998 resultados para Dichiarazione dei diritti
Resumo:
La Dichiarazione dei diritti in Internet attualmente oggetto di consultazione pubblica ha un grande potenziale. Tuttavia, la questione che sembra ad oggi irrisolta – o forse ignorata – é la definizione del sistema giuridico che si presterà ad accoglierla e, conseguentemente, dell’entità che se ne farà garante, allorché la versione finale sarà approvata.
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This study deals with the protection of social rights in Europe and aims to outline the position currently held by these rights in the EU law. The first two chapters provide an overview of the regulatory framework in which the social rights lie, through the reorganisation of international sources. In particular the international instruments of protection of social rights are taken into account, both at the universal level, due to the activity of the United Nations Organisation and of its specialized agency, the International Labour Organization, and at a regional level, related to the activity of the Council of Europe. Finally an analysis of sources concludes with the reconstruction of the stages of the recognition of social rights in the EU. The second chapter describes the path followed by social rights in the EU: it examines the founding Treaties and subsequent amendments, the Charter of Fundamental Social Rights of Workers of 1989 and, in particularly, the Charter of Fundamental Rights of the European Union, the legal status of which was recently treated as the primary law by the Treaty of Lisbon signed in December 2007. The third chapter is, then, focused on the analysis of the substantive aspects of the recognition of the rights made by the EU: it provides a framework of the content and scope of the rights accepted in the Community law by the Charter of Fundamental Rights, which is an important contribution to the location of the social rights among the fundamental and indivisible rights of the person. In the last section of the work, attention is focused on the two profiles of effectiveness and justiciability of social rights, in order to understand the practical implications of the gradual creation of a system of protection of these rights at Community level. Under the first profile, the discussion is focused on the effectiveness in the general context of the mechanisms of implementation of the “second generation” rights, with particular attention to the new instruments and actors of social Europe and the effect of the procedures of soft law. Second part of chapter four, finally, deals with the judicial protection of rights in question. The limits of the jurisprudence of the European Union Court of Justice are more obvious exactly in the field of social rights, due to the gap between social rights and other fundamental rights. While, in fact, the Community Court ensures the maximum level of protection to human rights and fundamental freedoms, social rights are often degraded into mere aspirations of EU institutions and its Member States. That is, the sources in the social field (European Social Charter and Community Charter) represent only the base for interpretation and application of social provisions of secondary legislation, unlike the ECHR, which is considered by the Court part of Community law. Moreover, the Court of Justice is in the middle of the difficult comparison between social values and market rules, of which it considers the need to make a balance: despite hesitancy to recognise the juridical character of social rights, the need of protection of social interests has justified, indeed, certain restrictions to the free movement of goods, freedom to provide services or to Community competition law. The road towards the recognition and the full protection of social rights in the European Union law appears, however, still long and hard, as shown by the recent judgments Laval and Viking, in which the Community court, while enhancing the Nice Charter, has not given priority to fundamental social rights, giving them the role of limits (proportionate and justified) of economic freedoms.
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Nel trasporto di cose si registra l’intervento nella fase di riconsegna della merce di un soggetto diverso dall’originario contraente con il vettore: il destinatario. Tale contratto si caratterizza per uno sfasamento tra il momento della stipulazione del contratto tra mittente e vettore e quello della riconsegna delle merci, nel quale al destinatario viene riconosciuta facoltà di esercitare i diritti nascenti dal contratto di trasporto nei confronti del vettore; tale sfasamento temporale fra l’inizio e la fine della prestazione del vettore comporta una scissione in seno alla figura del creditore del trasporto nei confronti del vettore fra mittente e destinatario. Questo elemento crea una particolare situazione giuridica che è stata variamente inquadrata. Si verifica, infatti, un fenomeno di successione del destinatario al mittente nell’acquisto e nel conseguente esercizio dei diritti nascenti dal contratto di trasporto, ossia un trasferimento dei diritti dal mittente al destinatario, di portata apparentemente eversiva del principio della relatività degli effetti del contratto codificato dall’art. 1372 c.c. Si pone, dunque, il problema di individuare quali diritti nei confronti del vettore siano esercitabili dal destinatario, ossia quale sia il contenuto di tali diritti. In secondo luogo, si pone il problema di accertare con quali modalità temporali il destinatario acquisti tali diritti. Bisogna, poi, stabilire a quale titolo tale acquisto avvenga. Inoltre è necessario stabilire come si concili la legittimazione all’esercizio di tali diritti con i poteri di disposizione del