995 resultados para scuola, retrofit, energetico, riqualificazione, Bologna, sostenibile
Resumo:
Oggetto di questa tesi è la riqualificazione sostenibile dell’edificio ospitante la Scuola secondaria di I grado “Il Guercino”, sita all’interno del quartiere Savena, nel Comune di Bologna, ai confini con quello di San Lazzaro di Savena. L’edificio, esito di un modo di fare architettura legato ad un contesto storico e professionale precisamente definito (quello dell’amministrazione pubblica bolognese nel quindicennio 1970-’85), presenta principi compositivi e soluzioni tecnologiche non scontate e per certi versi pregevoli, se contestualizzate nel momento della sua realizzazione. L’intervento di riqualificazione progettato affronta in primo luogo la riorganizzazione funzionale dell’edificio (anche attraverso un ampliamento) e del sistema delle accessibilità, oggi inadeguati rispetto alle esigenze degli utenti e alle prescrizioni normative. Particolare attenzione è stata dedicata alla possibilità di rendere l’edificio il più possibile fruibile ai portatori di handicap, aspetto non più trascurabile, soprattutto all’interno di un istituto scolastico. In secondo luogo il progetto si occupa del retrofit energetico realizzato tramite alcuni interventi mirati, quali la sostituzione del sistema di involucro verticale e di quello impiantistico: in tal modo si è passati da una classe di prestazione energetica F ad una classe di prestazione energetica A, rendendo sostenibile il consumo energetico e migliorando sensibilmente il livello di comfort degli occupanti.
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ABITARE NUOVI SPAZI tratta della riqualificazione funzionale ed energetica di un edificio residenziale situato all’interno dell’area costruita secondo il Piano per l’Edilizia Economica e Popolare di Bologna durante gli anni ’70 e ’80. Il caso studio si trova nella zona Corticella del quartiere Navile, a nord del centro storico di Bologna. Le principali criticità riscontrate a livello urbano riguardano la frammentazione degli spazi pubblici e la scarsa qualità dei percorsi ciclo-pedonali. Nelle proposte d’intervento è stata quindi prestata particolare attenzione alla qualità degli spazi e ai percorsi esterni, vere e proprie matrici per la riqualificazione del tessuto esistente. È possibile ricondurre tali obiettivi a tre punti fondamentali: liberare, ordinare, e connettere lo spazio. Passando alla scala architettonica, le principali criticità riguardano il taglio degli alloggi, l’illuminazione e le prestazioni energetiche dell’involucro edilizio. Tenendo conto delle preesistenze, l’approccio al progetto è stato quello di conservare ed adeguare, nonché di conferire all’edificio una forte identità attraverso un progetto architettonico che preveda la definizione di nuovi spazi sia all’interno che all’esterno dell’involucro edilizio esistente. Questi si manifestano sia con l’aggiunta di importanti volumetrie che si relazionano con l’edificio come dei veri e propri “parassiti”, sia con demolizioni di alcune parti che permettono all’ambiente esterno di entrare all’interno della struttura.
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"Abitare nuovi spazi" tratta della riqualificazione funzionale ed energetica di un edificio residenziale situato all’interno dell’area costruita secondo il Piano per l’Edilizia Economica e Popolare di Bologna durante gli anni ’70 e ’80. Il caso studio si trova nella zona Corticella del quartiere Navile, a nord del centro storico di Bologna. Le principali criticità riscontrate a livello urbano riguardano la frammentazione degli spazi pubblici e la scarsa qualità dei percorsi ciclo-pedonali. Nelle proposte d’intervento è stata quindi prestata particolare attenzione alla qualità degli spazi e ai percorsi esterni, vere e proprie matrici per la riqualificazione del tessuto esistente. È possibile ricondurre tali obiettivi a tre punti fondamentali: liberare, ordinare, e connettere lo spazio. Passando alla scala architettonica, le principali criticità riguardano il taglio degli alloggi, l’illuminazione e le prestazioni energetiche dell’involucro edilizio. Tenendo conto delle preesistenze, l’approccio al progetto è stato quello di conservare ed adeguare, nonché di conferire all’edificio una forte identità attraverso un progetto architettonico che preveda la definizione di nuovi spazi sia all’interno che all’esterno dell’involucro edilizio esistente. Questi si manifestano sia con l’aggiunta di importanti volumetrie che si relazionano con l’edificio come dei veri e propri “parassiti”, sia con demolizioni di alcune parti che permettono all’ambiente esterno di entrare all’interno della struttura.
