986 resultados para polimerasi III subunità alpha Deinococcus radiodurans sovraespressione corpi di inclusione purificazione caratterizzazione cinetica


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Il passo preliminare del presente elaborato è quello di mettere a punto un metodica solida e riproducibile per la sovraespressione della subunità α di D. radiodurans per via eterologa. L’ospite ideale per realizzare la sovraespressione è E. coli, microorganismo ampiamente discusso e impiegato per via della sua semplice manipolazione. Per realizzare la sovraespressione il ceppo di E. coli prescelto è stato trasformato con il plasmide pBAD-dnaE e la proteina in esame è stata ottenuta come corpi di inclusione (biologicamente inattiva). Successivamente alla fase di rinaturazione e alla purificazione tramite cromatografia liquida dell’enzima è stato possibile ottenere quantità sufficienti di proteina pura e biologicamente attiva con la quale condurre saggi spettrofotometrici di attività enzimatica per valutare il comportamento dell’enzima in vitro simulando le condizioni di substrato attese in vivo. È proprio in quest’ultimo frangente che si condensa lo scopo di questo lavoro. La conduzione dei saggi di attività enzimatica in condizioni ricombinative e non ricombinative (quindi in presenza o meno di RecAEc nell’ambiente di reazione) ci ha consentito di comprendere meglio il comportamento della pol III-α durante la fase di strand invasion mediata dalla ricombinasi e la successiva sintesi del neofilamento, contribuendo a chiarire alcuni aspetti dei meccanismi che intervengono lungo la via di riparazione del genoma danneggiato in D. radiodurans ancora poco discussi. Inoltre l’elaborazione di un sistema di espressione per la singola subunità α getterebbe le basi per sviluppare un sistema di co-espressione più complesso ove siano coinvolte anche altre subunità dell’oloenzima (τ-δ-δ’), in modo da poter verificare la tipologia di subassemblaggio che spontaneamente avverrebbe in vivo e gli stimoli relativi tra le diverse subunità che ne migliorerebbero l’efficienza.

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Faithful replication of DNA from one generation to the next is crucial for long-term species survival. Genomic integrity in prokaryotes, archaea and eukaryotes is dependent on efficient and accurate catalysis by multiple DNA polymerases. Escherichia coli possesses five known DNA polymerases (Pol). DNA polymerase III holoenzyme is the major replicative polymerase of the Escherichia coli chromosome (Kornberg, 1982). This enzyme contains two Pol III cores that are held together by a t dimer (Studwell-Vaughan and O’Donnell, 1991). The core is composed of three different proteins named α-, ε- and θ-subunit. The α-subunit, encoded by dnaE, contains the catalytic site for DNA polymerisation (Maki and Kornberg, 1985), the ε-subunit, encoded by dnaQ, contains the 3′→5′ proofreading exonuclease (Scheuermann, et al., 1983) and the θ-subunit, encoded by hole, that has no catalytic activity (Studwell-Vaughan, and O'Donnell, 1983). The three-subunit α–ε–θ DNA pol III complex is the minimal active polymerase form purified from the DNA pol III holoenzyme complex; these three polypeptides are tightly associated in the core (McHenry and Crow, 1979) Despite a wealth of data concerning the properties of DNA polymerase III in vitro, little information is available on the assembly in vivo of this complex enzyme. In this study it is shown that the C-terminal region of the proofreading subunit is labile and that the ClpP protease and the molecular chaperones GroL and DnaK control the overall concentration in vivo of ε. Two α-helices (comprising the residues E311-M335 and G339-D353, respectively) of the N-terminal region of the polymerase subunit were shown to be essential for the binding to ε. These informations could be utilized to produce a conditional mutator strain in which proofreading activity would be titrated by a a variant that can only bind e and that is polymerase-deficient. In this way the replication of DNA made by DNA Pol-III holoenzyme would accordingly become error-prone.

