158 resultados para Aquila pennata


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Dissertação de mest., Gestão e Conservação da Natureza, Faculdade de Ciências do Mar e do Ambiente, Univ. do Algarve, 2009

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Many studies suggest that migratory birds are expected to travel more quickly during spring, when they are en route to the breeding grounds, in order to ensure a high-quality territory. Using data recorded by means of Global Positioning System satellite tags, we analysed at three temporal scales (hourly, daily and overall journey) seasonal differences in migratory performance of the booted eagle (Aquila pennata), a soaring raptor migrating between Europe and tropical Africa, taking into account environmental conditions such as wind, thermal uplift and day length. Unexpectedly, booted eagles showed higher travel rates (hourly speed, daily distance, overall migration speed and overall straightness) during autumn, even controlling for abiotic factors, probably thanks to higher hourly speeds, more straight routes and less non-travelling days during autumn. Tailwinds were the main environmental factor affecting daily distance. During spring, booted eagles migrated more quickly when flying over the Sahara desert. Our results raise new questions about which ecological and behavioural reasons promote such unexpected faster speeds in autumn and not during spring and how events occurring in very different regions can affect migratory performance, interacting with landscape characteristics, weather conditions and flight behaviour.

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Tese de dout., Ecologia, Faculdade de Ciências do Mar e do Ambiente, Universidade do Algarve, 2008

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Thesis (Ph.D.)--University of Washington, 2014

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Muchos autores defienden que el deporte puede servir como medio para transmitir valores como el respeto, autocontrol, autoestima, empatía, esfuerzo, autonomía, cooperación, solidaridad, liderazgo, además de hábitos saludables. Sin embargo, la actividad físico-deportiva por sí misma no desarrolla los valores anteriormente citados automáticamente. Para favorecer el desarrollo de valores a través de actividades físico-deportivas es necesario establecer estructuras y utilizar estrategias.. El propósito de esta investigación es valorar el impacto de un programa físico-deportivo de diez semanas de duración con alumnos socialmente desfavorecidos de educación secundaria. Se desarrolló con estudiantes de tres centros educativos de características similares situados en Getafe (España), L'Aquila (Italia) y Los Ángeles (Estados Unidos). Un total de 51 alumnos participaron en este estudio, con edades comprendidas entre los quince y los diecinueve años, procedentes de once países. En esta investigación se emplea una metodología cualitativa, el estudio múltiple de casos. En la recogida de datos se obtiene información de diferentes fuentes como notas de campo escritas por el profesor, cuestionarios, diarios escritos por los alumnos, y entrevistas realizadas al final del programa a los participantes y a varios de los profesores.. Los resultados muestran un cambio progresivo de carácter positivo en el comportamiento de los estudiantes más problemáticos y una incidencia favorable en las escuelas. Se da una mejoría en las actitudes de los alumnos en relación a los aspectos clave del Modelo de Responsabilidad como el respeto, participación, esfuerzo, y autonomía personal. Sin embargo, los resultados relacionados con los últimos niveles de responsabilidad, liderazgo y transferencia, no fueron tan positivos, por lo que es razonable afirmar que la corta duración del programa, diez semanas, hace difícil consolidar estos niveles superiores. El estudio múltiple de casos revela que las percepciones de los participantes sobre este programa físico-deportivo basado en el Modelo de Responsabilidad en relación con experiencias de otras clases de Educación Física fueron muy positivas y están relacionadas con seis temas: aspectos estructurales, contenido del programa, metodología de enseñanza, rigurosidad del profesor, estrategias de reflexión y oportunidades para el liderazgo.

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This study investigated the nest site selection characteristics and diet of the Wedge-tailed Eagle, Aquila audax, in southern Victoria. It was found that sites where local topography afforded some protection from adverse weather and where the nest tree was live were most commonly selected. Rabbits were found to the major prey item of this eagle.

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Rabbits form a signifi cant component of the diet of the Wedge-tailed Eagle Aquila audax, particularly in temperate mainland Australia. The breeding-season diet of this eagle species was studied on Kangaroo Island, South Australia - a large island lacking rabbits. Wedge-tailed Eagles at three nest sites consumed mostly mammals (67% of prey individuals; 95% biomass; fi ve species), but also birds (33% of prey individuals; 5% biomass; fi ve species). Although roadkill is abundant on Kangaroo Island, further study is required to determine its relative infl uence in the diet of Wedge-tailed Eagles in this region.