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In uno scenario in cui il tema dell’emergenza abitativa recita un ruolo da protagonista nelle politiche europee per la casa, il recupero del patrimonio edilizio esistente si pone come una delle strategie più efficaci per rispondere alla problematica dell’abitare sociale. Nel contesto di grave crisi economica ed emergenza energetica che caratterizza la società contemporanea, il valore del retrorfit sta rapidamente trasformando l’approccio progettuale tradizionale, definendo un concetto basilare per la sostenibilità del domani: “fare meglio con meno”. L’oggetto di questa tesi è la riqualificazione energetica e funzionale di un edificio popolare situato a Bologna, nel quartiere Navile, zona Bolognina. Il fabbricato si innesta in un isolato a corte che contraddistingue questa zona, caratterizzato da una pianta ad “L” e da sistemi costruttivi tipici della ricostruzione del primo periodo del secondo dopoguerra. L’ipotesi presentata è il risultato dell’interazione di strategie progettuali mirate alla risoluzione delle problematiche di tipo funzionale ed energetico che affliggono il complesso. L’intervento è caratterizzato dall’ampio impiego di tecnologie leggere a “secco”, utilizzate sia per l’integrazione dell’edificio con aggiunte volumetriche, che per la realizzazioni di elementi progettuali ex-novo.
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Nell’ottica della pianificazione di interventi di Retrofit Energetico che possano migliorare l’efficienza energetica del comparto edilizio-residenziale, in relazione agli obiettivi della vigente normativa energetica di ispirazione comunitaria, obiettivo della tesi è la ricerca e validazione di strumenti economici che possano guidare le committenze nella scelta del migliore rapporto tra costi e benefici delle opere. La tesi affronta l’approccio dell’analisi del Costo Globale come previsto dalla normativa comunitaria formato dalla direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica degli edifici, dal regolamento delegato UE n°244 del 16 gennaio 2012 e dalla norma EN 15459 del 2008. Obiettivo è la comparazione di tre interventi alternativi di retrofit energetico per un edificio ad uso misto sito nel centro di Bologna. Si tratta di interventi mirati all’efficientamento e all’abbattimento del fabbisogno energetico per la climatizzazione invernale dello stabile, con gradi successivi di approfondimento, come definiti dalla attuale normativa (ristrutturazione importante di primo livello, di secondo livello e riqualificazione energetica). Lo studio si sviluppa definendo le criticità dello stato attuale del costruito e i possibili interventi migliorativi necessari. Definiti i pacchetti tecnici delle soluzioni di intervento si è passato alla ricerca dei dati necessari comprendenti dati finanziari su tassi di sconto e di inflazione e sui costi di investimento iniziali, costi di gestione e manutenzione, costi di sostituzione e costi energetici relativi alle varie alternative di progetto. I risultati dell’analisi economica delle alternative progettuali, nel periodo di studio considerato, vengono poi confrontati con i dati relativi all’impatto energetico e delle emissioni di CO2 e con le relative classi energetiche.
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"Non possiamo permettere l'utilizzo del [tessuto] urbano come strumento per la produzione di iniquità e trasferimenti, incapaci di vedere l'importanza e la difficoltà di creare uno spazio attivo che sia equo, ecologico ed economico" (Schafran, 2014). In un contesto di emergenza ambientale globale e considerando le problematiche degli insediamenti popolari sudamericani, la presente ricerca propone l’introduzione del concetto di sostenibilità urbana come fattore di miglioramento di un quartiere della periferia del Gran Santiago. Il caso studio è interessante in quanto la politica cilena si muove in direzione di maggiore consapevolezza per i temi ambientali, pur dovendo ancora risolvere problemi di segregazione e scarsa qualità nella “vivienda social”. La presente ricerca è quindi finalizzata ad individuare una matrice composta da linee guida di sostenibilità riferite alla scala di quartiere, come strategia per rispondere ai problemi socio-residenziali, oltre alle imperanti esigenze di maggiore sostenibilità ambientale. A tale scopo è necessario fare riferimento a sistemi di valutazione adeguati: analizzando quelli utilizzati in ambito nazionale e internazionale, si ricava una matrice di 106 linee guida, 16 criteri e 3 ambiti principali di interesse. È questo lo strumento utilizzato per la diagnosi del caso studio. In base alle criticità emerse e alle necessità dell’area emergono due strategie principali su cui si articola la proposta progettuale di riqualificazione del quartiere: implementare dotazioni di servizi e aree verdi e introdurre tecnologie e misure ecofriendy, col fine di generare identità e migliorare la qualità di vita nel quartiere.
