332 resultados para biochar lisciviazione adsorbimento nitrati azoto
Resumo:
Il seguente lavoro analizza l’influenza che il biochar ha nel ciclo dell’azoto nei suoli, in particolare in riferimento alla possibilità di diminuire il fenomeno di lisciviazione dei nitrati dato il continuo aumento in agricoltura dell’uso di fertilizzanti azotati. La scelta di questo tipo di ammendante è dovuta alle sue ampie potenzialità d’impiego e si pone in un percorso di economia circolare con la valorizzazione delle biomasse di scarto. Il lavoro si divide in un’approfondita ricerca bibliografica con elaborazione critica delle informazioni e una parte sperimentale. Si sono analizzate le interazioni che il biochar ha sui vari processi che compongono il ciclo dell’azoto. Sono stati riportati e discussi i principali metodi di determinazione delle capacità adsorbenti del biochar oltre ad un’analisi e una descrizione dei più comuni modelli di isoterme di adsorbimento. Si è testata la capacità adsorbente, tramite test di screening in batch, di sette tipi di biochar che presentavano origine e sintesi differenti. I biochar hanno presentato adsorbimenti molto modesti nei confronti dei nitrati evidenziando solo una diminuzione della quantità di nitrati rilasciati dal biochar stesso. Per quanto concerne l’ammonio, invece, i biochar hanno presentato percentuali di adsorbimento tra il 60-70% con un massimo del 80%.
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Il termine biochar definisce il prodotto solido derivante dalla pirolisi di un qualsiasi materiale organico, con lo specifico scopo di essere applicato nei suoli sia per fini agronomici che di gestione ambientale. Un suo utilizzo in maniera "responsabile" richiede però una piena comprensione delle sue proprietà e dei meccanismi che controllano la sua attività nel terreno, che dipendono dalla biomassa di partenza e dalle condizioni di sintesi tramite pirolisi. Infatti le condizioni di pirolisi, in particolare la temperatura di processo e il tempo di residenza, determinano biochar con caratteristiche differenti. In questo lavoro di tesi sono stati prodotti biochar da due diverse tipologie di biomassa residuale ampiamente disponibili (stocchi di mais e pollina). Per ciascuna biomassa sono state scelte tre condizioni di pirolisi (400°C x 20 minuti, 500°C x 10 minuti e 600°C x 5 minuti). Sui biochar ottenuti sono state effettuate le seguenti determinazioni: analisi elementare, Pirolisi‐GC‐MS, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), acidi grassi volatili (VFA), azoto ammoniacale (N‐NH4 +), pH, conduttività elettrica e ritenzione idrica. Infine i biochar sintetizzati sono stati utilizzati per fare due test di germinazione per valutare l'effetto sulla formazione delle prime strutture di crescita delle plantule, tramite test di tossicità brevi con piastre Petri. Il primo test è stato condotto a concentrazione crescente di miscele acqua/biochar (2, 5, 40 e 100 g/L sulla base delle quantità di biochar utilizzate come ammendante nel suolo), sulla germinazione seguendo la metodologia normata dalla ISO 11269:2012. I semi utilizzati nel primo test sono stati quelli del crescione (Lepidium sativum L.) come specie dicotiledone, e del sorgo (Sorghum saccharatum M.) come monocotiledone. Il secondo saggio di tossicità eseguito è stato quello descritto dalla normativa in materia UNI 11357, valutando l'eventuale effetto di tossicità alla massima concentrazione delle varie tipologie di biochar, utilizzando come specie dicotiledoni il cetriolo (Cucumis sativus L.) ed il crescione (Lepidium sativum L.), come monocotiledone il sorgo (Sorghum saccharatum M.). Per i biochar da stocchi di mais, rappresentativi di biomasse erbacee e con diverso grado di carbonizzazione, non si osservano effetti apprezzabili alle condizioni di uso agricolo. Nel caso dei biochar da pollina si osservano invece inibizioni alla germinazione sin dalle concentrazioni più basse. In particolare, quello pirolizzato a 400°C mostra un potenziale effetto tossico più marcato, probabilmente associato ad un contenuto di IPA e VFA superiore a quello degli altri biochar.