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This article documents the addition of 171 microsatellite marker loci and 27 pairs of single nucleotide polymorphism (SNP) sequencing primers to the Molecular Ecology Resources Database. Loci were developed for the following species: Bombus pauloensis, Cephalorhynchus heavisidii, Cercospora sojina, Harpyhaliaetus coronatus, Hordeum vulgare, Lachnolaimus maximus, Oceanodroma monteiroi, Puccinia striiformis f. sp. tritici, Rhea americana, Salmo salar, Salmo trutta, Schistocephalus solidus, Sousa plumbea and Tursiops aduncus. These loci were cross-tested on the following species: Aquila heliaca, Bulweria bulwerii, Buteo buteo, Buteo swainsoni, Falco rusticolus, Haliaeetus albicilla, Halobaena caerulea, Hieraaetus fasciatus, Oceanodroma castro, Puccinia graminis f. sp. Tritici, Puccinia triticina, Rhea pennata and Schistocephalus pungitii. This article also documents the addition of 27 sequencing primer pairs for Puffinus baroli and Bulweria bulwerii and cross-testing of these loci in Oceanodroma castro, Pelagodroma marina, Pelecanoides georgicus, Pelecanoides urinatrix, Thalassarche chrysostoma and Thalassarche melanophrys.

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Il 6 aprile 2009 una scossa sismica del sesto grado della scala Richter ha colpito la città dell'Aquila e i centri urbani limitrofi, provocando ingenti danni e la quasi totale distruzione del centro storico aquilano. Il sisma ha provocato più di 300 vittime e 65000 sfollati sistemati in tendopoli, alberghi e moduli abitativi provvisori. Risolta l'emergenza dei primi mesi ci si trova ad affrontare il problema della ricostruzione vera e propria della città, la quale non può prescindere dalle decisioni sul futuro del centro storico. La parte "intra moenia" dell'Aquila è il centro nevralgico della città, qui si trovano i caratteri identitari di essa, i quali si perdono appena oltrepassata la cinta muraria. Il tessuto che parte dalle porte urbiche e prosegue verso la periferia è infatti frammentario e disorganizzato. Scopo principale del progetto è quello di fornire un'idea concreta per la ricostruzione del quartiere di Santa croce, una parte di centro storico ad oggi priva di identità e quasi interamente distrutta dal sisma. Accanto alle necessità di ricostruire alloggi e servizi, si pone l'obiettivo di fondare un nuovo quartiere che riprenda i tracciati storici e completi questa parte della città con una nuova identità legata al passato della stessa.

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Nell'aprile 2009 la città dell'Aquila e le zone limitrofe sono state interessate da uno sciame sismico che ha raggiunto l'apice della sua intensità durante la notte del 6 aprile, facendo registrare ai sismografi il sesto grado della scala Richter. Le conseguenze del sisma sono state devastanti, numerose le vittime e gli sfollati; ingenti i danni alla città. Molti edifici, in particolare nel centro storico, sono stati interessati da numerosi crolli o da danni spesso irreversibili, la situazione post-calamità ha quindi posto il grande problema della ricostruzione di una città consolidata. Partendo da questi presupposti il progetto si pone come obiettivo di fornire una proposta concreta per la ricostruzione dell'area di centro storico compresa fra la zona della ex chiesa di Santa Croce e il viale Duca Degli Abruzzi, tentando di ricostruire e riqualificare il tessuto che si affaccia su via Roma; Decumano della città storica. La necessità di ricostruire una parte così significativa della città ha condotto a delle riflessioni sulla natura stessa del luogo e della sua evoluzione. Si sono così potuti mettere a fuoco un certo numero di problemi urbanistici e architettonici che dal primo dopoguerra ad oggi hanno via via cambiato i caratteri fondamentali dell'area di progetto come dell'intera città; sviluppando quest'ultima in maniera piuttosto inorganica e contaminando la struttura originaria del centro storico. Il progetto vuole quindi cogliere l'occasione per riorganizzare parte del tessuto, rifacendosi ai principi generatori e ai caratteri della forma originaria dell'Aquila. Gli edifici progettati perseguono obiettivi molteplici e a volte discordanti ad esempio l' ottima qualità dell'abitare e l'economicità sono due importanti caratteristiche che si è cercato di unire tramite tecnologie votate all'efficienza energetica, alla semplificazione del cantiere e alla semiprefabbricazione. Tali strumenti tecnologici sono molto utili a razionalizzare e ottimizzare il processo costruttivo, in linea con quelle che sono le esigenze della produzione contemporanea; soprattutto in ambito residenziale.