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Il progetto presentato in questa tesi, svolto all’interno del Laboratorio di Laurea in Architettura Sostenibile, pone come obiettivo la riqualificazione di un edificio di edilizia sociale a Bologna, nel quartiere Bolognina, quell’area di espansione operaia a Nord della stazione ferroviaria, caratterizzata da una forte presenza di interventi di edilizia popolare. L’edificio oggetto di intervento si trova, nello specifico, in via Di Vincenzo ed, insieme ad altri edifici, fa parte di un lotto particolare, che si distingue per forma dagli altri limitrofi, generalmente rettangolari. Infatti è l’unico del quartiere, per lo più caratterizzato da una rete stradale perpendicolare, ad essere invece tagliato diagonalmente. Inoltre, l’edificio caso-studio, insieme agli altri dell’isolato, costituisce un’alta cortina che delimita una grande corte di pertinenza, attualmente però priva di un confine netto e chiuso, in quanto alcuni edifici che ne delimitavano il perimetro, nel corso del tempo, sono stati demoliti. L’assenza quindi di questi volumi, attribuisce al lotto una particolare forma ad U, segno marcato di incompletezza, facilmente percepibile anche solo passeggiando per le vie circostanti. Proprio a partire da queste due caratteristiche molto forti che contraddistinguono l’area, si è sviluppato l’intero progetto, che è passato dall’avere come oggetto la sola riqualificazione di un edificio in forte stato di degrado, all’assumere come obiettivo in un’ottica più generale l’intera rivitalizzazione dell’insula. La proposta che si vuole presentare lavora sostanzialmente su tre diversi livelli, riprogettando e ridefinendo le tre diverse tipologie di spazio che coesistono all’interno del lotto: - lo spazio privato - lo spazio condiviso - lo spazio collettivo
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Oggetto della tesi di laurea è la riqualificazione energetica e funzionale dell’ex asilo Santarelli a Forlì. Il complesso sorge su un area al margine del tracciato delle mura storiche della città dove erano collocati gli orti medievali. Promosso dalla collettività e da numerosi enti caritatevoli come primo asilo laico della città, l’edificio venne progettato nel 1934 dall’ing Guido Savini, secondo i caratteri stilistici e compositivi dell’architettura razionalista e inaugurato da donna Rachele Mussolini nel 1937. L’edificio, di proprietà dell’O.A.S.I. A.S.P., ha svolto la sua attività educativa fino alla sua chiusura avvenuta a giugno 2012, a causa degli gli elevati costi di gestione e per l’inidoneità della struttura alle attuali necessità. L’amministrazione comunale ha manifestato l’intenzione di recuperare l’immobile, soggetto al parere della soprintendenza, prevedendo di ospitare nuove funzioni didattiche, a conferma della sua destinazione storica, ma organizzate in base alle esigenze attuali, secondo il principio dell’economicità. Dalle analisi urbane è emerso che il quartiere dispone di servizi quali il museo San Domenico, la casa di riposo e il parco Franco Agosto, ma che al contempo la sua posizione marginale e la struttura della viabilità lo rendono un punto di passaggio automobilistico tra la periferia e il centro storico. Per la formulazione di un programma funzionale si è condotta un’indagine sia sugli attuali servizi didattici che gli indirizzi di sviluppo sociale offerti dall’amministrazione, ha fatto emergere una carenza degli spazi verdi all’interno delle scuole e la presenza di un programma di sviluppo degli orti urbani nelle aree di proprietà comunali. Al fine di rispondere alle esigenze della pubblica amministrazione