966 resultados para Hans Georg Gadamer
Resumo:
Esta dissertação tem o objetivo de averiguar, primeiramente, se é possível defender uma universalidade da hermenêutica filosófica. Num segundo momento, tentar-se-á explicitar o que isto significaria para o conhecimento. É verdade que a pergunta hermenêutica sobre o significado dos discursos mediados sempre foi objeto de pesquisa. Entre os estóicos ou entre os Padres da Igreja, especialmente Agostinho; entre reformadores ou iluministas, a questão hermenêutica acompanhou de perto o desenvolvimento do pensamento filosófico. Compreender o Lógos Eterno que está em todo homem (estóicos); aprofundar o entendimento do Verbo Eterno que entra no tempo (Agostinho); entender o sentido escondido nas passagens difíceis da Bíblia (Flacius) ou desvelar o sentido ontológico a partir da frágil existência histórica (Heidegger), eis a tarefa da hermenêutica até hoje. Porém, a Gadamer deve ser atribuído grande parte do mérito de elevar a hermenêutica filosófica ao nível universal. De fato, enquanto Dilthey utilizava a hermenêutica no âmbito das Ciências do Espírito, Gadamer enxergou que a hermenêutica filosófica estendia suas influências até às Ciências da Natureza. Por este motivo, ele representa e defende melhor que todos a universalidade da hermenêutica filosófica. No entanto, caso se comprove a universalidade da hermenêutica, uma questão resistirá: se tudo é inevitavelmente mediato e necessita de uma interpretação, como se sustentará o conhecimento? Mais: se a hermenêutica é universal, como defendê-la, como ensiná-la, já que defesa e ensino supõe permanência? A universalidade da hermenêutica filosófica ainda não tratou até o fim o problema do conhecimento.
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Tesis (Doctor en Derecho) U.A.N.L., 2004.
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Mémoire numérisé par la Division de la gestion de documents et des archives de l'Université de Montréal
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Determinar las categorías hermeneútico-filosóficas de la Teoría de Gadamer que fundamentan la acción educativa. A/ Estructurar un modelo global filosófico de acción educativa. Elaborar un marco teórico que permita orientar la formación de educadores y la elaboración de planes de estudio, propuestas curriculares determinadas. El objeto de estudio es la Teoría hermeneútico-filosófica de Gadamer, en especial las categorías hermeneúticas de: praxis phronica, comprensividad, tradición, autoridad y falibilidad, en cuanto a su implicación fundamental en la acción educativa. La investigación se fundamenta en la lectura e interpretación de textos filosóficos. Se analiza la hermeneútica filosófica en cuanto a su trayectoria histórica y en cuanto a los presupuestos antropológicos, ontológicos y epistemológicos que supone. A continuación, y a partir del análisis interpretativo de los textos, se deriva el análisis hacia el discurso filosófico de la educación, en especial la fundamentación hermeneútico-filosófica de la acción educativa, para terminar ofreciendo un marco teórico-hermeneútico para la formación de los agentes educadores. Análisis de textos. Es necesaria una conceptualización filosófica coherente, estructurada y argumentada para cualquier fundamentación teórica que se haga de la práctica. La hermeneútica es un método de interpretación util de la Filosofía de la Educación en cuanto que ésta es análisis discursivo. La hermeneútica es util para analizar la antropología implícita en los textos de educación.
