28 resultados para Inquisición Italia s.XVI fuentes


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Cette thèse de doctorat a comme sujet la poésie dialectale contemporaine du Nord de l'Italie. Il s'agit d'une étude métrique de poésies écrites dans divers dialectes sélectionnés sur la base d'un système linguistique unitaire tel que le galloitalico que l'on trouve au Piémont, en Lombardie, en Ligurie et en Emilie-Romagne. Plus précisément, le corpus soumis à examen prend en considération les formes poétiques qui, au cours de la deuxième moitié du XXème siècle, confèrent au vers libre une certaine régularité comme les structures « simples » presque archétypiques des quatrains, des huitains et de toutes les formes métriques qui optent pour une strophe unique avec un nombre de vers multiple de quatre. Ces dernières sont particulièrement intéressantes car elles peuvent cacher une structure en quatrain souvent dévoilée par la disposition des rimes, de la syntaxe et parfois également du rythme. Ces choix qui pourraient sembler arbitraires sont en réalité liés aux tentatives des poètes de reprendre des formes de la tradition pour les innover ou simplement pour les reproposer avec ou sans modification. Les liens avec la tradition et la notion de libertà nella chiusura ont été étudiés en fonction des composantes fondamentales de l'organisme métrique, c'est-à-dire la forme, les rimes, la syllabation et le rythme. Pour citer Raboni, il s'agit de comprendre la manière dont "la dissonanza può essere usata per «salvare» l'ipotesi tonale" et la manière dont "la trasgressione metrica finisce col prolungare la vita della regola alla quale, derivandone, si oppone" (Giovanni RABONI, L'opera poetica, a cura di Rodolfo Zucco, Milano, Mondadori, i Meridiani, 2006, p.403). L'objectif de cette recherche est donc d'explorer et d'expliquer l'ambiguïté métrique de la poésie dialectale du XXème siècle tout en se référant à un article fondamental pour ce genre d'étude écrit par Pier Vincenzo Mengaldo et intitulé Questioni metriche novecentesche. L'ambition de cette thèse ne se limite pas à prolonger une réflexion encore à ses débuts dans le cas de la poésie régionale contemporaine, mais elle réalise également un panorama essentiel, bien que sommaire, qui met au premier plan les aspects innovateurs, et parfois conservateurs de la poésie dialectale contemporaine de certaines régions du Nord de l'Italie.

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La tesi descrive il fenomeno di ricezione del mito faustiano all'interno della tradizione letteraria italiana di Otto e Novecento (1808-1945) nel suo sviluppo diacronico, individuando i nodi processuali emergenti ritenuti sistematici accanto alle tipologie predominanti della risposta testuale e alle più proficue rifunzionalizzazioni letterarie. La storia del mito di Faust è stata considerata aristotelicamente nella sua natura complessa ed evolutiva di fabula rinarrata, e di volta in volta risemantizzata in nuovi sistemi di valori, estetici e ideologici. Ma soprattutto in nuovi sistemi testuali. Scopo primario è stato infatti quello di comprendere come il mito di Faust sia entrato dentro alla cultura letteraria italiana e come abbia agito al suo interno, interferendo con essa. Naturalmente lo scambio e gli sviluppi hanno investito in modo reciproco e la tradizione accogliente e il mito stesso, producendo un allargamento esegetico delle sue possibilità semantiche: è infatti emersa una storia testuale che tematizza nel tempo il medesimo mito lungo assi interpretative anche estremamente divergenti. La ricerca ha portato alla scoperta di una ricca testualità rimossa dal canone della storia della letteratura italiana, anche se spesso prevalgono i testi-documento sui testi esteticamente più validi e significativi in sé; si tratta di una testualità talmente quantitativamente ricca da invitare ad un ripensamento qualitativo del fenomeno generale. Il mito di Faust, per due secoli percepito dalla critica dominante come distante ed estraneo alla cultura letteraria italiana, è invece riuscito ad entrare nella tradizione letteraria italiana, anche se attraverso modalità molto controverse: in linea di massima è potuto passare dal canone statico al canone dinamico laddove ha saputo influenzare e stimolare nuove vie significative di sviluppo formale. Il confronto della cultura letteraria italiana con il mito di Faust è stato in effetti caratterizzato subito da un doppio movimento discratico di rifiuto e dialogo. Il principale fattore di rifiuto è stato di carattere culturale: la difficoltà ad accettare un equilibrio fatto non di antitesi risolte in una sintesi ma di polarità aperte, irrisolte, in perpetuo bilanciamento, anche a livello formale reso in una tragedia franta in scene apparentemente autonome, divisa in due parti così diverse e chiusa da un lieto fine, mal si confaceva ai diffusi canoni classicisti di equilibrio formale, nonché alle esigenze romantiche di poesia moralmente chiara nel suo messaggio. Da qui le diffuse accuse di scarsa chiarezza e ambiguità morale, che andavano direttamente ad incontrarsi e sommarsi con i pregiudizi più propriamente teologico- religiosi di estraneità a quel mito nato come saga luterana dichiaratamente anti-papale. La condanna di carattere moralistico-cattolico risulta nei fatti propria più di certa cultura che non del largo pubblico che invece nel corso dell'Ottocento dimostra di gradire le versioni per musica e balletto di argomento faustiano, per quanto semplificata ed edulcorate rispetto alla leggenda originaria così come rispetto alla tragedia goethiana. Rispetto a tutti questi elementi di resistenza e rifiuto l'opera Mefistofele di Boito si presenta come snodo di opposizione consapevole e riferimento duraturo d'interrogazione critica. La principale linea di avvicinamento invece tra la cultura letteraria italiana e il mito di Faust resta quella del parallelo, già ideato dagli stessi intellettuali tedeschi d'inizio Ottocento, con l'opera ritenuta massima nel nuovo canone nazionale italiano da fine Settecento ad oggi: la Divina Commedia. Tanta critica, almeno fino alla metà del XX secolo, si rifà più o meno esplicitamente a questo parallelo pregiudiziale e testualmente piuttosto infondato ma molto produttivo, come si è attestato, a livello creativo. Questa ricostruzione ha voluto nel suo complesso dimostrare sul campo il valore di questo macrotesto faustiano come una delle vie maestre della dialettica tra tradizione e modernità, ancor più significativa nell'ambito di una cultura letteraria come quella italiana che, dopo l'estinguersi della sua centralità in epoca rinascimentale, si è rivelata particolarmente resistente al dialogo con le altre letterature fino al pieno Novecento.