194 resultados para virtualizzazione, VirtualSquare, VDE, rump, NetBSD, anykernel


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In questo lavoro si indaga la possibilita' di includere lo stack TCP-IP NetBSD, estratto come libreria dinamica ed eseguito all'interno di un kernel rump, come sottomodulo di rete della System Call Virtual Machine UMView di Virtual Square. Il risultato ottenuto consiste in umnetbsd, il modulo che ne dimostra la fattibilita', e libvdeif, una libreria per connettere kernel rump a switch VDE.

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Un'analisi del Framework VDE con lo scopo di implementare strumenti automatizzati per il testing per migliorarne e velocizzarne il processo di sviluppo.

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Il lavoro svolto da Fabrizio Amici ha suscitato immediatamente il mio interesse in primo luogo perché quando si parla di virtualizzazione con vari fornitori e commerciali, questi la indicano come una soluzione che possa coprire a 360 gradi le esigenze di un Datacenter. Questo è vero nella misura in cui il progetto di virtualizzazione e consolidamento dei Server sia svolto sotto certi criteri progettuali. Per esperienza personale non ho trovato in letteratura lavori che potessero fornire indicazioni approfondite sui parametri da considerare per una corretta progettazione di sistemi di virtualizzazione, spesso ci si avvale di vari fornitori che accennano ad eventuali criticità. Un lavoro come quello proposto da Fabrizio va esattamente nella direzione di rispondere a quelle domande che nascono quando si affronta la tematica della virtualizzazione e soprattutto cerca di capire quali siano i limiti intrinseci della virtualizzazione. In particolare nei vari confronti che, con piacere, ho avuto con Fabrizio, il mio suggerimento è stato quello di esasperare il sistema che aveva assemblato, caricando i test sino ad osservarne i limiti. Dai vari test sono emerse sia conferme, sia inaspettati comportamenti del sistema che rendono ancora più chiaro che solo una prova sperimentale può essere il banco di prova di un sistema complesso. L'elemento che colpisce maggiormente analizzando i risultati è il diverso comportamento in funzione delle CPU utilizzate. I risultati indicano chiaramente che le prestazioni sono fortemente influenzate da come si distribuiscono i core nelle macchine virtuali. Dalla lettura dei risultati viene confermato che i sistemi virtualizzati devono essere progettati per non raggiungere il 70-80% della componente più critica (RAM, CPU) ma anche che sono fortemente sensibili alle disponibilità prestazionali dei sistemi al contorno (Rete, SAN/Dischi). L'approccio metodico sperimentale ed i risultati forniscono una serie di elementi che permettono di affrontare la tematica della virtualizzazione in un quadro generale più solido, offrendo fra l'altro spunti di ricerca ulteriori anche in previsione di nuove soluzioni che vari costruttori, sviluppatori e system integrator proporranno nei prossimi anni. Ing. Massimiliano Casali Esperto di Gestione ICT, Pubblica Amministrazione,Repubblica di San Marino

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Esecuzione di system call su un computer remoto tramite *mview

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Il presente lavoro è uno studio sulle diverse proposte in letteratura per ovviare alle problematiche di interoperabilità tra piattaforme di virtualizzazione eterogenee, ovvero di diversi produttori. Al giorno d'oggi non sono stati definiti con successo degli standard opportuni per cui le soluzioni presentate sono molto diverse tra di loro. Lo scopo del lavoro è quello di analizzare le proposte e, in base ad uno studio approfondito, stabilire qual è quella migliore. Successivamente si vuole presentare il caso di studio di una piattaforma che si basa su uno strato virtuale che può essere eterogeneo. Si vuole evidenziare come nei sistemi complessi garantire interoperabilità comporta garantire anche una vasta serie di altri servizi necessari alla consistenza del sistema.

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In questo lavoro di tesi verrà presentato un modo per utilizzare simultaneamente due generiche interfacce di rete, prendendo spunto dal modello Always Best Packet Switching (ABPS) e ricorrendo ai principi della virtualizzazione. Il modello ABPS permette ad una applicazione di usare simultaneamente tutte le interfacce di rete, inviando e ricevendo i datagram IP attraverso l’interfaccia idonea, in base alle caratteristiche del datagram stesso e alla disponibilità della rete.

