998 resultados para Pratica clinica baseada em evidencias
Resumo:
O objeto deste estudo é a incorporação em revisões sistemáticas de resultados de pesquisas desenvolvidas na vertente marxista de produção do conhecimento, como evidências em saúde. Os objetivos são: rever os pressupostos do materialismo histórico e dialético (MHD) e discutir as implicações da dialética para a revisão da literatura e síntese de evidências. O MHD constitui um referencial potente para geração de conhecimento e transformação das políticas e práticas em saúde, a partir da explicação de que as contradições sociais estão na base do processo saúde-doença, construção teórica fundamental no campo da saúde coletiva. Atualmente observa-se considerável influência do paradigma crítico, de origem marxista, na construção do conhecimento em saúde. Pesquisas no paradigma crítico apresentam métodos complexos de apreensão do objeto, inerentes às diretrizes da dialética, oferecendo resultados que constituem evidências em saúde. Revisões sistemáticas devem enfrentar a dificuldade metodológica de integrar esses resultados plenamente ao cuidado em saúde.
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Estudo avaliativo de abordagem quantitativa, com amostra de 104 gestantes, com o objetivo de comparar os achados de infecções vaginais em gestantes obtidos por meio do fluxograma de corrimento vaginal com exames presentes na prática clínica da Enfermagem. Os dados foram coletados por meio de entrevista e exame ginecológico realizados de janeiro a julho de 2011. O fluxograma não se mostrou eficaz na identificação de candidíase e tricomoníase, apresentou baixa sensibilidade (0,0%; 50%) e valor preditivo positivo (0,0%; 3,6%) para as duas infecções e baixa especificidade para tricomoníase (46%). Mostrou-se satisfatório para vaginose bacteriana, com alta sensibilidade (100%), valor preditivo negativo (100%) e acurácia (74%). Conclui-se que o emprego do fluxograma precisa ser reavaliado, visto que não foi eficaz em identificar infecções importantes em gestantes. Os esforços para o desenvolvimento de testes eficazes devem ser contínuos, com intuito de prevenir a disseminação de infecções e reduzir tratamentos desnecessários.
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Os autores desta "leitura rápida" apresentam os dados que consideraram mais relevantes na versão 2012 do KDIGO referente à avaliação e manuseio da doença renal crônica. Não se trata da opinião dos autores, mas sim de uma apresentação mais concisa das diretrizes, que podem ser úteis na prática clínica.
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Background New potential hazards in the use of ultrasound (US) are implied in new diagnostic applications of US, such as contrast enhanced US. Aim To assess the level of awareness and knowledge on safety issues of clinical use of US among physicians who are members of the Italian National Society for Ultrasound (SIUMB) Materials and methods A questionnaire including 11 multiple choice quiz was sent by e-mail to members of SIUMB, who preliminarly agreed to participate in this initiative. The answers were received anonimously and statistically analyzed. Results The number of returned valid questionnaires was 97 (8 were considered not valid for less than 10 answers filled). Mean age of the responders was 44 years old, and the average time the physician has been performing ultrasound examinations was 13 years. The principal workplace (70%) was a public Hospital. Physicians seemed to know the general definitions of principal safety-parameters, but few of them knew the definition of specific indexes. There was a general knowledge about the safe use of ultrasound in obstetrics, but there was a poor knowledge of biological effects of US: only about 37% answered correctly to questions about damage of vasculature of lung by high Mechanical Index US investigation and about the increase of temperature under the probe, according to the thermal indexes. Conclusion In conclusion the present findings indicate that greater efforts of National Ultrasound Societies are warranted in disseminating knowledge about the bio-effects of diagnostic ultrasound modalities among their members to prevent possible hazards.