si è deciso di formulare una proposta di intervento su due livelli. Il primo mediante una ridefinizione fisica del rapporto tra l’edificio, il quartiere e il sistema della mobilità. Il secondo attraverso una proposta funzionale che potesse coinvolgere non solo gli studenti ma tutta la cittadinanza. Per la ridefinizione del rapporto tra l’edificio e il quartiere si è deciso di eliminare l’isolamento dell’edificio imposto dalla recinzione esistente, mediante la 8 realizzazione di nuovi varchi di accesso. Diventa così possibile proporre un nuovo percorso pedonale inserito all’interno dell’area verde dell’edificio. In prossimità dell’accesso su via Val Verde, è stato realizzato un ambiente filtro a relazione tra la città e il verde privato.Per migliorare l’accessibilità, favorire il coinvolgimento del pubblico e promuovere l’interazione con le aree verdi circostanti, si sono definiti dei concetti chiave: chiusura, connessione tra le preesistenze, varco, permeabilità visiva, organicità. La tensostruttura, caratteristica per sua flessibilità, leggerezza e trasparenza, è stato l’elemento scelto per rispondere alle esigenze, permettendo al contempo di distinguere l’intervento dalle preesistenze. Il nuovo programma funzionale suddivide l’edificio in tre zone autonome, così da affiancare alla didattica, una zona pubblica per offrire uno spazio a disposizione della comunità e una commerciale per garantire una quota di risorse finanziarie alla gestione dell’immobile. Nello specifico, la didattica è stata specializzata per l‘insegnamento dell’orticultura, al fine di promuovere l’educazione della sostenibilità ambientale, la valorizzazione degli spazi verdi e la promozione dei prodotti del territorio. L’ispirazione scaturisce dal primo orto didattico nato in America a metà degli anni ‘90 ad opera dello chef Alice Waters, precursore degli attuali sviluppi didattici e sociali all’interno delle scuole. Il recupero di alcune funzioni originali ha favorito la tripartizione dell’edificio, inoltre la disponibilità di più accessi esistenti ha garantito la possibilità di rendere autonoma le tre zone. Le aule sono state collegate direttamente con l’esterno ed il problema del dislivello con il giardino, è stato risolto realizzando un porticato coperto, che dilata lo spazio didattico sull’esterno. Il solarium, nonostante fosse abbandonato da anni, grazie alla sua posizione privilegiata per l’osservazione del parco e della città è stato recuperando inserendolo come nuovo punto di sosta nel sistema dei percorsi pubblici. Per questo è stato necessario progettare un corpo scale esterno per rendere accessibile ed autonomo l’ambiente. L’ultimo aspetto affrontato è l’intervento di retrofit energetico, pensato in varie fasi per essere il meno invasivo possibile sull’immobile, prevede l’installazione di un sistema di ventilazione meccanica, un isolamento termico interno di 10cm in lana di roccia montata 9 meccanicamente e la sostituzione di tutti gli infissi non originali con soluzioni più performanti. Per raggiungere la classe A è stato necessario intervenire anche sugli impianti, introducendo un sistema autonomo per la zona commerciale e la sostituzione di tutti i terminali radianti. Considerando l’elevato fabbisogno di energia primaria si è integrata una parte questa mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili quali fotovoltaico e solare termico. patrimonio storico, adattandolo alle nuove necessità e dimostrando come sia possibile la trasformazione di un edificio fortemente energivoro in una con ridotto fabbisogno energetico senza stravolgere la struttura e aggiungendo qualità e valore.
