6 resultados para Nel Noddings

em Universita di Parma


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Nel sesso maschile il carcinoma della prostata (CaP) è la neoplasia più frequente ed è tra le prime cause di morte per tumore. Ad oggi, sono disponibili diverse strategie terapeutiche per il trattamento del CaP, ma, come comprovato dall’ancora alta mortalità, spesso queste sono inefficaci, a causa soprattutto dello sviluppo di fenomeni di resistenza da parte delle cellule tumorali. La ricerca si sta quindi focalizzando sulla caratterizzazione di tali meccanismi di resistenza e, allo stesso tempo, sull’individuazione di combinazioni terapeutiche che siano più efficaci e capaci di superare queste resistenze. Le cellule tumorali sono fortemente dipendenti dai meccanismi connessi con l’omeostasi proteica (proteostasi), in quanto sono sottoposte a numerosi stress ambientali (ipossia, carenza di nutrienti, esposizione a chemioterapici, ecc.) e ad un’aumentata attività trascrizionale, entrambi fattori che causano un accumulo intracellulare di proteine anomale e/o mal ripiegate, le quali possono risultare dannose per la cellula e vanno quindi riparate o eliminate efficientemente. La cellula ha sviluppato diversi sistemi di controllo di qualità delle proteine, tra cui gli chaperon molecolari, il sistema di degradazione associato al reticolo endoplasmatico (ERAD), il sistema di risposta alle proteine non ripiegate (UPR) e i sistemi di degradazione come il proteasoma e l’autofagia. Uno dei possibili bersagli in cellule tumorali secretorie, come quelle del CaP, è rappresentato dal reticolo endoplasmatico (RE), organello intracellulare deputato alla sintesi, al ripiegamento e alle modificazioni post-traduzionali delle proteine di membrana e secrete. Alterazioni della protestasi a livello del RE inducono l’UPR, che svolge una duplice funzione nella cellula: primariamente funge da meccanismo omeostatico e di sopravvivenza, ma, quando l’omeostasi non è più ripristinabile e lo stimolo di attivazione dell’UPR cronicizza, può attivare vie di segnalazione che conducono alla morte cellulare programmata. La bivalenza, tipica dell’UPR, lo rende un bersaglio particolarmente interessante per promuovere la morte delle cellule tumorali: si può, infatti, sfruttare da una parte l’inibizione di componenti dell’UPR per abrogare i meccanismi adattativi e di sopravvivenza e dall’altra si può favorire il sovraccarico dell’UPR con conseguente induzione della via pro-apoptotica. Le catechine del tè verde sono composti polifenolici estratti dalle foglie di Camellia sinesis che possiedono comprovati effetti antitumorali: inibiscono la proliferazione, inducono la morte di cellule neoplastiche e riducono l’angiogenesi, l’invasione e la metastatizzazione di diversi tipi tumorali, tra cui il CaP. Diversi studi hanno osservato come il RE sia uno dei bersagli molecolari delle catechine del tè verde. In particolare, recenti studi del nostro gruppo di ricerca hanno messo in evidenza come il Polyphenon E (estratto standardizzato di catechine del tè verde) sia in grado, in modelli animali di CaP, di causare un’alterazione strutturale del RE e del Golgi, un deficit del processamento delle proteine secretorie e la conseguente induzione di uno stato di stress del RE, il quale causa a sua volta l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR. Nel presente studio su due diverse linee cellulari di CaP (LNCaP e DU145) e in un nostro precedente studio su altre due linee cellulari (PNT1a e PC3) è stato confermato che il Polyphenon E è capace di indurre lo stress del RE e di determinare l’attivazione delle vie di segnalazione dell’UPR, le quali possono fungere da meccanismo di sopravvivenza, ma anche contribuire a favorire la morte cellulare indotta dalle catechine del tè verde (come nel caso delle PC3). Considerati questi effetti delle catechine del tè verde in qualità di induttori