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Il core catalitico della DNA polimerasi III, composto dalle tre subunità α, ε e θ, è il complesso minimo responsabile della replicazione del DNA cromosomiale in Escherichia coli. Nell'oloenzima, α ed ε possiedono rispettivamente un'attività 5'-3' polimerasica ed un'attività 3'-5' esonucleasica, mentre θ non ha funzioni enzimatiche. Il presente studio si è concentrato sulle regioni del core che interagiscono direttamente con ε, ovvero θ (interagente all'estremità N-terminale di ε) e il dominio PHP di α (interagente all'estremità C-terminale di ε), delle quali non è stato sinora identificato il ruolo. Al fine di assegnare loro una funzione sono state seguite tre linee di ricerca parallele. Innanzitutto il ruolo di θ è stato studiato utilizzando approcci ex-vivo ed in vivo. I risultati presentati in questo studio mostrano che θ incrementa significativamente la stabilità della subunità ε, intrinsecamente labile. Durante gli esperimenti condotti è stata anche identificata una nuova forma dimerica di ε. Per quanto la funzione del dimero non sia definita, si è dimostrato che esso è attivamente dissociato da θ, che potrebbe quindi fungere da suo regolatore. Inoltre, è stato ritrovato e caratterizzato il primo fenotipo di θ associato alla crescita. Per quanto concerne il dominio PHP, si è dimostrato che esso possiede un'attività pirofosfatasica utilizzando un nuovo saggio, progettato per seguire le cinetiche di reazione catalizzate da enzimi rilascianti fosfato o pirofosfato. L'idrolisi del pirofosfato catalizzata dal PHP è stata dimostrata in grado di sostenere l'attività polimerasica di α in vitro, il che suggerisce il suo possibile ruolo in vivo durante la replicazione del DNA. Infine, è stata messa a punto una nuova procedura per la coespressione e purificazione del complesso α-ε-θ

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Nella seguente tesi sono stati affrontati differenti protocolli di purificazione di componenti della DNA polimerasi III di Escherichia coli, previamente sovraespressi nel microrganismo. A distanza di oltre 20 anni dall’identificazione della DNA polimerasi III quale enzima responsabile della replicazione del genoma di E. coli, sono stati fatti progressi riguardo la sua conoscenza. Tuttavia molti sono gli aspetti rimasti incogniti riguardo al meccanismo d’azione dell’enzima, così come il ruolo svolto dalle sue subunità e parte della loro struttura. Al fine di migliorare la comprensione di questo enzima, è necessario insistere sulla diffrattometria di raggi X, per la quale è indispensabile l’isolamento di cristalli delle proteine. Si intuisce la necessità di sviluppare metodi appropriati che consentano di ottenere una resa il più possibile elevata dei suoi componenti. Una metodica generale per la sovraespressione del core catalitico e della singola subunità α, deputata all’attività polimerasica a carico di entrambi i filamenti di DNA, era già stata perfezionata presso il laboratorio ospitante. Con il presente lavoro sono stati sperimentati alcuni procedimenti, volti ad aumentare la resa di purificazione, adottando differenti soluzioni. In primo luogo, si è cercato di recuperare le proteine contenute nel flow through eluito da una colonna cromatografica Q-Sepharose, alla quale non erano riuscite a legarsi durante il primo stadio di purificazione. Inoltre, sono stati sperimentati metodi alternativi di lisi cellulare di estrazione delle proteine. In sintesi, il contenuto della tesi potrebbe agevolare la valutazione di diverse strategie per incrementare la resa di purificazione della subunità α e del core polimerasico della DNA Polimerasi III di E. coli.

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Il presente lavoro si incentra sulla parziale caratterizzazione del sito attivo del dominio PHP della subunità alpha, componente fondamentale dell'Oloenzima polimerasi III di E. coli. E' stato messo in luce il coinvolgimento di questo dominio nel meccanismo di idrolisi del pirofosfato generato dalla reazione polimerasica, valutando inoltre il grado di associazione tra queste due attività.

