922 resultados para political thought


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La ricerca indaga tensioni e trasformazioni che investono le principali correnti di pensiero politico in Francia nei primi anni della monarchia di Luglio, e vi osserva l’emergere del concetto di classe. Assumendo la dimensione dell’avvenimento come punto di intersezione fra storia e teoria, l’elaborato si concentra sul periodo novembre 1831-giugno 1832 per analizzare il modo in cui, nell’ordine del discorso politico repubblicano, liberale e socialista, le vicende di questi mesi vengono interpretate cercando di dar nome alle figure sociali che esse fanno irrompere nel dibattito pubblico. Il titolo Fra il nome e la storia fa dunque riferimento allo sforzo di indagare il campo di tensione che si apre fra concreto divenire storico e grandi operazioni di nominazione che segnano l’affiorare di strutture concettuali della lunga durata. L’emergere della nozione di classe operaia e delle categorie che intorno a essa si organizzano viene interpretata come una «formazione discorsiva» che pone in questione significato e confini del politico. La frattura del 1848 è assunta come orizzonte e margine esterno della ricerca nella misura in cui si ipotizza che essa segni una prima affermazione del regime di verità di tale formazione discorsiva: lo statuto politico del lavoro. L’elaborato consta di quattro capitoli. I primi tre indagano la riflessione sul politico e la funzione che in essa svolge il concetto di classe a partire dall’interpretazione di alcuni avvenimenti del tornante 1831-32 proposta nel discorso repubblicano del quotidiano «Le National» e della Société des Amis du Peuple, in quello del liberalismo dottrinario di François Guizot e in quello socialista nascente, prima del movimento sansimoniano, e poi muovendo fino al 1848 francese con l’analisi propostane da Karl Marx. Il quarto capitolo indaga infine la dimensione del «sociale», la sua elaborazione e articolazione attraverso il lavoro di studio e oggettivazione delle figure del mondo del lavoro.

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Il presente lavoro di ricerca si propone di discutere il contributo che l’analisi dell’evoluzione storica del pensiero politico occidentale e non occidentale riveste nel percorso intellettuale compiuto dai fondatori della teoria contemporanea dell’approccio delle capacità, fondata e sistematizzata nei suoi contorni speculativi a partire dagli anni Ottanta dal lavoro congiunto dell’economista indiano Amartya Sen e della filosofa dell’Università di Chicago Martha Nussbaum. Ci si ripropone di dare conto del radicamento filosofico-politico del lavoro intellettuale di Amartya Sen, le cui concezioni economico-politiche non hanno mai rinunciato ad una profonda sensibilità di carattere etico, così come dei principali filoni intorno ai quali si è imbastita la versione nussbaumiana dell’approccio delle capacità a partire dalla sua ascendenza filosofica classica in cui assume una particolare primazia il sistema etico-politico di Aristotele. Il pensiero politico moderno, osservato sotto il prisma della riflessione sulla filosofia della formazione che per Sen e Nussbaum rappresenta la “chiave di volta” per la fioritura delle altre capacità individuali, si organizzerà intorno a tre principali indirizzi teorici: l’emergenza dei diritti positivi e sociali, il dibattito sulla natura della consociazione nell’ambito della dottrina contrattualista e la stessa discussione sui caratteri delle politiche formative. La sensibilità che Sen e Nussbaum mostrano nei confronti dell’evoluzione del pensiero razionalista nel subcontinente che passa attraverso teorici antichi (Kautylia e Ashoka) e moderni (Gandhi e Tagore) segna il tentativo operato dai teorici dell’approccio delle capacità di contrastare concezioni politiche contemporanee fondate sul culturalismo e l’essenzialismo nell’interpretare lo sviluppo delle tradizioni culturali umane (tra esse il multiculturalismo, il comunitarismo, il neorealismo politico e la teoria dei c.d. “valori asiatici”) attraverso la presa di coscienza di un corredo valoriale incentrato intorno al ragionamento rintracciabile (ancorché in maniera sporadica e “parallela”) altresì nelle tradizioni culturali e politiche non occidentali.

