467 resultados para coralli, Mediterraneo, malacologia, biodiversità
Resumo:
Nello studio di questa tesi è stata descritta una ricerca condotta allo scopo di fornire un contributo alla conoscenza della biodiversità analizzando la componente macrofaunistica subfossile e recente del Phylum Mollusca del Canale di Sicilia e del Golfo di Cadice. Tali organismi sono già da tempo noti in questi ambienti poiché associati a biocostruzioni a coralli bianchi presenti lungo i margini continentali atlantici e mediterranei i cui costituenti principali sono gli sclerattiniari coloniali Lophelia pertusa e Madrepora oculata. Tuttavia ben poco si conosce sull’ecologia di queste specie che si ritrovano spesso influenzate da scambi idrologici e biologici attraverso lo Stretto di Gibilterra. Nel corso di questo studio sono state analizzate 7 carote sedimentarie marine campionate durante diverse campagne oceanografiche: 6 carotaggi atlantici prelevati durante la campagna oceanografica Meteor nel Golfo di Cadice e 1 carota campionata nel Canale di Sicilia durante la campagna oceanografica MARCOS guidata dall’ISMAR-CNR di Bologna, sulla quale si concentra l’attenzione di questo lavoro. I dati raccolti sono stati analizzati in maniere quantitativa, per questo è stato utilizzato il software per analisi statistiche “Past3” e sono stati combinati con l’analisi qualitativa dei campioni in modo da ottenere il maggior numero di informazioni. Tra le analisi statistiche sono state effettuate il calcolo di tutti gli indici di dominanza, diversità, di equiripartizione e ricchezza specifica (Simpson, Shannon, Evenness e Margalef) e l’analisi multivariata NMDS (Non-metric Multi-Dimensional Scaling). Infine è stata effettuata l’analisi delle associazioni trofiche distribuite in una carota. Il risultato ha evidenziato un’elevata biodiversità per campioni prelevati in profondità e il ritrovamento di organismi appartenenti all’ultimo glaciale.
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Il lavoro svolto durante il dottorato di ricerca ha permesso lo sviluppo e la verifica della attendibilità di marcatori molecolari neutrali (loci microsatelliti) specifici per Aristeus antennatus. Tali marcatori sono stati poi utilizzati per studiare la struttura genetica di popolazione della specie del Mediterraneo occidentale e i risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli di un progetto di ricerca parallelo su Aristeaomorpha foliacea, analizzando differenze ed analogie fra le due specie. I risultati delle analisi su Aristeus antennatus hanno evidenziato una completa assenza di struttura di popolazione e come i due sessi contribuiscano in modo diverso al flusso genico. La specie infatti presenta un sex-ratio a favore dei maschi oltre gli 800m, mentre tale rappoorto è a favore delle femmine in strati più superficiali, dove sono probabilmente soggette a condizioni oceanografiche più dispersive. Tramite test genetici appropriati è stato possibile valutare indirettamente il grado di dospersione dei sessi dimostrando che nell'area analizzati i maschi erano rappresentati maggiormente da individui stanziali, mentre gli individui di sesso femminile erano migranti. Le femmine appaiono pertanto giocare un ruolo preminente rispetto ai maschi nel determinare l'entità del flusso genico. Il confronto dei risultati ottenuti in Aristeus antennatus con quelli di Aristaeomorpha foliacea ha evidenziato la relazione fra alta capacità dispersiva, sia allo stato larvale che adulto, e completo rimescolamento genetico nei gamberi aristeidi nel Mediterraneo occidentale anche se in quest'ultima specie non ci sono evidenze di dispersione genetica mediata dal sesso. E' pertanto di forte interesse (dato anche il valore economico di questi organismi) come una struttura di popolazione qualitativamente e quantitavamente comporabile venga raggiunta con dinamiche di popolazione molto diverse.
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Fundação para a Ciência e a Tecnologia (FCT), Fundação Millennium bcp
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Les auteurs abordent la problématique de la biodiversité et de sa valorisation par les Journées de la biodiversité. Les 5 et 6 juillet 2008 ont été organisées les premières Journées de la biodiversité dans le Vallon de Nant regroupant 55 spécialistes. Une première analyse de l'ensemble des données récoltées est présentée. Plus de 1100 espèces ont été recensées au cours de ces deux journées et environ 2000 espèces sont actuellement connues dans le vallon. Les Rhopalocères montrent une diversité particulièrement élevée (environ 40 % des espèces suisses) et plusieurs espèces remarquables sont présentes parmi les autres groupes taxonomiques (par ex. salamandre noire, vipère péliade, ...). La réserve naturelle du Vallon de Nant abrite une grande diversité de milieux mais certains, comme les pâturages maigres subalpins, sont menacés par la dynamique naturelle. Les données obtenues lors de ces Journées de la biodiversité seront très utiles pour la gestion et les suivis futurs du vallon. Cependant, plusieurs groupes n'ont été que très superficiellement, voire pas du tout, inventoriés. Nous souhaitons que ces lacunes soient comblées par de futurs inventaires.