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Single-stranded DNA binding protein (Ssb) of Deinococcus radiodurans comprises N- and C-terminal oligonucleotide/oligosaccharide binding (OB) folds connected by a beta hairpin connector. To assign functional roles to the individual OB folds, we generated three Ssb variants: Ssb(N) (N-terminal without connector), Ssb(NC) (N-terminal with connector) and Ssb(C) (C-terminal), each harboring one OB fold. Both Ssb(N) and Ssb(NC) displayed weak single-stranded DNA (ssDNA) binding activity, compared to the full-length Ssb (Ssb(FL)). The level of ssDNA binding activity displayed by SsbC was intermediate between Ssb(FL) and Ssb(N). Ssb(C) and Ssb(FL) predominantly existed as homo-dimers while Ssb(NC)/Ssb(N) formed different oligomeric forms. In vitro, Ssb(NC) or Ssb(N) formed a binary complex with Ssb(C) that displayed enhanced ssDNA binding activity. Unlike Ssb(FL), Ssb variants were able to differentially modulate topoisomerase-I activity, but failed to stimulate Deinococcal RecA-promoted DNA strand exchange. The results suggest that the C-terminal OB fold is primarily responsible for ssDNA binding. The N-terminal OB fold binds weakly to ssDNA but is involved in multimerization. (C) 2015 The Authors. Published by Elsevier B.V. on behalf of the Federation of European Biochemical Societies. This is an open access article under the CC BY-NC-ND license.

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Asparaginyl-tRNA (Asn-tRNA) and glutaminyl-tRNA (Gln-tRNA) are essential components of protein synthesis. They can be formed by direct acylation by asparaginyl-tRNA synthetase (AsnRS) or glutaminyl-tRNA synthetase (GlnRS). The alternative route involves transamidation of incorrectly charged tRNA. Examination of the preliminary genomic sequence of the radiation-resistant bacterium Deinococcus radiodurans suggests the presence of both direct and indirect routes of Asn-tRNA and Gln-tRNA formation. Biochemical experiments demonstrate the presence of AsnRS and GlnRS, as well as glutamyl-tRNA synthetase (GluRS), a discriminating and a nondiscriminating aspartyl-tRNA synthetase (AspRS). Moreover, both Gln-tRNA and Asn-tRNA transamidation activities are present. Surprisingly, they are catalyzed by a single enzyme encoded by three ORFs orthologous to Bacillus subtilis gatCAB. However, the transamidation route to Gln-tRNA formation is idled by the inability of the discriminating D. radiodurans GluRS to produce the required mischarged Glu-tRNAGln substrate. The presence of apparently redundant complete routes to Asn-tRNA formation, combined with the absence from the D. radiodurans genome of genes encoding tRNA-independent asparagine synthetase and the lack of this enzyme in D. radiodurans extracts, suggests that the gatCAB genes may be responsible for biosynthesis of asparagine in this asparagine prototroph.

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Predicted highly expressed (PHX) and putative alien genes determined by codon usages are characterized in the genome of Deinococcus radiodurans (strain R1). Deinococcus radiodurans (DEIRA) can survive very high doses of ionizing radiation that are lethal to virtually all other organisms. It has been argued that DEIRA is endowed with enhanced repair systems that provide protection and stability. However, predicted expression levels of DNA repair proteins with the exception of RecA tend to be low and do not distinguish DEIRA from other prokaryotes. In this paper, the capability of DEIRA to resist extreme doses of ionizing and UV radiation is attributed to an unusually high number of PHX chaperone/degradation, protease, and detoxification genes. Explicitly, compared with all current complete prokaryotic genomes, DEIRA contains the greatest number of PHX detoxification and protease proteins. Other sources of environmental protection against severe conditions of UV radiation, desiccation, and thermal effects for DEIRA are the several S-layer (surface structure) PHX proteins. The top PHX gene of DEIRA is the multifunctional tricarboxylic acid (TCA) gene aconitase, which, apart from its role in respiration, also alerts the cell to oxidative damage.

