9 resultados para Tricostatina A


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Background: Embryonic stem cells are cells derived from early-stage embryos that are characterized by pluripotency and self-renewal capacity. The in vitro cultured murine embryonic stem cells can indefinitely propagate in an undifferentiated state in the presence of leukemia inhibitory factor (LIF). However, when stimulated, these cells can differentiate into cell lines derived from all three embryonic germ layers. The trichostatin A (TSA) is an epigenetic modifier agent and several studies have used the TSA to stimulate cellular differentiation. However, most of these studies only assessed one TSA concentration. Therefore, this study aimed to evaluate the effects of different TSA concentrations on histone hyperacetylation during in vitro cell differentiation of murine pluripotent embryonic stem cells, cultured with or without LIF, in the quest of to standardize their application on early cultures of embryonic stem cells.Materials, Methods & Results: Undifferentiated murine embryonic stem cells were plated in the presence of different TSA concentrations (0 nM, 15 nm, 50 nM and 100 nM) in the presence or absence of LIF. Thus, the treatments were evaluated in undifferentiated embryonic stem cells cultured in the presence of LIF (Control group: 0 nM LIF(+); Group 15 nM LIF+; Group 50 nM LIF+ and Group 100 nM LIF+), and in embryonic stem cells cultured in the absence of LIF (Control group: 0 nM LIF; Group 15 nM LIF(-); Group 50 nM LIF(-) and Group 100 nM LIF-). Treatment with TSA was performed for 24 h. After that the medium was replaced with fresh medium without TSA. Samples were collected at 0, 12, 24, 36 and 48 h after the beginning of the experiment. Three replicates were performed in each experimental group. The relative amount of Histone H3 lysine 9 acetylation was analyzed in all groups, as well as the cell proliferation in the embryonic stem cells cultured in the presence of LIF. In the control group (0 nM), the absence of LIF resulted in higher levels (P < 0.05) of H3lys9ac compared to the cultures supplemented with LIF. In the embryonic stem cells cultured in the presence of LIF, the 50 nM and 100 nM treatments resulted in higher levels (P < 0.05) of H3lys9ac when compared with 0 nM and 15 nM treatments. Evaluating the Hoechst area in the 0 nM group, it was observed that the number of cells increased (P < 0.05) according to the time of culture. Treatment with 15 nM also reflected a similar distribution, but the Hoechst area in 15 nM group was lower (P < 0.05) at 24 and 48h when compared to the observed in the control group. In the 100 nM treatment, was observed that the area of Hoechst was lower (P < 0.05) to that obtained in the control group at 12, 24 and 48h. In addition, it was observed that treatment with TSA induces greater cellular differentiation when compared to control groups in stem cells cultured in the presence of LIF as well as in the absence of LIF.Discussion: In the present study it was observed that TSA treatment increased the levels of histone acetylation in murine embryonic stem cells at a 50 nM concentration, making it possible to reduce the concentration recommended in the literature (100 nM). In addtion, it was concluded that the lower TSA concentrations utilized (15 nm and 50 nM) was less harmful to cellular proliferation than the 100 nM TSA concentration.

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Dissertação de Mestrado, Biologia Molecular e Microbiana, Faculdade de Ciências e Tecnologia, Universidade do Algarve, 2015

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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)

