663 resultados para Fiscalité locale


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La gestion des villes d’Afrique de l’Ouest pose problème à la période contemporaine : extension urbaine non maitrisée, services de base insuffisants, insécurité foncière. À travers l’aide internationale, d’importantes réformes visant à améliorer son efficacité ont pourtant été mises en place, mais elles semblent avoir été inefficaces. Dépassant ce constat d’échec, la thèse vise à comprendre comment se déroule l’acte de gérer la ville dans les circonstances particulières des villes d’Afrique de l’Ouest. La mise en œuvre du Registre foncier urbain (RFU), système d’information foncière municipal multi-fonctions introduit au Bénin à travers des programmes de développement au début des années 1990, constitue le prisme à travers lequel la gestion urbaine est analysée. Celle-ci est ainsi approchée par les actes plutôt que par les discours. S’appuyant sur une démarche socio-anthropologique, la mise en œuvre de l’instrument est analysée depuis le point de vue des acteurs locaux et selon une double grille de lecture : d’une part, il s’agit de saisir les logiques de l’appropriation locale dont le RFU a fait l’objet au sein des administrations; d’autre part, il s’agit de comprendre son interaction avec le territoire, notamment avec les dynamiques complexes d’accès au sol et de sécurisation foncière. Une étude de cas multiple a été menée dans trois communes : Cotonou, Porto-Novo et Bohicon. Deux ensembles de conclusions en découlent. Tout d’abord, le RFU s’est imposé comme l’instrument pivot de la fiscalité locale, mais est mis en œuvre de manière minimale. Ce fonctionnement particulier est une adaptation optimale à un contexte fait de rivalités professionnelles au sein d’administrations cloisonnées, d’enjeux politico-financiers liés aux différentes sources de revenus communaux et de tensions politico-institutionnelles liées à une décentralisation tardive. Les impacts du RFU en termes de développement des compétences professionnelles nationales sont insuffisants pour réformer la gestion urbaine depuis l’intérieur de l’administration municipale. Ensuite, alors qu’il vise à centraliser l’information sur les propriétaires présumés de la terre, le RFU se heurte à la marchandisation de cette information et à la territorialisation de la régulation foncière. La mise en œuvre du RFU s’en trouve affectée de deux manières : d’une part, elle s’insère dans ces circuits marchands de l’information foncière, avec cependant peu de succès ; d’autre part, elle a un impact différencié selon les territoires de la régulation foncière. En définitive, l’acte de gérer la ville au Bénin n’est pas devenu automatique avec l’introduction d’instruments comme le RFU. La municipalité se repose plutôt sur les piliers classiques de l’action publique, l’administration et le politique, pour gérer la ville plurielle de manière différenciée. À l’endroit des concepteurs d’action publique, cette thèse plaide pour une prise en compte des modes de régulation existant dans les sociétés africaines, fussent-ils pluriels, reconnaissant les voies originales que prend la construction des institutions en Afrique.

