145 resultados para pheromones
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Sebbene Anarsia lineatella sia un fitofago ormai da anni introdotto e diffuso in Italia, ancora poco si conosce circa le sue abitudini riproduttive. In considerazione della elevata dannosità di A. lineatella nei pescheti del nord Italia e delle scarse conoscenze sulla sua biologia, si è evidenziata la necessità di approfondire la conoscenza di questo fitofago. Pertanto gli scopi di questa ricerca hanno riguardato l’approfondimento delle conoscenze sui sistemi di comunicazione intraspecifici utilizzati da A. lineatella; la valutazione dell’efficacia di diverse miscele di feromone sintetico, in laboratorio utilizzando anche densità diverse di popolazioni di anarsia e in campo utilizzando gabbie di accoppiamento appositamente costruite, posizionate in frutteti a conduzione biologica nel nord Italia e messe a confronto con gabbie che utilizzavano come fonte attrattiva femmine vergini di tre giorni di età. Sono state condotte prove sul comportamento di maschi di A. lineatella di differenti età in risposta al feromone emesso da femmine vergini di tre giorni di età e al feromone emesso da erogatori di materiale plastico contenenti differenti miscele di feromone sintetico. Sono stati condotti studi per verificare l’influenza del contenuto di alcol ((E)5-10:OH) nella miscela feromonica sulla capacità di inibizione degli accoppiamenti, sottoponendo gli insetti a differenti concentrazioni di feromone in modo da verificare eventuali differenze di attività delle diverse miscele, differenze che emergerebbero con evidenza maggiore alle minori concentrazioni. Alcune prove sono state effettuate anche con differenti densità di popolazione, poiché una maggiore densità di popolazione determina una maggiore probabilità di accoppiamento, evidenziando più chiaramente i limiti di efficacia della miscela utilizzata. Inoltre sono state effettuate prove di campo per confrontare due modelli di erogatore per la confusione sessuale di anarsia contenenti miscele con differenti percentuali di alcol Inoltre, poiché nei pescheti la presenza di A. lineatella è pressoché sempre associata a quella di Cydia molesta e l’applicazione del metodo della confusione deve spesso essere applicato per controllare entrambi gli insetti, può risultare vantaggioso disporre di un unico erogatore contenente entrambi i feromoni; è stato quindi valutato un erogatore contenente una miscela dei due feromoni per verificare eventuali interazioni che possano ridurre l’efficacia.
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Gonocerus acuteangulatus (Hemiptera: Coreidae) è considerato uno dei principali fitofagi del nocciolo, in grado di causare con l’attività trofica pesanti perdite quali-quantitative di produzione. Nel triennio sono state quindi condotte indagini sulla bioetologia di G. acuteangulatus volte a: I) studiare comportamento alimentare ed effetti sulla produzione corilicola, II) identificare i feromoni e valutarne l’attività mediante biosaggi fisiologici e comportamentali in laboratorio, semi-campo e campo, III) rilevare le piante ospiti alternative al nocciolo. Mediante isolamento di adulti del coreide su rami di nocciolo con frutti è stata confermata l’assenza di correlazione fra entità del danno e numerosità degli individui presenti in corileto. Dalle analisi sensoriali su nocciole sane e danneggiate è emerso che le alterazioni causate delle punture di nutrizione sono rese più evidenti da conservazione e tostatura. Variazioni di tempi e temperature di tostatura potrebbero mitigare gli effetti del cimiciato. Nello studio dei feromoni, G. acuteangulatus, molto mobile nell’ambiente, è risultato poco adatto ai biosaggi in condizioni artificiali, come quelle in olfattometro e semi-campo. Le femmine sono tuttavia apparse attrattive per adulti di entrambi i sessi, mentre la miscela feromonale sintetizzata ha mostrato un’azione attrattiva, seppure non costante. Pertanto, ulteriori ripetizioni sono necessarie per convalidare questi risultati preliminari, modificando le condizioni di saggio in relazione alle caratteristiche della specie. Infine è stata accertata la preferenza del fitofago per alcune specie vegetali rispetto al nocciolo. Nel corso del triennio, popolazioni molto consistenti di G. acuteangulatus sono state rilevate su bosso, ciliegio di Santa Lucia, rosa selvatica, sanguinello, spino cervino, in corrispondenza del periodo di comparsa e maturazione dei frutti. Nell’impostazione di una strategia di difesa a basso impatto ambientale, l’attrattività di queste piante, in sinergia con eventuali feromoni di aggregazione, potrebbe essere utilmente sfruttata, per mantenere il coreide lontano dalla coltura.