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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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La regolazione dell’espressione genica è un processo molto complesso e finemente controllato da fattori multipli, tra i quali quelli epigenetici hanno richiamato l’attenzione nell’ultima decade. I meccanismi di regolazione epigenetica comprendono la metilazione del DNA a livello delle isole CpG nella regione del promotore del gene e le modifiche istoniche post-traduzionali, quali acetilazioni e metilazioni. Questa serie di elementi di regolazione concorre a determinare uno stato di impacchettamento della cromatina più o meno rilassato, che influenzerà la trascrizione di geni critici, per esempio nello sviluppo o nelle neoplasie. Gli ambiti nei quali lo studio del profilo epigenetico ha assunto maggiore rilievo sono effettivamente quello oncologico e quello del differenziamento di cellule staminali, due contesti nei quali si è svolto il mio programma di Dottorato, nel quale ho seguito in parallelo più progetti presentati nella tesi in modo indipendente. La ricerca in campo tumorale è centrata sull’indagine di nuovi marcatori e sull’individuazione di profili epigenetici specifici per un determinato tumore che possano aiutare la diagnostica precoce, la classificazione e la sorveglianza dell’evoluzione clinica della neoplasia. In questo contesto si inserisce il progetto finalizzato alla costruzione di quadri associativi di metilazione in due tumori cerebrali, il glioblastoma (GBM) e l’oligodendroglioma (ODG). La casistica di GBM e di ODG in dotazione è stata valutata dal punto di vista della metilazione dei promotori di geni (MGMT, EMP3,..) con funzioni oncosoppressive e trovati ipermetilati anche in altri tumori o localizzati in regioni citologicamente instabili, per poter correlare questi dati con la risposta terapeutica nel caso del GBM o con i dati di perdita di eterozigosità (LOH) 1p19q nel caso dell’ODG. Parallelamente all’individuazione di marcatori epigenetici in ambito oncologico, la ricerca si sta muovendo anche nell’indagine di nuove potenziali terapie farmacologiche antitumorali su base epigenetica. In questo contesto, con lo scopo di approfondire le relazioni tra i meccanismi alla base della regolazione epigenetica, ci si è riproposti di valutare la correlazione tra il meccanismo di metilazione/demetilazione del DNA e quello di acetilazione/deacetilazione istonica e la loro vicendevole influenza nel determinare silenziamento genico piuttosto che riattivazione dell’espressione di geni ipermetilati. Sono stati usati farmaci epigenetici demetilanti, quali Azacitidina e Decitabina, inibitori della istone deacetilasi, quali la Tricostatina A, e inibitori della via di sintesi di molecole, le poliammine, coinvolte nella regolazione dell’espressione genica con modalità ancora da precisare in modo definitivo. Sebbene i meccanismi di regolazione epigenetica vengano studiati per lo più nel cancro, a causa delle gravi conseguenze che una loro disregolazione porta in termini di silenziamento di geni oncosoppressori, essi sono implicati fisiologicamente anche nel differenziamento di cellule staminali. Gli ultimi due progetti trattati nella tesi si contestualizzano in questo ambito. In particolare viene presentata la messa a punto di una metodologia di immunoprecipitazione sequenziale della cromatina finalizzata all’individuazione di due modificazioni istoniche associate alla stessa regione di DNA. Le modifiche hanno riguardato i marcatori rappresenatativi di cromatina trascrizionalmente repressa H3K27me3 (trimetilazione della Lys27 dell’istone H3) e di cromatina trascrizionalmente attiva H3K24me2 (dimetilazione della Lys4 dell’istone H3) che definiscono i domini detti bivalenti, associati a geni che codificano per fattori di trascrizione che regolano lo sviluppo in cellule embrionali staminali, mantenendoli pronti per un veloce indirizzamento verso l’ attivazione trascrizionale. Il ruolo che la regolazione epigenetica svolge durante il differenziamento di cellule staminali non è ancora noto con precisione. È chiaro però che la memoria della linea cellulare verso la quale si differenzia una cellula staminale adulta, implica l’utilizzo di modifiche epigenetiche, quali la metilazione del DNA e correlati pattern di metilazione e acetilazione istonica. L’ultimo progetto, trattato, è stato finalizzato a verificare il coinvolgimento dell’epigenetica e in particolare della metilazione dei promotori di fattori trascrizionali precocemente attivati durante il differenziamento verso il fenotipo muscolare cardiaco di cellule staminali umane derivate da tessuto adiposo (ADSCs).