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La ricerca svolta ha individuato fra i suoi elementi promotori l’orientamento determinato da parte della comunità europea di dare vita e sostegno ad ambiti territoriali intermedi sub nazionali di tipo regionale all’interno dei quali i sistemi di città potessero raggiungere le massime prestazioni tecnologiche per cogliere gli effetti positivi delle innovazioni. L’orientamento europeo si è confrontato con una realtà storica e geografica molto variata in quanto accanto a stati membri, nei quali le gerarchie fra città sono storicamente radicate e funzionalmente differenziate secondo un ordine che vede la città capitale dominante su città subalterne nelle quali la cultura di dominio del territorio non è né continua né gerarchizzata sussistono invece territori nazionali compositi con una città capitale di riconosciuto potere ma con città di minor dimensione che da secoli esprimono una radicata incisività nella organizzazione del territorio di appartenenza. Alla prima tipologia di stati appartengono ad esempio i Paesi del Nord Europa e l’Inghilterra, esprimendo nella Francia una situazione emblematica, alla seconda tipologia appartengono invece i Paesi dell’aera mediterranea, Italia in primis, con la grande eccezione della Germania. Applicando gli intendimenti comunitari alla realtà locale nazionale, questa tesi ha avviato un approfondimento di tipo metodologico e procedurale sulla possibile organizzazione a sistema di una regione fortemente policentrica nel suo sviluppo e “artificiosamente” rinata ad unità, dopo le vicende del XIX secolo: l’Emilia-Romagna. Anche nelle regioni che si presentano come storicamente organizzate sulla pluralità di centri emergenti, il rapporto col territorio è mediato da centri urbani minori che governano il tessuto cellulare delle aggregazioni di servizi di chiara origine agraria. Questo stato di cose comporta a livello politico -istituzionale una dialettica vivace fra territori voluti dalle istituzioni e territori legittimati dal consolidamento delle tradizioni confermato dall’uso attuale. La crescente domanda di capacità di governo dello sviluppo formulata dagli operatori economici locali e sostenuta dalle istituzioni europee si confronta con la scarsa capacità degli enti territoriali attuali: Regioni, Comuni e Province di raggiungere un livello di efficienza sufficiente ad organizzare sistemi di servizi adeguati a sostegno della crescita economica. Nel primo capitolo, dopo un breve approfondimento sulle “figure retoriche comunitarie”, quali il policentrismo, la governance, la coesione territoriale, utilizzate per descrivere questi fenomeni in atto, si analizzano gli strumenti programmatici europei e lo S.S.S.E,. in primis, che recita “Per garantire uno sviluppo regionale equilibrato nella piena integrazione anche nell’economia mondiale, va perseguito un modello di sviluppo policentrico, al fine di impedire un’ulteriore eccessiva concentrazione della forza economica e della popolazione nei territori centrali dell’UE. Solo sviluppando ulteriormente la struttura, relativamente decentrata, degli insediamenti è possibile sfruttare il potenziale economico di tutte le regioni europee.” La tesi si inserisce nella fase storica in cui si tenta di definire quali siano i nuovi territori funzionali e su quali criteri si basa la loro riconoscibilità; nel tentativo di adeguare ad essi, riformandoli, i territori istituzionali. Ai territori funzionali occorre riportare la futura fiscalità, ed è la scala adeguata per l'impostazione della maggior parte delle politiche, tutti aspetti che richiederanno anche la necessità di avere una traduzione in termini di rappresentanza/sanzionabilità politica da parte dei cittadini. Il nuovo governo auspicato dalla Comunità Europea prevede una gestione attraverso Sistemi Locali Territoriali (S.Lo.t.) definiti dalla combinazione di milieu locale e reti di attori che si comportano come un attore collettivo. Infatti il secondo capitolo parte con l’indagare il concetto di “regione funzionale”, definito sulla base della presenza di un nucleo e di una corrispondente area di influenza; che interagisce con altre realtà territoriali in base a relazioni di tipo funzionale, per poi arrivare alla definizione di un Sistema Locale territoriale, modello evoluto di regione funzionale che può essere pensato come una rete locale di soggetti i quali, in funzione degli specifici rapporti che intrattengono fra loro e con le specificità territoriali del milieu locale in cui operano e agiscono, si comportano come un soggetto collettivo. Identificare un sistema territoriale, è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per definire qualsiasi forma di pianificazione o governance territoriale, perchè si deve soprattutto tener conto dei processi di integrazione funzionale e di networking che si vengono a generare tra i diversi sistemi urbani e che sono specchio di come il territorio viene realmente fruito., perciò solo un approccio metodologico capace di sfumare e di sovrapporre le diverse perimetrazioni territoriali riesce a definire delle aree sulle quali definire un’azione di governo del territorio. Sin dall’inizio del 2000 il Servizio Sviluppo Territoriale dell’OCSE ha condotto un’indagine per capire come i diversi paesi identificavano empiricamente le regioni funzionali. La stragrande maggioranza dei paesi adotta una definizione di regione funzionale basata sul pendolarismo. I confini delle regioni funzionali sono stati definiti infatti sulla base di “contorni” determinati dai mercati locali del lavoro, a loro volta identificati sulla base di indicatori relativi alla mobilità del lavoro. In Italia, la definizione di area urbana funzionale viene a coincidere di fatto