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Cosa e’ stato fatto e il fine della ricerca in questi tre anni si è esaminato il materiale edito sui sarcofagi del periodo in esame, sui culti funerari, i problemi religiosi ed artistici. Per trovare confronti validi si sono resi necessari alcuni viaggi sia in Italia che all’estero. Lo scopo della ricerca è stato quello di “leggere” i messaggi insiti nelle figurazioni delle casse dei sarcofagi, per comprendere meglio la scelta dei committenti verso determinati temi e la ricezione di questi ultimi da parte del pubblico. La tomba, infatti, è l’ultima traccia che l’uomo lascia di sé ed è quindi importante cercare di determinare l’impatto psicologico del monumento funerario sul proprietario, che spesso lo acquistava quando ancora era in vita, e sui familiari in visita alla tomba durante la celebrazione dei riti per i defunti. Nell’ultimo anno, infine, si è provveduto a scrivere la tesi suddivindendo i capitoli e i pezzi in base all’argomento delle figurazioni (mitologici, di virtù, etc.). I capitoli introduttivi Nel primo capitolo di introduzione si è cercato di dare un affresco per sommi capi del periodo storico in esame da Caracalla a Teodosio e della Chiesa di III e IV secolo, mettendo in luce la profonda crisi che gravava sull’Impero e le varie correnti che frammentavano il cristianesimo. In particolare alcune dispute, come quella riguardante i lapsi, sarà alla base di ipotesi interpretative riguardanti la raffigurazione del rifiuto dei tre giovani Ebrei davanti a Nabuchodonosor. Nel capitolo seguente vengono esaminati i riti funerari e il ruolo dei sarcofagi in tali contesti, evidenziando le diverse situazioni emotive degli osservatori dei pezzi e, quindi, l’importanza dei temi trattati nelle casse. I capitolo Questo capitolo tratta dei sarcofagi mitologici. Dopo una breve introduzione, dove viene spiegata l’entrata in uso dei pezzi in questione, si passa alla discussione dei temi, suddivisi in paragrafi. La prima classe di materiali è qualla con la “caduta di Fetonte” la cui interpretazione sembra chiara: una tragedia familiare. Il compianto sul corpo di un ragazzo morto anzi tempo, al quale partecipa tutto il cosmo. L’afflizione dei familiari è immane e sembra priva di una possibile consolazione. L’unico richiamo a riprendere a vivere è solo quello del dovere (Mercurio che richiama Helios ai propri impegni). La seconda classe è data dalle scene di rapimento divino visto come consolazione e speranza in un aldilà felice, come quelle di Proserpina e Ila. Nella trasposizione della storia di Ila è interessante anche notare il fatto che le ninfe rapitrici del giovane – defunto abbiano le sembianze delle parenti già morte e di un fanciullo, probabilmente la madre, la nonna e un fratello deceduto anzi tempo. La terza classe presenta il tema del distacco e dell’esaltazione delle virtù del defunto nelle vesti dei cacciatori mitici Mealeagro, Ippolito e Adone tutti giovani, forti e coraggiosi. In questi sarcofagi ancor più che negli altri il motivo della giovinezza negata a causa della morte è fondamentale per sottolineare ancora di più la disperazione e il dolore dei genitori rimasti in vita. Nella seguente categoria le virtù del defunto sono ancora il tema dominante, ma in chiave diversa: in questo caso l’eroe è Ercole, intento ad affrontare le sue fatiche. L’interpretazione è la virtù del defunto che lo ha portato a vincere tutte le difficoltà incontrate durante la propria vita, come dimostrerebbe anche l’immagine del semidio rappresentato in età diverse da un’impresa all’altra. Vi è poi la categoria del sonno e della morte, con i miti di Endimione, Arianna e Rea Silvia, analizzato anche sotto un punto di vista psicologico di aiuto per il superamento del dolore per la perdita di un figlio, un marito, o, ancora, della sposa. Accanto ai sarcofagi con immagini di carattere narrativo, vi sono