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Il carcinoma epatocellulare (HCC) rappresenta il tumore epatico primitivo più comune con una incidenza fino all’85%. È uno dei tumori più frequenti al mondo ed è noto per l’elevata letalità soprattutto in stadio avanzato. La diagnosi precoce attraverso la sorveglianza ecografica è necessaria per migliorare la sopravvivenza dei pazienti a rischio. Il mezzo di contrasto ecografico migliora la sensibilità e la specificità diagnostica dell’ecografia convenzionale. L’ecografia con mezzo di contrasto (contrast-enhanced ultrasound, CEUS) è pertanto considerata una metodica valida per la diagnosi di HCC a livello globale per la sua ottima specificità anche a fronte di una sensibilità subottimale. L’aspetto contrastografico delle lesioni focali epatiche ha portato un team di esperti allo sviluppo del sistema Liver Imaging Reporting and Data System (LI-RADS) con l’obiettivo di standardizzare la raccolta dati e la refertazione delle metodiche di imaging per la diagnosi di HCC. La CEUS è una metodica operatore-dipendente e le discordanze diagnostiche con gli imaging panoramici lasciano spazio a nuove tecniche (Dynamic Contrast Enhanced UltraSound, DCE-US) volte a migliorare l’accuratezza diagnostica della metodica e in particolare la sensibilità. Un software di quantificazione della perfusione tissutale potrebbe essere di aiuto nella pratica clinica per individuare il wash-out non visibile anche all’occhio dell’operatore più esperto. Il nostro studio ha due obiettivi: 1) validare il sistema CEUS LI-RADS nella diagnosi di carcinoma epatocellulare in pazienti ad alto rischio di HCC usando come gold-standard l’istologia quando disponibile oppure metodiche di imaging radiologico accettate da tutte le linee guida (tomografia computerizzata o risonanza magnetica con aspetto tipico) eseguite entro quattro settimane dalla CEUS; 2) valutare l’efficacia di un software di quantificazione della perfusione tissutale nel riscontro di wash-out per la diagnosi di HCC in CEUS.
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PremessaSebbene numerosi studi prospettici, controllati e randomizzati abbiano dimostrato il successo della ventilazione non-invasiva a pressione positiva (NIV) in casi selezionati di insufficienza respiratoria acuta ipercapnica (IRA) in setting con intensità di cura differenti, i dati di pratica clinica relativi all’uso della NIV nel “mondo reale” sono limitati. Scopo Riportare i risultati della nostra esperienza clinica sulla NIV nell’IRA applicata nell’Unità di Terapia Semi-Intensiva Respiratoria (UTSIR) allocata all’interno dell’Unità Operativa di Pneumologia di Arezzo negli anni 1996-2006 in termini di: tollerabilità, effetti sui gas ematici, tasso di successo e fattori predittivi del fallimento.MetodiTrecentocinquanta dei 1484 pazienti (23.6%) consecutivamente ammessi per IRA nella nostra Unità Operativa di Pneumologia durante il periodo di studio hanno ricevuto la NIV in aggiunta alla terapia standard, in seguito al raggiungimento di criteri predefiniti impiegati di routine.RisultatiOtto pazienti (2.3%) non hanno tollerato la NIV per discomfort alla maschera, mentre i rimanenti 342 (M: 240, F: 102; età: mediana (interquartili) 74.0 (68.0-79.3) anni; BPCO: 69.3%) sono stati ventilati per >1 ora. I gas ematici sono significativamente migliorati dopo 2 ore di NIV (media (deviazione standard) pH: 7.33 (0.07) versus 7.28 (7.25-7.31), p<0.0001; PaCO2: 71.4 (15.3) mmHg versus 80.8 (16.6) mmHg, p<0.0001; PaO2/FiO2: 205 (61) versus 183 (150-222), p<0.0001). La NIV ha evitato l’intubazione in 285/342 pazienti (83.3%) con una mortalità ospedaliera del 14.0%. Il fallimento della NIV è risultato essere predetto in modo indipendente dall’Apache III (Acute Physiology and Chronic Health Evaluation III) score, dall’indice di massa corporea e dal fallimento tardivo della NIV (> 48 ore di ventilazione) dopo iniziale risposta positiva.ConclusioniSecondo la nostra esperienza clinica di dieci anni realizzata in una UTSIR, la NIV si conferma essere ben tollerata, efficace nel migliorare i gas ematici e utile nell’evitare l’intubazione in molti episodi di IRA non-responsivi alla terapia standard.
