999 resultados para Cartier-Bresson, Henri, 1908-2004


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Coordenação de Aperfeiçoamento de Pessoal de Nível Superior (CAPES)

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Suomen slavistiikan vuosikymmenet. Näyttely Slaavilaisessa kirjastossa 19.10.2004 - 28.2.2005. Näyttely on järjestetty yhteistyössä 40 vuotta täyttävän Suomen Slavistipiirin kanssa.

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This article compares the different photographic acts of Henri Cartier-Bresson and Sebastião Salgado.

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Questo lavoro nasce principalmente da un legame affettivo e di parentela che mi lega alla figura di Mario Giacomelli e alla sua grande opera di fotografo che lo ha portato a raggiungere un ruolo fondamentale nella storia della fotografia contemporanea. Ricordo che sin da quando ero bambino rimanevo affascinato dalle sue opere, da quei paesaggi fotografati in bianco e nero, da quelle sagome dei pretini che sembrano danzare nel vuoto, il tutto però senza capire la vera importanza di quello che avevo davanti ai miei occhi e ignorando completamente tutto l’interesse, le critiche e i dibattiti che quegli scatti accendevano in quegli anni, al punto di venire addirittura esposti in quello che si può definire il museo di arte moderna per antonomasia, ovvero il MoMa, in fondo per me non era altro che uno zio. Il ricordo mi porta nella sua piccola e buia Tipografia Marchigiana, in pieno centro storico a Senigallia, proprio dietro il Municipio, dove lo trovavo sempre indaffarato con timbri, foto e oggetti di ogni tipo, sommerso in un caos primordiale. È incredibile pensare come in quel minuscolo negozio siano passati tutti i più grandi personaggi della fotografia italiana, quali Giuseppe Cavalli, Ferruccio Ferroni, Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna; dietro quella facciata di piccola bottega si nascondeva un universo parallelo che entrava in contatto con le più importanti gallerie e musei di arte contemporanea del mondo. Oggi al suo posto c’è una Parrucchieria. Molte cose sono cambiate, io ho capito, aimè in ritardo, l’importanza del personaggio che ho avuto la fortuna di conoscere e di avere come parente. La città stessa si è accorta solo dopo la morte, come spesso accade, di quale formidabile artista ha cresciuto, un artista che è sempre rimasto fedele alla sua terra di origine, che ha rappresentato una fonte inesauribile di spunti per la sua opera fotografica. A quel punto si è scatenato un turbinio di conferenze, mostre e pubblicazioni sul lavoro di Giacomelli, tanto che sarebbe rimasto impossibile a chiunque non capire il peso che questa figura ha ancora oggi per la città. Proprio lo scorso Novembre è ricorso il decennale della sua scomparsa e in questa occasione si è dato il via ad una infinita serie di iniziative, mostre, conferenze e pubblicazioni dedicate alla figura del fotografo senigalliese, ribadendo la necessità per la città di dotarsi di uno spazio idoneo ad ospitare questi eventi. In una recente intervista condotta dal quotidiano Il Resto del Carlino, Simone Giacomelli, figlio del fotografo, ha sottolineato l’urgenza della creazione di uno spazio dedicato alle fotografie del padre “Io lavoro molto con l'estero e sono in contatto con appassionati che arrivano da tutto il mondo per ammirare le foto di Giacomelli. C'è un gruppo di studenti che mi ha contattato dall'Australia. Ho dovuto dire di aspettare perché in città c'è una raccolta di foto al Museo mezzadria ed una parte al Museo dell'informazione. Manca un luogo dove si possa invece vedere tutta la produzione.”. Con queste premesse il progetto per un Centro Internazionale della Fotografia non poteva che essere a Senigallia, non tanto per il fatto di essere la mia città, alla quale sono molto legato, quanto per l’essere stata la culla di un grande artista quale Mario Giacomelli, dalla quale non si è mai voluto allontanare e che ha rappresentato per lui la fonte di ispirazione di quasi tutte le sue opere. Possiamo dire che grazie a questo personaggio, Senigallia è diventata la città della Fotografia, in quanto non passa settimana senza che non venga presentata una nuova iniziativa in ambito fotografico e non vengano organizzate mostre di fotografi di calibro internazionale quali Henri Cartier Bresson, Ara Guler, etc… Ecco quindi motivato il titolo di Internazionale attribuito al museo, in quanto da questo cuore pulsante si dovranno creare una serie di diramazioni che andranno a collegare tutti i principali centri di fotografia mondiali, favorendo lo scambio culturale e il dibattito. Senigallia è una città di modeste dimensioni sulla costa adriatica, una città dalle grandi potenzialità e che fa del turismo sia balneare che culturale i suoi punti di forza. La progettazione di questa sede museale mi ha permesso di affrontare e approfondire lo studio storico della città nella sua evoluzione. Da questa analisi è emerso un caso molto particolare ed interessante, quello di Piazza Simoncelli, un vuoto urbano che si presenta come una vera e propria lacerazione del tessuto cittadino. La piazza infatti è stata sede fino al 1894 di uno dei quattro lotti del ghetto ebraico. Cambia quindi il ruolo del sito. Ma la mancata capacità aggregativa di questo vuoto, data anche dal fatto della mancanza di un edificio rappresentativo, ne muta il ruolo in parcheggio. E’ la storia di molti ghetti italiani inseriti in piani di risanamento che vedevano la presenza del costruito antecedente, come anomalia da sanare. E’ la storia del ghetto di Roma o di quello di Firenze, che sorgeva nel luogo dell’attuale Piazza della Repubblica. Tutti sventrati senza motivazioni diverse che non la fatiscenza dell’aggregato. A Senigallia il risultato è stato una vera e propria lacerazione del tessuto urbano, giungendo alla produzione di un vuoto oppositivo al resto della città, che ha portato la perdita della continuità spaziale, se non si vuole poi far riferimento a quella culturale. Il mio intervento quindi vede nel legame con la storia e con l’identità del luogo un punto fondamentale di partenza. Da queste basi ho cercato di sviluppare un progetto che ha come presupposto il forte legame con la memoria del luogo e con le architetture locali. Un progetto che possa rappresentare un polo culturale, un cuore pulsante dove poter sviluppare e approfondire le conoscenze fotografiche, dal quale poter entrare in contatto con tutti i principali centri dedicati alla fotografia e nel quale poter tenere sempre vivo il ricordo di uno dei più importanti artisti che la città ha avuto la fortuna di crescere.