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Il fosforo è una risorsa fondamentale per il mondo agricolo le cui riserve si stanno esaurendo. Ciò implica l’urgenza di modificarne la sua gestione, caratterizzata attualmente da un eccessivo uso, seguito da perdite sostanziali, in particolare verso i corpi idrici superficiali, alimentando la problematica dell’eutrofizzazione. L’obiettivo della tesi è quello di valutare l’efficacia di rimozione di fosfato da acque, sia sintetiche che reali, mediante tre materiali filtranti a base di biochar. Il primo è un biochar utilizzato tal quale prodotto dall’azienda Romagna Carbone, gli altri due sono biochar prodotti in muffola a 850 °C costituiti da un 60% di biomassa di legno e il 40% costituito da due differenti tipologie di materiale carbonatico. I test di adsorbimento dei fosfati sono stati svolti su acque sintetiche prodotte in laboratorio caratterizzate da concentrazione nota di fosfato: 10, 100 e 1000 mg/l. Gli stessi test sono stati ripetuti anche su acque reflue reali provenienti dalla bioraffineria Caviro Extra. I test sono stati condotti ponendo i differenti compositi in contatto con l’acqua da trattare in rapporto solido-liquido di 1:1000 per differenti tempi di contatto: 15, 30 e 60 minuti. L’acqua poi viene filtrata e analizzata in cromatografia ionica con colonna anionica. I risultati sono ottenuti confrontando la concentrazione di fosfati presenti nell’acqua prima e dopo il trattamento. Il biochar modificato con materiale carbonatico si è dimostrato essere un materiale efficace per il trattamento di acque reflue prima del loro smaltimento con percentuali di fosfato rimosso fino al 99%, risultano invece inefficaci i trattamenti con il solo biochar di Romagna Carbone. Determinante è stata l’addizione di materiale carbonatico al biochar che ne ha modificato la carica superficiale – solitamente negativa - trasformandola in positiva e quindi capace di avere interazione con gli anioni del fosfato comportandone una rimozione dall’acqua.
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Presso i laboratori del DICAM dell’Università di Bologna, partner del progetto FIT4REUSE, si studiano materiali adsorbenti innovativi per la rimozione ed il recupero di ammonio e fosfato dalle acque reflue municipali, mediante processo di scambio ionico in continuo su letto fisso, con l’obbiettivo di separare e concentrare l’azoto e il fosforo al fine di ottenere prodotti utilizzabili come fertilizzanti. Nello specifico questo elaborato di tesi riporta lo studio di due geopolimeri per l’adsorbimento di azoto, il geopolimero Na1.2G e il K1.2G, e li confronta con il geopolimero G13 che finora ha mostrato le prestazioni migliori.
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A congelação alimentar é um dos mais importantes processos de conservação de géneros alimentícios a nível mundial. Este estudo analisa de forma comparada os processos de congelação clássica e criogénica de produtos alimentares em geral, e em particular do camarão. Focaliza as mudanças ocorridas durante o processo de congelação bem como a importância e consequência dos cristais de gelo formados durante o processo. É feita uma abordagem à velocidade da frente de frio e ao efeito que o ciclo congelação-descongelação trás à qualidade final do produto. Os dados colectados permitem evidenciar uma clara vantagem no uso da congelação criogénica no que respeita à qualidade final do produto uma vez que este apresenta uma clara melhoria das suas propriedades globais em especial na oleosidade e sabor. Por outro lado, demonstra-se que a congelação clássica permite uma maior contenção de custos associados à congelação uma vez que possibilitou uma poupança de dois milhões de Euros após um funcionamento ao longo de 11 anos, segundo os pressupostos estabelecidos. Constatou-se que a crio-congelação deverá ser aplicada no processamento de produtos de elevado valor comercial, ou em locais onde as tarifas eléctricas tenham um valor elevado, ou ainda em produtos que, devido à sua constituição, assim o exija. Considerando estas conclusões principais, o estudo inviabiliza, neste momento, o uso de azoto líquido na congelação total de camarão dentro do território de Moçambique para comércio em Portugal.