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L’amiloidosi cardiaca è l’esempio tipico di cardiomiopatia infiltrativa. La diagnosi presuppone un alto indice di sospetto. Nella pratica clinica le cause più frequenti di amiloidosi sistemica sono: amiloidosi AL (secondaria alla deposizione di catene leggere libere circolanti delle immunoglobuline nel contesto di discrasia plasmocellulare), amiloidosi da deposizione di transtiretina mutata (amiloidosi ereditaria ATTR) e da deposizione di transtiretina nativa, “wild-type” (amiloidosi senile). L’ecocardiogramma, la lettura integrata ECG-ecocardiogramma e la risonanza magnetica forniscono importanti elementi per il sospetto diagnostico. La diagnosi finale deve essere necessariamente eziologica per poter orientare al meglio le strategie terapeutiche. L’amiloidosi ereditaria da mutazione della transtiretina (ATTRm) ha una espressione clinica prevalentemente neurologica. L’interessamento cardiaco è relativamente frequente (soprattutto nelle mutazioni diverse dalla Val30Met), ma è in genere successivo all’espressione del fenotipo neurologico. Se la cronologia di espressione dei due fenotipi si inverte, la probabilità di mancare la diagnosi di ATTRm è elevata. Nella realtà più del 10% dei pazienti affetti da ATTRm ha una espressione fenotipica prevalentemente o esclusivamente cardiologica. Questo sottogruppo si caratterizza per una netta prevalenza del sesso maschile, per una diagnosi in età più avanzata e per una frequenza particolarmente elevata della mutazione Ile68Leu. La consapevolezza dell’esistenza di queste forme di ATTRm è essenziale per una diagnosi corretta, soprattutto in ambito cardiologico.
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Tale tesi si prefigge lo scopo di mettere in evidenza l'importanza dell'introduzione della cartella clinica elettronica dispositivo medico, nel reparto ospedaliero di cardiologia. Essa contiene dati inerenti l'intera cronologia degli eventi caratterizzanti il processo di cura del paziente ed assicura un accesso veloce e sicuro ai record clinici di interesse. Grazie al suo sviluppo, è stato possibile facilitare la cura, la diagnosi e la refertazione degli esami. E' necessario operare l'integrazione fra le diverse modalità di acquisizione, permettendo la comunicazione fra loro e col sistema informativo specifico del reparto, così da poter raccogliere velocemente informazioni coerenti e prive di errori, da inserire nella cartella clinica elettronica cardiologica. Per soddisfare tali esigenze di integrazione, è stato introdotto nell'ambito clinico, l'uso dei diversi profili di integrazione IHE, ognuno riguardante uno specifico settore sanitario. L'iniziativa IHE è volta a migliorare l'efficienza dei flussi di lavoro ospedalieri e della pratica clinica, sviluppando la condivisione delle informazioni e l'integrazione fra i sistemi informativi ospedalieri ed i vari software utilizzati dalle modalità, grazie alla gestione ed uso coordinato di più standard clinici già esistenti (per esempio, DICOM e HL7). Perciò, IHE offre una base solida e comune per l'efficace scambio informativo tra i dispositivi ospedalieri di interesse, sebbene essi parlino linguaggi differenti, assicurando così che le informazioni richieste per le decisioni cliniche, siano prive di errori e contraddizioni e facilmente reperibili dal personale sanitario.