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La tesi affronta la vita e la riflessione politica di Beatrice Potter collocandola all’interno del pensiero politico britannico ed europeo della fine dell’Ottocento e dei primi decenni del Novecento. Rispetto alla maggior parte della bibliografia disponibile, risulta un’autonomia e un’originalità anche rispetto alla riflessione del marito Sidney Webb. La riflessione politica di Potter è caratterizzata in primo luogo dalla ricerca del significato immediatamente politico di quella scienza sociale, che si sta affermando come approccio scientifico dominante nell’intero panorama europeo. Il lavoro è diviso in tre ampi capitoli così suddivisi: il primo ricostruisce l’eredità intellettuale di Potter, con particolare attenzione al rapporto con la filosofia evoluzionista di Herbert Spencer, suo mentore e amico. In questo capitolo vengono anche discussi i contributi di John Stuart Mill, Joseph Chamberlain, Alfred Marshall e Karl Marx e la loro influenza sull’opera di Potter. Il secondo capitolo prende in esame la sua opera prima dell’incontro con il marito e mostra come lo studio della povertà, del lavoro, della metropoli, della cooperazione e delle condizioni delle donne getti le basi di tutta la produzione successiva della partnership. Lo studio politico della povertà, cioè la messa a punto di una scienza amministrativa del carattere sociale del lavoro, rappresenta uno degli elementi principali di quella che viene qui definita un’epistemologia della democrazia. Il terzo capitolo riprende il tema cruciale della democrazia nella sua accezione «industriale» e indaga il ruolo funzionale dello Stato, anche in relazione alla teoria pluralista di Harold Laski, al socialismo guildista di George D. H. Cole e all’idealismo di Bernard Bosanquet. Centrale in questo confronto del pensiero di Potter con il più ampio dibattito degli anni venti e trenta sulla sovranità è la concezione della decadenza della civiltà capitalista e dell’emergere di una new civilisation, dopo la conversione al comunismo sovietico.

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Degli anni Settanta si parla, ormai quasi canonicamente, come gli anni della crisi, una crisi che compare quasi simultaneamente fuori e dentro i confini nazionali, e si configura come vera e propria crisi di sistema. Considerando il turning point rappresentato dai Seventies, è diffusa l'interpretazione nel contesto italiano del paradigma politologico secondo il quale è nella mancanza e nelle assenze del sistema politico-istituzionale alle domande di modernizzazione democratica provenienti dalle soggettività che emergono in quella che è stata definita la “stagione dei movimenti” che andrebbero individuate le radici prima della scelta della violenza come strumento di lotta politica e poi del cosiddetto “riflusso”. Questo studio cerca di analizzare le dinamiche e gli sviluppi nella relazione tra movimento femminista e violenza politica in Italia tra anni settanta e anni ottanta. Per comprendere ed analizzare le dinamiche di tale sviluppo è stato necessario prima ricostruire la genealogia del concetto di violenza politica elaborato dalla filosofia politica nel XX secolo e poi confrontarlo con il concetto di violenza proposto dal pensiero femminista nello stesso arco temporale. Allo stesso tempo si è considerato il fenomeno della violenza politicamente motivata agita nel decennio settanta, analizzando le specificità del femminismo stesso, ma anche, la possibilità di individuare lo scarto – politico, ideologico e esistenziale – tra le definizioni date dalla pratica femminista alla categoria di violenza e le peculiarità degli altri movimenti che si muovevano nella scena politica e sociale tra anni settanta e anni ottanta

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While much of Aristotle's works are preserved in various volumes, two of his famous works are the Nichmachean Ethics and the Politics, both of which contain a rich compilation of ethical and political thought. In the Ethics, Aristotle describes a thorough understanding of ethical and intellectual virtue. By pursuing these virtues, Aristotle argues that a person can achieve a life of fulfilling happiness. The ideal polis as described in the Politics serves as a place where the virtuous life is attained in the best manner.Citizens who pursue virtue make the polis better, and the rulers that guide the polis ensure that the citizens have every opportunity to pursue the virtuous life. In this thesis, I see how relevant Aristotle's theory is by laying out the basic principles of the Ethics and the Politics and the connections between the two works. Indoing so, I found that Aristotle's ideal theory points out a significant flaw in our political system: the fact that we do not share a common moral conception such as the one concerned with the virtuous life as Aristotle proposes. This does not suggest thatAristotle's view was actualized during his time period, but that Aristotle conceives of an ideal life and an ideal polis that could be realized. Certainly there are issues with Aristotle's thesis concerning the inferiority of slaves and women. But what is morepoignant is the impracticality of instituting a shared common conception when today's political system permits various ideas about ethics and morality.