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Questo documento affronta le novità ed i vantaggi introdotti nel mondo delle reti di telecomunicazioni dai paradigmi di Software Defined Networking e Network Functions Virtualization, affrontandone prima gli aspetti teorici, per poi applicarne i concetti nella pratica, tramite casi di studio gradualmente più complessi. Tali innovazioni rappresentano un'evoluzione dell'architettura delle reti predisposte alla presenza di più utenti connessi alle risorse da esse offerte, trovando quindi applicazione soprattutto nell'emergente ambiente di Cloud Computing e realizzando in questo modo reti altamente dinamiche e programmabili, tramite la virtualizzazione dei servizi di rete richiesti per l'ottimizzazione dell'utilizzo di risorse. Motivo di tale lavoro è la ricerca di soluzioni ai problemi di staticità e dipendenza, dai fornitori dei nodi intermedi, della rete Internet, i maggiori ostacoli per lo sviluppo delle architetture Cloud. L'obiettivo principale dello studio presentato in questo documento è quello di valutare l'effettiva convenienza dell'applicazione di tali paradigmi nella creazione di reti, controllando in questo modo che le promesse di aumento di autonomia e dinamismo vengano rispettate. Tale scopo viene perseguito attraverso l'implementazione di entrambi i paradigmi SDN e NFV nelle sperimentazioni effettuate sulle reti di livello L2 ed L3 del modello OSI. Il risultato ottenuto da tali casi di studio è infine un'interessante conferma dei vantaggi presentati durante lo studio teorico delle innovazioni in analisi, rendendo esse una possibile soluzione futura alle problematiche attuali delle reti.

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The mouse rump white (Rw) mutation causes a pigmentation defect in heterozygotes and embryonic lethality in homozygotes. At embryonic day (E) 7.5, Rw/Rw embryos are retarded in growth, fail to complete neurulation and die around E 9.5. The Rw mutation is associated with a chromosomal inversion spanning 30 cM of the proximal portion of mouse chromosome 5. The Rw embryonic lethality is complemented by the W19H deletion, which spans the distal boundary of the Rw inversion, suggesting that the Rw lethality is not caused by the disruption of a gene at the distal end of the inversion. Here, we report the molecular characterization of sequences disrupted by both inversion breakpoints. These studies indicate that the distal breakpoint of the inversion is associated with ectopic Kit expression and therefore may be responsible for the dominant pigmentation defect in Rw/+ mice; whereas the recessive lethality of Rw is probably due to the disruption of the gene encoding dipeptidyl aminopeptidase-like protein 6, Dpp6 [Wada, K., Yokotani, N., Hunter, C., Doi, K., Wenthold, R. J. & Shimasaki, S. (1992) Proc. Natl. Acad. Sci. USA 89, 197–201] located at the proximal inversion breakpoint.

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This article reassesses the relationship that existed in the period 1649–53 between war in Ireland and politics in England. Drawing upon a largely overlooked Irish army petition, it seeks to remedy an evident disconnect between the respective historiographies of the Cromwellian conquest of Ireland on the one hand and the Rump Parliament on the other. The article reconstructs some of the various disputes over religion, authority and violence that undermined the unity of the English wartime regime in Ireland. It then charts the eventual spilling over of these disputes into Westminster politics, arguing that their impact on deteriorating army-parliament relations in the year prior to Oliver Cromwell’s expulsion of the Rump in April 1653 has not been fully appreciated. The key driver of these developments was John Weaver, a republican MP and commissioner for the civil government of Ireland. The article explains how his efforts both to place restraints on the excessive violence of the conquest and to exert civilian control over the military evolved, by 1652, into a determined campaign at Westminster to strengthen the powers of Ireland’s civil government and to limit the army’s share in the prospective Irish land settlement. Weaver’s campaign forced the army officers in Ireland to intervene at Westminster, thus placing increased pressure on the Rump Parliament. This reassessment also enables the early 1650s to be viewed more clearly as a key phase in the operation of the longer-term relationships of mutual influence that existed between Dublin and London in the seventeenth century.

