4 resultados para gamma, violazione di CP, simmetrie, matrice CKM

em Universita di Parma


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La governance del settore alimentare si fonda su una struttura multilivello, ove poteri locali, nazionali, sovranazionali e globali interagiscono. In tale assetto, ogni regolatore è chiamato a proteggere interessi diversi tra loro, tra cui l'ambiente, la salute umana, il benessere animale e la libera concorrenza. La regolazione del settore alimentare, inoltre, impone la considerazione di aspetti etici e culturali, dotati di una forte matrice territoriale. In questo sistema, i valori che entrano in gioco non sono egualmente rappresentati, ma quelli considerati "minori" sono sovente sovrastati dalle esigenze di protezione di un unico interesse: la libera concorrenza su scala globale. Ne deriva che la regolazione del settore alimentare necessita di un nuovo equilibrio. Questo può richiedere sia l'adozione di nuove regole - soprattutto a livello sovranazionale - sia un'interpretazione maggiormente inclusiva dei principi e delle regole già esistenti da parte delle Corti. Tuttavia, risulta maggiormente urgente e di immediata efficacia permettere ai soggetti interessati, siano essi privati o pubblici, di partecipare alla formulazione delle politiche e delle decisioni inerenti il settore alimentare. La partecipazione procedurale è in grado di soddisfare esigenze differenti e talvolta opposte, pertanto essa è regolata dal legislatore a seconda dello scopo finale prefissato. Principalmente, essa è vista come una applicazione diretta dei principi di democrazia e trasparenza; tuttavia, il suo reale impatto sul risultato finale delle decisioni pubbliche può scostarsi considerevolemente da tale paradigma. Lo scopo di tale lavoro è analizzare i diversi modelli partecipativi implementati nei vari livelli di governo, al fine di determinarne il reale impatto sui soggetti interessati e sul bilanciamento degli interessi in gioco. La conclusione dimostra un certo livello di perplessità per ciò che riguarda l'assetto di tali garanzie nella regolazione del settore alimentare, dove lo sviluppo del concetto di democrazia partecipativa e di bilancio tra gli interessi rilevanti è ancora acerbo.

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Clusterina (CLU) è una proteina ubiquitaria, presente nella maggior parte dei fluidi corporei e implicata in svariati processi fisiologici. Dalla sua scoperta fino ad oggi, CLU è risultata essere una proteina enigmatica, la cui funzione non è ancora stata compresa appieno. Il gene codifica per 3 varianti trascrizionali identificate nel database NCBI con i codici: NM_001831 (CLU 1 in questo lavoro di tesi), NR_038335 (CLU 2 in questo lavoro di tesi) e NR_045494 (CLU 3 in questo lavoro di tesi). Tutte le varianti sono trascritte come pre-mRNA contenenti 9 esoni e 8 introni e si differenziano per l’esone 1, la cui sequenza è unica e caratteristica di ogni variante. Sebbene in NCBI sia annotato che le varianti CLU 2 e CLU 3 non sono codificanti, tramite analisi bioinformatica è stato predetto che da tutti e tre i trascritti possono generarsi proteine di differente lunghezza e localizzazione cellulare. Tra tutte le forme proteiche ipotizzate, l’unica a essere stata isolata e sequenziata è quella tradotta dall’AUG presente sull’esone 2 che dà origine a una proteina di 449 aminoacidi. Il processo di maturazione prevede la formazione di un precursore citoplasmatico (psCLU) che subisce modificazioni post-traduzionali tra cui formazione di ponti disolfuro, glicosilazioni, taglio in due catene denominate β e α prima di essere secreta come eterodimero βα (sCLU) nell’ambiente extracellulare, dove esercita la sua funzione di chaperone ATP-indipendente. Oltre alla forma extracellulare, è possibile osservare una forma intracellulare con localizzazione citosolica la cui funzione non è stata ancora completamente chiarita. Questo lavoro di tesi si è prefissato lo scopo di incrementare le conoscenze in merito ai trascritti CLU 1 e CLU 2 e alla loro regolazione, oltre ad approfondire il ruolo della forma citosolica della proteina in relazione al signaling di NF-kB che svolge un ruolo importante nel processo di sviluppo e metastatizzazione del tumore. Nella prima parte, uno screening di differenti linee cellulari, quali cellule epiteliali di prostata e di mammella, sia normali sia tumorali, fibroblasti di origine polmonare e linfociti di tumore non-Hodgkin, ha permesso di caratterizzare i trascritti CLU 1 e CLU 2. Dall’analisi è emerso che la sequenza di CLU 1 è più corta al 5’ rispetto a quella depositata in NCBI con l’identificativo NM_001831 e il primo AUG disponibile per l’inizio della traduzione è localizzato sull’esone 2. È stato dimostrato che CLU 2, al contrario di quanto riportato in NCBI, è tradotto in proteina a partire dall’AUG presente sull’esone 2, allo stesso modo in cui viene tradotto CLU 1. Inoltre, è stato osservato che i livelli d’espressione dei trascritti variano notevolmente tra le diverse linee cellulari e nelle cellule epiteliali CLU 2 è espressa sempre a bassi livelli. In queste cellule, l’espressione di CLU 2 è silenziata per via epigenetica e la somministrazione di farmaci capaci di rendere la cromatina più accessibile, quali tricostatina A e 5-aza-2’-deossicitidina, è in grado di incrementarne l’espressione. Nella seconda parte, un’analisi bioinformatica seguita da saggi di attività in vitro in cellule epiteliali prostatiche trattate con farmaci epigenetici, hanno permesso di identificare, per la prima volta in uomo, una seconda regione regolatrice denominata P2, capace di controllare l’espressione di CLU 2. Rispetto a P1, il classico promotore di CLU già ampiamente studiato da altri gruppi di ricerca, P2 è un promotore debole, privo di TATA box, che nelle cellule epiteliali prostatiche è silente in condizioni basali e la cui attività incrementa in seguito alla somministrazione di farmaci epigenetici capaci di alterare le modificazioni post-traduzionali delle code istoniche nell’intorno di P2. Ne consegue un rilassamento della cromatina e un successivo aumento di trascrizione di CLU 2. La presenza di un’isola CpG differentemente metilata nell’intorno di P1 spiegherebbe, almeno in parte, i differenti livelli di espressione di CLU che si osservano tra le diverse linee cellulari. Nella terza parte, l’analisi del pathway di NF-kB in un modello sperimentale di tumore prostatico in cui CLU è stata silenziata o sovraespressa, ha permesso di capire come la forma citosolica di CLU abbia un ruolo inibitorio nei confronti dell’attività del fattore trascrizionale NF-kB. CLU inibisce la fosforilazione e l’attivazione di p65, il membro più rappresentativo della famiglia NF-kB, con conseguente riduzione della trascrizione di alcuni geni da esso regolati e coinvolti nel rimodellamento della matrice extracellulare, quali l’urochinasi attivatrice del plasminogeno, la catepsina B e la metallo proteinasi 9. È stato dimostrato che tale inibizione non è dovuta a un’interazione fisica diretta tra CLU e p65, per cui si suppone che CLU interagisca con uno dei componenti più a monte della via di segnalazione responsabile della fosforilazione ed attivazione di p65.

