14 resultados para Autobiografie
Resumo:
Nell'ambito di un'indagine sull'identità del rivoluzionario nel XIX secolo, calata tra gli attivisti coinvolti nella Comune di Parigi, si è trattato di selezionare quelle autobiografie scritte e pubblicate da comunardi come parte integrante della loro attività politica, e così porre il problema del rapporto tra pratica autobiografica e rivoluzione, ovvero chiarire le condizioni del passage au récit, la scelta autobiografica e insieme la mise en intrigue tra esperienze individuali e rivoluzione. Questa ricerca si presenta dunque come un lavoro sulle pratiche autobiografiche all'interno delle pratiche di attivismo politico, ovvero più specificamente sulla relazione tra autobiografia e rivoluzione. In altri termini si analizza il modo in cui i rivoluzionari narravano la loro identità in pubblico, perché lo avessero fatto e cosa veicolavo in termini di stili di vita e convinzioni particolari. In quanto rivoluzionari, l'autobiografia diviene fonte e parte di ciò che essi reputavano in quel momento la propria traiettoria rivoluzionaria, la narrazione di quella che in quel momento ritenevano comunicare al pubblico come propria identità narrativa. La ricerca si articola in tre momenti. Nel primo capitolo analizzo le biografie, o meglio un piccolo gruppo tra la massa di biografie di comunardi edite all'indomani della Comune da parte della pubblicistica tanto ostile quanto partigiana della Comune. Queste narrazioni biografiche diffuse nei mesi successivi alla repressione della rivoluzione comunalista consentono di affrontare una delle condizioni fondamentali del passage au récit autobiografico che si manifesterà solo posteriormente. Il secondo e il terzo capitolo sono dedicati a due progetti autobiografici di diversa natura: la trilogia autobiografica di Jules Vallès (1879, 1881, 1886) e le Mémoires di Louise Michel (1886).
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Quello del falso è un problema con cui si sono dovuti confrontare gli specialisti di ogni epoca storica, ma che ha subito un’accelerazione e un’esasperazione con la storia del tempo presente, anche per via della simultanea presenza dei protagonisti che hanno reso più complessa una scena storica e memoriale segnata profondamente dal rapporto tra storici e testimoni e dall’articolazione della memoria pubblica e di quella privata. L’evento che più acutamente ha risentito del problema del falso in età contemporanea è certamente il genocidio degli ebrei compiuto dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale perché è proprio al cuore dell’impresa genocidiaria che è avvenuta la grande falsificazione che ha alimentato qualsiasi successivo discorso revisionista. L’emersione del testimone sulla scena pubblica ha posto pertanto in modo acuto il problema dello statuto della testimonianza rendendo l’analisi del funzionamento della memoria indispensabile per comprendere quanto un testimone sia molto più utile per la descrizione, non tanto del fatto in sé, ma del modo in cui l’evento è stato socialmente codificato, registrato e trasmesso. Il legame tra i casi esaminati, pur nella loro estrema eterogeneità, spaziando da false autobiografie, come quella di Binjamin Wilkomirski, a testi controversi, come quello di Jean-François Steiner, o da racconti contestati, come quelli di Deli Strummer e Herman Rosenblat, a narrazioni che nel tempo hanno subito importanti variazioni, come nel caso Aubrac e nelle vicende del libro di Alcide Cervi, sarà stabilito grazie alla centralità giocata, in ognuno di essi, dalla forma testimoniale e dall’altrettanto fondamentale argomentazione in termini di affaire. Il problema del falso è stato perciò indagato all’interno delle ragioni storiche e culturali che hanno determinato la formazione discorsiva che ha per soggetto il testimone e la testimonianza come più autentico punto di vista sugli eventi del passato con le relative conseguenze sul piano storico e pubblico.
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Der Beitrag untersucht Interferenzen von Literatur und Leben in höfischen Selbstzeugnissen um 1700. Am Beispiel einer autobiographischen Schlüsselerzählung von Aurora von Königsmarck wird zum einen gezeigt, wie die eigene Lebensgeschichte literarisch überformt in einer typischen galanten Erzählung dargeboten wird. An einem zweiten Beispiel, dem Briefwechsel zwischen Sophie Dorothea von Hannover und Graf Philipp von Königsmarck, lässt sich zum anderen erkennen, dass eben diese literarischen Muster aus dem Bereich der Galanterie wiederum Vorbilder für ganz reale Lebensentwürfe werden konnten. Der galante Diskurs um 1700 erweist sich als ein Diskurs, der der Verwischung der Grenzen zwischen Literatur und Leben Vorschub leistet. Dabei verstärken sich die selbstreflexiven Züge des frühneuzeitlichen Rollen-Ichs, was einerseits Handlungsspielräume neu eröffnet, andererseits von den Diskursteilnehmern eine komplexere Form von Fremd- und Selbstbeobachtung erfordert und sich deshalb als riskant erweist.
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Aharon Izaks
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Beer Bolekowers. Aroisgegeben miṭ arainfir un derklerungen fun ... M. Wišnitzer
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redakṭirt un baloichṭn ... fun D. Berkowiṭš
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Digitalisat der Ausg. Wilne, 1923
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Rezension von: Barbara Stambolis (Hrsg.): Jugendbewegt geprägt, Essays zu autobiographischen Texten von Werner Heisenberg, Robert Jungk und vielen anderen, Göttingen: V&R unipress 2013 (819 S.; ISBN 978-3-8471-0004-1; 74,99 EUR)
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Der Artikel untersucht anhand dreier exemplarisch ausgewählter Romane, inwieweit die Erzählerfunktionen zur Entlarvung und Verrätselung von Täterstrategien angesichts des Vorwurfs sexuellen Missbrauchs oder zu deren verzerrter Wahrnehmung beitragen. Er zeigt diejenigen ästhetischen Signaturen auf, die verschiedene Fokalisierungen der Reflexionen des Täterhandelns ermöglichen und knüpft an pädagogische Traditionen der Reflexionen literarischer Texte an, die klassische pädagogische Denkweisen provoziert, indem sie diese mit einem strukturalistischen Ansatz kontrastiert und sich darum bemüht, präskriptive pädagogische Ansätze zur Rekonstruktion von und Intervention in Täterstrategien um neue Fragestellungen und Erkenntnisinteresse zu bereichern. Das Interesse der Pädagogik an der gelingenden Prävention wird mit literarischen Modellen des negativen Gelingens der angewandten Täterstrategien konfrontiert. Mit Norbert Niemanns Roman „Schule der Gewalt“, Jakob Arjounis Roman „Hausaufgaben“ und Margaux Fragosos autobiographischem Roman „Tiger, Tiger“ werden drei Texte analysiert, die ein Täterhandeln und dessen Reflexion nicht nur unterschiedlichen perspektivieren und fokalisieren, sondern auch mit der ästhetischen Tradition eines am Genuss und der Raffinesse des gelingenden Missbrauchs brechenden Anleitungs-Diskurses in literarischen Texten brechen. Eine besondere Eigenschaft aller drei Texte ist zudem in der Parallelisierung schulischer und privater Missbrauchserfahrungen und der zugehörigen sozialen Räume zu sehen. (Orig.)