carico e, in definitiva, di modifica del contratto del trasporto, riconosciuti al mittente e determinare a chi spetti la legittimazione ad esercitare le azioni derivanti dal contratto di trasporto verso il vettore. Questi quesiti toccano un problema di più ampia portata riguardante la configurazione giuridica della posizione negoziale assunta dal destinatario all’interno della complessa fattispecie contrattuale che vincola fra loro i tre soggetti e la determinazione del meccanismo giuridico che rende possibile il trasferimento dei diritti che nascono dal contratto di trasporto al destinatario, il quale si sostituisce al mittente nella titolarità degli stessi. La disciplina del trasporto non si presta ad una interpretazione univoca, ponendo problemi applicativi di non facile soluzione. Le esigenze di un’idonea configurazione giuridica del contratto di trasporto e dei rapporti intercorrenti fra i soggetti intorno ad esso interagiscono, quelle di un equo contemperamento degli interessi delle parti e quelle di una compiuta risposta ai problemi pratici connessi all’attuale realtà dei traffici non hanno trovato risposte condivise. La dottrina e la giurisprudenza hanno fornito diverse soluzioni, per lo più basate su un’interpretazione sistematica del contratto di trasporto, a margine del codice di commercio del 1882, prima, e del codice civile del 1942, poi. Si è dunque dato vita alla ricerca, all’interno delle norme generali in tema di obbligazioni e contratti, delle logiche e degli istituti ai quali può essere ricondotto l’acquisto da parte del destinatario del risultato della prestazione del vettore nella fase finale della riconsegna del carico. L’elaborato analizza tutte le teorie sviluppate dagli interpreti. In particolare viene esaminata la tesi accolta dalla dottrina e dalla giurisprudenza maggioritarie, volta a qualificare il trasporto come un contratto a favore a terzi, la tesi che qualifica tale contratto come un’ipotesi di indicazione o di delegazione di pagamento e la tesi che qualifica il trasporto come di cose come contratto naturalmente suscettibile di cessione al destinatario. Di tali teorie vengono indagate le conseguenze applicative, con particolare riferimento al contenuto dei diritti, delle azioni e delle eccezioni esercitabili dei soggetti che partecipano al contratto, per concludere che la teoria che fornisce il più ampio contemperamento degli interessi delle parti, alla luce dell’attuale realtà dei traffici, è quella che riconduce il trasferimento dei diritti inerenti al contratto di trasporto di cose all’istituto della cessione.
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Come indica il titolo, questa ricerca studia il conflitto tra libertà fondamentali del mercato interno dell’Unione europea e dei diritti fondamentali e la posizione della Corte in quanto garante dei diritti nella risoluzione di tali conflitti. La Trattazione considera non solo la Giurisprudenza della Corte di Giustizia, che risolve i conflitti tra libertà del mercato e diritti fondamentali; ma anche l'ordinamento europeo, e il suo rapporto con il diritto nazionale, considerando anche la giurisprudenza delle corti costituzionali e supreme degli Stati membri. L’analisi è svolta in una introduzione; in tre capitoli (Capitolo 1, “Integrazione economica e protezzione dei diritti fondamentali”; Capitlo 2, “Conflitto tra libertà fondamentali di mercato e diritti fondamentali”; Capitolo 3, “La tutela dei diritti fondamentali negli stati membri come limiti all’integrazione europea”) e nelle successive conclusioni.
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L’oggetto del lavoro si sostanzia nella verifica del grado di giustiziabilità che i diritti sociali ricevono nell’ordinamento dell’Unione europea. L’indagine si articola in tre capitoli. Il primo è dedicato ad una sintetica ricostruzione dei modelli di welfare state riconosciuti dagli ordinamenti dei diversi paesi membri dell’Unione attraverso cui, la candidata enuclea un insieme di diritti sociali che ricevono tutela in tutti gli ordinamenti nazionali. L’esposizione prosegue, con la ricostruzione dell’evoluzione dei Trattati istitutivi dell’Unione e l’inclusione della sfera sociale tra gli obiettivi di questa. In particolare, il secondo capitolo esamina la giurisprudenza della Corte di Giustizia in relazione alle materie sociali, nonché l’inclusione dei diritti sociali nel testo della Carta dei diritti fondamentali. L’analisi si sofferma sulle tecniche normative adottate nell’area della politica sociale, evidenziando la tendenza ad un approccio di tipo “soft” piuttosto che attraverso il classico metodo comunitario. Esaurita questa analisi il terzo capitolo analizza i rapporti tra il diritto dell’Ue e quello della CEDU in materia di diritti sociali, evidenziano il diverso approccio utilizzato dalle due istanze sovranazionali nella tutela di questi diritti. Sulla base del lavoro svolto si conclude per una sostanziale mancanza di giustiziabilità dei diritti sociali in ambito dell’Unione. In particolare i punti deboli dell’Europa sociale vengono individuati in: un approccio regolativo alla dimensione sociale di tipo sempre più soft; la permanenza di alcuni deficit di competenze; la mancata indicazione di criteri di bilanciamento tra diritti sociali e libertà economiche e dalla compresenza delle due nozioni di economia sociale e di economia di mercato. Le conclusioni mostrano come l’assenza di competenze esclusive dell’Unione in materia di politica sociale non consenta una uniformazione/armonizzazione delle politiche sociali interne, che si riflette nell’incapacità dei modelli sociali nazionali di assorbire i grandi mutamenti macro economici che si sono avuti negli ultimi vent’anni, sia a livello sovranazionale che internazionale.