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A acentuada diminuição da área arável per capita nas últimas décadas exige uma maior produtividade para os terrenos agrícolas. O acréscimo na produtividade é em parte conseguido pelo uso de adubos orgânicos e/ou inorgânicos. O consumo e consequente produção de adubos acompanham a tendência ditada pela necessidade de maximizar a produção agrícola. Recentes normas europeias exigem um controlo de qualidade rigoroso para os adubos em geral e em particular para os que tem um elevado teor em azoto. Para o nitrato de cálcio e amónio (NCa), essencial para a cultura de cereais, os teores em azoto nítrico e amoniacal tem de ser rigorosamente controlados dado que o nitrato de amónio pode ser usado na produção de explosivos. Na indústria o controlo de qualidade do NCa é feito por técnicas de análise volumétrica morosas e dispendiosas. Com o objectivo de seleccionar uma técnica mais expedita para o controlo de qualidade do NCa, várias amostras (sólidos granulares) comercializadas em Portugal e algumas de origem nórdica foram caracterizadas por difracção de raios x, espectroscopia do infravermelho por reflectância e termogravimetria. Todas as amostras foram previamente peneiradas de forma a obter a sua distribuição granulométrica. A difracção de raios X confirmou que as amostras eram semi-cristalinas, o que era previsível em face do processo de produção. A baixa cristalinidade não permitiu o cálculo dos parâmetros da rede cristalina que indicariam, ou não, a formação do sal duplo. A espectroscopia do infravermelho permitiu a identificação das bandas correspondentes aos dois nitratos. Os resultados da termogravimetria permitiram identificar os processos de desidratação e de decomposição dos dois nitratos. Numa só análise foi possível quantificar a água de cristalização, o azoto nítrico, o azoto amoniacal e o teor em CaO das amostras. Os resultados obtidos por termogravimetria mostraram elevada coerência com os análogos obtidos pelas técnicas clássicas de análise volumétrica. O teor em água de cristalização, obtido por TG, concorda com a estequiometria prevista para o nitrato duplo de cálcio e amónia (10 moléculas de água de hidratação). As réplicas efectuadas mostraram excelente reprodutibilidade da análise termogravimétrica das amostras de NCa. Não obstante o investimento inicial necessário, a termogravimetria afigura-se uma solução expedita para o controlo de qualidade do NCa na indústria.
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Dissertação de Mestrado, Engenharia Zootécnica, 04 de Junho de 2014, Universidade dos Açores.
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Dissertação de Mestrado, Engenharia Zootécnica, 13 de Janeiro de 2016 , Universidade dos Açores.
