945 resultados para Weapons of Mass Destruction


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This article focuses on the final report of Lord Butler’s review of British intelligence on weapons of mass destruction (WMD), specifically on its treatment of the accuracy of the use of intelligence on Iraqi WMD in a government dossier published in September 2002 ahead of the 2003 Iraq war. In the report, the demonstration of the accuracy of the “September Dossier” hinges on the insertion of tables that compare side-by-side quotations from this document and from intelligence assessments. The analysis of the textual and visual methods by which the report is written reveals how the logic of the comparative tables is missed in the Butler report: the logic of these tables requires that the comparison between quotations from the two documents should be performed at the level of their details but the Butler report performs its comparison only at a broad and general level.

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The proliferation of weapons of mass destruction (WMD), nuclear, biological and chemical (NBC) is one of the main security challenges facing the international community today. However the new Global Security Strategy of 2016 raises the question of non-proliferation of WMD only as an incidental matter, not addressing directly the threat, a fundamental threat in the regional and global security. This is a clear step backwards for the European common security.

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Building up an image of Russophobic countries is currently instrumental in shaping a neo-imperial political identity among the citizens of the Russian Federation, mobilising them in the face of real or alleged threats, and also serves as a form of restoring psychological comfort to them in the face of the failure of the Kremlin’s actions (as in Ukraine, for example). The mythologised stereotype of Russophobic countries also remains a crowning argument and a simple explanation for the ongoing tensions in relations between Russia and the West.

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The Free Open Source Software (FOSS) seem far from the military field but in some cases, some technologies normally used for civilian purposes may have military applications. These products and technologies are called dual-use. Can we manage to combine FOSS and dual-use products? On one hand, we have to admit that this kind of association exists - dual-use software can be FOSS and many examples demonstrate this duality - but on the other hand, dual-use software available under free licenses lead us to ask many questions. For example, the dual-use export control laws aimed at stemming the proliferation of weapons of mass destruction. Dual-use export in United States (ITAR) and Europe (regulation 428/2009) implies as a consequence the prohibition or regulation of software exportation, involving the closing of source code. Therefore, the issues of exported softwares released under free licenses arises. If software are dual-use goods and serve for military purposes, they may represent a danger. By the rights granted to licenses to run, study, redistribute and distribute modified versions of the software, anyone can access the free dual-use software. So, the licenses themselves are not at the origin of the risk, it is actually linked to the facilitated access to source codes. Seen from this point of view, it goes against the dual-use regulation which allows states to control these technologies exportation. For this analysis, we will discuss about various legal questions and draft answers from either licenses or public policies in this respect.

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La península coreana ha sido desde la Guerra Fría y a la actualidad una zona convulsionada por intereses políticos, económicos e ideológicos. Ese panorama obliga un análisis sobre la configuración y los cambios que se han dado entre las potencias actuales, China y Estados Unidos, desde la existencia de un programa nuclear norcoreano que afecta a Corea del Sur y la definición de los intereses de Beijin y Washington.

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La proliferación de armas de destrucción masiva se ha convertido en un asunto inquietante en la era de la posguerra fría. En el caso particular de Corea del Norte, el desarrollo de un programa nuclear y la amenaza potencial que este representa para la comunidad internacional, ha llevado a que Estados Unidos y Corea del Sur pongan de manifiesto su interés y preocupación en torno al mismo. Desde el 2005 el régimen comunista norcoreano ha intensificado las amenazas y ha desafiado la seguridad en la península coreana, al realizar acciones militares provocativas, más específicamente en contra de Corea del Sur y Estados Unidos, razón por la cual una cohesión de la relación entre estos dos Estados se ha hecho cada vez más necesaria para hacer frente a las acciones impredecibles de Corea del Norte.

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O terrorismo contemporâneo se destaca como um dos mais discutidos tópicos da agenda política internacional. No contexto da globalização, a atuação de grupos extremistas é bem mais complexa e articulada do que jamais foi, e sua periculosidade é exacerbada pela potencial utilização de armas de destruição em massa. Se é certo que a solução para seu enfrentamento pode ser almejada pela cooperação entre as nações, é igualmente verdadeiro que o Direito pode ser um instrumento idôneo para assegurar melhor colaboração e maior efetividade das medidas. Partindo do pressuposto que o terrorismo pode ser compreendido como um instituto do Direito Criminal, apresento esta monografia, a fim de investigar como o Brasil – que notoriamente carece de normatização útil na legislação ordinária – poderia criar uma lei antiterror. A metodologia de pesquisa é primordialmente descritiva, com enfoque na compreensão do terrorismo enquanto instituto jurídico-criminal. Dedicamo-nos a um estudo crítico dos aspectos teóricos e práticos de se criar uma lei antiterror, inclusive estudando projetos de lei em tramitação, a fim de ver como o Legislativo tem abordado a matéria.