dell’UPR, abbiamo ipotizzato che la combinazione di questi polifenoli bioattivi e degli inibitori del proteasoma, anch’essi noti attivatori dell’UPR, potesse comportare un aggravamento dell’UPR stesso tale da innescare meccanismi molecolari di morte cellulare programmata. Abbiamo quindi studiato l’effetto di tale combinazione in cellule PC3 trattate con epigallocatechina-3-gallato (EGCG, la principale tra le catechine del tè verde) e due diversi inibitori del proteasoma, il bortezomib (BZM) e l’MG132. I risultati hanno dimostrato, diversamente da quanto ipotizzato, che l’EGCG quando associato agli inibitori del proteasoma non produce effetti sinergici, ma che anzi, quando viene addizionato al BZM, causa una risposta simil-antagonistica: si osserva infatti una riduzione della citotossicità e dell’effetto inibitorio sul proteasoma (accumulo di proteine poliubiquitinate) indotti dal BZM, inoltre anche l’induzione dell’UPR (aumento di GRP78, p-eIF2α, CHOP) risulta ridotta nelle cellule trattate con la combinazione di EGCG e BZM rispetto alle cellule trattate col solo BZM. Gli stessi effetti non si osservano invece nelle cellule PC3 trattate con l’EGCG in associazione con l’MG132, dove non si registra alcuna variazione dei parametri di vitalità cellulare e dei marcatori di inibizione del proteasoma e di UPR (rispetto a quelli osservati nel singolo trattamento con MG132). Essendo l’autofagia un meccanismo compensativo che si attiva in seguito all’inibizione del proteasoma o allo stress del RE, abbiamo valutato che ruolo potesse avere tale meccanismo nella risposta simil-antagonistica osservata in seguito al co-trattamento con EGCG e BZM. I nostri risultati hanno evidenziato, in cellule trattate con BZM, l’attivazione di un flusso autofagico che si intensifica quando viene addizionato l’EGCG. Tramite l’inibizione dell’autofagia mediante co-somministrazione di clorochina, è stato possibile stabilire che l’autofagia indotta dall’EGCG favorisce la sopravvivenza delle cellule sottoposte al trattamento combinato tramite la riduzione dell’UPR. Queste evidenze ci portano a concludere che per il trattamento del CaP è sconsigliabile associare le catechine del tè verde con il BZM e che in futuri studi di combinazione di questi polifenoli con composti antitumorali sarà importante valutare il ruolo dell’autofagia come possibile meccanismo di resistenza.

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Obiettivi. Lo scopo di questo studio è di confrontare la mortalità e l’incidenza per tutte le cause, tutti i tumori, tumori specifici e per le cause non neoplastiche, in una coorte dei lavoratori impiegati nel cantiere navale di Monfalcone (GO) tra il 1974 e il 1994, con quella della popolazione generale della regione FVG e d’Italia. L’obiettivo è eseguire tali confronti considerando il livello di esposizione ad amianto, la durata di esposizione (in anni) precedente al 1985, il periodo di prima assunzione, quali principali indicatori di esposizione occupazionale ad asbesto. Obiettivo secondario è quello di contribuire alla conoscenza circa la correlazione tra esposizione ad asbesto e l’incidenza di tumori nelle principali sedi digestive. Metodi. Tramite metodo indiretto sono stati calcolati SIR (periodo 1995-2009) e SMR (periodo 1995-2012) per tumore maligno della pleura, tumore di trachea bronchi e polmone, per tutti i tumori e per malattie non neoplastiche. È stato condotto uno studio caso- controllo nested per la stima degli gli ORs rispettivamente per tumore maligno della pleura e del polmone. Sono stati applicati modelli di Poisson per la stima degli IRRs riguardanti le principali sedi digestive, utilizzando quali variabili esplicative: a) il rischio di esposizione ad asbesto legato alla mansione e b) il numero di anni di esposizione precedenti al 1985. Risultati. Nell’intera coorte (5582 uomini) gli SMR indicavano un eccesso di mortalità per