8 resultados para Dadaismo
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Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP)
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Pós-graduação em Filosofia - FFC
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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)
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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)
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La ricerca ha bene analizzato lo stretto rapporto che si instaura fra le Avanguardie Storiche e le tecnologie più innovative dei primi anni del Novecento. Con il Futurismo (argomento trattato nel primo anno di ricerca di dottorato) e, in seguito, con il Dadaismo (principale soggetto di studio del secondo anno di ricerca), la candidata sottolinea i rapporti fra le avanguardie artistiche e la neonata tecnica cinematografica (1895). Il primo capitolo si concentra sugli enormi cambiamenti, sia materiali sia culturali, vissuti dalla nuova società di inizio Novecento. I principali concetti analizzati sono: i molteplici sviluppi tecnologici, la disputa teorica sul cinematografo che, tra il 1905 e il 1907, acquista maggiore rilevanza e la nuova “visione” della realtà. In particolare modo nel primo capitolo si affronta anche il dibattito culturale di fine Ottocento che contribuirà alle avanguardistiche affermazioni futuriste. L’idea di confrontare, in perfetta omologia, la nuova “visione” del cinema e le più importanti scoperte materiali del tempo è un interessante apporto a tutta la ricerca dove l’utilizzo del mezzo cinematografico diventa un mezzo perfetto per analizzare i flussi temporali, non più diacronici bensì sincronici dei fenomeni artistici. Inoltre, si sottolinea come la crescente convergenza fra differenti forme artistiche e il cinema d’avanguardia diventino uno strumento culturale capace di aprire nuovi universi e prospettive. E’ con il Futurismo che si inizia a parlare di contaminazioni fra differenti mezzi di espressione non necessariamente legati alla “rappresentazione” pittorica o scultorea. E’ invece il movimento Dadaista a sviluppare il discorso iniziato dai Futuristi e a concretizzare il binomio arte/cinema al fine di condividere il tempo della registrazione filmica e l’intenzione artistica degli autori presi in esame. Una parte importante del lavoro è stata l’analisi e lo studio dei materiali filmici recuperati sia in ambito futurista sia in ambito dadaista. La stesura di un approfondito indice ragionato ha permesso importanti chiarimenti sull’argomento trattato. La ricerca predisposta dalla candidata si è avvalsa di strumenti metodologici differenti con l’intento di far emergere il complesso degli interventi dei principali artisti operanti all’interno dei due movimenti presi in esame, tracciandone le omologie con le principali innovazioni tecnologiche.
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Fluxus è stato definito il più radicale e sperimentale movimento artistico degli anni Sessanta. Dalla prima comparsa ad oggi è stato osannato, analizzato, dimenticato e riscoperto molte volte, tuttora però rimane una delle più grandi incognite critiche della storia dell’arte del Novecento. La ricerca si sviluppa secondo uno schema tripartito: indagare origini, ascendenze e ispirazioni; collocare e contestualizzare il periodo di nascita e sviluppo; esaminare influenze e lasciti. Attraverso un confronto di manifesti, scritti autografi e opere si è cercato di verificare punti di contatto e di continuità tra Fluxus e le Avanguardie Storiche, con particolare riferimento a Futurismo e Dadaismo. Successivamente si è cercato di ricostruire le dinamiche che hanno portato, alla fine degli anni Cinquanta, al definirsi di un terreno fertile dal quale sono germinate esperienze strettamente legate quali Happening, Performance Art e lo stesso Fluxus, del quale si sono ripercorsi i cosiddetti “anni eroici” per evidenziarne le caratteristiche salienti. Nella terza sezione sono state individuate diverse ipotesi di continuazione dell’attitudine Fluxus, dal percorso storico-filologico dei precoci tentativi di musealizzazione, alle eredità dirette e indirette sulle generazioni successive di artisti, fino alla individuazione di idee e concetti la cui attualità rende Fluxus un elemento imprescindibile per la comprensione della cultura contemporanea.
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Without a doubt, one of the biggest changes that affected XXth century art is the introduction of words into paintings and, in more recent years, in installations. For centuries, if words were part of a visual composition, they functioned as reference; strictly speaking, they were used as a guideline for a better perception of the subject represented. With the developments of the XXth century, words became a very important part of the visual composition, and sometimes embodied the composition itself. About this topic, American art critic and collector Russell Bowman wrote an interesting article called Words and images: A persistent paradox, in which he examines the American and the European art of the XXth century in almost its entirety, dividing it up in six “categories of intention”. The aforementioned categories are not based on the art history timeline, but on the role that language played for specific artists or movements. Taking inspiration from Bowman's article, this paper is structured in three chapters, respectively: words in juxtaposition and free association, words as means of exploration of language structures, and words as means for political and personal messages. The purpose of this paper is therefore to reflect on the role of language in contemporary art and on the way it has changed from artist to artist.
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El material recopilado permite la reconstrucción del proceso de proyecto. Una edificación “abierta y tan ligera que no cueste trabajo demoler”, desarrollando un pabellón-itinerario a partir de los objetos expuestos, son “criterios” expresados en la memoria. La restitución del pabellón en el contexto de los años 50, a partir de la relación entre arquitectos y artistas plásticos, se concreta en el grupo de la calle Bretón de los Herreros culminando con la instalación interior del pabellón de Bruselas de J.A Corales y R.V. Molezún, en 1958. La similitud de temas con Le Corbusier y experiencias del Independent Group, con la incorporación directa de alusiones al Constructivismo, Dadaismo y Neoplasticismo, en contraste con el pensamiento de otros arquitectos expresado en las Sesiones de Crítica de Arquitectura, permiten concluir que este “eslabón perdido” es imprescindible en el proceso de depuración formal del arquitecto, que concluirá con los cubos o “cajas mágicas”.