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The European Committee for Standardization is working on a standard for the application of IPM (Integrated Pest Management) in museums and cultural heritage facilities. Since one of the aims of this research was to verify the approach against pests adopted in Italian conservation facilities, a survey was conducted. The results show that for the Italian museums, archives, libraries and historical houses pests are a problem, but IPM is unknown and prevention programmes to avoid damages caused by them, are not applied. In the most of cases pests problems are solved only when the risk is high and damages are visible. Also entomological monitoring, which represents a crucial part of IPM and could be very useful, is not included among the ordinary prevention activities. In addition, at present, the scientific researches on entomological traps, whether light or pheromones, for “cultural heritage pests” is extremely poor and only recently the behaviour and/or the physiology of the insects “of museums” have been investigated. For these reasons, tests to increase the traps using are performed. In particular, S. paniceum behaviour towards different attraction systems was investigated and the results indicate that the light traps efficiency could be improved using specific wavelengths and light sources.
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The formation of aerosols is a key component in understanding cloud formation in the context of radiative forcings and global climate modeling. Biogenic volatile organic compounds (BVOCs) are a significant source of aerosols, yet there is still much to be learned about their structures, sources, and interactions. The aims of this project were to identify the BVOCs found in the defense chemicals of the brown marmorated stink bug Halymorpha halys and quantify them using gas chromatography-mass spectrometry (GC/MS) and test whether oxidation of these compounds by ozone-promoted aerosol and cloud seed formation. The bugs were tested under two conditions: agitation by asphyxiation and direct glandular exposure. Tridecane, 2(5H)-furanone 5-ethyl, and (E)-2-decenal were identified as the three most abundant compounds. H. halys were also tested in the agitated condition in a smog chamber. It was found that in the presence of 100-180 ppm ozone, secondary aerosols do form. A scanning mobility particle sizer (SMPS) and a cloud condensation nuclei counter (CCNC) were used to characterize the secondary aerosols that formed. This reaction resulted in 0.23 mu g/bug of particulate mass. It was also found that these secondary organic aerosol particles could act as cloud condensation nuclei. At a supersaturation of 1%, we found a kappa value of 0.09. Once regional populations of these stink bugs stablilize and the populations estimates can be made, the additional impacts of their contribution to regional air quality can be calculated. Implications: Halymorpha halys (brown marmorated stink bugs) are a relatively new invasive species introduced in the United States near Allentown, Pennsylvania. The authors chemically speciated the bugs' defense pheromones and found that tridecane, 5-ethyl-2(5H)-furanone, and (E)-2-decenal dominated their emissions. Their defense emissions were reacted with atmospherically relevant concentrations of ozone and resulted in 0.23 g of particulate matter per emission per bug. Due to the large population of these bugs in some regions, these emissions could contribute appreciably to a region's PM2.5 (particulate matter with an aerodynamic diameter 2.5 m) levels.
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Upon sensing of peptide pheromone, Enterococcus faecalis efficiently transfers plasmid pCF10 through a type IV secretion (T4S) system to recipient cells. The PcfF accessory factor and PcfG relaxase initiate transfer by catalyzing strand-specific nicking at the pCF10 origin of transfer sequence (oriT). Here, we present evidence that PcfF and PcfG spatially coordinate docking of the pCF10 transfer intermediate with PcfC, a membrane-bound putative ATPase related to the coupling proteins of gram-negative T4S machines. PcfC and PcfG fractionated with the membrane and PcfF with the cytoplasm, yet all three proteins formed several punctate foci at the peripheries of pheromone-induced cells as monitored by immunofluorescence microscopy. A PcfC Walker A nucleoside triphosphate (NTP) binding site mutant (K156T) fractionated with the E. faecalis membrane and also formed foci, whereas PcfC deleted of its N-terminal putative transmembrane domain (PcfCDelta N103) distributed uniformly throughout the cytoplasm. Native PcfC and mutant proteins PcfCK156T and PcfCDelta N103 bound pCF10 but not pcfG or Delta oriT mutant plasmids as shown by transfer DNA immunoprecipitation, indicating that PcfC binds only the processed form of pCF10 in vivo. Finally, purified PcfCDelta N103 bound DNA substrates and interacted with purified PcfF and PcfG in vitro. Our findings support a model in which (i) PcfF recruits PcfG to oriT to catalyze T-strand nicking, (ii) PcfF and PcfG spatially position the relaxosome at the cell membrane to stimulate substrate docking with PcfC, and (iii) PcfC initiates substrate transfer through the pCF10 T4S channel by an NTP-dependent mechanism.
