993 resultados para Poggibonsi. Castello di Badia.


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La tesi di laurea che verrà qui di seguito presentata, ha l’obiettivo di far vedere come interventi di consolidamento attuati al fine di mettere in sicurezza una struttura esistente possano essere utilizzati come presidi per il riuso, occasioni in cui far fondere in progetto architettonico di recupero di un manufatto con interventi tecnologici-strutturali atti a salvaguardarlo. Si cercherà perciò di far andare di pari passo questi due elementi evitando che uno di essi prevalga sull’altro e considerandoli in modo unitario e non come due progetti separati. L’edificio preso in esame è il Castello di Zocco. Risalente al XII secolo, è situato su una piccola collina lungo le sponde del Lago Trasimeno in Provincia di Perugia. Esso è costituito da una cinta muraria al cui interno sono presenti pochi edifici in pessimo stato di conservazione, è attualmente in disuso e presenta notevoli dissesti strutturali. Il castello è stato studiato da tutti i punti di vista al fine di formulare un’ipotesi di riutilizzo. Ne è stata inizialmente analizzata la posizione geografica-territoriale elemento significativo sia per la sua storia che per la sua organizzazione insediativa. Successivamente, dallo studio storico, si è intrapresa un’analisi dei sistemi costruttivi e della consistenza indispensabili per una migliore comprensione del complesso. Uno studio approfondito di tutto ciò, unito ad un’analisi dettagliata dei dissesti statici e dei meccanismi di danno e collasso, è stato il punto di partenza per l’elaborazione di un progetto architettonico che andasse di pari passo con il consolidamento strutturale compatibile con l’edificio stesso.

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L’oggetto del progetto di restauro è il Castello di Montebello, un’antica fortezza inserita all’interno del circuito di costruzioni militari della Valle del Marecchia, dunque un oggetto della storia e nella storia. Dunque un’attenta fase diagnostica-conoscitiva deve costituire la premessa indispensabile a qualsiasi intervento sulla preesistenza. Così a partire dai dati conoscitivi assunti si sono delineati gli obiettivi del progetto. L’obiettivo conservativo viene, in questo caso specifico, raggiunto non solo attraverso la conservazione vera e propria, ma anche attraverso la demolizione: una quasi paradossale demolizione per la conservazione. Le strutture introdotte con l’intervento di ricostruzione degli anni Sessanta del Novecento effettuato sul manufatto storico infatti, non solo, non introducono valore aggiuntivo all’opera,ma ne compromettono, per soluzioni, materiali ed incertezza costruttiva, la spazialità e la sicurezza, dunque la conservazione. Così, attraverso operazioni ora di conservazione, ora di demolizione e ricostruzione si è cercato di predisporre la fabbrica affinché, in modo sicuro possa accogliere una funzione, necessariamente compatibile e rispettosa del manufatto, che ne consenta il prolungamento della vita e la conservazione nel tempo. La funzione museale, finalizzata alla valorizzazione del complesso difensivo e all’esposizione della collezione epigrafica della famiglia proprietaria sembrano rispondere appieno alle domande del progetto di restauro.

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‘Una volta costruita, tuttavia, l’architettura è sottoposta ai mutamenti dovuti all’azione corruttrice del tempo, all’aggressione dell’ambiente all’uso e alle manipolazioni umane. La Natura, depredata delle sue forme, cerca di riappropriarsi di ciò che le è stato tolto’. B. Paolo Torsello Le parole di B. Paolo Torsello descrivono fedelmente ciò che è avvenuto al complesso di Carpineta una volta terminata la sua funzione di sede estiva del Seminario di Cesena negli anni Sessanta. Il fine del nostro progetto è la conoscenza e la rivalutazione, fare rivivere un luogo dall’evidente interesse culturale e paesaggistico ormai abbandonato da tempo, che pur essendo a breve distanza da un centro importante come Cesena, risulta dimenticato dai più. La complessità dell’oggetto è stata al contempo una difficoltà, nella fase iniziale di approccio al tema nel tentativo di capire come far dialogare elementi eterogenei tra loro, per poi rivelarsi, la vera forza del progetto, permettendoci una certa libertà di azione, sempre nel rispetto della preesistenza e dei caratteri del territorio. L’intervento è stato pensato innanzitutto dai dati storici la cui ricerca e successiva analisi ha permesso di capire le dinamiche di evoluzione dell’edificio, della cinta muraria e del parco dalle quali è scaturito come naturale conseguenza. Il nostro progetto prevede il recupero dell’intero complesso tramite un adeguato intervento di restauro finalizzato alla conservazione delle mura ancora visibili e del palazzo, la sistemazione del parco esistente che ne permetta una maggiore fruizione e ne valorizzi il grande pregio paesaggistico, una nuova destinazione d’uso come struttura ricettiva, rispettando il carattere dell’edificio, e l’inserimento di un corpo nuovo che ricrei la volumetria dell’antico torrione scomparso da secoli senza volerne imitare la forma, ma creando un necessario collegamento tra i diversi livelli di progetto. Il restauro, enunciato come il fine, si pone, di fatto, come la fine della conoscenza B. Paolo Torsello