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Il progetto di riqualificazione della Caserma Sani si ispira allʼinteresse nei confronti delle tematiche del recupero edilizio e urbano. Esso nasce dallʼintenzione di reintegrare unʼarea urbana in via di dismissione nel suo contesto attraverso lʼinserimento di nuove funzioni che rispondano alle esigenze di questa parte di città e nel contempo riqualificare i fabbricati esistenti attraverso un progetto di recupero e completamento che favorisca il dialogo del complesso esistente con il sistema urbano circostante. La volontà di riuso della maggioranza degli edifici facenti parte del vecchio impianto si basa su considerazioni legate alla natura stessa del sito: lʼintenzione è quella di conservarne la memoria, non tanto per il suo valore storico-architettonico, ma perché nel caso specifico della Caserma più che di memoria è opportuno parlare di scoperta, essendo, per propria natura militare, un luogo da sempre estraneo alla comunità e al suo contesto, chiuso e oscurato dal limite fisico del muro di cinta. La caserma inoltre si compone di edifici essenzialmente funzionali, di matrice industriale, la cui versatilità si legge nella semplicità e serialità morfologica, rendendoli “organismi dinamici” in grado di accogliere trasformazioni e cambi di funzione. Il riuso si muove in parallelo ai concetti di risignificazione e riciclaggio, dividendosi in modo egualmente efficace fra presupposti teorici e pratici. Esso costituisce una valida alternativa alla pratica della demolizione, nel caso in cui questa non sia specificatamente necessaria, e alle implicazione economiche e ambientali (smaltimento dei rifiuti, impiego dei trasporti e fondi economici, ecc.) che la accompagnano. Alla pratica del riuso si affianca nel progetto quella di completamento e ampliamento, arricchendo il vecchio sistema di edifici con nuove costruzioni che dialoghino discretamente con la preesistenza stabilendo un rapporto di reciproca complementarietà. Il progetto di riqualificazione si basa su più ampie considerazioni a livello urbano, che prevedono lʼintegrazione dellʼarea ad un sistema di attraversamento pedonale e ciclabile che colleghi da nord a sud le principali risorse verdi del quartiere passando per alcuni dei principali poli attrattori dellʼarea, quali la Stazione Centrale, il Dopolavoro Ferroviario adibito a verde attrezzato, il nuovo Tecno Polo che sorgerà grazie al progetto di riqualificazione previsto per lʼex Manifattura Tabacchi di Pier Luigi Nervi e il nuovo polo terziario che sorgerà dalla dismissione delle ex Officine Cevolani. In particolare sono previsti due sistemi di collegamento, uno ciclo-pedonale permesso dalla nuova pista ciclabile, prevista dal nuovo Piano Strutturale lungo il sedime della vecchia ferrovia che correrà da nord a sud collegando il Parco della Montagnola e in generale il centro storico al Parco Nord, situato oltre il limite viario della tangenziale. Parallelamente alla pista ciclabile, si svilupperà allʼinterno del tessuto un ampio viale pedonale che, dal Dopolavoro Ferroviario (parco attrezzato con impianti sportivi) collegherà la grande area verde che sorgerà dove ora giacciono i resti delle ex Industrie Casaralta, adiacenti alla Caserma Sani, già oggetto di bonifica e in via di dismissione, incontrando lungo il suo percorso differenti realtà e funzioni: complessi residenziali, terziari, il polo culturale e le aree verdi. Allʼinterno dellʼarea della Caserma sarà integrato agli edifici, nuovi e preesistenti, un sistema di piazze pavimentate e percorsi di attraversamento che lo riuniscono al tessuto circostante e favoriscono il collegamento da nord a sud e da est a ovest di zone della città finora poco coinvolte dal traffico pedonale, in particolare è il caso del Fiera District separato dal traffico veloce di Via Stalingrado rispetto alla zona residenziale della Bolognina. Il progetto lascia ampio spazio alle aree verdi, le quali costituiscono più del 50 % della superficie di comparto, garantendo una preziosa risorsa ambientale per il quartiere. Lʼintervento assicura lʼinserimento di una molteplicità di funzioni e servizi: residenze unifamiliari e uno studentato, uffici e commercio, una biblioteca, un auditorium e un polo museale.
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Questo progetto è stato sviluppato durante un periodo di ricerca presso il Dipartimento di Ingegneria Civile del Trinity College e continuato presso l’Università di Bologna. Il progetto ha l’obiettivo di analizzare le soluzioni per l’ampliamento, la sostituzione degli impianti e l’ottimizzazione energetica di un tipico edificio residenziale Irlandese, una end of terrace in mattoni costruita negli anni ’20, collocata a Blackrock (Dublino). Diversi studi sostengono che lo stock abitativo irlandese è il peggiore del nord Europa per quanto riguarda la performance energetica. Questa tesi consta di una prima parte di studio del contesto e delle tecniche costruttive tradizionali irlandesi; è presente un capitolo di approfondimento sulle leggi riguardanti le costruzioni e gli incentivi forniti dal governo irlandese per interventi di retrofit energetico. Il terzo capitolo è un’analisi dell'esistente, con disegni del rilievo geometrico, immagini dell’edificio originale, termogrammi e dati riguardanti l’attuale performance energetica. Vengono poi mostrate diverse ipotesi di progetto e, una volta determinata la disposizione degli spazi interni, vengono considerate due soluzioni simili, ma costruite con pacchetti costruttivi diversi. Nel Progetto A l’involucro dell’addizione ha una struttura in muratura, nel Progetto B la struttura è in X-lam. Le performance energetiche delle due proposte vengono confrontate tramite una simulazione attuata grazie all'utilizzo del software dinamico IES-VE. Viene valutata l’applicazione di energie rinnovabili, quali l’energia solare e eolica e l’apporto che queste possono dare al bilancio energetico. Infine viene fatta un’analisi dei costi, valutando possibili suddivisioni dei lavori e ipotizzando un piano di ritorno dell’investimento, anche in combinazione con l’applicazione di energie rinnovabili. Alla fine del progetto si trova una valutazione quantitativa dei miglioramenti dell’edificio e un’analisi critica dei limiti del progetto.