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Clusterina (CLU) è una proteina ubiquitaria, presente nella maggior parte dei fluidi corporei e implicata in svariati processi fisiologici. Dalla sua scoperta fino ad oggi, CLU è risultata essere una proteina enigmatica, la cui funzione non è ancora stata compresa appieno. Il gene codifica per 3 varianti trascrizionali identificate nel database NCBI con i codici: NM_001831 (CLU 1 in questo lavoro di tesi), NR_038335 (CLU 2 in questo lavoro di tesi) e NR_045494 (CLU 3 in questo lavoro di tesi). Tutte le varianti sono trascritte come pre-mRNA contenenti 9 esoni e 8 introni e si differenziano per l’esone 1, la cui sequenza è unica e caratteristica di ogni variante. Sebbene in NCBI sia annotato che le varianti CLU 2 e CLU 3 non sono codificanti, tramite analisi bioinformatica è stato predetto che da tutti e tre i trascritti possono generarsi proteine di differente lunghezza e localizzazione cellulare. Tra tutte le forme proteiche ipotizzate, l’unica a essere stata isolata e sequenziata è quella tradotta dall’AUG presente sull’esone 2 che dà origine a una proteina di 449 aminoacidi. Il processo di maturazione prevede la formazione di un precursore citoplasmatico (psCLU) che subisce modificazioni post-traduzionali tra cui formazione di ponti disolfuro, glicosilazioni, taglio in due catene denominate β e α prima di essere secreta come eterodimero βα (sCLU) nell’ambiente extracellulare, dove esercita la sua funzione di chaperone ATP-indipendente. Oltre alla forma extracellulare, è possibile osservare una forma intracellulare con localizzazione citosolica la cui funzione non è stata ancora completamente chiarita. Questo lavoro di tesi si è prefissato lo scopo di incrementare le conoscenze in merito ai trascritti CLU 1 e CLU 2 e alla loro regolazione, oltre ad approfondire il ruolo della forma citosolica della proteina in relazione al signaling di NF-kB che svolge un ruolo importante nel processo di sviluppo e metastatizzazione del tumore. Nella prima parte, uno screening di differenti linee cellulari, quali cellule epiteliali di prostata e di mammella, sia normali sia tumorali, fibroblasti di origine polmonare e linfociti di tumore non-Hodgkin, ha permesso di caratterizzare i trascritti CLU 1 e CLU 2. Dall’analisi è emerso che la sequenza di CLU 1 è più corta al 5’ rispetto a quella depositata in NCBI con l’identificativo NM_001831 e il primo AUG disponibile per l’inizio della traduzione è localizzato sull’esone 2. È stato dimostrato che CLU 2, al contrario di quanto riportato in NCBI, è tradotto in proteina a partire dall’AUG presente sull’esone 2, allo stesso modo in cui viene tradotto CLU 1. Inoltre, è stato osservato che i livelli d’espressione dei trascritti variano notevolmente tra le diverse linee cellulari e nelle cellule epiteliali CLU 2 è espressa sempre a bassi livelli. In queste cellule, l’espressione di CLU 2 è silenziata per via epigenetica e la somministrazione di farmaci capaci di rendere la cromatina più accessibile, quali tricostatina A e 5-aza-2’-deossicitidina, è in grado di incrementarne l’espressione. Nella seconda parte, un’analisi bioinformatica seguita da saggi di attività in vitro in cellule epiteliali prostatiche trattate con farmaci epigenetici, hanno permesso di identificare, per la prima volta in uomo, una seconda regione regolatrice denominata P2, capace di controllare l’espressione di CLU 2. Rispetto a P1, il classico promotore di CLU già ampiamente studiato da altri gruppi di ricerca, P2 è un promotore debole, privo di TATA box, che nelle cellule epiteliali prostatiche è silente in condizioni basali e la cui attività incrementa in seguito alla somministrazione di farmaci epigenetici capaci di alterare le modificazioni post-traduzionali delle code istoniche nell’intorno di P2. Ne consegue un rilassamento della cromatina e un successivo aumento di trascrizione di CLU 2. La presenza di un’isola CpG differentemente metilata nell’intorno di P1 spiegherebbe, almeno in parte, i differenti livelli di espressione di CLU che si osservano tra le diverse linee cellulari. Nella terza parte, l’analisi del pathway di NF-kB in un modello sperimentale di tumore prostatico in cui CLU è stata silenziata o sovraespressa, ha permesso di capire come la forma citosolica di CLU abbia un ruolo inibitorio nei confronti dell’attività del fattore trascrizionale NF-kB. CLU inibisce la fosforilazione e l’attivazione di p65, il membro più rappresentativo della famiglia NF-kB, con conseguente riduzione della trascrizione di alcuni geni da esso regolati e coinvolti nel rimodellamento della matrice extracellulare, quali l’urochinasi attivatrice del plasminogeno, la catepsina B e la metallo proteinasi 9. È stato dimostrato che tale inibizione non è dovuta a un’interazione fisica diretta tra CLU e p65, per cui si suppone che CLU interagisca con uno dei componenti più a monte della via di segnalazione responsabile della fosforilazione ed attivazione di p65.