numerosi rilievi con personaggi mitici, che non raccontano una storia, ma si limitano a descrivere situazioni e stati d’animo di felicità. Tali figurazioni si possono dividere in due grandi gruppi: quelle con cortei marini e quelle con il tiaso dionisiaco, facendo dell’amore il tema specifico dei rilievi. Il fatto che quello del tiaso marino abbia avuto così tanta fortuna, forse, per la numerosa letteratura che metteva in relazione l’Aldilà con l’acqua: l’Isola dei Beati oltre l’Oceano, viaggi per mare verso il mondo dei morti. Certo in questo tipo di sarcofagi non vi sono esplicitate queste credenze, ma sembrano più che altro esaltare le gioie della vita. Forse il tutto può essere spiegato con la coesistenza, nei familiari del defunto, della memoria retrospettiva e della proiezione fiduciosa nel futuro. Sostanzialmente era un modo per evocare situazioni gioiose e di godimento sensibile, riferendole ai morti in chiave beneaugurale. Per quanto rigurda il tiaso di Bacco, la sua fortuna è stata dettata dal fatto che il suo culto è sempre stato molto attivo. Bacco era dio della festa, dell’estasi, del vino, era il grande liberatore, partecipe della crescita e della fioritura, il grande forestiero , che faceva saltare gli ordinamenti prestabiliti, i confini della città con la campagna e le convenzioni sociali. Era il dio della follia, al quale le menadi si abbandonavano nella danza rituale, che aggrediva le belve, amante della natura, ma che penetra nella città, sconvolgendola. Del suo seguito facevano parte esseri ibridi, a metà tra l’ordine e la bestialità e animali feroci ammansiti dal vino. I suoi nemici hanno avuto destini orribili di indicibile crudeltà, ma chi si è affidato anima e corpo a lui ha avuto gioia, voluttà, allegria e pienezza di vita. Pur essendo un valente combattente, ha caratteri languidi e a tratti femminei, con forme floride e capelli lunghi, ebbro e inebriante. Col passare del tempo la conquista indiana di alessandro si intrecciò al mito bacchico e, a lungo andare, tutti i caratteri oscuri e minacciosi della divinità scomparirono del tutto. Un esame sistematico dei temi iconografici riconducibili al mito di Bacco non è per nulla facile, in quanto l’oggetto principale delle raffigurazioni è per lo più il tiaso o come corteo festoso, o come gruppi di figure danzanti e musicanti, o, ancora, intento nella vendemmia. Ciò che interessava agli scultori era l’atmosfera gioiosa del tiaso, al punto che anche un episodio importante, come abbiamo visto, del ritrovamento di Arianna si pèerde completamente dentro al corteo, affollatissimo di personaggi. Questo perché, come si è detto anche al riguardo dei corte marini, per creare immagini il più possibile fitte e gravide di possibilità associative. Altro contesto iconografico dionisiaco è quello degli amori con Arianna. Sui sarcofagi l’amore della coppia divina è raffigurato come una forma di stupore e rapimento alla vista dell’altro, un amore fatto di sguardi, come quello del marito sulla tomba della consorte. Un altro tema , che esalta l’amore, è senza ombra di dubbio quello di Achille e Pentesilea, allegoria dell’amore coniugale. Altra classe è qualla con il mito di Enomao, che celebra il coraggio virile e l’attitudine alla vittoria del defunto e, se è presente la scena di matrimonio con Ippodamia, l’amore verso la sposa. Infine vi sono i sarcofagi delle Muse: esaltazione della cultura e della saggezza del morto. II capitolo Accanto ad i grandi ambiti mitologici dei due tiasi del capitolo precedente era la natura a lanciare un messaggio di vita prospera e pacifica. Gli aspetti iconografici diq uesto tema sono due: le stagioni e la vita in un ambiente bucolico. Nonostante la varietà iconografica del soggetto, l’idea di fondo rimane invariata: le stagioni portano ai morti i loro doni affinchè possano goderne tutto l’anno per l’eternità. Per quanto riguarda le immagini bucoliche