12 resultados para Vesuvio


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The "standard" procedure for calibrating the Vesuvio eV neutron spectrometer at the ISIS neutron source, forming the basis for data analysis over at least the last decade, was recently documented in considerable detail by the instrument’s scientists. Additionally, we recently derived analytic expressions of the sensitivity of recoil peak positions with respect to fight-path parameters and presented neutron–proton scattering results that together called in to question the validity of the "standard" calibration. These investigations should contribute significantly to the assessment of the experimental results obtained with Vesuvio. Here we present new results of neutron–deuteron scattering from D2 in the backscattering angular range (theata > 90 degrees) which are accompanied by a striking energy increase that violates the Impulse Approximation, thus leading unequivocally the following dilemma: (A) either the "standard" calibration is correct and then the experimental results represent a novel quantum dynamical effect of D which stands in blatant contradiction of conventional theoretical expectations; (B) or the present "standard" calibration procedure is seriously deficient and leads to artificial outcomes. For Case(A), we allude to the topic of attosecond quantumdynamical phenomena and our recent neutron scattering experiments from H2 molecules. For Case(B),some suggestions as to how the "standard" calibration could be considerably improved are made.

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The VESUVIO project aims to provide unique prototype instrumentation at the ISIS-pulsed neutron source and to establish a routine experimental and theoretical program in neutron scattering spectroscopy at eV energies. This instrumentation will be specifically designed for high momentum, , and energy transfer inelastic neutron scattering studies of microscopic dynamical processes in materials and will represent a unique facility for EU researchers. It will allow to derive single-particle kinetic energies and single-particle momentum distributions, n(p), providing additional and/or complementary information to other neutron inelastic spectroscopic techniques.

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Il lavoro svolto mira alla classificazione dei litici presi in carica dal magma durante le eruzioni del Monte Somma-Vesuvio

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Questa tesi di laurea è uno studio magmatologico, sedimentologico e morfostrutturale dei depositi dell’eruzione del Vesuvio del 1944, con particolare riferimento ai depositi di valanghe ardenti associati ad essa. Lo studio è stato affrontato utilizzando metodologie petrografiche, di chimica dei minerali e geotermo-barometriche al fine di ricavare informazioni sul sistema magmatico e sulla dinamica eruttiva nel corso dell’eruzione. I dati petrochimici e l’utilizzo di modelli geotermo-barometrici, unitamente alle informazioni dalla letteratura, indicano che il fattore di trigger che ha determinato il passaggio dalla iniziale effusione di colate laviche alle successive intense fasi di attività esplosiva ultrastromboliana è rappresentato dalla risalita di magma meno evoluto e più ricco in volatili dalla camera magmatica profonda (11-22 km) verso quella più superficiale (circa 3 km) dove ha interagito con il magma lì presente. Durante queste fasi a maggiore esplosività si è avuto sulla parte sommitale del cono un rapido accumulo di materiale ad elevata temperatura e l’instaurarsi di condizioni di overloading dei fianchi con aumento dell’angolo di pendio e conseguente instabilità. Ciò ha verosimilmente determinato la generazione di flussi di valanghe ardenti per rimobilizzazione sin-deposizionale del materiale piroclastico da caduta, probabilmente in seguito ad eventi sismici come elementi di innesco. I flussi di valanghe ardenti del 1944 sono stati interpretati come flussi granulari secchi, in base ai dati sedimentologici e vulcanologici raccolti nel corso dell’attività di terreno, rendendo possibile l’applicazione dei modelli elaborati da Castioni (2015) per la stima della velocità massima del flusso e degli assi maggiore e minore del deposito corrispondente. Sono state ricavate velocità che variano da un minimo di circa 4 m/s ad un massimo di circa 16 m/s in un range che è tipico di flussi granulari in ambiente vulcanico. Le variazioni della velocità sono state messe in relazione con la morfologia del pendio, il tipo di materiale coinvolto nel processo di rimobilizzazione e l’organizzazione interna del flusso, evidenziando in particolare come le maggiori lunghezze siano raggiunte dai flussi che hanno la possibilità di scorrere su pendii più omogenei e con più ridotte variazioni dell'angolo di pendio. La definizione di valori di velocità per i flussi di valanghe ardenti dell'eruzione del 1994 fornisce un ulteriore elemento utile per la valutazione della pericolosità vulcanica del Vesuvio.