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Extracellular signals regulate fungal development and, to sense and respond to these cues, fungi evolved signal transduction pathways similar to those in mammalian systems. In fungi, heterotrimeric G proteins, composed of α, β, and γ subunits, transduce many signals, such as pheromones and nutrients, intracellularly to alter adenylyl cyclase and MAPK cascades activity. ^ Previously, the Gα proteins GNA-1 and GNA-2 were characterized in regulating development in the fungus Neurospora crassa. R. A. Baasiri isolated a third Gα, gna-3, and P. S. Rowley generated Δgna-3 mutants. GNA-3 belongs to a fungal Gα family that regulates cAMP metabolism and virulence. The Δ gna-3 sexual cycle is defective in homozygous crosses, producing inviable spores. Δgna-3 mutants have reduced aerial hyphae formation and derepressed asexual sporulation (conidiation), causing accumulation of asexual spores (conidia). These defects are similar to an adenylyl cyclase mutant, cr-1; cAMP supplementation suppressed Δ gna-3 and cr-1. Inappropriate conidiation and expression of a conidiation gene, con-10, were higher in Δ gna-3 than cr-1 submerged cultures; peptone suppressed conidiation. Adenylyl cyclase activity and expression demonstrated that GNA-3 regulates enzyme levels. ^ A Δgna-1 cr-1 was analyzed with F. D. Ivey to differentiate GNA-1 roles in cAMP-dependent and -independent pathways. Δ gna-1 cr-1 defects were worse than cr-1 and refractory to cAMP, suggesting that GNA-1 is necessary for sensing extracellular CAMP. Submerged culture conidiation was highest in Δgna-1 cr-1, and only high cell density Δgna-1 cultures conidiated, which correlated with con-10 levels. Transcription of a putative heat shock cognate protein was highest in Δgna-1 cr-1. ^ Functional relationships between the three Gαs was analyzed by constructing Δgna-1 Δgna-2 Δ gna-3, Δgna-1 Δgna-3, and Δgna-2 Δgna-3 strains. Δ gna-2 Δgna-3 strains exhibited intensified Δ gna-3 phenotypes; Δgna-1 Δgna-2 Δgna-3 and Δgna-1 Δ gna-3 strains were identical to Δgna-1 cr-1 on plates and were non-responsive to cAMP. The highest levels of conidiation and con-10 were detected in submerged cultures of Δ gna-1 Δgna-2 Δgna-3 and Δgna-1 Δgna-3 mutants, which was partially suppressed by peptone supplementation. Stimulation of adenylyl cyclase is completely deficient in Δgna-1 Δ gna-2 Δgna-3 and Δgna-1 Δ gna-3 strains. Δgna-3 and Δ gna-1 Δgna-3 aerial hyphae and conidiation defects were suppressed by mutation of a PKA regulatory subunit. ^
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Formulas are derived for the effect of size on a free-swimming microbe’s ability to follow chemical, light, or temperature stimuli or to disperse in random directions. The four main assumptions are as follows: (i) the organisms can be modeled as spheres, (ii) the power available to the organism for swimming is proportional to its volume, (iii) the noise in measuring a signal limits determination of the direction of a stimulus, and (iv) the time available to determine stimulus direction or to swim a straight path is limited by rotational diffusion caused by Brownian motion. In all cases, it is found that there is a sharp size limit below which locomotion has no apparent benefit. This size limit is estimated to most probably be about 0.6 μm diameter and is relatively insensitive to assumed values of the other parameters. A review of existing descriptions of free-floating bacteria reveals that the smallest of 97 motile genera has a mean length of 0.8 μm, whereas 18 of 94 nonmotile genera are smaller. Similar calculations have led to the conclusion that a minimum size also exists for use of pheromones in mate location, although this size limit is about three orders of magnitude larger. In both cases, the application of well-established physical laws and biological generalities has demonstrated that a common feature of animal behavior is of no use to small free-swimming organisms.
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The blocking of G1 progression by fission yeast pheromones requires inhibition of the cyclin-dependent kinase cdc2p associated with the B-cyclins cdc13p and cig2p. We show that cyclosome-mediated degradation of cdc13p and cig2p is necessary for down-regulation of B-cyclin–associated cdc2p kinase activity and for phermone-induced G1 arrest. The cyclin-dependent kinase inhibitor rum1p is also required to maintain this G1 arrest; it binds both cdc13p and cig2p and is specifically required for cdc13p proteolysis. We propose that rum1p acts as an adaptor targeting cdc13p for degradation by the cyclosome. In contrast, the cig2p–cdc2p kinase can be down-regulated, and the cyclin cig2p can be proteolyzed independently of rum1p. We suggest that pheromone signaling inhibits the cig2p–cdc2p kinase, bringing about a transient G1 arrest. As a consequence, rum1p levels increase, thus inhibiting and inducing proteolysis of the cdc13p–cdc2p kinase; this is necessary to maintain G1 arrest. We have also shown that pheromone-induced transcription occurs only in G1 and is independent of rum1p.