sono ispirate alla vita dei pastori di ovini, ma ovviamente non a quella reale: i committenti di tali sarcofagi non avevano mai vissuto con i pastori, né pensavano di farlo i loro parenti. Le immagini realistiche di contadini, pastori, pescatori, tutte figure di infimo livello sociale, avevano assunto tratti idilliaci sotto l’influsso della poesia ellenistica. Tutte queste visioni di felicità mancano di riferimenti concreti sia temporali che geografici. Qui non vi sono protagonisti e situazioni dialogiche con l’osservatore esterno, attraverso la ritrattistica. I defunti se appaiono sono all’interno di un tondo al centro della cassa. Nei contesti bucolici, che andranno via, via, prendendo sempre più piede nel III secolo, come in quelli filosofici, spariscono del tutto le scene di lutto e di cordoglio. Le immagini dovevano essere un invito a godersi la vita, ma dovevano anche dire qualcosa del defunto. In una visione retrospettiva, forse, si potrebbero intendere come una dichiarazione che il morto, in vita, non si era fatto mancare nulla. Nel caso opposto, poteve invece essere un augurio ad un’esistenza felice nell’aldilà. III capitolo Qui vengono trattati i sarcofagi con l’esaltazione e l’autorappresentazione del defunto e delle sue virtù in contesti demitizzati. Tra i valori ricorrenti, esaltati nei sarcofagi vi è l’amore coniugale espresso dal tema della dextrarum iunctio, simbolo del matrimonio, la cultura, il potere, la saggezza, il coraggio, esplicitato dalle cacce ad animali feroci, il valore guerriero e la giustizia, dati soprattutto dalle scene di battaglia e di giudizio sui vinti. IV capitolo In questo capitolo si è provato a dare una nuova chiave di lettura ai sarcofagi imperiali di S. Elena e di Costantina. Nel primo caso si tratterebbe della vittoria eterna sul male, mentre nel secondo era un augurio di vita felice nell’aldilà in comunione con Dio e la resurrezione nel giorno del giudizio. V capitolo Il capitolo tratta le mediae voces, quei pezzi che non trovano una facile collocazione in ambito religioso poiché presentano temi neutri o ambivalenti, come quelli del buon pastore, di Prometeo, dell’orante. VI capitolo Qui trovano spazio i sarcofagi cristiani, dove sono scolpite varie scene tratte dalle Sacre Scritture. Anche in questo caso si andati al di là della semplice analisi stilistica per cercare di leggere il messaggio contenuto dalle sculture. Si sono scoperte preghiere, speranze e polemiche con le correnti cristiane considerate eretiche o “traditrici” della vera fede, contro la tradizionale interpretazione che voleva le figurazioni essenzialmente didascaliche. VII capitolo Qui vengono esposte le conclusioni da un punto di vista sociologico e psicologico.

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L’espressione di geni eterologhi in Escherichia coli rappresenta uno dei metodi più veloci, semplici ed economici per la produzione di ampie quantità di proteine target. Tuttavia, meccanismi di folding e le modifiche post traduzionali inducono a volte un non corretto ripiegamento delle proteine nella conformazione nativa, con successiva aggregazione in quelli che vengono definiti corpi di inclusione. Nel nostro caso, l’attenzione è stata focalizzata su una Green Fluorescent Protein (GFP) di 228 aa estratta da Anemonia sulcata, contenente un fluoroforo composto da tre amminoacidi Gln63, Tyr64, Gly65 all'interno di una struttura a barile. Il corretto folding della proteina era correlato strettamente alla funzionalità del fluoroforo. Il nostro obiettivo è stato quello, quindi, di ottimizzare il processo di biosintesi della GFP espressa in E. coli, ovviando alla formazione di corpi di inclusione contenenti la proteina (non funzionale), definendo e standardizzando inoltre, le condizioni che consentivano di produrre la più alta percentuale di GFP correttamente ripiegata (in condizioni non denaturanti) e quindi funzionale.