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Il trattamento dell’osteoartrosi (OA) del cane è una sfida nella pratica clinica veterinaria. Molti trattamenti sono stati proposti, tuttavia la risposta clinica agli stessi non è sempre soddisfacente. Molti farmaci sono utilizzati per il trattamento dell’OA, tra cui farmaci anti-infiammatori non steroidei, corticosteroidi, ed inibitori della produzione dell’ossido nitrico. Lo stanozololo è un derivato sintetico del testosterone; oltre alle sue proprietà anaboliche/androgeniche , a basse dosi lo stanozololo ha un affinità per i recettori glucocorticoidi. Per questa attività antinfiammatoria e rigenerativa sui tessuti articolari danneggiati viene utilizzato nella degenerative joint desease del cavallo. Lo scopo di questo studio è stato di valutare l’efficacia clinica dello stanozololo intra-articolare a 15, 30, 45 e 60 giorni dal trattamento di gomiti con OA di cane. E’ stato eseguito uno studio cieco, multicentrico e randomizzato. Previo consenso informato, sono stati arruolati 48 cani, suddivisi in 3 gruppi e trattati con stanozololo, mavacoxib e con entrambi i farmaci. Sono state valutate zoppia, tollerabilità del trattamento, range of motion, e punteggio radiografico. Inoltre sono state stabilite e annoverate quantità e qualità del liquido sinoviale. Ai dati ottenuti sono stati applicati i test di Kruskal-Wallis, Chi-quadro e Fischer, i quali hanno dimostrato l’efficacia della terapia nei singoli gruppi e tra i diversi gruppi di studio. I risultati ottenuti hanno mostrato la riduzione di almeno un grado di zoppia e la riduzione della progressione dell’OA nei casi trattati con stanozololo. Si può quindi affermare che tale molecola per via intra-articolare può essere una valida alternativa per il trattamento dell’OA di gomito nel cane.
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Il carcinoma a cellule squamose è un tumore della pelle la cui incidenza è in costante crescita. Per questo motivo si sta ritagliando uno spazio sempre più importante all’interno di quella che è la dermatologia oncologica. Sebbene la nostra accuratezza diagnostica sia in progressivo miglioramento rimangono due nodi fondamentali da sciogliere: la differenziazione delle forme precoci dalla controparte precancerosa (cheratosi attinica), ed il riconoscimento di lesioni particolarmente aggressive con possibile prognosi infausta per stabilire un trattamento adeguato. La maggior attenzione rivolta a queste neoplasie ha portato negli ultimi anni ad innumerevoli pubblicazioni ed alla produzione di molteplici linee guida con indicazioni talvolta non conclusive, che spesso creano confusione nella pratica clinica quotidiana. In questo studio vengono prese in esame queste due problematiche analizzando la casistica a nostra disposizione. Vengono quindi valutati i criteri diagnostici dermoscopici ed il follow-up clinico e strumentale del carcinoma a cellule squamose con un intento di semplificare per rendere più agevole la pratica clinica. Inoltre, viene valutata l’utilità di alcuni marker molecolari come le proteine p16 e Ki67, che risultano facilmente reperibili, e la cui ricerca risulta poco costosa per valutarne l’utilità di uno studio più ampio in occasione di migliorare la definizione prognostica di queste lesioni.
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O trabalho de conclusão de Especialização em Saúde da Família objetivou apresentar a intervenção realizada no serviço de saúde para melhorar a atenção a saúde da pessoa idosa da área de abrangência da Unidade Básica de Saúde Nova Natal, localizada em Natal/RN. Para aumentar a cobertura bem como qualificar as ações realizadas pela equipe para os idosos, realizou-se uma intervenção que tive duração de 12 semanas. Os instrumentos utilizados na intervenção foram o Manual do Ministério da Saúde, a ficha espelho e planilha de coleta de dados. Realizamos ações em quatro eixos, monitoramento e avaliação;organização da gestão do serviço; engajamento publico e qualificação da pratica clinica. A estimativa de idosos em toda a área era de 2100. Nem todos eram acompanhados adequadamente pelo Programa da Unidade de Saúde; os registros eram inexistentes e/ou inadequados dificultando o monitoramento das ações e não havia engajamento publico. Após da intervenção cadastramos 390 idosos(18,6% de cobertura). Realizamos avaliação multidimensional, exame clinico, rastreamento para Hipertensão e Diabetes, registro e orientações( alimentação saudável, pratica de atividade física regular e higiene bucal) para todos os usuários participantes da intervenção. Pelo trabalho desenvolvido, conseguimos qualificar o serviço mediante a atenção e assistência baseada em protocolo oficial, a equipe ficou mais fortalecida e unida, bem como os usuários estão mais satisfeitos com o trabalho realizado.