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Chiunque visiti il Castello di Sorrivoli, può percepire lo straordinario valore testimoniale di questo monumento, dall’aspetto “venerando e pittoresco”, che racchiude in sé quasi mille anni di storia. Il continuo utilizzo del castello, le piccole opere di manutenzione e le campagne di restauro hanno garantito la trasmissione al presente di apparati tipici dell’architettura bellica medievale e del palatium residenziale, ma soprattutto hanno reso possibile leggere parte di questi mille anni direttamente sulla fabbrica. Quello che invece colpisce negativamente è come il castello abbia dovuto adattarsi alle nuove funzioni, imposte aprioristicamente negli ultimi decenni e non viceversa. Spazi straordinari sono stati compromessi, gran parte delle sale sono utilizzate come deposito e le ali del castello, che non possono essere ragionevolmente sfruttate dalla comunità religiosa, si trovano in uno stato di conservazione pessimo, mettendo così a repentaglio la possibilità di continuare questa traditio, intesa col significato latino di tradere ai posteri la memoria del castello. L’approccio alla fabbrica richiedeva dunque, oltre agli interventi sui paramenti, una nuova destinazione d’uso che, coinvolgendo tutto il castello, ne valorizzasse le spazialità e soprattutto permettesse la conservazione di tutte le sue parti costitutive. In secondo luogo, la nuova ipotesi aspirava a confrontarsi con una situazione realistica e sostenibile dal punto di vista della gestione del complesso. Dopo aver valutato quelle che erano le opportunità offerte dal territorio e le vocazioni d’uso del castello stesso, è quindi emersa la necessità di avere due livelli di fruizione, uno che permettesse a tutti di conoscere e visitare il castello e le sue parti più significative e il secondo più materiale, legato alla presenza di tutti quei servizi che rendono confortevole la permanenza delle persone. Per queste ragioni il percorso ha inizio nel parco, con una lettura complessiva del monumento; prosegue, attraverso la postierla, nel piano interrato, dove è allestito un museo virtuale che narra, in maniera interattiva, la storia del castello e termina sulla corte, dove il nuovo volume, che ripropone la spazialità dell’ala crollata, permette di comprendere i legami intrinseci col territorio circostante. La torre centrale assume infine il ruolo di punto culminante di questa ascesa verso la conoscenza del castello, diventando un luogo metaforico di meditazione e osservazione del paesaggio. Il piano terra e il piano primo dell’antico palatium ospitano invece una struttura ricettiva, che aspirando ad un’elevata qualità di servizi offerti, è dotata di punto vendita e degustazione di prodotti tipici e sala conferenze. La scelta di ricostruire l’ala crollata invece, non vuol essere un gesto autografo, ma deriva dall’esigenza di far funzionare al meglio il complesso sistema del castello; sono stati destinati al volume di nuova edificazione quei servizi necessari che però non erano compatibili con la fabbrica antica e soprattutto si è cercato di dar conclusione al racconto iniziato nel giardino. In tal senso la valorizzazione del castello si articola come un percorso di conoscenza che si pone come scopo primario la conservazione del monumento, senza però negare l’innovazione legata alla contemporaneità dell’intervento e alla volontà di volerlo includere in una più ampia dinamica territoriale.

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La presente tesi si pone come obiettivo quello di risolvere una delle criticità riscontrabili nel centro storico della città di Mirandola, cioè la ridefinizione dell’isola del castello dei Pico. Grazie all’analisi storica sull’evoluzione planimetrica dell’isola ho potuto concepire le linee guida per la ricomposizione della cittadella del castello. Vengono riproposti l’asse principale trasversale che attraversava l’isola da Est a Ovest e le due piazze che si accorpano ad esso. Viene inoltre prevista una espansione del complesso del castello, facendo attenzione a richiamarne la forma e la volumetria, mantenendo l’idea di un impianto a corti. Un altro aspetto fondamentale è l’attenzione al dialogo tra le preesistenze e i nuovi edifici di progetto, che presentano in facciata una seriale ritmicità. Viene colta l’occasione di riconfigurazione dell’isola anche per soddisfare quelle che sono le richieste della popolazione, quindi all’interno vengono inserite funzioni quali un nuovo museo d’arte contemporanea, la nuova sede della scuola di musica “Andreoli”, la nuova sede dell’associazione “Terre dei Pico”, dei padiglioni per piccole esposizioni temporanee e un complesso di residenze temporanee collettive. Questo progetto vuole fornire al centro storico di Mirandola un nuovo polo in cui i giovani, ma anche la restante popolazione di Mirandola, si possano ritrovare e rispecchiare dopo la distruzione portata dall’evento del terremoto.