tumore maligno della pleura incrementato rispettivamente di circa 7 volte (SMR= 7,03; IC95% 5,61-8,79) e di poco più di 14 volte (SMR= 14,20; IC95% 11,33-17,75) rispettivamente quando il confronto è stato fatto con la popolazione standard del FVG e dell’Italia. L’aumento della mortalità per tumore maligno della pleura risulta fortemente aumentato in tutte le stratificazioni. Gli SMR per il tumore di trachea, bronchi e polmone sono risultati essere prossimi all'unità quando le analisi sono state eseguite nell’intera coorte, mentre risultano aumentati in modo significativo rispetto alla popolazione generale quando calcolati nei soggetti a rischio medio e assunti presso i cantieri navali di Monfalcone prima del 1974 (SMR= 1,38 95%CI 1,00-1,85) e nei soggetti classificati a rischio medio e assunti nel periodo 1985-1994 (SMR= 4,88 95%CI 1,00-14,25). Analogamente, nell’intera coorte, i SIR per tumore maligno della pleura calcolati nell’intera coorte erano aumentati di oltre 7 volte (SIR= 7,65; IC95% 6,19-9,49), mentre l’incidenza del tumore di trachea bronchi e polmone non vede incrementi rispetto alla popolazione di riferimento. Coloro che hanno avuto una durata di esposizione maggiore di 30 anni prima del 1985 dimostrano un aumento dell’incidenza di tumore di trachea, bronchi e polmone (SIR=1,34 IC95% 1,00-1,77), statisticamente significativo, così come per coloro che son stati classificati a rischio medio di esposizione e assunti precedentemente al 1974 (SIR=1,46 IC95% 1,06-1,95) e per coloro che sono stati classificati ad alto rischio e assunti nel periodo 1985-1994 (SIR=5,68 IC95% 1,17-16,60). Nell’intera coorte si registra un significativo aumento di incidenza di tumore dello stomaco in coloro classificati a alto rischio (SIR= 1,47 IC95% 1,05-2,00), mentre l’incidenza di tumore del pancreas vede un incremento dell’incidenza in coloro classificati a medio rischio di esposizione ad asbesto (SIR= 2,21 IC95% 1,21-3,72). Il sottogruppo le cui informazioni risultavano mancanti mostrano un incremento del SIR, borderline ma non significativo, per tumore del colon-retto (SIR= 1,29 IC95% 0,94-1,73). Emerge un significativo aumento dell’incidenza del tumore dello stomaco in coloro con un periodo di esposizione precedente al 1985 compreso tra 10 e 20 anni (SIR= 1,71 IC95% 1,12-2,49). Anche i SIR per il tumore del pancreas vedono un incremento statisticamente significativo in coloro che hanno una durata di esposizione precedente al 1985 inferiore a 10 anni e maggiore di 30: rispettivamente i SIR sono stati di 2,23 (IC95% 1,07-4,10) e 2,57 (IC95% 1,53-4,07). I risultati relativi ai confronti interni non mostrano significatività statistica. Conclusioni. I risultati indicano che nella coorte degli uomini ex- lavoratori dei cantieri navali di Monfalcone vi era un incremento forte e statisticamente significativo della mortalità e dell’incidenza di tumore maligno della pleura rispetto sia alla popolazione generale del FVG sia a quella dell’Italia. Eccessi di mortalità ed incidenza sono stati rilevati talvolta anche per il tumore di trachea, bronchi e polmone, quando le analisi sono state condotte stratificando la coorte in gruppi omogenei di rischio. Il più elevato eccesso rispetto all’atteso sia della mortalità per tumore maligno della pleura e del tumore del polmone, che dell’incidenza, si osservava nei lavoratori con mansioni a rischio medio, seguito dal gruppo con mansioni a rischio elevato. I Risultati riguardanti l’incidenza dei tumori delle principali sedi digestive ha visto nell’intera coorte un aumento significativo dei SIR per tumore dello stomaco e del pancreas, anche quando condotti per sottogruppi. Tuttavia le stime relative agli outcome diversi dal tumore maligno della pleura e del tumore del polmone devono essere interpretate con cautela. Le associazioni positive riscontrate tramite confronti interni non presentano significatività statistica.