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Le Vallon de Nant, situé dans les Alpes vaudoises, attire depuis longtemps les naturalistes et scientifiques. Il a été classé comme réserve naturelle en 1969. Les premières Journées de la biodiversité en Romandie y ont été organisées les 5 et 6 juillet 2008 afin d'améliorer la connaissance des espèces vivant dans le Vallon de Nant, avant l'établissement d'un plan de gestion de la réserve naturelle. Une cinquantaine de scientifiques ont participé à cet inventaire de la faune et de la flore. Ce Mémoire de la Société vaudoise des Sciences naturelles compte 15 articles rédigés par les participants à ces journées et font l'inventaire des richesses spécifiques du Vallon de Nant. Des champignons aux mammifères en passant par les lichens, les mousses, les plantes à fleurs, les escargots, les insectes, les amphibiens, les reptiles et les oiseaux, c'est un inventaire exhaustif des quelque 2000 espèces connues actuellement dans le Vallon de Nant, dont plus de 1100 recensées durant les Journées de la biodiversité. Agrémenté de 157 photos couleurs, dont celles du photographe-naturaliste Daniel Aubort de Montreux, ces 240 pages permettent de découvrir les richesses de cette réserve naturelle créée en 1969, pour éviter d'y voir arriver les chars de l'armée suisse qui désirait alors en faire une place d'armes.
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Desde 1979 se ha estudiado la flora de diatomeas bentónicas de 60 ecosistemas acuáticos del litoral mediterráneo español. En este trabajo se resumen las observaciones realizadas sobre las especies del género Mastogloia Thwaites presentes en estos puntos. Se han identificado 18 especies y 4 variedades; 15 de las cuales se citan por primera vez de nuestras aguas epicontinentales. Los datos sobre la distribución de las frecuencias relativas (%) de cada uno de los táxones del género Mastogloia han permitido la tipificación de las localidades estudiadas. Esta clasificación está de acuerdo con la obtenida a partir de los datos sobre la mineralización de las aguas (LOPEZ, 1981b).
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Las posibilidades de explotación de cualquier ecosistema no sólo dependen de su producción primaria o básica (a nivel de los vegetales), sino también de cómo los valores de dicha producción en las distintas temporadas se distribuyen alrededor de la media general. Si su dispersión es muy grande, es decir, cuando ciertos años son enormemente productivos y otros muy poco, las condiciones de explotación son distintas de otra situación en la que, año tras año, se repiten aproximadamente las mismas cifras de producción.
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Hs, MURCIA: Murcia, Cala del Burro, 29 m de profundidad, 3-VIII-1989, J. Soto and A. Gómez Garreta, BCF 6090, 6091. Dos ejemplares recolectados en el transcurso de una inmersión con escafandra autónoma.
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El estudio de la actividad antibiótica de las algas se halla actualmente en pleno auge, y existe información bibliográfica en relación con esta actividad de gran número de especies que también existen en nuestras costas. En el presente trabajo se pretende abrir esta línea de investigación para confirmar o descubrir la referida actividad en nuestras poblaciones.
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Il risultato delle indagini condotte negli anni scorsi nei depositi archeologici della Catalogna, sia urbani, sia rurali, consente di determinare le tendenze delle importazioni e dell’economia in quest’area occidentale della penisola iberica fra il V secolo e la fine del VI-inizi del VII. In questa sede viene proposta una sintesi interpretativa dei dati disponibili, specialmente in rapporto al commercio delle ceramiche africane che costituivano le principali importazioni. Allo stato delle ricerche si possono avanzare alcune riflessioni. Se è vero che l’occupazione di Cartagine da parte dei Vandali nel 439 potrebbe aver determinato alcuni cambiamenti nella commercializzazione dei materiali africani, non va escluso che, tra la metà e la seconda metà del V secolo, il rafforzamento politico del regno vandalo abbia causato alcuni importanti cambiamenti tipologici nelle ceramiche africane (sigillata D, anfore) e un nuovo impulso alla relativa commercializzazione. Tra la seconda metà del VI secolo e la prima metà del VII (e forse anche la seconda metà) è proseguito l’arrivo di ceramica africana, proveniente soprattutto dall’area tunisina e, in minore quantità, dal Mediterraneo orientale. L’importazione di sigillata africana ha subito un significativo calo in questo periodo, ma non sparisce del tutto almeno fino agli inizi del VII secolo. Nel contempo è documentato un aumento considerevole della presenza di anfore africane, tanto che non può essere accolta l’ipotesi della cessazione delle importazioni tra la metà e il pieno VI secolo. Di conseguenza la rivalità politica fra i Visigoti e i Bizantini non si è tradotta nella scomparsa del commercio fra la penisola iberica e il Nord Africa, anche se è ben documentata una notevole diminuzione dei prodotti africani nel nord della provincia bizantina di Spania. La causa (o le cause) della fine dell’arrivo delle importazioni mediterranee lungo i litorali ispanici non può essere accertata con sicurezza. D’altra parte le ragioni di questo fenomeno vanno ricercate non solo nei centri di consumo, ma anche nelle aree di produzione, sicché sembra probabile che, come viene tradizionalmente ritenuto, la fine delle esportazioni fu determinata dall’invasione islamica dell’Africa settentrionale.