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La tesi è incentrata su una proposta di traduzione italiana della guida turistica al castello di Neuschwanstein. Inoltre include un'analisi del genere testuale e un commento alle scelte traduttive.

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Questa tesi affronta il tema di un possibile progetto di restauro e di valorizzazione del paesaggio per i ruderi del Castello di Pianetto. La tesi si confronta così con diversi temi (in primis la conservazione dei manufatti superstiti, gli interventi sulla struttura vegetale, il progetto di fruizione dell’area) che, dato lo stato prolungato e persistente di abbandono del castello, si presentano come correlati l’uno all’altro, ponendo una serie di interrogativi. Tra questi, uno dei più importanti deriva dal fatto che il castello non sia mai stato oggetto di una campagna di scavo archeologico tesa a esplorarne l’eventuale deposito sepolto: come, dunque, coniugare un progetto di fruizione e di interventi sulla struttura vegetale con l’eventualità futura che il sito venga sottoposto ad una campagna di indagine archeologica?

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Il castello di Coriano, in provincia di Rimini, per la sua complessità ci ha permesso di confrontarci con diversi temi, dal reinserimento del castello all’interno del contesto urbano alla conservazione e il restauro delle manufatto, dall’aspetto paesaggistico legato alle visuali, all'interazione della vegetazione con le strutture. L'evoluzione delle vicende storiche ha fatto sì che il ruolo del castello sia cambiato nel corso del tempo, attraversando una prima fase di forte importanza pubblica per poi essere rafforzato da opere difensive e infine subire un progressivo abbandono che lo ha privato della sua dimensione sociale, rendendolo un luogo isolato e privo d'identità. L'analisi del manufatto e del suo contesto storico e paesaggistico ha condotto ad un progetto di valorizzazione che mira a rendere nuovamente il castello fulcro di attività sociali e nuovo protagonista della realtà corianese, fornendone al tempo stesso una chiave di lettura.

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Incl. elevation, plan, maps and facsimile.

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"Alla R. deputazione veneta di storia patria che nel XXVIII settembre MDCCCXC visita la città di Schio questo patrio ricordo dffro."

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Ad un progetto architettonico, sia che si parli di composizione che di restauro, si dovrebbe assegnare un motto il quale, insito direttamente nell'idea progettuale , abbia la capacità di dare forza al lavoro stesso sia, simultaneamente, di motivare il progettista nel raggiungimento degli obiettivi prefissati. "Ritorno al castello" diviene quindi il motto più consono per il progetto (che ci si appresta a sviluppare) di recupero dell'edificio monumentale noto come "castello" di Castelnuovo del Garda, in provincia di Verona. Come motto "Ritorno al castello" racchiude in se tre fondamentali chiavi di lettura: innanzitutto fa riferimento al ritorno, dopo adeguato restauro conservativo, del manufatto storico architettonico come fulcro urbanistico monumentale principale del paese. Tale significativa architettura infatti nel tempo ha mutato forma e funzione andando a perdere il suo ruolo nella vita del paese "scadendo" nel dimenticatoio degli abitanti stessi tanto da passare quasi inosservata. In secondo luogo il ritornare è riferito agli abitanti stessi che, nel voler riscoprire il loro castello attraverso la futura destinazione ad uso pubblico, saranno spinti, come antichi pellegrini a raggiungere la rocca. In ultimo nel motto vi è insita la nuova destinazione d'uso. Un tempo i castelli non rappresentavano soltanto baluardi difensivi, dimore del Signore e della sua corte ma al contempo erano luoghi dove venivano coltivate arte, musica e poesia, ospitando talvolta i grandi illuminati dell'epoca. In un certo qual modo i castelli potevano definirsi roccaforti della cultura e del sapere ed il "ritono" sta appunto nel portare il castello di Castelnuovo a diventare un edificio pubblico per la cultura.