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Il tema della ricerca sono i caratteri della grafica a pastello in area italiana nel XVI secolo. Il lavoro è articolato in tre parti. Il primo capitolo analizza l’uso e il significato del termine “pastello” nelle fonti Cinque-Seicentesche. Il secondo capitolo ricostruisce il dibattito critico multidisciplinare sull’argomento. Se da una parte l’attenzione riservata al pastello da specialisti di diversi settori ha portato a una feconda varietà di punti di vista, dall’altro ha avuto come risultato una serie di ricostruzioni frammentarie. All’interno del dibattito sulla tecnica è stato possibile distinguere posizioni differenziate, in parte conseguenza dei diversi approcci e specializzazioni, ed enucleare alcuni nodi critici meritevoli di approfondimento. In primo luogo è possibile distinguere varie opinioni sulla fondamentale questione della natura e dei criteri di identificazione del medium, in particolare per i disegni risalenti al XVI secolo ovvero alla fase “embrionale” dell’utilizzo della tecnica. Si è proceduto poi, sulla base di queste premesse, all’analisi dei disegni del XVI secolo tradizionalmente ritenuti o recentemente proposti dalla storiografia come opere a pastello in ambito milanese, nelle aree settentrionali e centro-italiane. Successivamente è stato quindi studiato il ruolo della tecnica all’interno della grafica di Federico Barocci e Jacopo Bassano , i due artisti che si dedicano con maggiore intensità all’esplorazione delle possibilità del medium. Sono state infine considerate opere di artisti appartenenti alle generazioni successive (sempre entro il XVI secolo) che sperimentano l’uso dei pastelli policromi sul modello di Barocci e Bassano.

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Studio comparatistico Italia / UK in tema di colpevolezza di impresa. Uno studio della dimensione in action dei profili ascrittivi di responsabilità delle persone giuridiche.

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SUMMARY The Porcine Reproductive and Respiratory Syndrome (PRRS) virus is one of the most spread pathogens in swine herds all over the world and responsible for a reproductive and respiratory syndrome that causes severe heath and economical problems. This virus emerged in late 1980’s but although about 30 years have passed by, the knowledge about some essential facets related to the features of the virus (pathogenesis, immune response, and epidemiology) seems to be still incomplete. Taking into account that the development of modern vaccines is based on how innate and acquire immunity react, a more and more thorough knowledge on the immune system is needed, in terms of molecular modulation/regulation of the inflammatory and immune response upon PRRSV infection. The present doctoral thesis, which is divided into 3 different studies, is aimed to increase the knowledge about the interaction between the immune system and the PRRS virus upon natural infection. The objective of the first study entitled “Coordinated immune response of memory and cytotoxic T cells together with IFN-γ secreting cells after porcine reproductive and respiratory syndrome virus (PRRSV) natural infection in conventional pigs” was to evaluate the activation and modulation of the immune response in pigs naturally infected by PRRSV compared to an uninfected control group. The course of viremia was evaluated by PCR, the antibody titres by ELISA, the number of IFN-γ secreting cells (IFN- SC) by an ELISPOT assay and the immunophenotyping of some lymphocyte subsets (cytotoxic cells, memory T lymphocytes and cytotoxic T lymphocytes) by flow cytometry. The results showed that the activation of the cell-mediated immune response against PRRSV is delayed upon infection and that however the levels of IFN-γ SC and lymphocyte subsets subsequently increase over time. Furthermore, it was observed that the course of the different immune cell subsets is time-associated with the levels of PRRSV-specific IFN-γ SC and this can be interpreted based on the functional role that such lymphocyte subsets could have in the specific production/secretion of the immunostimulatory cytokine IFN-γ. In addition, these data support the hypothesis that the age of the animals upon the onset of infection or the diverse immunobiological features