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L’ermeneutica filosofica di Hans-Georg Gadamer – indubbiamente uno dei capisaldi del pensiero novecentesco – rappresenta una filosofia molto composita, sfaccettata e articolata, per così dire formata da una molteplicità di dimensioni diverse che si intrecciano l’una con l’altra. Ciò risulta evidente già da un semplice sguardo alla composizione interna della sua opera principale, Wahrheit und Methode (1960), nella quale si presenta una teoria del comprendere che prende in esame tre differenti dimensioni dell’esperienza umana – arte, storia e linguaggio – ovviamente concepite come fondamentalmente correlate tra loro. Ma questo quadro d’insieme si complica notevolmente non appena si prendano in esame perlomeno alcuni dei numerosi contributi che Gadamer ha scritto e pubblicato prima e dopo il suo opus magnum: contributi che testimoniano l’importante presenza nel suo pensiero di altre tematiche. Di tale complessità, però, non sempre gli interpreti di Gadamer hanno tenuto pienamente conto, visto che una gran parte dei contributi esegetici sul suo pensiero risultano essenzialmente incentrati sul capolavoro del 1960 (ed in particolare sui problemi della legittimazione delle Geisteswissenschaften), dedicando invece minore attenzione agli altri percorsi che egli ha seguito e, in particolare, alla dimensione propriamente etica e politica della sua filosofia ermeneutica. Inoltre, mi sembra che non sempre si sia prestata la giusta attenzione alla fondamentale unitarietà – da non confondere con una presunta “sistematicità”, da Gadamer esplicitamente respinta – che a dispetto dell’indubbia molteplicità ed eterogeneità del pensiero gadameriano comunque vige al suo interno. La mia tesi, dunque, è che estetica e scienze umane, filosofia del linguaggio e filosofia morale, dialogo con i Greci e confronto critico col pensiero moderno, considerazioni su problematiche antropologiche e riflessioni sulla nostra attualità sociopolitica e tecnoscientifica, rappresentino le diverse dimensioni di un solo pensiero, le quali in qualche modo vengono a convergere verso un unico centro. Un centro “unificante” che, a mio avviso, va individuato in quello che potremmo chiamare il disagio della modernità. In altre parole, mi sembra cioè che tutta la riflessione filosofica di Gadamer, in fondo, scaturisca dalla presa d’atto di una situazione di crisi o disagio nella quale si troverebbero oggi il nostro mondo e la nostra civiltà. Una crisi che, data la sua profondità e complessità, si è per così dire “ramificata” in molteplici direzioni, andando ad investire svariati ambiti dell’esistenza umana. Ambiti che pertanto vengono analizzati e indagati da Gadamer con occhio critico, cercando di far emergere i principali nodi problematici e, alla luce di ciò, di avanzare proposte alternative, rimedi, “correttivi” e possibili soluzioni. A partire da una tale comprensione di fondo, la mia ricerca si articola allora in tre grandi sezioni dedicate rispettivamente alla pars destruens dell’ermeneutica gadameriana (prima e seconda sezione) ed alla sua pars costruens (terza sezione). Nella prima sezione – intitolata Una fenomenologia della modernità: i molteplici sintomi della crisi – dopo aver evidenziato come buona parte della filosofia del Novecento sia stata dominata dall’idea di una crisi in cui verserebbe attualmente la civiltà occidentale, e come anche l’ermeneutica di Gadamer possa essere fatta rientrare in questo discorso filosofico di fondo, cerco di illustrare uno per volta quelli che, agli occhi del filosofo di Verità e metodo, rappresentano i principali sintomi della crisi attuale. Tali sintomi includono: le patologie socioeconomiche del nostro mondo “amministrato” e burocratizzato; l’indiscriminata espansione planetaria dello stile di vita occidentale a danno di altre culture; la crisi dei valori e delle certezze, con la concomitante diffusione di relativismo, scetticismo e nichilismo; la crescente incapacità a relazionarsi in maniera adeguata e significativa all’arte, alla poesia e alla cultura, sempre più degradate a mero entertainment; infine, le problematiche legate alla diffusione di armi di distruzione di massa, alla concreta possibilità di una catastrofe ecologica ed alle inquietanti prospettive dischiuse da alcune recenti scoperte scientifiche (soprattutto nell’ambito della genetica). Una volta delineato il profilo generale che Gadamer fornisce della nostra epoca, nella seconda sezione – intitolata Una diagnosi del disagio della modernità: il dilagare della razionalità strumentale tecnico-scientifica – cerco di mostrare come alla base di tutti questi fenomeni egli scorga fondamentalmente