1000 resultados para gruppi di isometrie dei fregi cristallografici piani Escher
Resumo:
Introduzione:l’interferone (IFN) usato per l’eradicazione del virus dell’Epatite C, induce effetti collaterali anche riferibili alla sfera psichica. I dati sugli eventi avversi di tipo psichiatrico dei nuovi farmaci antivirali (DAA) sono limitati. Lo scopo di questo studio è di valutare lo sviluppo di effetti collaterali di tipo psichiatrico in corso di due distinti schemi di trattamento: IFN-peghilato e ribavirina [terapia duplice (standard o SOC)]; DAA in associazione a IFN-peghilato e ribavirina (terapia triplice). Metodi: pazienti HCV+ consecutivi seguiti presso l’Ambulatorio delle Epatiti Croniche della Semeiotica Medica del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna in procinto di intraprendere un trattamento antivirale a base di IFN, sottoposti ad esame psicodiagnostico composto da intervista clinica semistrutturata e test autosomministrati: BDI, STAXI-2, Hamilton Anxiety Scale, MMPI – 2. Risultati: Sono stati arruolati 84 pazienti, 57/84 (67.9%) nel gruppo in triplice e 27/84 nel gruppo SOC. Quasi tutti i pazienti arruolati hanno eseguito l’intervista clinica iniziale (82/84; 97.6%), mentre scarsa è stata l’aderenza ai test (valori missing>50%). Ad eccezione dell’ansia, la prevalenza di tutti gli altri disturbi (irritabilità, astenia, disfunzioni neurocognitive, dissonnia) aumentava in corso di trattamento. In corso di terapia antivirale 43/84 (51.2%) hanno avuto bisogno di usufruire del servizio di consulenza psichiatrica e 48/84 (57.1%) hanno ricevuto una psicofarmacoterapia di supporto, senza differenze significative fra i due gruppi di trattamento. Conclusioni : uno degli elementi più salienti dello studio è stata la scarsa aderenza ai test psicodiagnostici, nonostante l’elevata prevalenza di sintomi psichiatrici. I risultati di questo studio oltre ad evidenziare l’importanza dei sintomi psichiatrici in corso di trattamento e la rilevanza della consulenza psicologica e psichiatrica per consentire di portare a termine il ciclo terapeutico previsto (migliorandone l’efficacia), ha anche dimostrato che occorre ripensare gli strumenti diagnostici adattandoli probabilmente a questo specifico target.
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Lo studio condotto in questa tesi ha lo scopo di esplorare possibili soluzioni alternative per aumentare la vita in esercizio di componenti per un contatto tribologico da strisciamento in motori idraulici. In particolare, per limitare l’usura e ridurre l’attrito fra i corpi a contatto, è stata presa in considerazione la deposizione di rivestimenti in carbonio amorfo idrogenato, appartenenti alla famiglia dei rivestimenti DLC (Diamond-Like Carbon), prodotti con tecnologia PACVD (Plasma Assisted Chemical Vapour Deposition), grazie alla collaborazione con la ditta STS srl presso la quale sono state prodotte ed in parte caratterizzate diverse tipologie di strati sottili a base carbonio-carbonio. Questa scelta è stata motivata dal fatto che i rivestimenti DLC combinano basso attrito ed alta resistenza ad usura, dato che l’elevata durezza (e resistenza ad usura) è data dalla presenza di un’elevata frazione di C ibridati sp3 (con struttura simil-diamante) fra loro interconnessi, mentre la tendenza al basso attrito contro la maggior parte degli antagonisti deriva dalla struttura lamellare (quindi a basso sforzo di taglio), tipica del C sp2 (simil-grafite), che permette lo scorrimento fra i piani basali. Nel corso del presente lavoro sono quindi stati presi in esame due gruppi di rivestimenti DLC, differenziati in base alla tipologia di interstrato impiegato per moderare le tensioni residue e migliorare l’adesione (CrN singolo strato o WC/C multistrato), depositati su acciaio 20MnV6 sottoposto preliminarmente a cementazione gassosa per ottenere una adeguata capacità di supporto del carico. Gli strati in esame sono stati caratterizzati dal punto di vista microstrutturale e meccanico (con prove sia di adesione e con prove di nanoindentazione). Successivamente, i materiali rivestiti sono stati sottoposti a prove tribologiche di laboratorio (block-on-ring) in condizioni di strisciamento non lubrificato, per effettuare una valutazione comparativa fra i rivestimenti ed identificare i meccanismi di usura prevalenti nelle diverse coppie tribologiche.