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Desaturation of coenzyme-A esters of saturated fatty acids is a common feature of sex pheromone biosynthetic pathways in the Lepidoptera. The enzymes that catalyze this step share several biochemical properties with the ubiquitous acyl-CoA Δ9-desaturases of animals and fungi, suggesting a common ancestral origin. Unlike metabolic acyl-CoA Δ9-desaturases, pheromone desaturases have evolved unusual regio- and stereoselective activities that contribute to the remarkable diversity of chemical structures used as pheromones in this large taxonomic group. In this report, we describe the isolation of a cDNA encoding a pheromone gland desaturase from the cabbage looper moth, Trichoplusia ni, a species in which all unsaturated pheromone products are produced via a Δ11Z-desaturation mechanism. The largest ORF of the ≈1,250-bp cDNA encodes a 349-aa apoprotein (PDesat-Tn Δ11Z) with a predicted molecular mass of 40,240 Da. Its hydrophobicity profile is similar overall to those of rat and yeast Δ9-desaturases, suggesting conserved transmembrane topology. A 182-aa core domain delimited by conserved histidine-rich motifs implicated in iron-binding and catalysis has 72 and 58% similarity (including conservative substitutions) to acyl-CoA Δ9Z-desaturases of rat and yeast, respectively. Northern blot analysis revealed an ≈1,250-nt PDesat-Tn Δ11Z mRNA that is consistent with the spatial and temporal distribution of Δ11-desaturase enzyme activity. Genetic transformation of a desaturase-deficient strain of the yeast Saccharomyces cerevisiae with an expression plasmid encoding PDesat-Tn Δ11Z resulted in complementation of the strain’s fatty acid auxotrophy and the production of Δ11Z-unsaturated fatty acids.
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The cuticular hydrocarbon (CH) pheromones in Drosophila melanogaster exhibit strong geographic variation. African and Caribbean populations have a high ratio of 5,9 heptacosadiene/7,11 heptacosadiene (the “High” CH type), whereas populations from all other areas have a low ratio (“Low” CH type). Based on previous genetic mapping, DNA markers were developed that localized the genetic basis of this CH polymorphism to within a 13-kb region. We then carried out a hierarchical search for diagnostic nucleotide sites starting with four lines, and increasing to 24 and 43 lines from a worldwide collection. Within the 13-kb region, only one variable site shows a complete concordance with the CH phenotype. This is a 16-bp deletion in the 5′ region of a desaturase gene (desat2) that was recently suggested to be responsible for the CH polymorphism on the basis of its expression [Dallerac, R., Labeur, C., Jallon, J.-M., Knipple, D. C., Roelofs, W. L. & Wicker-Thomas, C. (2000) Proc. Natl. Acad. Sci. 97, 9449–9454]. The cosmopolitan Low type is derived from the ancestral High type, and DNA sequence variations suggest that the former spread worldwide with the aid of positive selection. Whether this CH variation could be a component of the sexual isolation between Zimbabwe and other cosmopolitan populations remains an interesting and unresolved question.
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In mammals, olfactory stimuli are detected by sensory neurons at two distinct sites: the olfactory epithelium (OE) of the nasal cavity and the neuroepithelium of the vomeronasal organ (VNO). While the OE can detect volatile chemicals released from numerous sources, the VNO appears to be specialized to detect pheromones that are emitted by other animals and that convey information of behavioral or physiological importance. The mechanisms underlying sensory transduction in the OE have been well studied and a number of components of the transduction cascade have been cloned. Here, we investigated sensory transduction in the VNO by asking whether VNO neurons express molecules that have been implicated in sensory transduction in the OE. Using in situ hybridization and Northern blot analyses, we found that most of the olfactory transduction components examined, including the guanine nucleotide binding protein alpha subunit (G-alpha-olf), adenylyl cyclase type III, and an olfactory cyclic nucleotide-gated (CNG) channel subunit (oCNC1), are not expressed by VNO sensory neurons. In contrast, VNO neurons do express a second olfactory CNG channel subunit (oCNC2). These results indicate that VNO sensory transduction is distinct from that in the OE but raise the possibility that, like OE sensory transduction, sensory transduction in the VNO might involve cyclic nucleotide-gated ion channels.
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Drosophila melanogaster is sexually dimorphic for cuticular hydrocarbons, with males and females having strikingly different profiles of the long-chain compounds that act as contact pheromones. Gas-chromatographic analysis of sexual mosaics reveals that the sex specificity of hydrocarbons is located in the abdomen. This explains previous observations that D. melanogaster males display the strongest courtship toward mosaics with female abdomens. We also show that males of the sibling species Drosophila simulans preferentially court D. melanogaster mosaics with male abdomens. Because the primary male hydrocarbon in D. melanogaster is also the primary female hydrocarbon in D. simulans, this supports the idea that interspecific differences in cuticular hydrocarbons contribute to sexual isolation.