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La tesi si propone di ricostruire la struttura attuale dell'autonomia finanziaria degli enti locali italiani, e in particolare le regioni italiane, alla luce delle riforme legislative e costituzionali approvate dal Parlamento italiano negli ultimi anni (come ad esempio il bilancio riforma costituzionale equilibrata del 2012). Lo studio si concentra sulla situazione italiana alla luce dei vincoli europei introdotti nel corso degli anni, da quelli contenuti nel Trattato di Maastricht a quelli derivati dalla crisi economica e finanziaria. L'obiettivo è quello di verificare se le scelte del legislatore italiano possano dirsi coerenti con il processo di unione politica europea e quali conseguenze abbiano avuto sulla garanzia dei diritti. In particolare, lo studio si concentra sulla garanzia dei diritti sociali nel contesto politico ed economico attuale, a livello europeo e nazionale, con particolare attenzione al diritto alla salute.
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La ricerca è dedicata a verificare se e come, a livello dell’Unione europea, la lotta alla criminalità (ed in particolare quella organizzata) venga condotta nel rispetto di diritti e libertà fondamentali, e se la cooperazione tra Stati membri su questo fronte possa giungere a promuovere standard omogenei ed elevati di tutela degli stessi. Gli ambiti di cooperazione interessati sono principalmente quello giudiziario in materia penale e quello di polizia, e la ritrosia degli Stati a cedere all’Unione competenze in materia si è accompagnata ad un ritardo ancora maggiore dell’emersione, nell’ambito degli stessi, della dimensione dei diritti. Ciò ha reso molto difficile lo sviluppo completo ed equilibrato di uno “spazio di libertà, sicurezza e giustizia” (art. 67 TFUE). L’assetto istituzionale introdotto dal Trattato di Lisbona e l’attribuzione di valore giuridico vincolante alla Carta hanno però posto le basi per il superamento della condizione precedente, anche grazie al fatto che, negli ambiti richiamati, la salvaguardia dei diritti è divenuta competenza ed obiettivo esplicito dell’Unione. Centrale è per la ricerca la cooperazione giudiziaria in materia penale, che ha visto la ricca produzione normativa di stampo repressivo recentemente bilanciata da interventi del legislatore europeo a finalità garantista e promozionale. L’analisi degli strumenti nella prospettiva indicata all’inizio dell’esposizione è quindi oggetto della prima parte dell’elaborato. La seconda parte affronta invece la cooperazione di polizia e quello degli interventi volti alla confisca dei beni e ad impedire il riciclaggio, misure – queste ultime - di particolare rilievo soprattutto per il contrasto al crimine organizzato. Sottesi all’azione dell’Unione in queste materie sono, in modo preponderante, due diritti: quello alla salvaguardia dei dati personali e quello al rispetto della proprietà privata. Questi, anche in ragione delle peculiarità che li caratterizzano e della loro natura di diritti non assoluti, sono analizzati con particolare attenzione.
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Mode of access: Internet.
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Delineato nei due antecedenti volumi.
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Questo articolo intende presentare una panoramica della “Defensoria Pública” in Brasile a partire dalle sue attribuzioni costituzionali, con il tentativo di adattarla alla visione moderna di accesso a un sistema giuridico giusto. This article provides an overview of the public defense in Brazil, starting from its constitutional foundations, attempting to adapt this legal institution to a modern vision of a fair and equitable legal system.
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Il dibattito giuridico, politico ed economico in tema di protezione dei diritti sociali nel contesto del processo di integrazione europea risale alle origini stesse di tale processo. A circa dieci anni dall’attribuzione alla Carta dei diritti fondamentali dell’UE dello stesso valore giuridico dei Trattati, sembra possibile tracciare un primo bilancio in termini di aspettative inverate ed aspettative non soddisfatte quanto alla giustiziabilità dei diritti sociali fondamentali contenuti nel Titolo IV direttamente o indirettamente al rapporto di impiego (articoli da 27 a 34). A questo fine, la tesi ha adottato una struttura tripartita capace di coniugare una metodologia di analisi pratica, in relazione alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE post Lisbona (Capitolo III), con un’analisi dal carattere maggiormente teorico-ricostruttivo (Capitoli I e II). La ricerca cerca di dimostrare come tanto i più interessanti sviluppi quanto i limiti registratisi nella giurisprudenza della CGUE (rispettivamente, l’efficacia diretta, anche orizzontale, di alcuni di essi negli ordinamenti nazionali, e la determinazione del loro ambito di applicazione e delle modalità di interazione con il diritto secondario e primario) possano essere meglio compresi tenendo in debito conto il percorso ed il significato di ciascuno di tali diritti nel contesto del processo di integrazione europea. In breve, si sostiene che la “costituzionalizzazione” dei diritti sociali in esame abbia certamente un “valore aggiunto” che, tuttavia, riflette la natura sui generis e le finalità dell’Unione, il sistema di riparto di competenze tra Stati membri e Unione, ed il significato ultimo del sistema UE di tutela dei diritti fondamentali. Ciò non toglie che questi caratteri, con il tempo, possano infine mutare.