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L’ermeneutica filosofica di Hans-Georg Gadamer – indubbiamente uno dei capisaldi del pensiero novecentesco – rappresenta una filosofia molto composita, sfaccettata e articolata, per così dire formata da una molteplicità di dimensioni diverse che si intrecciano l’una con l’altra. Ciò risulta evidente già da un semplice sguardo alla composizione interna della sua opera principale, Wahrheit und Methode (1960), nella quale si presenta una teoria del comprendere che prende in esame tre differenti dimensioni dell’esperienza umana – arte, storia e linguaggio – ovviamente concepite come fondamentalmente correlate tra loro. Ma questo quadro d’insieme si complica notevolmente non appena si prendano in esame perlomeno alcuni dei numerosi contributi che Gadamer ha scritto e pubblicato prima e dopo il suo opus magnum: contributi che testimoniano l’importante presenza nel suo pensiero di altre tematiche. Di tale complessità, però, non sempre gli interpreti di Gadamer hanno tenuto pienamente conto, visto che una gran parte dei contributi esegetici sul suo pensiero risultano essenzialmente incentrati sul capolavoro del 1960 (ed in particolare sui problemi della legittimazione delle Geisteswissenschaften), dedicando invece minore attenzione agli altri percorsi che egli ha seguito e, in particolare, alla dimensione propriamente etica e politica della sua filosofia ermeneutica. Inoltre, mi sembra che non sempre si sia prestata la giusta attenzione alla fondamentale unitarietà – da non confondere con una presunta “sistematicità”, da Gadamer esplicitamente respinta – che a dispetto dell’indubbia molteplicità ed eterogeneità del pensiero gadameriano comunque vige al suo interno. La mia tesi, dunque, è che estetica e scienze umane, filosofia del linguaggio e filosofia morale, dialogo con i Greci e confronto critico col pensiero moderno, considerazioni su problematiche antropologiche e riflessioni sulla nostra attualità sociopolitica e tecnoscientifica, rappresentino le diverse dimensioni di un solo pensiero, le quali in qualche modo vengono a convergere verso un unico centro. Un centro “unificante” che, a mio avviso, va individuato in quello che potremmo chiamare il disagio della modernità. In altre parole, mi sembra cioè che tutta la riflessione filosofica di Gadamer, in fondo, scaturisca dalla presa d’atto di una situazione di crisi o disagio nella quale si troverebbero oggi il nostro mondo e la nostra civiltà. Una crisi che, data la sua profondità e complessità, si è per così dire “ramificata” in molteplici direzioni, andando ad investire svariati ambiti dell’esistenza umana. Ambiti che pertanto vengono analizzati e indagati da Gadamer con occhio critico, cercando di far emergere i principali nodi problematici e, alla luce di ciò, di avanzare proposte alternative, rimedi, “correttivi” e possibili soluzioni. A partire da una tale comprensione di fondo, la mia ricerca si articola allora in tre grandi sezioni dedicate rispettivamente alla pars destruens dell’ermeneutica gadameriana (prima e seconda sezione) ed alla sua pars costruens (terza sezione). Nella prima sezione – intitolata Una fenomenologia della modernità: i molteplici sintomi della crisi – dopo aver evidenziato come buona parte della filosofia del Novecento sia stata dominata dall’idea di una crisi in cui verserebbe attualmente la civiltà occidentale, e come anche l’ermeneutica di Gadamer possa essere fatta rientrare in questo discorso filosofico di fondo, cerco di illustrare uno per volta quelli che, agli occhi del filosofo di Verità e metodo, rappresentano i principali sintomi della crisi attuale. Tali sintomi includono: le patologie socioeconomiche del nostro mondo “amministrato” e burocratizzato; l’indiscriminata espansione planetaria dello stile di vita occidentale a danno di altre culture; la crisi dei valori e delle certezze, con la concomitante diffusione di relativismo, scetticismo e nichilismo; la crescente incapacità a relazionarsi in maniera adeguata e significativa all’arte, alla poesia e alla cultura, sempre più degradate a mero entertainment; infine, le problematiche legate alla diffusione di armi di distruzione di massa, alla concreta possibilità di una catastrofe ecologica ed alle inquietanti prospettive dischiuse da alcune recenti scoperte scientifiche (soprattutto nell’ambito della genetica). Una volta delineato il profilo generale che Gadamer fornisce della nostra epoca, nella seconda sezione – intitolata Una diagnosi del disagio della