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Deep inelastic neutron scattering measurements on liquid 3He-4He mixtures in the normal phase have been performed on the VESUVIO spectrometer at the ISIS pulsed neutron source at exchanged wave vectors of about q≃120.0Å-1. The neutron Compton profiles J(y) of the mixtures were measured along the T=1.96K isotherm for 3He concentrations, x, ranging from 0.1 to 1.0 at saturated vapor pressures. Values of kinetic energies 〈T〉 of 3He and 4He atoms as a function of x, 〈T〉(x), were extracted from the second moment of J(y). The present determinations of 〈T〉(x) confirm previous experimental findings for both isotopes and, in the case of 3He, a substantial disagreement with theory is found. In particular 〈T〉(x) for the 3He atoms is found to be independent of concentration yielding a value 〈T〉3(x=0.1)≃12K, much lower than the value suggested by the most recent theoretical estimates of approximately 19 K.

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The Comment by Mayers and Reiter criticizes our work on two counts. Firstly, it is claimed that the quantum decoherence effects that we report in consequence of our experimental analysis of neutron Compton scattering from H in gaseous H2 are not, as we maintain, outside the framework of conventional neutron scatteringtheory. Secondly, it is claimed that we did not really observe such effects, owing to a faulty analysis of the experimental data, which are claimed to be in agreement with conventional theory. We focus in this response on the critical issue of the reliability of our experimental results and analysis. Using the same standard Vesuvio instrument programs used by Mayers et al., we show that, if the experimental results for H in gaseous H2 are in agreement with conventional theory, then those for D in gaseous D2 obtained in the same way cannot be, and vice-versa. We expose a flaw in the calibration methodology used by Mayers et al. that leads to the present disagreement over the behaviour of H, namely the ad hoc adjustment of the measured H peak positions in TOF during the calibration of Vesuvio so that agreement is obtained with the expectation of conventional theory. We briefly address the question of the necessity to apply the theory of open quantum systems.

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A seguito di grandi eruzioni esplosive, le ceneri emesse possono coprire un areale molto ampio depositandosi nei mari, sui continenti e nei ghiacciai generando livelli chiamati tefra la cui caratteristica peculiare è quella di possedere un’età isocrona. L’isocronia di questi depositi rende la tefrostratigrafia un potente strumento grazie al quale è possibile datare/correlare eventi geologico-stratigrafici e paleoclimatici con una buona precisione. Questo lavoro ha come obiettivo l’analisi di livelli di tefra presenti in una carota lunga circa 430 cm prelavata nella fossa del Mare Adriatico Meridionale. In totale sono stati trovati 15 livelli di tefra, 9 appartenenti a Campi Flegrei e 6 al Somma-Vesuvio. Correlando le composizioni chimiche delle glass shard (ottenute tramite microanalisi SEM/EDS) con i dati presenti in letteratura e, sfruttando marker stratigrafici come il sapropel S1, sono state individuate le eruzioni corrispondenti. Il livello più antico ritrovato è Pomici di Base del Somma-Vesuvio con un età di circa 18 ka.

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Inscripción en la parte inferior: "Plate 60"