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L’elaborato si propone di analizzare i principali punti di contatto, nell’ordinamento domestico, tra le funzioni esercitate dalla giurisdizione ordinaria civile e le attribuzioni delle Autorità amministrative indipendenti, nel tentativo di delineare un quadro sistematico dei rapporti. Nella prima parte dell’indagine, ci si sofferma sui variegati strumenti di risoluzione delle controversie coniati in seno alle Autorità indipendenti, cercando di sviluppare un’essenziale classificazione per categorie omogenee, al fine di vagliare la compatibilità dei diversi modelli con il dato costituzionale. Successivamente, si sposta l’indagine sulle interferenze emergenti con riferimento a quelle attività delle Authorities assimilabili all’applicazione della legge al caso concreto nel contesto del pubblic enforcement. Tra queste, spicca la delicata questione del valore dei provvedimenti delle Authorities nei (correlati) processi civili risarcitori, soprattutto a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 7, d.lgs. 3/2017, che ha plasmato un inedito «vincolo» per il giudice ordinario all’accertamento dell’AGCM. Alla previsione normativa si associa la tendenza giurisprudenziale a riconoscere una particolare “attitudine probatoria” anche ai provvedimenti di altre Autorità indipendenti, pur in assenza di specifica previsione normativa. Nel corso della trattazione, più che limitarsi ad esprimere una preferenza tra le diverse soluzioni già proposte dalla dottrina, si cerca di gettare le basi per un’interpretazione autonoma e sistematica del fenomeno. Adottando un approccio quanto più possibile interdisciplinare, si cercano di coniugare i punti di approdo della teoria generale dell’accertamento giuridico con quelli, gius-pubblicistici, della categoria dell’accertamento amministrativo. Si passa, infine, a vagliare le condizioni affinché tale ipotetico modello unitario possa ritenersi compatibile con altri valori di rilievo costituzionale e non solo, utilizzando quale parametro di riferimento l’art. 6 Cedu, come interpretato dalla Corte di Strasburgo.
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Tutti sono a conoscenza degli innumerevoli conflitti che, negli ultimi trent’anni, hanno interessato diverse aree del mondo, coinvolgendo Occidente e Oriente, a partire dalla guerra del Golfo, nel 1991, passando per la guerra nei Balcani, per arrivare alla guerra civile siriana e alla recentissima occupazione russa in Ucraina. Ciò che tende a rimanere nascosto è che, di fianco alle forze militari e para-militari, come personale sanitario e scienziati specializzati in vari ambiti, in ognuna di queste situazioni hanno operato e operano tutt’oggi figure che sono tendenzialmente invisibili, almeno sotto il punto di vista della copertura mediatica: gli interpreti. La loro invisibilità, tuttavia, ha iniziato a venire meno a partire dai primi anni del XXI secolo per merito di alcuni studiosi di linguistica e sociologia che, mossi da svariate motivazioni, hanno analizzato e approfondito diversi aspetti e sfaccettature proprie di questo ruolo. Questo elaborato si propone di analizzare i progressi fatti in campo dello studio del fenomeno dell’interpretazione (e della mediazione) in zone di conflitto. In primo luogo, sarà necessario definire chi effettivamente siano gli interpreti nelle aree di guerra, come e quando nascono e per quale motivo. A questo punto, saranno approfondite le responsabilità proprie di queste figure, ma anche le questioni etiche e morali affrontate sia dai mediatori, sia dalle istituzioni per cui lavorano, comprese quelle dell’identità e della fiducia. In seguito, il focus dell’elaborato si sposterà sui cosiddetti “non-professional interpreters”, sul loro reclutamento nella storia recente e sulle conseguenze causate da tali incarichi negli interpreti stessi. Infine, si prenderanno in analisi alcuni casi studio, in particolare quelli dell’Afghanistan e dell’Iraq, per cercare di capire in che modo e in quale misura gli interpreti in zone di conflitto siano tutelati da un punto di vista giuridico.