con quella di Sistema Locale del Lavoro (SLL). Il fatto di scegliere dati statistici legati a caratteristiche demografiche è un elemento fondamentale che determina l’ubicazione di alcuni servizi ed attrezzature e una mappa per gli investimenti nel settore sia pubblico che privato. Nell’ambito dei programmi europei aventi come obiettivo lo sviluppo sostenibile ed equilibrato del territorio fatto di aree funzionali in relazione fra loro, uno degli studi di maggior rilievo è stato condotto da ESPON (European Spatial Planning Observation Network) e riguarda l’adeguamento delle politiche alle caratteristiche dei territori d’Europa, creando un sistema permanente di monitoraggio del territorio europeo. Sulla base di tali indicatori vengono costruiti i ranking dei diversi FUA e quelli che presentano punteggi (medi) elevati vengono classificati come MEGA. In questo senso, i MEGA sono FUA/SLL particolarmente performanti. In Italia ve ne sono complessivamente sei, di cui uno nella regione Emilia-Romagna (Bologna). Le FUA sono spazialmente interconnesse ed è possibile sovrapporre le loro aree di influenza. Tuttavia, occorre considerare il fatto che la prossimità spaziale è solo uno degli aspetti di interazione tra le città, l’altro aspetto importante è quello delle reti. Per capire quanto siano policentrici o monocentrici i paesi europei, il Progetto Espon ha esaminato per ogni FUA tre differenti parametri: la grandezza, la posizione ed i collegamenti fra i centri. La fase di analisi della tesi ricostruisce l’evoluzione storica degli strumenti della pianificazione regionale analizzandone gli aspetti organizzativi del livello intermedio, evidenziando motivazioni e criteri adottati nella suddivisione del territorio emilianoromagnolo (i comprensori, i distretti industriali, i sistemi locali del lavoro…). La fase comprensoriale e quella dei distretti, anche se per certi versi effimere, hanno avuto comunque il merito di confermare l’esigenza di avere un forte organismo intermedio di programmazione e pianificazione. Nel 2007 la Regione Emilia Romagna, nell’interpretare le proprie articolazioni territoriali interne, ha adeguato le proprie tecniche analitiche interpretative alle direttive contenute nel Progetto E.S.P.O.N. del 2001, ciò ha permesso di individuare sei S.Lo.T ( Sistemi Territoriali ad alta polarizzazione urbana; Sistemi Urbani Metropolitani; Sistemi Città – Territorio; Sistemi a media polarizzazione urbana; Sistemi a bassa polarizzazione urbana; Reti di centri urbani di piccole dimensioni). Altra linea di lavoro della tesi di dottorato ha riguardato la controriprova empirica degli effettivi confini degli S.Lo.T del PTR 2007 . Dal punto di vista metodologico si è utilizzato lo strumento delle Cluster Analisys per impiegare il singolo comune come polo di partenza dei movimenti per la mia analisi, eliminare inevitabili approssimazioni introdotte dalle perimetrazioni legate agli SLL e soprattutto cogliere al meglio le sfumature dei confini amministrativi dei diversi comuni e province spesso sovrapposti fra loro. La novità è costituita dal fatto che fino al 2001 la regione aveva definito sullo stesso territorio una pluralità di ambiti intermedi non univocamente circoscritti per tutte le funzioni ma definiti secondo un criterio analitico matematico dipendente dall’attività settoriale dominante. In contemporanea col processo di rinnovamento della politica locale in atto nei principali Paesi dell’Europa Comunitaria si va delineando una significativa evoluzione per adeguare le istituzioni pubbliche che in Italia comporta l’attuazione del Titolo V della Costituzione. In tale titolo si disegna un nuovo assetto dei vari livelli Istituzionali, assumendo come criteri di riferimento la semplificazione dell’assetto amministrativo e la razionalizzazione della spesa pubblica complessiva. In questa prospettiva la dimensione provinciale parrebbe essere quella tecnicamente più idonea per il minimo livello di pianificazione territoriale decentrata ma nel contempo la provincia come ente amministrativo intermedio palesa forti carenze motivazionali in quanto l’ente storico di riferimento della pianificazione è il comune e l’ente di gestione delegato dallo stato è la regione: in generale troppo piccolo il comune per fare una programmazione di sviluppo, troppo grande la regione per cogliere gli impulsi alla crescita dei territori e delle realtà locali. Questa considerazione poi deve trovare elementi di compatibilità con la piccola dimensione territoriale delle regioni italiane se confrontate con le regioni europee ed i Laender tedeschi. L'individuazione di criteri oggettivi (funzionali e non formali) per l'individuazione/delimitazione di territori funzionali e lo scambio di prestazioni tra di essi sono la condizione necessaria per superare l'attuale natura opzionale dei processi di cooperazione interistituzionale (tra comuni, ad esempio appartenenti allo stesso territorio funzionale). A questo riguardo molto utile è l'esperienza delle associazioni, ma anche delle unioni di comuni. Le esigenze della pianificazione nel riordino delle istituzioni politico territoriali decentrate, costituiscono il punto finale della ricerca svolta, che vede confermato il livello intermedio come ottimale per la pianificazione. Tale livello è da intendere come dimensione geografica di riferimento e non come ambito di decisioni amministrative, di governance e potrebbe essere validamente gestito attraverso un’agenzia privato-pubblica dello sviluppo, alla quale affidare la formulazione del piano e la sua gestione. E perché ciò avvenga è necessario che il piano regionale formulato da organi politici autonomi, coordinati dall’attività dello stato abbia caratteri definiti e fattibilità economico concreta.