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RESUMO: A Diabetes Mellitus é uma doença metabólica crónica, com deficiência a nível do metabolismo dos hidratos de carbono, lípidos e proteínas, resultante de deficiências na secreção ou ação da insulina, ou de ambas, que quando não tratada antecipadamente e de modo conveniente, pode ter consequências muito graves. Dado a incidência a nível mundial da Diabetes Mellitus, torna-se de elevada importância avaliar toda a sua envolvência e estudar bem quais os critérios a ter em consideração. Este trabalho propõe-se estudar para além dos parâmetros bioquímicos relacionados com a doença - Glicose e Hemoglobina Glicada A1c (HbA1c), analisar os resultados dos últimos cinco anos (2008-2012) dos ensaios interlaboratoriais do PNAEQ, do Departamento de Epidemiologia, do Instituto Nacional de Saúde Dr. Ricardo Jorge. Foram também analisadas as metodologias utilizadas e as variações interlaboratoriais, de forma a entender qual ou quais são os parâmetros mais adequados para o seu diagnóstico e controlo. Este estudo utilizou a população de laboratórios portugueses, públicos e privados, de Portugal Continental e Ilhas, um laboratório de Angola e outro de Macau que se inscreveram no PNAEQ nestes cinco anos, sendo a amostra composta pelo n.º de participações. No programa de Química Clinica foram distribuídas 38 amostras e no programa de HbA1c foram distribuídas 22 amostras. Para a glicose, o nível de desempenho nos ensaios é na globalidade das amostras de Excelente, no entanto verifica-se que sempre que a concentração da amostra é de nível patológico, que a maioria dos ensaios o desempenho foi inferior – Bom. O método de eleição e com CV% mais baixos foi o método da hexoquinase. Para a HbA1c, o nível de desempenho nos ensaios é na globalidade das amostras de Excelente. O método de eleição e com CV% mais baixos foi o método de HPLC. O CV% para a glicose ronda desde 2010 a 2012, os 3% e para a HbA1c foi de aproximadamente 4,0% em 2012. A HbA1c tem mostrado ser uma ferramenta muito útil, importante e robusta na monitorização da Diabetes, sendo hoje em dia quase sempre requisitada em análises de rotina a diabéticos de modo a prevenir complicações que possam vir a acorrer. No futuro poderá ser um importante, senão o parâmetro de futuro, para o diagnóstico da Diabetes, no entanto, mesmo já tendo sido muito trabalhada a sua padronização, ainda existem questões por responder como quais são na realidade todos os seus interferentes, qual a verdadeira relação da HbA1c com a glicose média estimada, em todas as populações e com estudos epidemiológicos. Também a própria educação do diabético e clínico deve ser aprimorada, pelo que neste momento as PTGO e os doseamentos de glicose em jejum devem ser utilizados e encontrando-se a Norma da DGS N.º 033/2011 de acordo com as necessidades e com o estado da arte deste parâmetro. A implementação da glicose média estimada será uma mais-valia na monitorização dos diabéticos pelo que deverá ser uma das prioridades a ter em conta no futuro desta padronização, uniformizando a decisão clinica baseada nela e minimizando a dificuldade de interpretação de resultados de laboratório para laboratório. --------------ABSTRACT: Diabetes Mellitus is a chronic metabolic disease, with a deficit in the metabolism of carbohydrates, lipids and proteins, resulting from deficiencies in insulin secretion or action, or both, which if, when not early treated in a proper way, may result in very serious consequences. Given the worldwide incidence of diabetes mellitus, it is highly important to evaluate all its background and study specifically all the criteria to take into consideration. The aim of this thesis is to study and evaluate beyond the biochemical parameters related to the disease - Glucose and Glycated Haemoglobin A1c (HbA1c), analyze the