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L’allevamento in cattività dei rettili è in costante crescita negli ultimi anni e richiede conoscenze mediche sempre più specialistiche per far fronte ai numerosi problemi legati a questi animali. Il corretto approccio medico prevede una profonda conoscenza delle specie prese in esame dal momento che la maggior parte delle problematiche riproduttive di questi animali sono legate ad una non corretta gestione dei riproduttori. L’apparato riproduttore dei rettili è estremamente vario a seconda delle specie prese in considerazione. Sauri ed ofidi possiedono due organi copulatori denominati emipeni e posizionati alla base della coda caudalmente alla cloaca che vengono estroflessi alternativamente durante l’accoppiamento per veicolare lo spera all’interno della cloaca della femmina. In questi animali il segmento posteriore renale è chiamato segmento sessuale, perché contribuisce alla formazione del fluido seminale. Tale porzione, durante la stagione dell’accoppiamento, diventa più voluminosa e cambia drasticamente colore, tanto che può essere confusa con una manifestazione patologica. I cheloni al contrario possiedono un unico pene che non viene coinvolto nella minzione. In questi animali. I testicoli sono due e sono situati all’interno della cavità celomatica in posizione cranioventrale rispetto ai reni. I testicoli possono variare notevolmente sia come forma che come dimensione a seconda del periodo dell’anno. Il ciclo estrale dei rettili è regolato, come pure nei mammiferi, dagli ormoni steroidei. La variazione di questi ormoni a livello ematico è stata studiato da diversi autori con il risultato di aver dimostrato come la variazione dei dosaggi degli stessi determini l’alternanza delle varie fasi del ciclo riproduttivo. La relazione tra presenza di uova (anche placentari) ed alti livelli di progesterone suggerisce che questo ormone gioca un ruolo importante nelle riproduzione delle specie ovipare per esempio stimolando la vascolarizzazione degli ovidutti durante i tre mesi in cui si ha lo sviluppo delle uova. Il 17-beta estradiolo è stato descritto come un ormone vitellogenico grazie alla sua capacità di promuovere lo sviluppo dei follicoli e la formazione di strati protettivi dell’uovo. L’aumento del livello di estradiolo osservato esclusivamente nelle femmine in fase vitellogenica è direttamente responsabile della mobilizzazione delle riserve materne in questa fase del ciclo. Va sottolineato come il progesterone sia in effetti un antagonista dell’estradiolo, riducendo la vitellogenesi e intensificando gli scambi materno fetali a livello di ovidutto. Le prostaglandine (PG) costituiscono un gruppo di molecole di origine lipidica biologicamente attive, sintetizzate sotto varie forme chimiche. Sono noti numerosi gruppi di prostaglandine ed è risputo che pesci, anfibi, rettili e mammiferi sintetizzano una o più prostaglandine partendo da acidi grassi precursori. Queste sostanze anche nei rettili agiscono sulla mucosa dell’utero aumentandone le contrazioni e sui corpi lutei determinandone la lisi. La maturità sessuale dei rettili, dipende principalmente dalla taglia piuttosto che dall’età effettiva dell’animale. In cattività, l’alimentazione e le cure dell’allevatore, possono giocare un ruolo fondamentale nel raggiungimento della taglia necessaria all’animale per maturare sessualmente. Spesso, un animale d’allevamento raggiunge prima la maturità sessuale rispetto ai suoi simili in natura. La maggior parte dei rettili sono ovipari, ovvero depongono uova con guscio sulla sabbia o in nidi creati appositamente. La condizione di ovoviviparità è riscontrabile in alcuni rettili. Le uova, in questo caso, vengono ritenute all’interno del corpo, fino alla nascita della progenie. Questa può essere considerata una strategia evolutiva di alcuni animali, che in condizioni climatiche favorevoli effettuano l’ovo deposizione, ma se il clima non lo permette, ritengono le uova fino alla nascita della prole. Alcuni serpenti e lucertole sono vivipari, ciò significa che l’embrione si sviluppa all’interno del corpo dell’animale e che è presente una placenta. I piccoli fuoriescono dal corpo dell’animale vivi e reattivi. La partenogenesi è una modalità di riproduzione asessuata, in cui si ha lo sviluppo dell’uovo senza che sia avvenuta la fecondazione. Trenta specie di lucertole e alcuni serpenti possono riprodursi con questo metodo. Cnemidophorus uniparens, C. velox e C. teselatus alternano la partenogenesi a una riproduzione sessuata, a seconda della disponibilità del maschio. La maggior parte dei rettili non mostra alcuna cura materna per le uova o per i piccoli che vengono abbandonati al momento della nascita. Esistono tuttavia eccezioni a questa regola generale infatti alcune specie di pitoni covano le uova fino al momento della schiusa proteggendole dai predatori e garantendo la giusta temperatura e umidità. Comportamenti di guardia al