modernità: il dilagare della razionalità strumentale tecnico-scientifica – cerco di mostrare come alla base di tutti questi fenomeni egli scorga fondamentalmente un’unica radice, coincidente peraltro a suo giudizio con l’origine stessa della modernità. Ossia, la nascita della scienza moderna ed il suo intrinseco legame con la tecnica e con una specifica forma di razionalità che Gadamer – facendo evidentemente riferimento a categorie interpretative elaborate da Max Weber, Martin Heidegger e dalla Scuola di Francoforte – definisce anche «razionalità strumentale» o «pensiero calcolante». A partire da una tale visione di fondo, cerco quindi di fornire un’analisi della concezione gadameriana della tecnoscienza, evidenziando al contempo alcuni aspetti, e cioè: primo, come l’ermeneutica filosofica di Gadamer non vada interpretata come una filosofia unilateralmente antiscientifica, bensì piuttosto come una filosofia antiscientista (il che naturalmente è qualcosa di ben diverso); secondo, come la sua ricostruzione della crisi della modernità non sfoci mai in una critica “totalizzante” della ragione, né in una filosofia della storia pessimistico-negativa incentrata sull’idea di un corso ineluttabile degli eventi guidato da una razionalità “irrazionale” e contaminata dalla brama di potere e di dominio; terzo, infine, come la filosofia di Gadamer – a dispetto delle inveterate interpretazioni che sono solite scorgervi un pensiero tradizionalista, autoritario e radicalmente anti-illuminista – non intenda affatto respingere l’illuminismo scientifico moderno tout court, né rinnegarne le più importanti conquiste, ma più semplicemente “correggerne” alcune tendenze e recuperare una nozione più ampia e comprensiva di ragione, in grado di render conto anche di quegli aspetti dell’esperienza umana che, agli occhi di una razionalità “limitata” come quella scientista, non possono che apparire come meri residui di irrazionalità. Dopo aver così esaminato nelle prime due sezioni quella che possiamo definire la pars destruens della filosofia di Gadamer, nella terza ed ultima sezione – intitolata Una terapia per la crisi della modernità: la riscoperta dell’esperienza e del sapere pratico – passo quindi ad esaminare la sua pars costruens, consistente a mio giudizio in un recupero critico di quello che egli chiama «un altro tipo di sapere». Ossia, in un tentativo di riabilitazione di tutte quelle forme pre- ed extra-scientifiche di sapere e di esperienza che Gadamer considera costitutive della «dimensione ermeneutica» dell’esistenza umana. La mia analisi della concezione gadameriana del Verstehen e dell’Erfahrung – in quanto forme di un «sapere pratico (praktisches Wissen)» differente in linea di principio da quello teorico e tecnico – conduce quindi ad un’interpretazione complessiva dell’ermeneutica filosofica come vera e propria filosofia pratica. Cioè, come uno sforzo di chiarificazione filosofica di quel sapere prescientifico, intersoggettivo e “di senso comune” effettivamente vigente nella sfera della nostra Lebenswelt e della nostra esistenza pratica. Ciò, infine, conduce anche inevitabilmente ad un’accentuazione dei risvolti etico-politici dell’ermeneutica di Gadamer. In particolare, cerco di esaminare la concezione gadameriana dell’etica – tenendo conto dei suoi rapporti con le dottrine morali di Platone, Aristotele, Kant e Hegel – e di delineare alla fine un profilo della sua ermeneutica filosofica come filosofia del dialogo, della solidarietà e della libertà.
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La rencontre tant attendue entre Hans-Georg Gadamer et Jacques Derrida a finalement eu lieu au Goethe-Institut de Paris en 1981. Le dialogue espéré entre l'herméneutique et la déconstruction s'y est cependant à peine engagé. Selon la plupart des commentateurs, la conférence qu'y a prononcée Derrida n'était d'ailleurs même pas liée à la rencontre. Nous ne partageons pas cette opinion. Derrida a choisi de critiquer l'interprétation heideggérienne de Nietzsche, alors que Gadamer venait de faire un plaidoyer inconditionnel en sa faveur. De plus, la structure axiomatique de l'unité et de la totalité que Derrida met en question dans sa conférence est la même que celle qu'il a ailleurs attribuée à l'herméneutique. En mettant en doute la primauté de cette structure, il s'en prenait donc aux fondements de l'herméneutique telle qu'il la concevait. Enfin, sa conférence a laissé entrevoir une conception de l'interprétation dont l'absence d'horizon de vérité exclut l'herméneutique.