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Vorwort von Horkheimer, Max und Ardorno, Theodor W. zu: Schmidt, Alfred: Der Begriff der Natur in der Lehre Marx. Frankfurt am Main 1962, Frankfurter Beiträge zur Soziologie Band 11. Mehrere Typoskripte und zwei Entwürfe, Typoskrip c mit eigenhändigen Korrekturen von Theodor W. Adorno, 2 Blatt; zweiter Entwurf mit handschriftlichen Korrekturen von Friedrich Pollock, 1 Blatt; Schmidt, Alfred: Gutachten über die Inauguraldissertation 'Die Rolle der Natur in der Marxschen Konzeption der Gesselschaft'. Typoskript mit eigenhändigen Korrekturen, 4 Blatt; Typoskript, 7 Blatt; Pollock, Friedrich: Eigenhändige Notize und Korrekturvorschläge zur Dissertation von Alfred Schmidt, 24 Blatt; Vorlesungen über Autorität und Gesellschaft [Columbia University New York]; 1936-37 "Authority and Status in Modern Society"; 1937-38 "Authoritarian Thought and Institutions in Europe"; 1938-39 "Authoritarian Doctrines and modern European Institutions"; Einleitende Vorlesung über Autorität und Gesellschaft, 1936/37 (Max Horkheimer). Drei englsiche Fassungen, eine deutsche Fassung (GS 12, S.39-68); Zweite Vorlesung über Autorität und Gesellschaft (Max Horkheimer). Englische Fassung, Typoskript mit eigenhändigen Korrekturen, 27 Blatt; deutsche Fassung, Typoskript mit eigenhändigen Korrekturen, 20 Blatt (GS 12, S.39-68); "History" (Herbert Marcuse). Typoskript mit eigenhändigen Korrekturen, 7 Blatt; "Empirical Research" (Paul Lazarfeld). Typoskript, 7 Blatt; "Economica" (Friedrich Pollock). Typoskript, 9 Blatt; "Authoritarian State" (Franz Neumann). Typoskript mit handschriftlichen Korrekturen, 18 Blatt; Teilstück, Typoskript mit handschriftlichen Korrekturen, 1 Blatt; "Education" (Leo Löwenthal ?). Typoskript, 6 Blatt; Einleitung in den psychologischen Teil (Fromm). Englische Fassung, Typoskript, 5 Blatt; Abschlußvorlesung: Zusammenfassung (Max Horkheimer). Englische Fassung, Typoskript mit eigenhändigen und handschriftlichen Korrekturen, 9 Blatt; deutsche Fassung, Typoskript, 5 Blatt (GS 12, S. 39-68); Teilstücke (Entwürfe ?) zu den Vorlesungen. Typoskript mit eigenhändigen Korrekturen, 5 Blatt; Eigenhändige Notizen zu den Vorlesungen, 6 Blatt; Literaturlisten. Als Typoskript vervielfältigt, 3 Blatt; Vorlesungsankündigungen. Als Typoskript vervielfältigt, 4 Blatt; Typoskript, 2 Blatt; Ohne Namen: "Errors in Professor Horkheimers Lecture". Stichworte zu sprachlichen Fehlern Max Horkheimers, 4 Blatt; "Über Logik": Vorlesung von Max Horkheimer, 1939. Typoskript mit handschriftlichen Ergänzungen von Herbert Marcuse, 17 Blatt; Typoskript mit eigenhändigen Korrekturen, 10 Blatt (GS 12, S. 69-74); Vorlesungsankündigungen der Institutsmitglieder (1941 ?); Horkheimer, Max: "The Social Psychology of Mass Movements"; Horkheimer, Max: "Modern Utopias and their Social Background"; Adorno, Theodor W.: "Sociology of Art"; Adorno, Theodor W.: "Sociology of Popular Music"; Marcuse, Herbert: "Social and Intelectual Foundations of Modern European Democracy"; Marcuse, Herbert: "The Development of Social Thought in der Modern Era"; Neumann, Franz: "History of Modern Political Thought"; Neumann, Franz: "Sociology of Legal Institutions"; Löwenthal, Leo: "Sociology of Modern Popular Literature"; Löwenthal, Leo: "Social Trends in European Literature since the Renaissance"; Kirchheimer, Otto: "Sociology of Political Institutions"; Kirchheimer, Otto: "Development of Criminological Thought". Typoskript, 13 Blatt; Typoskript, 7 Blatt; Typoskript mit handschriftlichen Korrekturen, 14 Blatt;