nido sono poi stati documentati in numerosi rettili, sia cheloni che sauri che ofidi. Nella maggior parte delle tartarughe, la riproduzione è legata alla stagione. Condizioni favorevoli, possono essere la stagione primaverile nelle zone temperate o la stagione umida nelle aree tropicali. In cattività, per riprodurre queste condizioni, è necessario fornire, dopo un periodo di ibernazione, un aumento del fotoperiodo e della temperatura. L’ atteggiamento del maschio durante il corteggiamento è di notevole aggressività, sia nei confronti degli altri maschi, con i quali combatte copiosamente, colpendoli con la corazza e cercando di rovesciare sul dorso l’avversario, sia nei confronti della femmina. Infatti prima della copulazione, il maschio insegue la femmina, la sperona, la morde alla testa e alle zampe e infine la immobilizza contro un ostacolo. Il comportamento durante la gravidanza è facilmente riconoscibile. La femmina tende ad essere molto agitata, è aggressiva nei confronti delle altre femmine e inizia a scavare buche due settimane prima della deposizione. La femmina gravida costruisce il nido in diverse ore. Scava, con gli arti anteriori, buche nel terreno e vi depone le uova, ricoprendole di terriccio e foglie con gli arti posteriori. A volte, le tartarughe possono trattenere le uova, arrestando lo sviluppo embrionale della prole per anni quando non trovano le condizioni adatte a nidificare. Lo sperma, inoltre, può essere immagazzinato nell’ovidotto fino a sei anni, quindi la deposizione di uova fertilizzate può verificarsi senza che sia avvenuto l’accoppiamento durante quel ciclo riproduttivo. I comportamenti riproduttivi di tutte le specie di lucertole dipendono principalmente dalla variazione stagionale, correlata al cambiamento di temperatura e del fotoperiodo. Per questo, se si vuole far riprodurre questi animali in cattività, è necessario valutare per ogni specie una temperatura e un’illuminazione adeguata. Durante il periodo riproduttivo, un atteggiamento caratteristico di diverse specie di lucertole è quello di riprodurre particolari danze e movimenti ritmici della testa. In alcune specie, possiamo notare il gesto di estendere e retrarre il gozzo per mettere in evidenza la sua brillante colorazione e richiamare l’attenzione della femmina. L’aggressività dei maschi, durante la stagione dell’accoppiamento, è molto evidente, in alcuni casi però, anche le femmine tendono ad essere aggressive nei confronti delle altre femmine, specialmente durante l’ovo deposizione. La fertilizzazione è interna e durante la copulazione, gli spermatozoi sono depositati nella porzione anteriore della cloaca femminile, si spostano successivamente verso l’alto, dirigendosi nell’ovidotto, in circa 24-48 ore; qui, fertilizzano le uova che sono rilasciate nell’ovidotto dall’ovario. Negli ofidi il corteggiamento è molto importante e i comportamenti durante questa fase possono essere diversi da specie a specie. I feromoni specie specifici giocano un ruolo fondamentale nell’attrazione del partner, in particolar modo in colubridi e crotalidi. La femmina di queste specie emette una traccia odorifera, percepita e seguita dal maschio. Prima dell’accoppiamento, inoltre, il maschio si avvicina alla femmina e con la sua lingua bifida o con il mento, ne percorre tutto il corpo per captare i feromoni. Dopo tale comportamento, avviene la copulazione vera e propria con la apposizione delle cloache; gli emipeni vengono utilizzati alternativamente e volontariamente dal maschio. Durante l’ovulazione, il serpente aumenterà di volume nella sua metà posteriore e contrazioni muscolari favoriranno lo spostamento delle uova negli ovidotti. In generale, se l’animale è oviparo, avverrà una muta precedente alla ovo deposizione, che avviene prevalentemente di notte. Gli spermatozoi dei rettili sono morfologicamente simili a quelli di forme superiori di invertebrati. La fecondazione delle uova, da parte di spermatozoi immagazzinati nel tratto riproduttivo femminile, è solitamente possibile anche dopo mesi o perfino anni dall’accoppiamento. La ritenzione dei gameti maschili vitali è detta amphigonia retardata e si ritiene che questa caratteristica offra molti benefici per la sopravvivenza delle specie essendo un adattamento molto utile alle condizioni ambientali quando c’è una relativa scarsità di maschi conspecifici disponibili. Nell’allevamento dei rettili in cattività un accurato monitoraggio dei riproduttori presenta una duplice importanza. Permette di sopperire ad eventuali errori di management nel caso di mancata fertilizzazione e inoltre permette di capire quale sia il grado di sviluppo del prodotto del concepimento e quindi di stabilire quale sia il giorno previsto per la deposizione. Le moderne tecniche di monitoraggio e l’esperienza acquisita in questi ultimi anni permettono inoltre di valutare in modo preciso lo sviluppo follicolare e quindi di stabilire quale sia il periodo migliore per