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Apenas há 100 anos atrás foi finalmente estabelecido que os sistemas biológicos têm a capacidade de fixar o azoto. A Química ainda se encontrava atrasada, mas em 1913, Haber e Bosh projectaram a primeira instalação comercial de fixação do azoto e fundaram a indústria química inorgânica moderna. Os mecanismos destes dois processos relacionados são, no entanto, muito diversos. Laplaza e Cummins apresentaram na revista Science uma reacção que representa o culminar de 30 anos de trabalho da comunidade química na fixação de azoto em condições próximas das atmosféricas. Esta descoberta apresenta um complexo inorgânico simples que pode quebrar a ligação tripla da molécula de azoto para formar um novo nitrilo-complexo sem a necessidade de qualquer outro reagente. Esta publicação inspirou o trabalho apresentado nesta tese. Como a transferência de massa entre as fases – gasosa (azoto) e o solvente líquido – constituía um factor limitativo da cinética da reacção, assim a utilização de um solvente supercrítico pareceu ser uma melhoria óbvia. O xénon é o único fluido supercrítico, à temperatura ambiente suficientemente inerte quimicamente para ser usado como solvente em contacto com uma substância extremamente reactiva, capaz de quebrar a ligação da molécula de azoto. Neste trabalho, a reacção descoberta por Laplaza e Cummins foi efectuada em xénon supercrítico. A realização desta reacção envolveu diversas etapas: 1. As sínteses do composto Mo(NRAr)3 (1) (onde R é C(CD3)2CH3 e Ar é 3,5-C6H3(CH3)2), usando caixa de luvas e técnicas sob atmosfera de árgon; 2. A construção de uma nova instalação, projectada para a realização da reacção do composto 1 com o azoto em xénon supercrítico, com monitorização contínua através de espectrofotometria visível; 3. A introdução de sucessivas modificações devido a dificuldades experimentais imprevistas conduziu à reconstrução substancial da primeira instalação utilizada, de forma a ser possível medir a solubilidade do composto 1 em xénon supercrítico, e de proporcionar a difusão do azoto no xénon. 4. Medições da solubilidade do complexo 1 em xénon supercrítico, à temperatura ambiente e pressões entre 6 e 10MPa; 5. Medições da cinética da reacção do composto 1 com azoto gasoso, usando xénon supercrítico como solvente, em diversas condições, com diversos ambientes de solventes, em diferentes quantidades do composto 1, e usando métodos de detecção completamente diferentes do método espectroscópico inicialmente programado; 6. Utilização de simulações em CFD (Computer Fluid Dynamics) para interpretar os resultados obtidos. Estas simulações sugerem que a elevada densidade do xénon induz a sedimentação lenta do excesso (não dissolvido) do composto 1, que controla a distribuição do produto da reacção dentro do reactor. A conclusão principal foi a de que a cisão da ligação da molécula do azoto pelo composto 1 pode ser obtida em segundos em xénon supercrítico.
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Dissertação apresentada na Faculdade de Ciências e Tecnologia da Universidade Nova de Lisboa para obtenção do grau de Mestre em Engenharia Sanitária
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Dissertação apresentada à Universidade Nova de Lisboa para obtenção do grau de Mestre em Engenharia Sanitária
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xi RESUMO A acção da insulina no músculo esquelético depende de um reflexo parassimpático hepático que conduz à libertação de uma substância hepática sensibilizadora da insulina, designada por HISS, responsável por cerca de 55% do efeito hipoglicemiante da insulina. A acção da HISS é finamente regulada pelo monóxido de azoto (NO) hepático e pelo estado prandial, aumentando no período pós-prandial imediato e diminuindo progressivamente com as horas de jejum. A secreção da HISS pode ser inibida cirúrgica ou farmacologicamente, quer por desnervação selectiva do plexo anterior hepático, quer por administração de atropina, quer por inibição do sintase do NO (NOS) hepático. O objectivo geral do trabalho apresentado nesta dissertação foi a caracterização da via de transdução de sinal que conduz à libertação da HISS. O modelo utilizado neste estudo foi o rato Wistar. A sensibilidade à insulina foi avaliada através do teste rápido de sensibilidade à insulina (RIST). A primeira hipótese de trabalho testada foi que a sequência de eventos que conduzem à secreção da HISS inicia-se com a activação do sistema