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The efficiency of a Laue lens for X and Gamma ray focusing in the energy range 60 ÷ 600 keV is closely linked to the diffraction efficiency of the single crystals composing the lens. A powerful focusing system is crucial for applications like medical imaging and X ray astronomy where wide beams must be focused. Mosaic crystals with a high density, such as Cu or Au, and bent crystals with curved diffracting planes (CDP) are considered for the realization of a focusing system for X rays, owing to their high diffraction efficiency. In this work, a comparison of the efficiency of CDP crystals and mosaic crystals was performed on the basis of the theory of X-ray diffraction. Si, GaAs and Ge CDP crystals with optimized thicknesses and moderate radii of curvature of several tens of metres demonstrate comparable or superior performance with respect to the higher atomic number mosaic crystals generally used. A simplified approach for calculating the integrated reflectivity of the crystals is applied. A bending technique used during this work to realize CDP crystals consists in a controlled surface damaging induced by a mechanical lapping process. A compressive strained layer of few micrometres in thickness is generated and causes the convex curvature of the damaged side of the crystal. Another new bending technique is developed and the main results are shown. The process consists on a film deposition of a selected bi-component epoxy resin on one side of crystal, made uniform in thickness by mean of a spin-coater. Choosing the speed of spin-coating, so changing the thickness of the film, a control of radius of curvature can be obtained. Moreover the possibility to combine the two bending technique to obtain CDP crystal with a stronger curvature in rather thick crystals was demonstrated. Detailed characterization of Si, and GaAs CDP crystals at low and high x-ray energies are performed on flat and bent crystals obtained with the damaging and the resin deposition technique. As expected an increase of diffraction efficiency in asymmetrical diffraction geometry in CDP crystals with respect to the flat ones is observed. On the other hand an unexpected increase of the integrated intensity in symmetrical geometry, not predicted by the theory, is observed in all the measurements performed with different set up. The experimental trend of the integrated reflectivity as a function of the radius of curvature is in a good agreement with that predicted by the theory of bent perfect crystals, so it is possible to conclude that the surface damage has a limited effect on the crystal reflectivity. A study of the integrated reflectivity in the energy range of interest (100÷350 keV) in CDP crystals realized with damaging and resin deposition technique at symmetrical and asymmetrical geometries was performed at ILL Institute. Also at these energies the diffraction efficiency of bent crystals was much larger (a 12 time increase is observed for bent crystals in asymmetrical 111 geometry) than that measured in flat crystals. The diffraction efficiency of CDP crystals realized with both techniques tends to coincide with that of flat crystals at very high energies (> 200 keV). This suggesting that also real flat perfect crystals can be considered as strongly bent or mosaic crystals at very high X ray energies.