l’accoppiamento. Il dimorfismo sessuale nei serpenti è raro e anche quando presente è poco evidente. Solitamente nei maschi, la coda risulta essere più larga rispetto a quella della femmina in quanto nel segmento post-cloacale vi sono alloggiati gli emipeni. Il maschio inoltre, è generalmente più piccolo della femmina a parità di età. Molti cheloni sono sessualmente dimorfici sebbene i caratteri sessuali secondari siano poco apprezzabili nei soggetti giovani e diventino più evidenti dopo la pubertà. In alcune specie si deve aspettare per più di 10 anni prima che il dimorfismo sia evidente. Le tartarughe di sesso maschile tendono ad avere un pene di grosse dimensioni che può essere estroflesso in caso di situazioni particolarmente stressanti. I maschi sessualmente maturi di molte specie di tartarughe inoltre tendono ad avere una coda più lunga e più spessa rispetto alle femmine di pari dimensioni e la distanza tra il margine caudale del piastrone e l’apertura cloacale è maggiore rispetto alle femmine. Sebbene la determinazione del sesso sia spesso difficile nei soggetti giovani molti sauri adulti hanno dimorfismo sessuale evidente. Nonostante tutto comunque anche tra i sauri esistono molte specie come per esempio Tiliqua scincoides, Tiliqua intermedia, Gerrhosaurus major e Pogona vitticeps che anche in età adulta non mostrano alcun carattere sessuale secondario evidente rendendone molto difficile il riconoscimento del sesso. Per garantire un riconoscimento del sesso degli animali sono state messe a punto diverse tecniche di sessaggio che variano a seconda della specie presa in esame. L’eversione manuale degli emipeni è la più comune metodica utilizzata per il sessaggio dei giovani ofidi ed in particolare dei colubridi. I limiti di questa tecnica sono legati al fatto che può essere considerata attendibile al 100% solo nel caso di maschi riconosciuti positivi. L’eversione idrostatica degli emipeni esattamente come l’eversione manuale degli emipeni si basa sull’estroflessione di questi organi dalla base della coda, pertanto può essere utilizzata solo negli ofidi e in alcuni sauri. La procedura prevede l’iniezione di fluido sterile (preferibilmente soluzione salina isotonica) nella coda caudalmente all’eventuale posizione degli emipeni. Questa tecnica deve essere eseguita solo in casi eccezionali in quanto non è scevra da rischi. L’utilizzo di sonde cloacali è il principale metodo di sessaggio per gli ofidi adulti e per i sauri di grosse dimensioni. Per questa metodica si utilizzano sonde metalliche dello spessore adeguato al paziente e con punta smussa. Nei soggetti di genere maschile la sonda penetra agevolmente al contrario di quello che accade nelle femmine. Anche gli esami radiografici possono rendersi utili per il sessaggio di alcune specie di Varani (Varanus achanturus, V. komodoensis, V. olivaceus, V. gouldi, V. salvadorii ecc.) in quanto questi animali possiedono zone di mineralizzazione dei tessuti molli (“hemibacula”) che possono essere facilmente individuate nei maschi. Diversi studi riportano come il rapporto tra estradiolo e androgeni nel plasma o nel liquido amniotico sia un possibile metodo per identificare il genere sessuale delle tartarughe. Per effettuare il dosaggio ormonale, è necessario prelevare un campione di sangue di almeno 1 ml ad animale aspetto che rende praticamente impossibile utilizzare questo metodo di sessaggio nelle tartarughe molto piccole e nei neonati. L’ecografia, volta al ritrovamento degli emipeni, sembra essere un metodo molto preciso, per la determinazione del sesso nei serpenti. Uno studio compiuto presso il dipartimento di Scienze Medico Veterinarie dell’Università di Parma, ha dimostrato come questo metodo abbia una sensibilità, una specificità e un valore predittivo positivo e negativo pari al 100%. La radiografia con mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata possono essere utilizzate nel sessaggio dei sauri, con buoni risultati. Uno studio, compiuto dal dipartimento di Scienze Medico Veterinarie, dell’Università di Parma, ha voluto mettere a confronto diverse tecniche di sessaggio nei sauri, tra cui l’ecografia, la radiografia con e senza mezzo di contrasto e la tomografia computerizzata con e senza mezzo di contrasto. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come l’ecografia non sia il mezzo più affidabile per il riconoscimento degli emipeni e quindi del sesso dell’animale, mentre la radiografia e la tomografia computerizza con mezzo di contrasto siano tecniche affidabili e accurate in queste specie. Un metodo valido e facilmente realizzabile per il sessaggio dei cheloni anche prepuberi è la cistoscopia. In un recente studio la cistoscopia è stata effettuata su quindici cheloni deceduti e venticinque cheloni vivi, anestetizzati. In generale, questo metodo si è dimostrato non invasivo per le tartarughe, facilmente ripetibile in diversi tipi di tartarughe e di breve durata. Tra le principali patologie riproduttive dei rettili le distocie sono sicuramente quelle che presentano una maggior frequenza. Quando si parla di distocia nei rettili, si intendono tutte quelle situazioni in cui si ha una mancata espulsione e deposizione del prodotto del concepimento entro tempi fisiologici. Questa patologia è complessa e può dipendere da diverse cause. Inoltre può sfociare in malattie sistemiche a volte molto severe. Le distocie possono essere classificate in ostruttive e non ostruttive in base alle cause. Si parla di distocia ostruttiva quando si verificano delle condizioni per cui viene impedito il corretto passaggio delle uova lungo il tratto riproduttivo (Fig.13). Le cause possono dipendere dalla madre o dalle caratteristiche delle uova. Nel caso di distocia non ostruttiva le uova rinvenute sono solitamente di dimensioni normali e la conformazione anatomica della madre è fisiologica. L’eziologia è da ricercare in difetti comportamentali, ambientali e patologici. Non esistono sintomi specifici e patognomonici di distocia. La malattia diviene evidente e conclamata solamente in presenza di complicazioni. Gli approcci terapeutici possibili sono vari a seconda della specie animale e della situazione. Fornire un’area adeguata per la nidiata: se la distocia non è ostruttiva si può cercare di incoraggiare l’animale a deporre autonomamente le uova creando un idoneo luogo di deposizione. Il trattamento medico prevede la stimolazione della deposizione delle uova ritenute mediante l’induzione con ossitocina. L’ossitocina viene somministrata alle dosi di 1/3 UI/kg per via intramuscolare. Uno studio condotto presso l’Università veterinaria di Parma ha comparato le somministrazioni di ossitocina per via intramuscolare e per via intravenosa, confrontando le tempistiche con le quali incominciano le contrazioni e avviene la completa ovodeposizione e dimostrando come per via intravenosa sia possibile somministrare dosi più basse rispetto a quelle riportate solitamente in letteratura ottenendo comunque un ottimo risultato. Nel caso in cui il trattamento farmacologico dovesse fallire o non fosse attuabile, oppure in casi di distocia ostruttiva è possibile ricorrere alla chirurgia. Per stasi follicolare si intende la incapacità di produrre sufficiente quantità di progesterone da corpi lutei perfettamente funzionanti. Come per la distocia, l’eziologia della stasi follicolare è variegata e molto ampia: le cause possono essere sia ambientali che patologiche. La diagnosi clinica viene fatta essenzialmente per esclusione. Come per la distocia, anche in questo caso l’anamnesi e la raccolta del maggior quantitativo di informazioni è fondamentale per indirizzarsi verso il riconoscimento della patologia. Per prolasso si intende la fuoriuscita di un organo attraverso un orifizio del corpo. Nei rettili, diversi organi possono prolassare attraverso la cloaca: la porzione terminale dell’apparato gastroenterico, la vescica urinaria, il pene nel maschio (cheloni) e gli ovidutti nella femmina. In sauri e ofidi gli emipeni possono prolassare dalle rispettive tasche in seguito ad eccesiva attività sessuale97. La corretta identificazione del viscere prolassato è estremamente importante e deve essere effettuata prima di decidere qualsiasi tipologia di trattamento ed intervento. Nei casi acuti e non complicati è possibile la riduzione manuale dell’organo, dopo un accurato lavaggio e attenta pulizia. Se questo non dovesse essere possibile, l’utilizzo di lubrificanti e pomate antibiotiche garantisce all’organo una protezione efficiente. Nel caso in cui non si sia potuto intervenire celermente e l’organo sia andato incontro a infezione e congestione venosa prolungata con conseguente necrosi, l’unica soluzione è l’amputazione
Resumo:
Issued Jan. 1980.
Resumo:
Fundamental to many theories of sexual selection is the expectation that sexual traits, which males use in an attempt to increase mating success, confer costs as well as benefits to individual males. Although evolution of exaggerated male traits is predicted to be halted, by costs applied by natural selection, there is a lack of empirical work devoted to quantitatively establishing whether natural selection opposes sexual selection generated by the preferences of females. In this study, we quantified natural and sexual selection gradients on breeding values for cuticular hydrocarbon (CHC) components of male contact pheromones in Drosophila serrata. As male sexual traits may often be environmentally condition dependent, breeding values were used in the selection analysis to remove the possibility of environmental correlations between the measured trait and fitness biasing estimates of selection. The direction of natural selection was found to oppose sexual selection on a subset of CHCs examined. Opposing natural and sexual selection suggests that further evolution of the male pheromone may in part be limited by costs associated with attractive male CHC blends.