parassimpático hepático seguida de activação do NOS hepático com subsequente produção de NO e activação do guanilato ciclase (GC). Observou-se que a administração de um dador de NO reverteu a resistência à insulina induzida, quer por inibição do NOS hepático, quer por antagonismo dos receptores muscarínicos com atropina. Em contraste, a resistência à insulina produzida por inibição do NOS hepático não foi revertida por administração intraportal de acetilcolina (ACh). Constatou-se que a inibição do GC hepático diminuiu a sensibilidade à insulina. Estes resultados sugerem que: a ACh libertada no fígado induz a síntese de NO hepático que conduz à libertação da HISS, que por sua vez é modulada pelo GC hepático. A libertação da HISS em resposta à insulina é regulada pelo estado prandial. Uma vez que os níveis hepáticos de glutationo (GSH) se encontram, tal como a HISS, diminuídos no estado de jejum e aumentados após a ingestão de uma refeição, testou-se a hipótese de que o GSH hepático está envolvido na secreção da HISS. Observou-se que a depleção do GSH hepático induziu resistência à insulina, comparável à obtida após inibição do NOS hepático. Estes resultados suportam a hipótese de que o GSH hepático desempenha um papel crítico na acção periférica da insulina. Considerando que, no estado de jejum, tanto os níveis de GSH hepático como os níveis de NO hepático são baixos, testou-se a hipótese de que a co-administração intraportal de um dador de GSH e de um dador de NO promove um aumento da sensibilidade à insulina no estado de jejum, devido ao restabelecimento do mecanismo da HISS. Observou-se que a administração sequencial de dadores de GSH e de NO no fígado provocou um aumento na sensibilidade à insulina, dependente da dose de dador de GSH administrada. Concluiu-se portanto que ambos, GSH e NO, são essenciais para que o mecanismo da HISS esteja completamente funcional. O GSH e o NO reagem para formar um S-nitrosotiol, o S-nitrosoglutationo (GSNO). Os resultados supra-mencionados conduziram à formulação da hipótese de que a secreção/acção da HISS depende da formação de GSNO. Observou-se que a administração intravenosa de S-nitrosotióis (RSNOs) aumentou a sensibilidade à insulina, em animais submetidos a um período de jejum, ao contrário da administração intraportal destes fármacos, o que RSNOs têm uma acção periférica, mas não hepática, na sensibilidade à insulina. Os resultados obtidos conduziram à reformulação da hipótese da HISS, sugerindo que a ingestão de uma refeição activa os nervos parassimpáticos hepáticos levando à libertação de ACh no fígado que, por sua vez activa o NOS. Simultaneamente, ocorre um aumento dos níveis de GSH hepático que reage com o NO hepático para formar um composto nitrosado, o GSNO. Este composto mimetiza a acção hipoglicemiante da HISS no músculo esquelético. SUMMARY Insulin action at the skeletal muscle depends on a hepatic parasympathetic reflex that promotes the release of a hepatic insulin sensitizing substance (HISS) from the liver, which contributes 55% to total insulin action. HISS action is modulated by hepatic nitric oxide (NO) and also by the prandial status so as to, in the immediate ostprandial state, HISS action is maximal, decreasing with the duration of fasting. HISS secretion may be inhibited by interruption of the hepatic parasympathetic reflex, achieved either by surgical denervation of the liver or by cholinergic blockade with atropine, or by prevention of hepatic NO release, using NO synthase (NOS) antagonists. The main objective of this work was to characterize the signal transduction pathways that lead to HISS secretion by the liver. Wistar rats were used and insulin sensitivity was evaluated using the rapid insulin sensitivity test (RIST). The first hypothesis tested was that the sequence of events that lead to HISS secretion starts with an increase in the hepatic parasympathetic tone, followed by the activation of hepatic NOS and subsequent triggering of guanylate cyclase (GC). We observed that insulin resistance produced either by muscarinic receptor antagonism with atropine or by hepatic NOS inhibition was reversed by the intraportal administration of an NO donor. In contrast, intraportal acetylcholine (ACh) did not restore insulin sensitivity after NOS inhibition. We also observed that GC inhibition lead to a decrease in insulin sensitivity.These results suggest that the release of ACh in the liver activates hepatic NO synthesis in order to allow HISS secretion, through a signaling