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Prima di procedere con il progetto sono state fatte sezioni storiche dell’area, in epoche indicative, per comprendere quelle che sono le invarianti e le caratteristiche di tale tessuto. Da qui si è dedotto lo schema generatore dell’insediamento che parte dall’identificazione degli assi viari (pedonali e carrabili) già presenti nell’area, che fanno diretto riferimento allo schema cardo-decumanico generatore dell’impianto angioino della città. Con il tracciamento si individuano gli isolati base, che con variazioni formali e tipologiche hanno originato gli edifici di progetto. I corpi di fabbrica generatori della planimetria, dialogano e rimangono a stretto contatto con i pochi edifici agibili, per i quali sono previsti consolidamenti e ristrutturazioni, qualora necessari. Inevitabile è stato il confronto con l’orografia, prestando particolare attenzione a non annullare con l’inserimento degli edifici il dislivello presente, ma lasciarlo percepire chiaramente: l’attacco a terra di ogni edificio avviene gradualmente, passando dai due piani fuori terra a monte ai tre, quattro a valle. Ovviamente non tutti gli assi sono stati trattati allo stesso modo, ma conseguentemente alla loro funzione e carattere di utilizzo. Analizzando la struttura viaria dell’intera area, si presentano schematicamente due anelli di circonvallazione del centro urbano: uno più esterno, di più recente costruzione, rappresentato da via XX Settembre, e uno più vecchio, che rimane rasente al centro storico, costituito dal viale Duca Degli Abruzzi, che prosegue in viale Giovanni XXIII e termina nel viadotto Belvedere. Quest’ultimo asse rappresenta sicuramente un importante collegamento cittadino, sia per la vicinanza al centro, sia per le porzioni di città messe in comunicazione; nonostante ciò il viadotto ha subito, all’altezza di viale Nicolò Persichetti, uno smottamento dopo il 6 aprile, ed essendo un elemento di scarso valore architettonico e spaziale, la sua presenza è stata ripensata. Compiendo una deviazione su via XX Settembre al termine di viale Duca Degli Abruzzi, che va a sfruttare la già presente via Fonte Preturo, non si va a rivoluzionante l’odierno assetto, che confluisce comunque, qualche centinaio di metri dopo, in via XX Settembre è si eliminano le connotazioni negative che il viadotto avrebbe sul rinnovato ingresso al centro storico. La vivibilità tende a favorire così collegamento e all’eterogeneità degli spazi più che la separazione fisica e psicologica: il concetto di città fa riferimento alla vita in comune; per favorirla è importante incentivare i luoghi di aggregazione, gli spazi aperti. Dalle testimonianze degli aquilani la vita cittadina vedeva il centro storico come principale luogo d’incontro sociale. Esso era animato dal numeroso “popolo” di studenti, che lo manteneva attivo e vitale. Per questo nelle intenzioni progettuali si pone l’accento su una visione attiva di città con un carattere unitario come sostiene Ungers3. La funzione di collegamento, che crea una struttura di luoghi complementari, può essere costituita dal sistema viario e da quello di piazze (luoghi sociali per eccellenza). Via Fontesecco ha la sua terminazione nell’omonima piazza: questo spazio urbano è sfruttato, nella conformazione attuale, come luogo di passaggio, piuttosto che di sosta, per questo motivo deve essere ricalibrato e messo in relazione ad un sistema più ampio di quello della sola via. In questo sistema di piazze rientra anche la volontà di mettere in relazione le emergenze architettoniche esistenti nell’area e nelle immediate vicinanze, quali la chiesa e convento dell’Addolorata, Palazzo Antonelli e la chiesa di San Domenico (che si attestano tutte su spazi aperti), e la chiesa di San Quinziano su via Buccio di Ranallo. In quest’ottica l’area d’intervento è intesa come appartenente al centro storico, parte del sistema grazie alla struttura di piazze, e allo stesso tempo come zona filtro tra centro e periferia. La struttura di piazze rende l’area complementare alla trama di pieni e vuoti già presente nel tessuto urbano cittadino; la densità pensata nel progetto, vi si accosta con continuità, creando un collegamento con l’esistente; allontanandosi dal centro e avvicinandosi quindi alle più recenti espansioni, il tessuto muta, concedendo più spazio ai vuoti urbani e al verde. Via Fontesecco, il percorso che delimita il lato sud dell’area, oltre ad essere individuata tra due fronti costruiti, è inclusa tra due quinte naturali: il colle dell’Addolorata (con le emergenze già citate) e il colle Belvedere sul quale s’innesta ora il viadotto. Questi