results of the last five years (2008-2012) of the PNAEQ interlaboratorial tests, in the Department of Epidemiology of National Institute of Health Dr. Ricardo Jorge. It is also intended to analyze the methodologies used and the interlaboratorial variations, in order to understand the most suitable parameters for the diagnosis and control. This study was based in a population of Portuguese laboratories, public and private, of Portugal mainland and islands, a laboratory of Angola and other from Macau, who enrolled in PNAEQ in these five years, and the sample was composed by the n. º of holdings. In the Clinical Chemistry Program there were distributed 38 samples and in the program HbA1c were distributed 22 samples. For glucose, the level of performance in the total nº of the samples was Excellent; however, it was found that when the concentration level of the sample was pathological, in most of the tests the performance was Good. The most preferred method with the lowest CV% is the hexokinase method. For the HbA1c, as a whole, the samples’ tests were Excellent, at the level of performance. The method of election with the lower CV% was the HPLC. The CV% for glucose was around 3%, from 2010 to 2012 and the HbA1c was approximately 4.0% in 2012. The HbA1c method has demonstrated to be a very useful tool, important and robust for monitoring diabetes, being nowadays, almost always required in routine analysis to prevent future complications. In the future it may be an important parameter, if not the most important, for the diagnosis of diabetes. However, despite it has already been standardized, there are still some questions that need to be answered, such as, which are in fact all their interferences, which is the true connection of HbA1c, when compared with the estimated average glucose, in all populations and epidemiological studies. Moreover, the education of the patient and the doctor concerning diabetes should be improved. Nowadays, the Oral Glucose Tolerance Test (OGTT) and fasting glucose determinations should be used and, the needs and the state of the art of this parameter, should be in accordance with the Standard DGS N. º 033/2011. The Implementation of the estimated average glucose will be an added value in monitoring diabetics and, therefore, should be a priority to consider in its future standardization and clinical decision based on it, will be uniform and the difficulty of interpreting results from laboratory to laboratory will be minimal.
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Questo progetto di ricerca, è stato sviluppato per studiare le caratteristiche anatomofunzionali che definiscono l’articolazione del gomito, ed in modo articolare la presenza dell’angolazione valga che origina dalla diversa orientazione degli assi meccanici dell’avambraccio e del braccio e, denominata in letteratura come carrying angle. L’obiettivo principale di questo lavoro - meglio espresso nei diversi capitoli - è stato, quello di identificare un nuovo approccio di misura per la stima di questo angolo, utilizzabile sia per gli studi di biomeccanica articolare, che per gli studi di analisi del movimento per l’arto superiore. Il primo obiettivo è stato quello di scegliere un algoritmo di calcolo che rispettasse le caratteristiche dell’articolazione, ed in modo particolare abile a minimizzare gli errori introdotti sia nella fase di acquisizione dei punti di repere anatomici, che in quella legata alla predizione del movimento di flesso-estensione, con un modello matematico. Per questo motivo abbiamo dovuto realizzare una serie di misure in un primo tempo su due cadaveri di arto superiore, poi, seguendo le regole classiche per la validazione dell’approccio metodologico adottato, si sono realizzate misure in-vivo, prima in massima estensione e poi durante il movimento. Inizialmente abbiamo pensato