pathway modulated by GC. HISS release in response to insulin is controlled by the prandial status. The second hypothesis tested was that glutathione (GSH) is involved in HISS secretion since the hepatic levels of GSH are, like HISS action, decreased in the fasted state and increased after ingestion of a meal. We observed that hepatic GSH depletion led to insulin resistance of the same magnitude of that observed after inhibition of hepatic NOS. These results support the hypothesis that hepatic GSH is crucial in peripheral insulin action. Since, in the fasted state, both hepatic GSH and NO levels are low, we tested the hypothesis that intraportal o-administration of a GSH donor and an NO donor enhances insulin sensitivity in fasted Wistar rats, by restoring HISS secretion. We observed that GSH and NO increased insulin sensitivity in a GSH dose-dependent manner. We concluded that HISS secretion requires elevated levels of both GSH and NO in the liver. GSH and NO react to form a S-nitrosothiol, S-nitrosoglutathione (GSNO). The last hypothesis tested in this work was that HISS secretion/ action depends on the formation of GSNO. We observed that intravenous administration of -nitrosothiols (RSNOs) increased insulin sensitivity in animals fasted for 24 h, in contrast with the intraportal administration of the drug. This result suggests that RSNOs enhanced insulin sensitivity through a peripheral, and not hepatic, mechanism. The results obtained led to a restructuring of the HISS hypothesis, suggesting that the ingestion of a meal triggers the hepatic parasympathetic nerves, leading to the release of Ach in the liver, which in turn activates NOS. Simultaneously, hepatic GSH levels increase and react with NO to form a nitrosated compound, GSNO. S-nitrosoglutathione mimics HISS hypoglycaemic action at the skeletal muscle.
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Dissertação para obtenção do Grau de Mestre em Engenharia Física
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O tratamento de águas lixiviantes produzidas em aterros de resíduos sólidos, constitui um desafio à sua operação e funcionamento em condições ambientalmente corretas. Ao longo do tempo, as características qualitativas do lixiviado apresentam uma grande variabilidade, que deve ser acompanhada por uma monitorização regular e periódica, para que o efluente do lixiviado tratado cumpra as normas de descarga que lhe estão aplicadas. Um dos problemas mais significativos que resulta dessa variabilidade ao longo do tempo é a remoção de azoto bem como a remoção da CQO (carência química de oxigénio). De forma a compreender os processos e operações associados ao tratamento de águas lixiviantes, em particular no que se refere à remoção de azoto, a presente dissertação incluiu a revisão das tecnologias que são aplicadas na generalidade das estações de tratamento de águas lixiviantes (ETAL), finalizando essa revisão com a apresentação do panorama nacional e a apresentação do caso de estudo que suporta o tema desta dissertação. O caso de estudo diz respeito ao funcionamento da estação de pré-tratamento de águas lixiviantes (EPTAL) do aterro sanitário intermunicipal da ilha de S. Miguel, nos Açores. Como tal, procurou-se avaliar a linha de tratamento e os resultados obtidos na monitorização para, perante estes, ponderar se o tratamento por osmose inversa, que está em vias de ser implementado por opção dos responsáveis desta EPTAL, permite reduzir o excesso do azoto que se verifica nas análises do efluente final do atual processo de tratamento. Salienta-se que o tratamento do lixiviado por intermédio de uma osmose inversa permitirá o cumprimento dos objetivos de qualidade, se a concentração de azoto amoniacal no lixiviado bruto for inferior a 2500 mg/L. Sabendo-se que dentro de um período mínimo de 5 anos poderá entrar em funcionamento uma instalação de incineração de resíduos urbanos, em S. Miguel, Açores, estimaram-se os custos de tratamento pela unidade de osmose inversa, durante este período de tempo, tendo em conta que este será sempre superior aos custos da atual EPTAL. O trabalho realizado permitiu concluir que o desempenho da atual EPTAL, apesar de não cumprir o regulamento de descarga municipal, poderia ser melhorado com intervenções ajustadas e com custos associados inferiores aos da osmose inversa.
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Dissertação de mestrado em Engenharia Industrial (área de especialização em Qualidade, Segurança e Manutenção)