of the field isolate, as typically hypothesized during PRRSV infection, are critical conditions able to influence the qualitative and quantitative course of the cell-mediated immune response during PRRSV natural infection. The second study entitled “Immune response to PCV2 vaccination in PRRSV viremic piglets” was aimed to evaluate whether PRRSV could interfere with the activation of the immune response to PCV2 vaccination in pigs. In this trial, 200 pigs were divided into 2 groups: PCV2-vaccinated (at 4 weeks of age) and PCV2-unvaccinated (control group). Some piglets of both groups got infected by PRRSV, as determined by PRRSV viremia detection, so that 4 groups were defined as follows: PCV2 vaccinated - PRRSV viremic PCV2 vaccinated - PRRSV non viremic PCV2 unvaccinated - PRRSV viremic PCV2 unvaccinated - PRRSV non viremic The following parameters were evaluated in the 4 groups: number of PCV2-specific IFN-γ secreting cells, antibody titres by ELISA and IPMA. Based on the immunological data analysis, it can be deduced that: 1) The low levels of antibodies against PCV2 in the PCV2-vaccinated – PRRSV-viremic group at vaccination (4 weeks of age) could be related to a reduced colostrum intake influenced by PRRSV viremia. 2) Independently of the viremia status, serological data of the PCV2-vaccinated group by ELISA and IPMA does not show statistically different differences. Consequently, it can be be stated that, under the conditions of the study, PRRSV does not interfere with the antibody response induced by the PCV2 vaccine. 3) The cell-mediated immune response in terms of number of PCV2-specific IFN-γ secreting cells in the PCV2-vaccinated – PRRSV-viremic group seems to be compromised, as demonstrated by the reduction of the number of IFN-γ secreting cells after PCV2 vaccination, compared to the PCV2-vaccinated – PRRSV-non-viremic group. The data highlight and further support the inhibitory role of PRRSV on the development and activation of the immune response and highlight how a natural infection at early age can negatively influence the immune response to other pathogens/antigens. The third study entitled “Phenotypic modulation of porcine CD14+ monocytes, natural killer/natural killer T cells and CD8αβ+ T cell subsets by an antibody-derived killer peptide (KP)” was aimed to determine whether and how the killer peptide (KP) could modulate the immune response in terms of activation of specific lymphocyte subsets. This is a preliminary approach also aimed to subsequently evaluate such KP with a potential antivural role or as adjuvant. In this work, pig peripheral blood mononuclear cells (PBMC) were stimulated with three KP concentrations (10, 20 and 40 g/ml) for three time points (24, 48 and 72 hours). TIME POINTS (hours) KP CONCENTRATIONS (g/ml) 24 0-10-20-40 48 0-10-20-40 72 0-10-20-40 By using flow cytometry, the qualitative and quantitative modulation of the following immune subsets was evaluated upon KP stimulation: monocytes, natural killer (NK) cells, natural killer T (NKT) cells, and CD4+ and CD8α/β+ T lymphocyte subsets. Based on the data, it can be deduced that: 1) KP promotes a dose-dependent activation of monocytes, particularly after 24 hours of stimulation, by inducing a monocyte phenotypic and maturation shift mainly involved in sustaining the innate/inflammatory response. 2) KP induces a strong dose-dependent modulation of NK and NKT cells, characterized by an intense increase of the NKT cell fraction compared to NK cells, both subsets involved in the antibody-dependent cell cytotoxicity (ADCC). The increase is observed especially after 24 hours of stimulation. 3) KP promotes a significant activation of the cytotoxic T lymphocyte subset (CTL). 