di comparare le misure lineari relative alle ampiezze del braccio (ampiezza tra l’epicondilo laterale e mediale) e dell’avambraccio (ampiezza tra lo stiloide ulnare e radiale) con quelle ottenute mediante un antropometro; successivamente dopo aver verificato la ripetibilità tra i diversi operatori nell’ acquisizione dei punti di repere anatomici con il digitalizzatore Faro Arm, abbiamo comparato le misure ottenute relative al carrying angle con quelle di un goniometro standard, classicamente utilizzato nella pratica clinica per la definizione dei range di movimento dell’arto superiore. Infine, considerando la bontà delle misure ottenute, abbiamo riproposto tale metodologia con stumenti stereofotogrammetrici per l’analisi del movimento (VICON System), ottenendo la stessa stabilit`a nell’andamento del carrying angle in funzione della flessione, sia come riportato dagli studi in letteratura, sia come riscontrato nel nostro studio in-vitro. In conclusione, questo lavoro di ricerca ha evidenziato (sia per i risultati ottenuti, che per la elevata numerosità dei soggetti testati), come gli esseri umani presentino una grande variabilità individuale nel valore di questo angolo, e di come questo possa aiutare per la corretta definizione di un modello 3-D dell’arto superiore. Pertanto, gli studi futuri sulla biomeccanica dell’arto superiore dovrebbero includere sempre la valutazione di questa misura.
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PREMESSA: La progressione della recidiva d’epatite C è accelerata nei pazienti sottoposti a trapianto di fegato e ciò ha portato alla necessità di sviluppare nuove e validate metodiche non invasive per la quantificazione e la misura della fibrosi epatica. SCOPI: Stabilire l’efficacia dell’elastometria epatica (Fibroscan®) e dei parametri sierici di fibrosi, attualmente disponibili nella pratica clinica, per predire il grado di fibrosi nei pazienti sottoposti a trapianto epatico. METODI: La correlazione fra fibrosi epatica, determinata mediante biopsia epatica ed esame istologico, e Fibroscan® o indici clinico-sierologici di fibrosi (Benlloch, Apri, Forns, Fibrotest and Doppler resistance index), è stata studiata in pazienti che avevano ricevuto un trapianto ortotopico di fegato con evidenza di recidiva d’epatite da HCV. Un totale di 36 pazienti, con la seguente classificazione istologica: fibrosi secondom METAVIR F1=24, F2=8, F3=3, F4=1, sono stati arruolati nella popolazione oggetto di studio. Un totale di 29 individui volontari sani sono serviti come controllo. Le differenze fra gli stadi di fibrosi sono state calcolate mediante analisi statistica non parametrica. Il miglior cut-off per la differenziazione di fibrosi significativa (F2-F4) è stato identificato mediante l’analisi delle curve ROC. RISULTATI: La rigidità epatica ha presentato valori di 4.4 KPa (2.7-6.9) nei controlli (mediane e ranges), con valori in tutti i soggeti <7.0 KPa; 7.75 KPa (4.2-28.0) negli F1; 16.95 KPa (10.2-31.6) negli F2; 21.10 KPa nell’unico paziente F4 cirrotico. Le differenze sono state statisticamente significative per i soggetti controllo versus F1 e F2 (p<0.0001) e per F1 versus F2 (p<0.0001). Un cut-off elastografico di 11.2 KPagarantisce 88% di Sensibilità, 90% di Specificità, 79% di PPV e 95% di NPV nel differenziare i soggetti F1 dagli F2-F4. Le AUROC, relativamente alla capacità di discriminare fra i differenti gradi di fibrosi, evidenziavano un netto vantaggio per il Fibroscan® rispetto ad ognuno degli indici non invasivi di fibrosi. CONCLUSIONI: L’elastometria epatica presenta una buona accuratezza diagnostica nell’identificare pazienti con fibrosi epatica di grado significativo, superiore a quella di tutti gli altri test non invasivi al momento disponibili nella clinica, nei pazienti portatori di trapianto epatico ortotopico da cadavere con recidiva di HCV.