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Riqualificare gli spazi dimenticati della periferia bolognese significa confrontarsi con problematiche cittadine fino ad ora mai affrontate.L’area militare di Santa Viola rappresenta in pieno questa situazione e racchiude al suo interno un contesto completamente distaccato dal resto del quartiere, cristallizzato nel tempo a causa del suo muro di recinzione; intervenire in un contesto così distaccato dal contesto rappresenta una sfida per chiunque ci si voglia avvicinare. Le recenti proteste contro il disboscamento dell’area ovest dei Prati di Caprara e l’urbanizzazione intensiva di quest’ultima hanno fornito spunti importanti su quale fosse la strada migliore da perseguire. Il progetto propone la realizzazione di un nuovo complesso pubblico che diventi portavoce della relazione, al giorno d’oggi frammentato, fra centro abitato e le aree verdi che lo circondano, e lo fa attraverso una rete di percorsi ciclopedonali semplici, in stretta connessione con i nuovi sistemi di mobilità pubblica, in particolare la tramvia e la stazione ferroviaria previsti dal PUMS di Bologna. Col fine di portare nuova linfa vitale al quartiere, l’area diventerà un nuovo polmone verde fruibile dalla cittadinanza, ospitando al suo interno la nuova scuola di Design ed il museo della memoria per la strage del 2 agosto. Il grande spazio di carattere pubblico genera un corridoio verde che parte del parco fluviale e giunge in prossimità di Porta San Felice, congiungendo sia idealmente che fisicamente il nuovo polo attrattore del quartiere a quelli già presenti in zona: la fondazione MAST e l’Opificio Golinelli.Insieme collaborano per restituire una nuova immagine al quartiere Santa Viola, culturalmente attiva e strattamente connessa alla città storica.
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Il lavoro di questa tesi ha riguardato lo studio e l'analisi acustica del sito della Scuola di Ingegneria di Bologna in Via Terracini con l’obiettivo di trovare una soluzione per mitigare il disturbo sonoro rilevato nella zona. Dalle diverse misurazioni fonometriche si è stabilita l’entità numerica di partenza che ha richiesto un’implentazione attraverso delle misurazioni di tipo qualitativo con delle registrazioni in formato wave ed annotando al contempo il numero ed il tipo di veicoli che circolavano. Attraverso l'implementazione dei vari dati ricavati dai rilievi delle diverse sezioni, è stata convalidata la consapevolezza del principale problema dell'area: l'inquinamento acustico causato dal traffico stradale. Lo studio è proseguito monitorando le bande di frequenza che interessavano questo tipo di rumore e quantificando il livello in dB che superava i limiti imposti dalla normativa. Non essendo possibile ridurre il traffico acustico direttamente alla fonte, si è optato per misure di protezione del recettore che si sono configurate nell'inserimento dell'asfalto fonoassorbente e nella progettazione di una barriera acustica. Dopo aver ricercato i diversi tipi di barriere, si è deciso per la barriera con cristalli sonici. Si è indagato quali fattori influissero sulle proprietà dei cristalli sonici: la distribuzione geometrica, la frazione di riempimento e la dimensione degli elementi periodici influenzano la formazione delle bande proibite, la loro larghezza e quindi la capacità fonoisolante del cristallo sonico. In base all'altezza degli edifici e alla loro distanza dalla strada, Via Terracini è stata suddivisa in quattro sezioni. Infine, per le varie sezioni, è stato riprodotto il grafico frequenza/perdita di inserzione che ha confermato una riduzione del livello sonoro di quasi 15 dB. Il progetto ha previsto anche il dimensionamento e la verifica delle azioni statiche (carichi e azione del vento) e dell'azione sismica del sistema strutturale della barriera.