un’unica radice, coincidente peraltro a suo giudizio con l’origine stessa della modernità. Ossia, la nascita della scienza moderna ed il suo intrinseco legame con la tecnica e con una specifica forma di razionalità che Gadamer – facendo evidentemente riferimento a categorie interpretative elaborate da Max Weber, Martin Heidegger e dalla Scuola di Francoforte – definisce anche «razionalità strumentale» o «pensiero calcolante». A partire da una tale visione di fondo, cerco quindi di fornire un’analisi della concezione gadameriana della tecnoscienza, evidenziando al contempo alcuni aspetti, e cioè: primo, come l’ermeneutica filosofica di Gadamer non vada interpretata come una filosofia unilateralmente antiscientifica, bensì piuttosto come una filosofia antiscientista (il che naturalmente è qualcosa di ben diverso); secondo, come la sua ricostruzione della crisi della modernità non sfoci mai in una critica “totalizzante” della ragione, né in una filosofia della storia pessimistico-negativa incentrata sull’idea di un corso ineluttabile degli eventi guidato da una razionalità “irrazionale” e contaminata dalla brama di potere e di dominio; terzo, infine, come la filosofia di Gadamer – a dispetto delle inveterate interpretazioni che sono solite scorgervi un pensiero tradizionalista, autoritario e radicalmente anti-illuminista – non intenda affatto respingere l’illuminismo scientifico moderno tout court, né rinnegarne le più importanti conquiste, ma più semplicemente “correggerne” alcune tendenze e recuperare una nozione più ampia e comprensiva di ragione, in grado di render conto anche di quegli aspetti dell’esperienza umana che, agli occhi di una razionalità “limitata” come quella scientista, non possono che apparire come meri residui di irrazionalità. Dopo aver così esaminato nelle prime due sezioni quella che possiamo definire la pars destruens della filosofia di Gadamer, nella terza ed ultima sezione – intitolata Una terapia per la crisi della modernità: la riscoperta dell’esperienza e del sapere pratico – passo quindi ad esaminare la sua pars costruens, consistente a mio giudizio in un recupero critico di quello che egli chiama «un altro tipo di sapere». Ossia, in un tentativo di riabilitazione di tutte quelle forme pre- ed extra-scientifiche di sapere e di esperienza che Gadamer considera costitutive della «dimensione ermeneutica» dell’esistenza umana. La mia analisi della concezione gadameriana del Verstehen e dell’Erfahrung – in quanto forme di un «sapere pratico (praktisches Wissen)» differente in linea di principio da quello teorico e tecnico – conduce quindi ad un’interpretazione complessiva dell’ermeneutica filosofica come vera e propria filosofia pratica. Cioè, come uno sforzo di chiarificazione filosofica di quel sapere prescientifico, intersoggettivo e “di senso comune” effettivamente vigente nella sfera della nostra Lebenswelt e della nostra esistenza pratica. Ciò, infine, conduce anche inevitabilmente ad un’accentuazione dei risvolti etico-politici dell’ermeneutica di Gadamer. In particolare, cerco di esaminare la concezione gadameriana dell’etica – tenendo conto dei suoi rapporti con le dottrine morali di Platone, Aristotele, Kant e Hegel – e di delineare alla fine un profilo della sua ermeneutica filosofica come filosofia del dialogo, della solidarietà e della libertà.

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Central conceptual terms, such as ‘culture’, ‘environment’, ‘nature’ and ‘landscape’, are far from being neutral scientific objects. They are academic constructions which need to be understood in their emergence across their historic contexts. Morality is a cultural expression determined by social domination and historical context, which gives it a sectary character. We need a moral theory that can be universal, timeless and that is able to guide the individual conduct, science and political ideologies, without considering the man the zenith of Life. Life, with its biodiversity, is only the tip of a complex Cosmos evolution, but we don’t know if our species, born on planet Earth, are the final link in the Cosmos evolution. To answer all these questions, a new ethical perspective was born, a theory built upon the principles of meta-ethics and applicable to all human activities. Environmental ethics are supported by two principles – the critique against anthropocentrism and the critique against ethnocentrism, giving a universal answer to the macro moral problems of our era – environmental, social, economical and political crisis, war and weapons of mass destruction… And contributes towards rebuilding the human activities in all domains of individual and social life.