4) KP can modulate both the T helper and T cytotoxic phenotype, by inducing T helper cells to acquire the CD8α thus becoming doube positive cells (CD4+CD8+) and by inducing CTL (CD4-CD8+high) to acquire the double positive phenotype (CD4+CD8α+high). Therefore, KP may induce several effects on different immune cell subsets. For this reason, further research is needed aimed at characterizing each “effect” of KP and thus identifying the best use of the decapeptide for vaccination practice, therapeutic purposes or as vaccine adjuvant. RIASSUNTO Il virus della PRRS (Porcine Reproductive Respiratory Syndrome) è uno dei più diffusi agenti patogeni negli allevamenti suini di tutto il mondo, responsabile di una sindrome riproduttiva e respiratoria causa di gravi danni ad impatto sanitario ed economico. Questo virus è emerso attorno alla fine degli anni ’80 ma nonostante siano passati circa una trentina di anni, le conoscenze su alcuni punti essenziali che riguardano le caratteristiche del virus (patogenesi, risposta immunitaria, epidemiologia) appaiono ancora spesso incomplete. Considerando che lo sviluppo dei vaccini moderni è basato sui principi dell’immunità innata e acquisita è essenziale una sempre più completa conoscenza del sistema immunitario inteso come modulazione/regolazione molecolare della risposta infiammatoria e immunitaria in corso di tale infezione. Questo lavoro di tesi, suddiviso in tre diversi studi, ha l’intento di contribuire all’aumento delle informazioni riguardo l’interazione del sistema immunitario, con il virus della PRRS in condizioni di infezione naturale. L’obbiettivo del primo studio, intitolato “Associazione di cellule memoria, cellule citotossiche e cellule secernenti IFN- nella risposta immunitaria in corso di infezione naturale da Virus della Sindrome Riproduttiva e Respiratoria del Suino (PRRSV)” è stato di valutare l’attivazione e la modulazione della risposta immunitaria in suini naturalmente infetti da PRRSV rispetto ad un gruppo controllo non infetto. I parametri valutati sono stati la viremia mediante PCR, il titolo anticorpale mediante ELISA, il numero di cellule secernenti IFN- (IFN- SC) mediante tecnica ELISPOT e la fenotipizzazione di alcune sottopopolazioni linfocitarie (Cellule citotossiche, linfociti T memoria e linfociti T citotossici) mediante citofluorimetria a flusso. Dai risultati ottenuti è stato possibile osservare che l’attivazione della risposta immunitaria cellulo-mediata verso PRRSV appare ritardata durante l’infezione e che l’andamento, in termini di IFN- SC e dei cambiamenti delle sottopopolazioni linfocitarie, mostra comunque degli incrementi seppur successivi nel tempo. E’ stato inoltre osservato che gli andamenti delle diverse sottopopolazioni immunitarie cellulari appaiono temporalmente associati ai livelli di IFN- SC PRRSV-specifiche e ciò potrebbe essere interpretato sulla base del ruolo funzionale che tali sottopopolazioni linfocitarie potrebbero avere nella produzione/secrezione specifica della citochina immunoattivatrice IFN-. Questi dati inoltre supportano l’ipotesi che l’età degli animali alla comparsa dell’infezione o, come tipicamente ipotizzato nell’infezione da PRRSV, le differenti caratteristiche immunobiologiche dell’isolato di campo, sia condizioni critiche nell’ influenzare l’andamento qualitativo e quantitativo della risposta cellulo-mediata durante l’infezione naturale da PRRSV. Il secondo studio, dal titolo “Valutazione della risposta immunitaria nei confronti di una vaccinazione contro PCV2 in suini riscontrati PRRSV viremici e non viremici alla vaccinazione” ha avuto lo scopo di valutare se il virus della PRRS potesse andare ad interferire sull’attivazione della risposta immunitaria indotta da vaccinazione contro PCV2 nel suino. In questo lavoro sono stati arruolati 200 animali divisi in due gruppi, PCV2 Vaccinato (a 4 settimane di età) e PCV2 Non Vaccinato (controllo negativo). Alcuni suinetti di entrambi i gruppi, si sono naturalmente infettati con PRRSV, come determinato con l’analisi della viremia da PRRSV, per cui è stato possibile creare quattro sottogruppi, rispettivamente: PCV2 vaccinato - PRRSV viremico PCV2 vaccinato - PRRSV non viremico PCV2 non vaccinato - PRRSV viremico PCV2 non vaccinato - PRRSV non viremico Su questi quattro sottogruppi sono stati valutati i seguenti parametri: numero di cellule secernenti IFN- PCV2 specifiche, ed i titoli anticorpali mediante tecniche ELISA ed IPMA. Dall’analisi dei dati immunologici derivati dalle suddette tecniche è stato possibile dedurre che:  I bassi valori anticorpali nei confronti di PCV2 del gruppo Vaccinato PCV2-PRRSV viremico già al periodo della vaccinazione (4 settimane di età) potrebbero essere messi in relazione ad una ridotta assunzione di colostro legata allo stato di viremia da PRRSV  Indipendentemente dallo stato viremico, i dati sierologici del gruppo vaccinato PCV2 provenienti sia da ELISA sia da IPMA non mostrano differenze statisticamente significative. Di conseguenza è possibile affermare che in questo caso PRRSV non interferisce con la risposta anticorpale promossa dal vaccino PCV2.  