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Les ribozymes sont des ARN catalytiques fréquemment exploités pour le développement d’outils biochimiques et d’agents thérapeutiques. Ils sont particulièrement intéressants pour effectuer l’inactivation de gènes, en permettant la dégradation d’ARNm ou d’ARN viraux associés à des maladies. Les ribozymes les plus utilisés en ce moment pour le développement d’agents thérapeutiques sont les ribozymes hammerhead et hairpin, qui permettent la reconnaissance spécifique d’ARN simple brin par la formation de structures secondaires stables. In vivo, la majorité des ARN adoptent des structures secondaires et tertiaires complexes et les régions simples brins sont parfois difficiles d’accès. Il serait intéressant de pouvoir cibler des ARN repliés et un motif d’ARN intéressant à cibler est la tige-boucle d’ARN qui peut être importante dans le repliement global des ARN et pour accomplir des fonctions biologiques. Le ribozyme VS de Neurospora fait la reconnaissance de son substrat replié en tigeboucle de façon spécifique par une interaction kissing-loop, mais il n’a jamais été exploité pour faire la reconnaissance d’un ARN cible très différent de son substrat naturel. Le but des travaux présentés dans cette thèse est de déterminer si le ribozyme VS possède l’adaptabilité nécessaire pour l’ingénierie de ribozymes qui clivent des ARN cibles différents du substrat naturel. Dans le cadre de cette thèse, le ribozyme VS a été modifié pour l’adapter à différents substrats et des études de cinétiques ont été réalisées pour évaluer l’impact de ces modifications sur l’activité de clivage du ribozyme. Dans un premier temps, le ribozyme a été modifié pour faire la reconnaissance et le clivage de substrats possédant différentes longueurs de tiges Ib. Le ribozyme a été adapté avec succès à ces substrats de différentes longueurs de tige Ib, avec une activité qui est similaire à celle du ribozyme avec un substrat sans modification. Dans un deuxième temps, c’est l’interaction kissing-loop I/V du ribozyme qui a été substituée de façon rationnelle, dans le but de savoir si un ribozyme VS mutant peut reconnaitre et cliver un substrat ayant une boucle différente de celle de son substrat naturel. L’interaction kissing-loop I/V a été substituée pour les interactions kissing-loop TAR/TAR* de l’ARN du VIH-1 et L22/L88 de l’ARN 23S de Deinococcus radiodurans. La réaction de iii clivage des ribozymes comportant ces nouvelles interactions kissing-loop est toujours observée, mais avec une activité diminuée. Finalement, la sélection in vitro (SELEX) de ribozymes a été effectuée pour permettre un clivage plus efficace d’un substrat mutant avec une nouvelle boucle. Le SELEX a permis la sélection d’un ribozyme qui clive un substrat avec une boucle terminale mutée pour celle de l’ARN TAR du VIH-1 et cela avec une activité de clivage très efficace. L’ensemble de ces études démontre que le ribozyme VS peut être modifié de diverses façons pour la reconnaissance spécifique de différents substrats, tout en conservant une bonne activité de clivage. Ces résultats montrent le grand potentiel d’ingénierie du ribozyme VS et sont prometteurs pour la poursuite d’études d’ingénierie du ribozyme VS, en vue du clivage d’ARN cibles repliés en tige-boucle complètement différents du substrat naturel du ribozyme VS.