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Antechinus mysticus sp. nov. occurs in coastal Australia, ranging from just north of the Queensland (Qld)/New South Wales (NSW) border to Mackay (mid-east Qld), and is sympatric with A. flavipes (Waterhouse) and A. subtropicus Van Dyck & Crowther in south-east Qld. The new species can be distinguished in the field, having paler feet and tail base than A. flavipes and a greyish head that merges to buff-yellow on the rump and flanks, compared with the more uniform brown head and body of A. subtropicus and A. stuartii Macleay. Features of the dentary can also be used for identification: A. mysticus differs from A. flavipes in having smaller molar teeth, from A. subtropicus in having a larger gap between front and rear palatal vacuities, and from A. stuartii in having a generally broader snout. Here, we present a morphological analysis of the new species in comparison with every member of the genus, including a discussion of genetic structure and broader evolutionary trends, as well as an identification key to species based on dental characters. It seems likely that the known geographic range of A. mysticus will expand as taxonomic focus on the genus is concentrated in south-east Queensland and north-east New South Wales.

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We provide a taxonomic redescription of the ubiquitous and variable dasyurid marsupial Yellow-footed Antechinus, Antechinus flavipes (Waterhouse), which comprises three currently recognized subspecies whose combined geographic distribution spans almost the length and breadth of Australia. A. flavipes leucogaster Gray is confined to south-west Western Australia; A. flavipes flavipes is distributed in south-eastern Australia across four states—South Australia, Victoria, New South Wales and Queensland; A. flavipes rubeculus Van Dyck is confined to the wet tropics of Queensland. A. flavipes is readily distinguished from all extant congeners based on external morphology by the following combination of features: a grey head; orange-yellow toned flanks/rump, feet and tail base; pale eye-rings and a darkened tail tip. A. flavipes skulls are stout, being broad at the level of the rear upper molars, have small palatal vacuities and small entoconid cusps on the lower molars. However, notable differences among subspecies of A. flavipesprevent any obvious collection of skull characters being diagnostic for species-level discrimination among congeners. A. flavipes rubeculus is the largest of the three subspecies of Yellow-footed Antechinus and most similar in skull morphology to A. leo, A. bellus and A. godmani—all four species are geographically limited to tropical Australia. A. f. rubeculus is notably larger in many characters than its conspecifics: A. f. flavipes, the next largest, and A. f. leucogaster, the smallest of the group. A. f. flavipes and A. f. leucogaster diverge significantly at only a few skull characters, and both subspecies have cranial morphological affinities with the recently discovered A. mysticus, most notably A. f. leucogaster. Phylogenies generated from mt- and nDNA data strongly support Antechinus flavipes as monophyletic with respect to other members of the genus; within A. flavipes, each of the three recognized subspecies form distinctive monophyletic clades.

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We describe a new species of dasyurid marsupial within the genus Antechinus that was previously known as a northern outlier of Dusky Antechinus (A. swainsonii). The Black-tailed Antechinus, Antechinus arktos sp. nov., is known only from areas of high altitude and high rainfall on the Tweed Volcano caldera of far south-east Queensland and north-east New South Wales, Australia. Antechinus arktos formerly sheltered under the taxonomic umbrella of A. swainsonii mimetes, the widespread mainland form of Dusky Antechinus. With the benefit of genetic hindsight, some striking morphological differences are herein resolved: A. s. mimetes is more uniformly deep brown-black to grizzled grey-brown from head to rump, with brownish (clove brown—raw umber) hair on the upper surface of the hindfoot and tail, whereas A. arktos is more vibrantly coloured, with a marked change from greyish-brown head to orange-brown rump, fuscous black on the upper surface of the hindfoot and dense, short fur on the evenly black tail. Further, A. arktos has marked orange-brown fur on the upper and lower eyelid, cheek and in front of the ear and very long guard hairs all over the body; these characters are more subtle in A. s. mimetes. There are striking genetic differences between the two species: at mtDNA, A. s. mimetes from north-east New South Wales is 10% divergent to A. arktos from its type locality at Springbrook NP, Queensland. In contrast, the Ebor A. s. mimetes clades closely with conspecifics from ACT and Victoria. A. arktos skulls are strikingly different to all subspecies of A. swainsonii. A. arktos are markedly larger than A. s. mimetes and A. s. swainsonii (Tasmania) for a range of craniodental measures. Antechinus arktos were historically found at a few proximate mountainous sites in south-east Queensland, and have only recently been recorded from or near the type locality. Even there, the species is likely in low abundance. The Black-tailed Antechinus has plausibly been detrimentally affected by climate change in recent decades, and will be at further risk with increasing warming trends.