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Les espaces politiques infranationaux définissent et prennent en charge un nombre croissant de problèmes publics. Quelle est la capacité des acteurs et institutions locales à faire émerger une action publique autonome ? Assiste-t-on à la fin d'un cycle ou à une nouvelle transformation des relations entre l'Etat et le local ? Quelles sont les limites de la capacité du politique à organiser les territoires ? Les collectivités locales favorisent-elles de nouvelles impulsions démocratiques ? Cette volonté de croiser les regards - disciplinaires, géographiques et générationnels - permet aux auteurs de souligner l'étendue du travail de construction de la comparabilité en sciences sociales. L'enjeu scientifique n'est plus de trancher entre centralisation et décentralisation mais bien de développer des outils et des cadres d'analyse heuristiques pour penser les effets des nouvelles interdépendances. L'ouvrage nous invite aussi à poser différemment la question sensible du rapport des individus à l'Etat et au pouvoir politique dans chaque contexte local , à questionner les ressorts démocratiques de l'action publique au coeur de chaque métropole et de chaque région.

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La performance que constitue pour une station le fait de connaître le succès touristique, parfois sur plusieurs décennies, n'est de loin pas anodine, surtout si l'on observe que certains lieux traversent des phases de crise plus ou moins longues et plus ou moins marquées et que d'autres encore parviennent à se reconvertir avec succès en diversifiant leurs activités économiques. C'est du point de vue du système de gouvernance locale et de la gestion des ressources foncières, immobilières et infrastructurelles que nous nous sommes intéressés à cette problématique. Notre questionnement était double : d'une part, comprendre comment ces deux dimensions s'articulaient entre elles via la proposition d'un cadre conceptuel que nous avons nommé l'Arrangement Politique Local et, d'autre part, étudier comment elles influençaient les différentes phases comme le démarrage du tourisme, le succès, la crise ou la sortie du tourisme, que peut expérimenter un lieu touristique au cours de son évolution. Le travail empirique a porté sur les trajectoires de développement de trois lieux ou anciens lieux touristiques. Finhaut, après une période de succès qui a fait de la station la deuxième du Valais au début du XXe siècle, a vu après la première guerre mondiale son activité touristique décliner puis péricliter, le tourisme ayant à l'heure actuelle quasiment disparu. Montreux, de station touristique importante dès les années 1880, a ensuite évolué vers une ville grâce à un processus d'urbanisation ainsi qu'à une diversification des activités économiques. Enfin, Zermatt représente une économie touristique en constante croissance depuis plus de 100 ans. L'analyse de ces trois trajectoires touristiques entre 1850 et 2012 a permis de montrer que la création et la gestion des ressources foncières, immobilières et infrastructurelles à des fins touristiques étaient liées aux caractéristiques du système de gouvernance locale, en particulier à la possession ou non par les acteurs locaux des moyens d'action principaux que sont l'argent, l'organisation, le consensus, le soutien politique et les connaissances. Notre étude a également mis en évidence de fortes différences entre les Arrangements Politiques Locaux lors des phases de succès et ceux durant les moments de crise, ces différences portant sur l'importance de l'implication des autorités politiques locales dans le développement touristique, l'existence d'un leadership touristique, la capacité des acteurs locaux à être actifs à des positions politiques et touristiques aux échelons institutionnels supérieurs, l'importance de la collaboration publique/privés, la capacité d'adaptation et de réaction des acteurs locaux face aux événements, la réussite ou non des stratégies permettant la création et l'utilisation des ressources dans un but touristique ainsi que la capacité de mobilisation des moyens d'action nécessaires.

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1940/10 (N1).

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Variante(s) de titre : D'oct. 1940 à 1944 a paru clandestinement avec le sous-titre de : "Organe de la Section communiste du 18e"

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1941/03 (N3).

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1941/02 (N2).