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Les ribozymes sont des ARN catalytiques fréquemment exploités pour le développement d’outils biochimiques et d’agents thérapeutiques. Ils sont particulièrement intéressants pour effectuer l’inactivation de gènes, en permettant la dégradation d’ARNm ou d’ARN viraux associés à des maladies. Les ribozymes les plus utilisés en ce moment pour le développement d’agents thérapeutiques sont les ribozymes hammerhead et hairpin, qui permettent la reconnaissance spécifique d’ARN simple brin par la formation de structures secondaires stables. In vivo, la majorité des ARN adoptent des structures secondaires et tertiaires complexes et les régions simples brins sont parfois difficiles d’accès. Il serait intéressant de pouvoir cibler des ARN repliés et un motif d’ARN intéressant à cibler est la tige-boucle d’ARN qui peut être importante dans le repliement global des ARN et pour accomplir des fonctions biologiques. Le ribozyme VS de Neurospora fait la reconnaissance de son substrat replié en tigeboucle de façon spécifique par une interaction kissing-loop, mais il n’a jamais été exploité pour faire la reconnaissance d’un ARN cible très différent de son substrat naturel. Le but des travaux présentés dans cette thèse est de déterminer si le ribozyme VS possède l’adaptabilité nécessaire pour l’ingénierie de ribozymes qui clivent des ARN cibles différents du substrat naturel. Dans le cadre de cette thèse, le ribozyme VS a été modifié pour l’adapter à différents substrats et des études de cinétiques ont été réalisées pour évaluer l’impact de ces modifications sur l’activité de clivage du ribozyme. Dans un premier temps, le ribozyme a été modifié pour faire la reconnaissance et le clivage de substrats possédant différentes longueurs de tiges Ib. Le ribozyme a été adapté avec succès à ces substrats de différentes longueurs de tige Ib, avec une activité qui est similaire à celle du ribozyme avec un substrat sans modification. Dans un deuxième temps, c’est l’interaction kissing-loop I/V du ribozyme qui a été substituée de façon rationnelle, dans le but de savoir si un ribozyme VS mutant peut reconnaitre et cliver un substrat ayant une boucle différente de celle de son substrat naturel. L’interaction kissing-loop I/V a été substituée pour les interactions kissing-loop TAR/TAR* de l’ARN du VIH-1 et L22/L88 de l’ARN 23S de Deinococcus radiodurans. La réaction de iii clivage des ribozymes comportant ces nouvelles interactions kissing-loop est toujours observée, mais avec une activité diminuée. Finalement, la sélection in vitro (SELEX) de ribozymes a été effectuée pour permettre un clivage plus efficace d’un substrat mutant avec une nouvelle boucle. Le SELEX a permis la sélection d’un ribozyme qui clive un substrat avec une boucle terminale mutée pour celle de l’ARN TAR du VIH-1 et cela avec une activité de clivage très efficace. L’ensemble de ces études démontre que le ribozyme VS peut être modifié de diverses façons pour la reconnaissance spécifique de différents substrats, tout en conservant une bonne activité de clivage. Ces résultats montrent le grand potentiel d’ingénierie du ribozyme VS et sont prometteurs pour la poursuite d’études d’ingénierie du ribozyme VS, en vue du clivage d’ARN cibles repliés en tige-boucle complètement différents du substrat naturel du ribozyme VS.

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We have analyzed the adhesion of human and murine platelets, and of recombinant human and murine GpVI ectodomains, to synthetic triple-helical collagen-like peptides. These included 57 peptides derived from the sequence of human type III collagen and 9 peptides derived from the cyanogen bromide fragment of bovine type III collagen, alpha 1(III)CB4. We have identified several peptides that interact with GpVI, in particular a peptide designated III-30 with the sequence GAOGLRGGAGPOG-PEGGKGAAGPOGPO. Both human and murine platelets bound to peptide III-30 in a GpVI-dependent manner. III-30 also supported binding of recombinant GpVI ectodomains. Cross-linked III-30 induced aggregation of human and murine platelets, although with a lower potency than collagen-related peptide. Modifications of the peptide sequence indicated that the hydroxyproline residues play a significant role in supporting its GpVI reactivity. However, many peptides containing OGP/ GPO motifs did not support adhesion to GpVI. These data indicate that the ability of a triple-helical peptide to bind GpVI is not solely determined by the presence or spatial arrangement of these OGP/GPO motifs within the peptides.