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Il contenuto di questo volume non vuole rappresentare un testo didattico per lo studio in generale della vulcanologia in quanto in esso si tratta unicamente quell’a-spetto della disciplina che riguarda il vulcanismo esplosivo. In tal senso l’autore ritiene che questo testo possa essere utile per gli studenti di Scienze Geologiche che, vivendo nelle aree vulcaniche italiane di età quaternaria ed anche attive, possano, da laureati, svolgere attività professionali mirate alla individuazione e definizione di Pericolosità, Vulnerabilità e Rischio Vulcanico. Trattare gli argomenti che seguono non è stato facile e forse si poteva, in alcuni casi, renderli più semplici, ma talvolta la semplicità non sempre è sinonimo di precisione; inoltre, per descrivere certi aspetti non quantitativi si è costretti ad utilizzare un linguaggio quanto più possibile “ad hoc”. L’autore ha svolto la propria attività di ricerca in aree vulcaniche, sia in Italia che all’estero. Le ricerche in Italia sono state da sempre concentrate nelle aree di vulcanismo attivo in cui l’attività del vulcanologo è finalizzata fondamentalmente alla definizione della Pericolosità Vulcanica supporto indispensabile per la definizione dell’aree a Rischio Vulcanico, intendendo per Rischio il prodotto della Pericolosità per il Danno in termini, questo, di numero di vite umane ovvero di valore monetario dei beni a rischio nell’area vulcanica attiva. Le ricerche svolte dall’autore in Africa Orientale (Etiopia e Somalia) e nello Yemen hanno contribuito ad assimilare i concetti di vulcanologia regionale, rappresentata dall’ampia diffusione del vulcanismo di plateau, variabile per spessore dai 1500 ai 3000 metri, fra i quali si inseriscono, nella depressione dell’Afar, catene vulcaniche inquadrabili, dal punto di vista geodinamico, come “oceaniche” alcune delle quali attive e che si sviluppano per decine/centinaia di chilometri. Nelle aree vulcaniche italiane le difficoltà che sorgono durante il rilevamento risiedono nella scarsa continuità di affioramenti, talvolta incompleti per la descrizione delle variazioni di facies piroclastiche, non disgiunta dalla fitta vegetazione ovvero ur banizzazione specialmente nelle aree di vulcanismo attivo. Il rilevamento vulcanologico richiede competenze e l’adozione di scale adatte a poter cartografare le variazioni di facies piroclastiche che, a differenza dalle assise sedimentarie, in un’area vulcanica possono essere diffuse arealmente soltanto per alcune centinaia di metri. I metodi di studio delle rocce piroclastiche sono del tutto simili a quelli che si usano per le rocce clastiche, cioè dall’analisi delle strutture e delle tessiture alla litologica fino a quella meccanica; su questi clasti inoltre le determinazioni della densità, della mineralogia e della geochimica (Elementi in tracce e Terre Rare), ottenute sulla frazione vetrosa, rappresentano parametri talvolta identificativi di un’area vulcanica sorgente. Non esistono testi nei quali venga descritto come si debba operare nelle aree vulcaniche per le quali l’unica certezza unificante è rappresentata dall’evidenza che, nelle sequenze stratigrafiche, il termine al top rappresenta quello più relativamente recente mentre quello alla base indica il termine relativo più vecchio. Quanto viene riportato in questo testo nasce dall’esperienza che è stata acquisita nel tempo attraverso una costante azione di rilevamento che rappresenta l’uni- ca sorgente di informazione che un vulcanologo deve ricavare attraverso un attento esame dei depositi vulcanici (dalla litologia alla mineralogia, alla tessitura, etc.) la cui distribuzione, talvolta, può assumere un carattere interegionale in Italia nell’ambito dell’Olocene. Soltanto l’esperienza acquisita con il rilevamento produce, in un’area di vulcanismo attivo, risultati positivi per la definizione della Pericolosità, sapendo però che le aree vulcaniche italiane presentano caratteristiche ampiamente differenti e di conseguenza il modo di operare non può essere sempre lo stesso. Un esempio? Immaginate di eseguire un rilevamento vulcanico prima al Somma-Vesuvio e poi nei Campi Flegrei: sono mondi completamente differenti. L’autore desidera ribadire che questo testo si basa sulla esperienza acquisita sia come geologo sia come docente di Vulcanologia; pertanto il libro potrà forse risultare più o meno bilanciato, in forza dell’argomento trattato, in quanto durante l’attività di ricerca l’autore, come tutti, ha affrontato alcuni argomenti più di altri. Questo approccio può essere considerato valido per chiunque voglia scrivere un libro in maniera autonoma e originale, non limitandosi, come molte volte avviene, a tradurre in italiano un libro su tematiche analoghe diffuso, ad esempio, nel mondo anglosassone.Diversamente, si sarebbe potuto concepire un libro come un collage di capitoli scritti da vari autori, che magari avevano esperienza più specifica nei singoli argomenti, ma in tal senso si sarebbe snaturato lo spirito con cui si è impostato il progetto. L’autore, infine, ha fatto ricorso al contributo di altri autorevoli colleghi solo per temi importantissimi, ma in qualche modo complementari rispetto al corpus costitutivo del Vulcanismo Esplosivo.