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La crítica tradicionalmente ha sido muy severa con Réstif de la Bretonne, a quien ha relegado a un segundo plano durante más de cien años por considerarlo un autor marginal. A principios del siglo XX es rescatado de la oscuridad gracias a las teorías freudianas pero recién en los años sesenta se estudia su obra desde otros puntos de vista. Contribuyendo a esta línea, el presente artículo intenta aportar elementos que permitan devolver a Réstif de la Bretonne el lugar que le corresponde dentro de la historia de la literatura y del pensamiento político. A lo largo del siglo XVIII el espacio adquiere un valor fundamental porque se supone que debe ser conocido y dominado para poseer las leyes del mundo entero. Dentro de este marco la novela utópica de nuestro autor titulada El Descubrimiento Austral. Novela Filosófica, textualiza posturas aparentemente disímiles acerca del espacio que convierten a Réstif en uno de los símbolos del período de transición que representa. Las ideas vertidas en esta novela nos permiten afirmar que Réstif de la Bretonne se adelanta, sin duda, a movimientos del siglo XIX como el Socialismo Utópico, el Romanticismo y el Nacionalismo.

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Las construcciones teóricas elaboradas a lo largo de la Antigüedad Tardía buscaban, en su gran mayoría, poner en destaque la autoridad y el poder que deberían ser ejercidos por el rey en el espacio geográfico de su reino. Además de la evidente herencia del pensamiento político clásico romano, que ya apuntaba la supremacía teórica del magistrado o del princeps respecto al cuerpo social y político, el modelo cristiano del princeps christianus sacratissimus, que se construye a partir del siglo IV, ofrecía la perspectiva de que el gobernante debería imponer las leyes para hacer valer la justicia a los inocentes. Tales ideas se mantuvieron en el reino hispanovisigodo de Toledo y para tanto tenemos indicios en las fuentes isidorianas, conciliares y leges antiquas. Sin embargo, la antitesis entre teoría y el ejercicio práctico del poder se presenta muy claramente en las disputas nobiliarias afectando directamente el poder del rey y todas sus atribuciones. Es el caso del reinado de Chintila (636-640), en el cuál la ley tenía como principal objetivo la protección de los grupos de apoyo político del monarca.

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Las ideas de Simón Bolívar sobre América y sobre Europa han recibido alguna atención de los investigadores. Mucho menos las que expresó sobre Asia y África. Aunque fueron marginales a su pensamiento, la reunión de sus alusiones al respecto permite arrojar alguna luz sobre la reflexión de la Independencia y sobre los cambios que el Libertador experimentó en su percepción del naciente mundo que aparecía ante sus ojos. Partiendo de una actitud orientalista y despectiva inicial, con el tiempo llegó a pensar que el Oriente no podía descartarse como influencia en las instituciones americanas.

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La ponencia aborda la cuestión del origen inmediato del poder político en Francisco Suárez, a partir de un análisis de su formulación de la teoría de la traslación. Tras plantear dicha teoría, dominante en la segunda escolástica, el trabajo intenta una aproximación al problema de en qué medida la filosofía política del Eximio –y en particular su teoría de la traslación- expresa continuidad o ruptura respecto de la tradición política de la escolástica aristotélica.

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En Women in Western Political Thought, Susan Moller Okin busca mostrar, mediante el análisis de una serie de autores paradigmáticos del pensamiento político occidental, que la causa de que las mujeres continuemos siendo ciudadanas de segunda radica en que la mujer ha sido pensada casi siempre desde una perspectiva funcionalista: ninguno de los autores puede pensar a la mujer fuera del ámbito privado y como madres-esposas. Partiendo de esta hipótesis, este trabajo pretende reconstruir la lectura que la autora realiza de Platón y Aristóteles

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La relación entre teoría política y literatura quizás no pueda contarse entre las más fecundas si se la compara con el vínculo que han establecido disciplinas como la filosofía, la historia y la psicología. Si bien la política ha ocupado un lugar central en la literatura es difícil sostener que la teoría política haya obtenido un sitio destacado. Una notable excepción encontramos en la novela La guerra del fin del mundo de Mario Vargas Llosa, no porque el autor se dedique a la teoría política, sino por la complicidad de la trama de la novela con ciertas perspectivas teóricas contemporáneas. En este horizonte, el artículo tiene como objetivo realizar una lectura de La guerra del fin del mundo y sugerir su relación con categorías centrales de la teoría política de inspiración posfundacional como Heterogeneidad, Antagonismo, exterior constitutivo, significante vacío, discurso y hegemonía. El trabajo que presentamos, de este modo, pretende aportar a la discusión de ciertas categorías teórico políticas que muchas veces por su grado de abstracción han suscitado dificultades pero también ofrecer claves de lectura de esta novela desde la teoría política actual