins might be involved in agonist-induced regulation of the alpha1BAR. They also identify the alpha1BAR as a potential phosphorylation substrate of GRK5 and GRK6. However, the physiological implications of GRK5- and GRK6-mediated phosphorylation of the alpha1BAR remain to be elucidated.
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Nella mia tesi di dottorato mi concentro sul poema di Lucrezia Marinelli, L'Enrico, ovvero Bisanzio acquistato, pubblicato a Venezia nel 1635, indagando le strategie messe in atto dall'autrice per rivisitare il genere epico in un'ottica di riscatto femminile. Rispetto al canone epico e, in particolare, al modello di riferimento - la Gerusalemme liberata del Tasso - le vicende nodali sono, infatti, riscritte da un punto di vista chiaramente femminile. Pur occupandomi principalmente dell'opera di Marinelli, in alcuni casi nel corso del mio lavoro propongo dei confronti con altri poemi epici e cavallereschi prodotti da donne - in particolare I tredici canti del Floridoro di Moderata Fonte (1581) - volti a mostrare come le scrittrici avessero degli intenti comuni, dialogando in maniera critica con i modelli maschili da cui, tuttavia, traggono ispirazione. Nei primi capitoli del mio lavoro prendo in esame alcuni personaggi tradizionali dell'epica (le guerriere, la maga, ...) presenti ne L'Enrico e ne ripercorro gli episodi topici (le sortite notturne, l'eroe sull'isola, ...) dimostrando come, pur inserendosi coerentemente nel genere epico, siano caratterizzati in modo sostanzialmente diverso rispetto alla precedente tradizione maschile. Il primo capitolo si concentra sulle figure di guerriere, le quali presentano - rispetto ai precedenti modelli - differenze notevoli: non si lasciano coinvolgere in vicende amorose e non finiscono per essere sottomesse o uccise da un uomo, mantenendo così coerentemente intatti i valori di forza e indipendenza. Neppure la maga sull'isola - presa in esame nel capitolo dedicato alle Altre figure di donne idealizzate - è coinvolta in vicende sentimentali o caratterizzata sensualmente. L'autrice la rappresenta, non alla stregua di una tentatrice al servizio delle forze del male, ma come una donna colta, casta e disposta ad aiutare il cavaliere naufragato sulla sua isola. Nello stesso capitolo sono indagate anche altre figure femminili idealizzate, per taluni aspetti meno innovative, ma ugualmente interessanti: la Vergine, la personificazione di Venezia e la Musa. Queste rappresentazioni dal carattere iconico, presentano, infatti, diverse caratteristiche in comune con i personaggi più attivi del poema, le guerriere e la maga. Il capitolo Delle pene e delle tragedie amorose è dedicato all'amore e ai suoi esiti tragici. Le figure di donna coinvolte sono le madri, le mogli e Idillia, in cui è riconoscibile il personaggio topico della "damigella in difficoltà". Queste protagoniste, destinate a soffrire perché abbandonate dall'uomo che amano - il quale sente più forte il richiamo della guerra rispetto a quello dell'amore - servono da exempla, dimostrando che attaccamento affettivo e dipendenza conducono inesorabilmente all'infelicità. Rispetto al canone epico Marinelli riscatta alcune figure femminili, permettendo alle sue guerriere di prendersi la rivincita, vendicando la morte di eroine quali Camilla e Clorinda. Conseguentemente, alcuni guerrieri sono destinati a morire per mano di una donna. Nel quarto capitolo, mi concentro proprio su La sconfitta degli eroi, mettendo in luce come l'autrice proponga una sua personale regola del contrappasso, volta a cambiare (e addirittura invertire) le sorti dei personaggi che animano il suo poema. Questi aspetti risultano essere ancora più significativi se confrontati con l'opera - data alle stampe per la prima volta nel 1600 - intitolata Nobiltà et eccellenza delle donne. In questo trattato Marinelli sosteneva la superiorità del genere femminile su quello maschile. Alcune delle posizioni assunte nello scritto giovanile sono confermate dai personaggi e dalle vicende che animano l'Enrico. Confronti puntuali fra trattato e poema epico sono effettuati nell'ultimo capitolo del mio lavoro, sottolineando come fra le due opere vi siano delle affinità volte a confermare l'eccellenza delle donne.
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Williams-Beuren syndrome (WBS) is a neurodevelopmental and multisystemic disease that results from hemizygosity of approximately 25 genes mapping to chromosomal region 7q11.23. We report here the preliminary description of eight novel genes mapping within the WBS critical region and/or its syntenic mouse region. Three of these genes, TRIM50, TRIM73 and TRIM74, belong to the TRIpartite motif gene family, members of which were shown to be associated to several human genetic diseases. We describe the preliminary functional characterization of these genes and show that Trim50 encodes an E3 ubiquitin ligase, opening the interesting hypothesis that the ubiquitin-mediated proteasome pathway might be involved in the WBS phenotype.