2 resultados para drug effect

em Universita di Parma


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Lactose, in particular α-lactose monohydrate, is the most used carrier for inhalation. Its surface and solid-state properties are of paramount importance in determining drug aerosolization performance. However, these properties may be altered by processing, such as micronization, thus affecting the product performance and stability. The present research project focused on the study of the effect of lactose solid-state on the aerosolization performance of drug-carrier mixtures, giving particular attention to the impact of micronization on lactose physico-chemical properties. The formation of a fraction of hygroscopic anhydrous α-lactose, rather than amorphous lactose, as a consequence of the mechanical stress stemming from micronization was evidenced by 1H NMR, XRPD and DSC analyses performed on samples of micronized lactose. The development of a new DVS method capable to identify and quantify different forms of α-lactose (hygroscopic anhydrous, stable anhydrous and amorphous), even simultaneously present in the same sample, confirmed the results obtained with the above-mentioned techniques. The influence of lactose solid-state on drug respirability was then evaluated through the preparation and in vitro aerodynamic assessment of ternary and binary mixtures containing two different drugs. In particular, the use, as carriers, of anhydrous forms of α-lactose in place of the conventional α-lactose monohydrate resulted in significantly improved respirability in the case of salbutamol sulphate and poorer performance in the case of budesonide. In an attempt to rationalize the obtained results, IGC was selected as a tool to investigate possible variations in the surface energy of the studied lactose carriers and APIs. A direct correlation between the total surface free energy of lactose carriers and drug respirability was not found. However, salbutamol sulphate and budesonide exhibited different specific surface free energy, to which the difference in the aerosolization performance may be, at least in part, ascribed.

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L’atrofia ottica dominante (ADOA) è una malattia mitocondriale caratterizzata da difetti visivi, che si manifestano durante l’infanzia, causati da progressiva degenerazione delle cellule gangliari della retina (RGC). ADOA è una malattia genetica associata, nella maggior parte dei casi, a mutazioni nel gene OPA1 che codifica per la GTPasi mitocondriale OPA1, appartenente alla famiglia delle dinamine, principalmente coinvolta nel processo di fusione mitocondriale e nel mantenimento del mtDNA. Finora sono state identificate più di 300 mutazioni patologiche nel gene OPA1. Circa il 50% di queste sono mutazioni missenso, localizzate nel dominio GTPasico, che si pensa agiscano come dominanti negative. Questa classe di mutazioni è associata ad una sindrome più grave nota come “ADOA-plus”. Nel lievito Saccharomyces cerevisiae MGM1 è l’ortologo del gene OPA1: nonostante i due geni abbiano domini funzionali identici le sequenze amminoacidiche sono scarsamente conservate. Questo costituisce una limitazione all’uso del lievito per lo studio e la validazione di mutazioni patologiche nel gene OPA1, infatti solo poche sostituzioni possono essere introdotte e studiate nelle corrispettive posizioni del gene di lievito. Per superare questo ostacolo è stato pertanto costruito un nuovo modello di S. cerevisiae, contenente il gene chimerico MGM1/OPA1, in grado di complementare i difetti OXPHOS del mutante mgm1Δ. Questo gene di fusione contiene una larga parte di sequenza corrispondente al gene OPA1, nella quale è stato inserito un set di nuove mutazioni trovate in pazienti affetti da ADOA e ADOA-plus. La patogenicità di queste mutazioni è stata validata sia caratterizzando i difetti fenotipici associati agli alleli mutati, sia la loro dominanza/recessività nel modello di lievito. A tutt’oggi non è stato identificato alcun trattamento farmacologico per la cura di ADOA e ADOA-plus. Per questa ragione abbiamo utilizzato il nostro modello di lievito per la ricerca di molecole che agiscono come soppressori chimici, ossia composti in grado di ripristinare i difetti fenotipici indotti da mutazioni nel gene OPA1. Attraverso uno screening fenotipico high throughput sono state testate due differenti librerie di composti chimici. Questo approccio, noto con il nome di drug discovery, ha permesso l’identificazione di 23 potenziali molecole attive.