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L’objet de ce travail de recherche est de mettre en dialogue les œuvres de Hans-Georg Gadamer et de Paul Ricœur afin de mettre au jour ce qui caractérise en propre la conception herméneutique du langage et d’en souligner la pertinence. Notre thèse principale est que, pour ce faire, il est impératif de dépasser les lectures dichotomiques des deux œuvres par une interprétation plus dialectique, puisque seule une telle démarche paraît susceptible de saisir l’étendue, la richesse et l’importance de l’intelligence herméneutique du phénomène langagier. Ainsi, dans ce travail, nous défendrons l’idée que, par-delà leurs différences incontestables, précieuses en elles-mêmes car sans elles il n’est pas de dialogue, les herméneutiques de Gadamer et Ricœur se distinguent par une réflexion philosophique incessante sur notre appartenance fondamentale au langage, qui constitue le cœur de la conception herméneutique du langage. Nous proposerons une confrontation des philosophies de Gadamer et Ricœur s’effectuant principalement autour d’une dialectique entre appartenance et distanciation, dans laquelle des approches plus objectivantes du langage pourront s’articuler à une description de notre expérience vécue. Avant de décrire cette dialectique pour elle-même, il nous est apparu indiqué de tenir compte de l’héritage phénoménologique incontournable à partir duquel Gadamer et Ricœur ont développé leurs approches respectives du langage. Cette base nous permettra de faire ressortir l’existence d’un accord de fond entre les deux herméneutiques sur la reconnaissance de notre irréductible appartenance au langage. Cette thèse n’exclut pas la possibilité, voire la nécessité d’intégrer dialectiquement un moment de distanciation au sein de cette appartenance primordiale. Nous montrerons en effet que c’est en s’appuyant sur cette distanciation que, par un mouvement réflexif, la pensée herméneutique peut revenir sur notre expérience langagière pour la thématiser et l’expliciter. Cette réflexion sur le langage s’effectue à partir de trois principaux modèles : ceux du dialogue, du texte et de la traduction. Nous exposerons comment chacun de ces modèles contribue à une meilleure compréhension de la vie du langage et de notre rapport au sens. Ceci nous conduira à examiner les efforts de Gadamer et Ricœur visant à mettre en lumière la puissance créatrice qui anime le langage, telle qu’elle ressort de leurs nombreux travaux sur la métaphore, le dire poétique et le récit. Nous défendrons alors la thèse qu’une conception originale de l’imagination s’élabore à travers la réflexion herméneutique sur l’innovation sémantique et la métaphoricité essentielle du langage. Cette recherche se terminera par une analyse des conceptions gadamérienne et ricœurienne des rapports entre langage et expérience, ainsi que de la portée ontologique du langage. Il y aura ici lieu d’insister sur la thèse partagée par les deux herméneutes selon laquelle il importe de résister à toute hypostase ou absolutisation du langage et de constamment penser le langage comme offrant une ouverture sur l’être et la possibilité de dire ce qui est.
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La distance historique qui nous sépare de la publication de Vérité et méthode permet une meilleure intelligence de l’aspect universel de l’herméneutique de Hans-Georg Gadamer qui a suscité tant de débats immédiatement après la parution de son ouvrage. L’herméneute a en effet pu, dans plusieurs textes qu’il a écrits au cours des dernières décennies, préciser sa conception et mieux attester cette universalité, notamment en l’associant à l’universalité de la rhétorique elle-même. Un nouveau regard porté sur les divers débats suscités par cette prétention de l’universalité de l’herméneutique permet aussi de s’en faire une idée plus claire et limpide. Le présent mémoire se penche sur le sens à donner à l’universalité de l’herméneutique en tenant compte des sections décisives de Vérité et méthode qui y sont consacrées, des écrits plus tardifs de Gadamer sur la question et de la littérature secondaire afin de voir si cette prétention à l’universalité peut être défendue face aux critiques formulées par Jürgen Habermas. Nous soutiendrons dans ce mémoire que c’est le cas, mais aussi que la critique de Habermas a aidé Gadamer à mieux formuler et faire comprendre l’universalité de l’herméneutique. C’est précisément en tenant compte de l’apport de ceux qui pensent autrement que s’atteste l’universalité de l’herméneutique.
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Signatur des Originals: S 36/G01753