due fronti naturali hanno caratteri molto diversi tra loro: il colle dell’Addolorata originariamente occupato da orti, ha un carattere urbano, mentre il secondo si presenta come una porzione di verde incolto e inutilizzato che può essere sfruttato come cerniera di collegamento verticale. Lo stesso declivio naturale del colle d’Addolorata che degrada verso viale Duca Degli Abruzzi, viene trattato nel progetto come una fascia verde di collegamento con il nuovo insediamento universitario. L’idea alla base del progetto dell’edilizia residenziale consiste nel ricostruire insediamenti che appartengano parte della città esistente; si tratta quindi, di una riscoperta del centro urbano e una proposta di maggior densità. Il tessuto esistente è integrato per ottenere isolati ben definiti, in modo da formare un sistema ben inserito nel contesto. Le case popolari su via Fontesecco hanno subito con il sisma notevoli danni, e dovendo essere demolite, hanno fornito l’occasione per ripensare all’assetto del fronte, in modo da integrarlo maggiormente con il tessuto urbano retrostante e antistante. Attualmente la conformazione degli edifici non permette un’integrazione ideale tra i percorsi di risalita pedonale al colle dell’Addolorata e la viabilità. Le scale terminano spesso nella parte retrostante gli edifici, senza sfociare direttamente su via Fontesecco. Si è quindi preferito frammentare il fronte, che rispecchiasse anche l’assetto originario, prima cioè dell’intervento fascista, e che consentisse comunque una percezione prospettica e tipologica unitaria, e un accesso alla grande corte retrostante. Il nuovo carattere di via Fontesecco, risultante dalle sezioni stradali e dalle destinazioni d’uso dei piani terra degli edifici progettuali, è quello di un asse commerciale e di servizio per il quartiere. L’intenzione, cercando di rafforzare l’area di progetto come nuovo possibile ingresso al centro storico, è quella di estendere l’asse commerciale fino a piazza Fontesecco, in modo da rendere tale spazio di aggregazione vitale: “I luoghi sono come monadi, come piccoli microcosmi, mondi autonomi, con tutte le loro caratteristiche, pregi e difetti, inseriti in un macrocosmo urbano più grande, che partendo da questi piccoli mondi compone una metropoli e un paesaggio”.4[...] Arretrando verso l’altura dell’Addolorata è inserita la grande corte del nuovo isolato residenziale, anch’essa con servizi (lavanderie, spazi gioco, palestra) ma con un carattere diverso, legato più agli edifici che si attestano sulla corte, anche per l’assenza di un accesso carrabile diretto; si crea così una gerarchia degli spazi urbani: pubblico sulla via e semi-pubblico nella corte pedonale. La piazza che domina l’intervento (piazza dell’Addolorata) è chiusa da un edificio lineare che funge da “quinta”, il centro civico. Molto flessibile, presenta al suo interno spazi espositivi e un auditorium a diretta disposizione del quartiere. Sempre sulla piazza sono presenti una caffetteria, accessibile anche dal parco, che regge un sistema di scale permettendo di attraversare il dislivello con la “fascia” verde del colle, e la nuova ala dell’Hotel “Duca degli Abruzzi”, ridimensionata rispetto all’originale (in parte distrutto dal terremoto), che si va a collegare in maniera organica all’edificio principale. Il sistema degli edifici pubblici è completo con la ricostruzione del distrutto “Istituto della Dottrina Cristiana”, adiacente alla chiesa di San Quinziano, che va a creare con essa un cortile di cui usufruiscono gli alunni di questa scuola materna ed elementare. Analizzando l’intorno, gran parte dell’abitato è definito da edifici a corte che, all’interno del tessuto compatto storico riescono a sopperire la mancanza di spazi aperti con corti, più o meno private, anche per consentire ai singoli alloggi una giusta illuminazione e areazione. Nel progetto si passa da due edifici a corti semi-private, chiusi in se stessi, a un sistema più grande e complesso che crea un ampio “cortile” urbano, in cui gli edifici che vi si affacciano (case a schiera e edifici in linea) vanno a caratterizzare gli spazi aperti. Vi è in questa differenziazione l’intenzione di favorire l’interazione tra le persone che abitano il luogo, il proposito di realizzare elementi di aggregazione più privati di una piazza pubblica e più pubblici di una corte privata. Le variazioni tipologiche degli alloggi poi, (dalla casa a schiera e i duplex, al monolocale nell’edilizia sociale) comportano un’altrettanta auspicabile mescolanza di utenti, di classi sociali, età e perché no, etnie diverse che permettano una flessibilità nell’utilizzo degli spazi pubblici.