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La presente Tesi ha per oggetto lo sviluppo e la validazione di nuovi criteri per la verifica a fatica multiassiale di componenti strutturali metallici . In particolare, i nuovi criteri formulati risultano applicabili a componenti metallici, soggetti ad un’ampia gamma di configurazioni di carico: carichi multiassiali variabili nel tempo, in modo ciclico e random, per alto e basso/medio numero di cicli di carico. Tali criteri costituiscono un utile strumento nell’ambito della valutazione della resistenza/vita a fatica di elementi strutturali metallici, essendo di semplice implementazione, e richiedendo tempi di calcolo piuttosto modesti. Nel primo Capitolo vengono presentate le problematiche relative alla fatica multiassiale, introducendo alcuni aspetti teorici utili a descrivere il meccanismo di danneggiamento a fatica (propagazione della fessura e frattura finale) di componenti strutturali metallici soggetti a carichi variabili nel tempo. Vengono poi presentati i diversi approcci disponibili in letteratura per la verifica a fatica multiassiale di tali componenti, con particolare attenzione all'approccio del piano critico. Infine, vengono definite le grandezze ingegneristiche correlate al piano critico, utilizzate nella progettazione a fatica in presenza di carichi multiassiali ciclici per alto e basso/medio numero di cicli di carico. Il secondo Capitolo è dedicato allo sviluppo di un nuovo criterio per la valutazione della resistenza a fatica di elementi strutturali metallici soggetti a carichi multiassiali ciclici e alto numero di cicli. Il criterio risulta basato sull'approccio del piano critico ed è formulato in termini di tensioni. Lo sviluppo del criterio viene affrontato intervenendo in modo significativo su una precedente formulazione proposta da Carpinteri e collaboratori nel 2011. In particolare, il primo intervento riguarda la determinazione della giacitura del piano critico: nuove espressioni dell'angolo che lega la giacitura del piano critico a quella del piano di frattura vengono implementate nell'algoritmo del criterio. Il secondo intervento è relativo alla definizione dell'ampiezza della tensione tangenziale e un nuovo metodo, noto come Prismatic Hull (PH) method (di Araújo e collaboratori), viene implementato nell'algoritmo. L'affidabilità del criterio viene poi verificata impiegando numerosi dati di prove sperimentali disponibili in letteratura. Nel terzo Capitolo viene proposto un criterio di nuova formulazione per la valutazione della vita a fatica di elementi strutturali metallici soggetti a carichi multiassiali ciclici e basso/medio numero di cicli. Il criterio risulta basato sull'approccio del piano critico, ed è formulato in termini di deformazioni. In particolare, la formulazione proposta trae spunto, come impostazione generale, dal criterio di fatica multiassiale in regime di alto numero di cicli discusso nel secondo Capitolo. Poiché in presenza di deformazioni plastiche significative (come quelle caratterizzanti la fatica per basso/medio numero di cicli di carico) è necessario conoscere il valore del coefficiente efficace di Poisson del materiale, vengono impiegate tre differenti strategie. In particolare, tale coefficiente viene calcolato sia per via analitica, che per via numerica, che impiegando un valore costante frequentemente adottato in letteratura. Successivamente, per validarne l'affidabilità vengono impiegati numerosi dati di prove sperimentali disponibili in letteratura; i risultati numerici sono ottenuti al variare del valore del coefficiente efficace di Poisson. Inoltre, al fine di considerare i significativi gradienti tensionali che si verificano in presenza di discontinuità geometriche, come gli intagli, il criterio viene anche esteso al caso dei componenti strutturali intagliati. Il criterio, riformulato implementando il concetto del volume di controllo proposto da Lazzarin e collaboratori, viene utilizzato per stimare la vita a fatica di provini con un severo intaglio a V, realizzati in lega di titanio grado 5. Il quarto Capitolo è rivolto allo sviluppo di un nuovo criterio per la valutazione del danno a fatica di elementi strutturali metallici soggetti a carichi multiassiali random e alto numero di cicli. Il criterio risulta basato sull'approccio del piano critico ed è formulato nel dominio della frequenza. Lo sviluppo del criterio viene affrontato intervenendo in modo significativo su una precedente formulazione proposta da Carpinteri e collaboratori nel 2014. In particolare, l’intervento riguarda la determinazione della giacitura del piano critico, e nuove espressioni dell'angolo che lega la giacitura del piano critico con quella del piano di frattura vengono implementate nell'algoritmo del criterio. Infine, l’affidabilità del criterio viene verificata impiegando numerosi dati di prove sperimentali disponibili in letteratura.