La risposta immunitaria cellulo-mediata, intesa come numero di cellule secernenti IFN- PCV2 specifiche nel gruppo PCV2 vaccinato PRRS viremico sembra essere compromessa, come viene infatti dimostrato dalla diminuzione del numero di cellule secernenti IFN- dopo la vaccinazione contro PCV2, comparata con il gruppo PCV2 vaccinato- non viremico. I dati evidenziano ed ulteriormente sostengono il ruolo inibitorio del virus della PRRSV sullo sviluppo ed attivazione della risposta immunitaria e come un infezione naturale ad età precoci possa influenzare negativamente la risposta immunitaria ad altri patogeni/antigeni. Il terzo studio, intitolato “Modulazione fenotipica di: monociti CD14+, cellule natural killer (NK), T natural killer (NKT) e sottopopolazioni linfocitarie T CD4+ e CD8+ durante stimolazione con killer peptide (KP) nella specie suina” ha avuto come scopo quello di stabilire se e come il Peptide Killer (KP) potesse modulare la risposta immunitaria in termini di attivazione di specifiche sottopopolazioni linfocitarie. Si tratta di un approccio preliminare anche ai fini di successivamente valutare tale KP in un potenziale ruolo antivirale o come adiuvante. In questo lavoro, periferal blood mononuclear cells (PBMC) suine sono state stimolate con KP a tre diverse concentrazioni (10, 20 e 40 g/ml) per tre diversi tempi (24, 48 e 72 ore). TEMPI DI STIMOLAZIONE (ore) CONCENTRAZIONE DI KP (g/ml) 24 0-10-20-40 48 0-10-20-40 72 0-10-20-40 Mediante la citometria a flusso è stato dunque possibile analizzare il comportamento qualitativo e quantitativo di alcune sottopopolazioni linfocitarie sotto lo stimolo del KP, tra cui: monociti, cellule Natural Killer (NK), cellule T Natural Killer (NKT) e linfociti T CD4 e CD8+. Dai dati ottenuti è stato possibile dedurre che: 1) KP promuove un’attivazione dei monociti dose-dipendente in particolare dopo 24 ore di stimolazione, inducendo uno “shift” fenotipico e di maturazione monocitaria maggiormente coinvolto nel sostegno della risposta innata/infiammatoria. 2) KP induce una forte modulazione dose-dipendente di cellule NK e NKT con un forte aumento della frazione delle cellule NKT rispetto alle NK, sottopopolazioni entrambe coinvolte nella citotossicità cellulare mediata da anticorpi (ADCC). L’aumento è riscontrabile soprattutto dopo 24 ore di stimolazione. 3) KP promuove una significativa attivazione della sottopopolazione del linfociti T citotossici (CTL). 4) Per quanto riguarda la marcatura CD4+/CD8+ è stato dimostrato che KP ha la capacità di modulare sia il fenotipo T helper che T citotossico, inducendo le cellule T helper ad acquisire CD8 diventando quindi doppio positive (CD4+CD8+) ed inducendo il fenotipo CTL (CD4-CD8+high) ad acquisire il fenotipo doppio positivo (CD4+CD8α+high). Molti dunque potrebbero essere gli effetti che il decapeptide KP potrebbe esercitare sulle diverse sottopopolazioni del sistema immunitario, per questo motivo va evidenziata la necessità di impostare e attuare nuove ricerche che portino alla caratterizzazione di ciascuna “abilità” di KP e che conducano successivamente alla scoperta del migliore utilizzo che si possa fare del decapeptide sia dal punto di vista vaccinale, terapeutico oppure sotto forma di adiuvante vaccinale.

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Questo lavoro analizza le imprese italiane uscite dal mercato tra il 2008 e il 2012 a seguito di una procedura fallimentare o di una liquidazione volontaria e individua le principali caratteristiche aziendali correlate a tale fenomeno. L’analisi econometrica condotta sui bilanci delle società di capitali indica che la probabilità di cessazione dell’attività produttiva è stata maggiore per le aziende più piccole e per quelle di più recente costituzione. A parità di altre caratteristiche delle imprese, come la dimensione, il settore produttivo o l’area in cui esse sono localizzate, l’apertura di una procedura fallimentare è risultata maggiormente correlata a squilibri nella struttura finanziaria, come un elevato leverage, mentre la probabilità di liquidazione è stata influenzata in misura superiore dai bassi livelli di redditività.