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I tetti verdi rappresentano, sempre più frequentemente, una tecnologia idonea alla mitigazione alle problematiche connesse all’ urbanizzazione, tuttavia la conoscenza delle prestazioni dei GR estensivi in clima sub-Mediterraneo è ancora limitata. La presente ricerca è supportata da 15 mesi di analisi sperimentali su due GR situati presso la Scuola di Ingegneria di Bologna. Inizialmente vengono comparate, tra loro e rispetto a una superficie di riferimento (RR), le prestazioni idrologiche ed energetiche dei due GR, caratterizzati da vegetazione a Sedum (SR) e a erbe native perenni (NR). Entrambi riducono i volumi defluiti e le temperature superficiali. Il NR si dimostra migliore del SR sia in campo idrologico che termico, la fisiologia della vegetazione del NR determina l'apertura diurna degli stomi e conseguentemente una maggiore evapotraspirazione (ET). Successivamente si sono studiate la variazioni giornaliere di umidità nel substrato del SR riscontrando che la loro ampiezza è influenzata dalla temperatura, dall’umidità iniziale e dalla fase vegetativa. Queste sono state simulate mediante un modello idrologico basato sull'equazione di bilancio idrico e su due modelli convenzionali per la stima della ET potenziale combinati con una funzione di estrazione dell’ umidità dal suolo. Sono stati proposti dei coefficienti di correzione, ottenuti per calibrazione, per considerare le differenze tra la coltura di riferimento e le colture nei GR durante le fasi di crescita. Infine, con l’ausilio di un modello implementato in SWMM 5.1. 007 utilizzando il modulo Low Impact Development (LID) durante simulazioni in continuo (12 mesi) si sono valutate le prestazioni in termini di ritenzione dei plot SR e RR. Il modello, calibrato e validato, mostra di essere in grado di riprodurre in modo soddisfacente i volumi defluiti dai due plot. Il modello, a seguito di una dettagliata calibrazione, potrebbe supportare Ingegneri e Amministrazioni nella valutazioni dei vantaggi derivanti dall'utilizzo dei GR.
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Il GPS è un sistema che consente d’individuare la posizione di un qualsiasi punto sulla superficie terrestre, dal quale sia possibile ricevere i segnali da almeno quattro satelliti. È costituito da un sistema di satelliti in orbita, i quali trasmettono informazioni a dei ricevitori GPS sulla Terra. Questi dati raccolti riguardano coordinate geografiche ed orari, che vengono successivamente elaborate dal ricevitore stesso. In campo topografico possono essere adottate diverse modalità operativo, soprattutto: il metodo statico e statico rapido, mentre per il rilievo di dettaglio è principalmente utilizzato il metodo cinematico. Il GPS può essere utilizzato per rilievi sia in planimetria che in altimetria. In questa tesi si è deciso di valutare principalmente l’utilizzo del GPS in altimetria in modalità statica. Per fare ciò, si è eseguito un confronto su corte distanze tra le misurazioni altimetriche, in una prima fase eseguite con strumentazione topografica classica e successivamente con il sistema GPS. Il sito scelto per effettuare questa valutazione è stato il terrazzo di copertura dell’edificio della Scuola di Ingegneria di Bologna, sul quale sono presenti due antenne di riferimento (SLITTA e UNBO) con ricevitori GPS, che hanno consentito la realizzazione di una baseline di test. Essendo molto corta la distanza tra le due antenne, si può quindi parlare di short-baselines. Il sistema GPS fornisce dati con una precisione che risente in modo molto minore, rispetto alle tecniche topografiche classiche, della propagazione della varianza all’aumentare della distanza, ma al tempo stesso non consente di raggiungere precisioni millimetriche anche su brevissime distanze. Verranno descritte le due metodologie di rilievo e i risultati ottenuti da ognuna. Si procederà in seguito con l’analisi e la rielaborazione di questi dati tramite software e solo in fine verrà eseguito il confronto, atto a verificare la precisione del GPS rispetto alla strumentazione topografica.