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En 1946, Muni de son Rolleiflex, Dib, tout jeune photographie sa ville natale Tlemcen. En 1994, il publie son livre Tlemcen ou les lieux d’écriture, un texte empreint de nostalgie et d’amour pour sa ville et pour son pays. Ses photos y côtoient ses textes anciens dans un biblio personnel. Le lecteur se trouve entre un présent et un passé appelé sémiologiquement de deux procédés différents, mais complémentaires ; l’image et le texte. Dans cet article, nous nous proposons d’étudier comment la photographie s’est installée dans l’œuvre de Dib et comment elle se trouve au centre de son intérêt littéraire et nostalgique à la fois. Puis, nous verrons comment l’intertexte, devenu autotexte, est un moyen de vivre la nostalgie.   

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De nos jours, il ne suffit pas de décoder pour être considéré comme alphabétisé, il faut aussi être capable de comprendre différents types de textes et d'utiliser avec efficience les informations qu'ils présentent (MELS, 2006). Le redoublement et le retard scolaire au primaire étant le plus souvent attribuables aux difficultés en lecture et en écriture et ces faiblesses se répercutant sur la réussite des élèves dans toutes les matières (Stetson et Williams, 1992), l'importance de présenter aux élèves des situations d'apprentissage complexes qui les soutiendront dans leur apprentissage par la lecture est sans équivoque. Surtout que Horton et Lovitt (1994) mentionnent que les échecs scolaires seraient étroitement liés aux difficultés que ces élèves éprouvent lorsqu'ils apprennent en lisant. Cette étude a été réalisée à partir des données collectées dans la recherche menée en 2003-2004 par Chouinard, Bowen, Cartier, Desbiens, Laurier, Plante (2005) intitulée: «L'effet de différentes approches évaluatives sur l'engagement et la persévérance scolaire dans le contexte du passage du primaire au secondaire» (Chouinard et coll., 2005). L’objectif de la présente étude était d’explorer la relation entre l’évaluation à l’aide d’examens d'enseignants de la fin du primaire et l’apprentissage par la lecture d'élèves en difficulté d'apprentissage. Pour ce faire, deux sous-objectifs ont été retenus : (1) Comparer la relation entre les deux types d’élèves (élèves ordinaires et élèves en difficulté d’apprentissage) et le processus d’apprentissage par la lecture et (2) Comparer la relation entre les niveaux d’identification d’évaluation à l’aide d’examens des enseignants et le processus d’apprentissage par la lecture. Les trois principaux concepts de la question de recherche sont la difficulté d'apprentissage, l'apprentissage par la lecture et les pratiques évaluatives, dont l’évaluation à l’aide d’examens. Une analyse des caractéristiques des 22 recherches répertoriées a permis constater que très peu de recherche traitent de la relation entre les pratiques évaluatives et le processus d'apprentissage des élèves du primaire et encore moins impliquent des élèves en difficulté d'apprentissage. ii Afin de répondre à l'objectif de la présente étude, une recherche de type exploratoire dans une approche quantitative a été retenue. Des analyses descriptives (moyennes et écart-type), suivie par une analyse multivariée de la variance (MANOVA) à deux niveaux (2x2) ont été effectuées. Ensuite, des analyses univariées ont été conduites sur les variables qui présentaient des relations significatives afin de mieux cibler ces relations. Cent six enseignants et leurs 1864 élèves ont accepté de répondre à deux questionnaires auto-déclarés : Le questionnaire sur les pratiques évaluatives (Chouinard et coll., 2005) a été utilisé auprès des enseignants. Le questionnaire sur l'apprentissage par la lecture: Lire pour apprendre de Cartier et Butler (version 2004) a été utilisé auprès des élèves. Les résultats en lien avec les objectifs de cette étude indiquent un effet d'interaction significatif entre l’identification des enseignants à l’évaluation à l’aide d’examens (forte ou faible) et les types d'élèves (élèves en difficulté d’apprentissage et élèves ordinaires). Les élèves en difficulté d’apprentissage interprètent davantage les exigences de l’activité que les élèves ordinaires lorsqu’ils sont dans ce contexte. On remarque aussi que les élèves en difficulté d’apprentissage rapportent recourir davantage aux stratégies d’encodage et de rappel que les élèves ordinaires et ce, peu importe l’identification des enseignants à l’évaluation à l’aide d’examens. Les résultats en lien avec le premier sous-objectif ont montré une relation significative entre les types d’élèves (élèves en difficulté d’apprentissage et élèves ordinaires) et le processus d’apprentissage par la lecture. Cette relation significative se situe sur l’engagement périphérique et les stratégies cognitives. Aussi, les résultats en lien avec le deuxième sous-objectif ont révélé une relation significative entre l’évaluation à l’aide d’examens et le processus d’apprentissage par la lecture.

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Includes bibliographical references and indexes.

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