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Le tecniche di imaging al seno per la rilevazione di tumori stanno interessando un notevole numero di gruppi di ricerca in campo biomedico soprattutto negli ultimi anni. In particolare si cercano metodologie innovative in quanto le attuali tecniche già sviluppate e utilizzate in campo clinico, mammografia a raggi X e risonanza magnetica (MRI), presentano alcuni limiti. Questa tesi si focalizzerà in particolare su una di queste tecniche emergenti: l’imaging a microonde (MWI). Questo metodo infatti, limita notevolmente i costi, evita disagi per la paziente come la compressione del seno, penetra in modo ottimale nei tessuti e non li ionizza. La MWI si basa sulle diverse proprietà dielettriche, permittività e conduttività, dei vari tessuti che costituiscono la mammella, in particolare tra tessuto sano e maligno. Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare tali proprietà dielettriche, le diversità che i vari tessuti presentano e come tutto ciò venga sfruttato per ottenere l’imaging della mammella. In particolare questo lavoro si propone di riportare e analizzare i principali studi sui tessuti biologici della mammella compiuti nel corso degli anni riguardo queste proprietà dielettriche e i rispettivi risultati ottenuti. Si tratteranno inoltre i mezzi di accoppiamento: soluzioni in cui è immerso l’assetto antenne-oggetto che minimizzano la riflessione del segnale sulla pelle e assicurano una migliore qualità di immagine.
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Il sistema carsico dei Piani Eterni e la Valle del Mis si trovano in provincia di Belluno, all'interno del parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi. Questi due sistemi geologici sono attualmente in fase di studio e la presente tesi, ha come scopo la correlazione tra i livelli paleo-freatici di grotta dei Piani Eterni e le superfici a bassa pendenza (terrazzi glaciali, kame e superfici di spianamento) dell'adiacente Val del Mis. L'elaborato è stato sviluppato prevalentemente su ArcMap (Gis) e su Excel, mentre su Datagraph sono stati ottenuti i grafici che mostrano i confronti altimetrici e quantitativi tra condotte e superfici. I risultati ottenuti dalla fase di analisi della tesi, mostrano che le correlazioni sono evidenti e grazie alle datazione U-Th di alcuni speleotemi del sistema carsico, sono state avanzate sia una ipotetica ricostruzione dell'antico reticolo di drenaggio della Valle del Mis, sia la causa per la quale questo drenaggio, attualmente, si presenti in maniera estremamente diversa da quello passato.
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Negli ultimi anni, i limiti sempre più stringenti sulle emissioni inquinanti dei gas di scarico, hanno portato ad un notevole aumento della complessità dei motori a combustione interna. Questa complicazione determina un aumento esponenziale del numero di test da effettuare nella sala prova. I metodi tipici di gestione dei test non possono più essere utilizzati, ma è essenziale creare un sistema che ottimizzi le prove. Per ridurre drasticamente il tempo di esecuzione, è necessario implementare un'architettura in grado di facilitare lo scambio di dati tra i sistemi presenti nella sala prova, e, in aggiunta, definire le strategie di automazione dei test. L'approccio a taluni metodi si presenta ancora complicato in molti gruppi di sviluppo di strategie di controllo motore, anche se, una volta sviluppati, portano e a grandi benefici durante la fase di test. Il lavoro illustra i metodi implementati per la gestione di queste strategie. Prima si descrive l'approccio utilizzato nella calibrazione di anticipo di accensione per mantenere livelli accettabili di detonazione durante il processo di calibrazione. Successivamente è mostrato il sistema di automazione dei test che consente il pieno controllo del punto di funzionamento del motore, la gestione dell'acquisizione e la verifica della stabilità delle condizioni ottenute. L'ultima parte mostra sistemi di prototipazione rapida per la gestione di componenti innovatici del motore.
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La ricerca indaga il rapporto tra Design e Innovazione Responsabile calandolo all’interno della relazione tra territorio e pratiche collaborative guidate dal design, ma anche legate al patrimonio culturale immateriale e a un sistema di conoscenza a quintupla elica. La necessità emergente di cura del futuro porta a rivedere il contesto del territorio come campo strumentale per la trasformazione degli individui e della comunità e a domandarsi in che modo il design possa supportare questo cambiamento, abilitando la produzione di conoscenza collaborativa. La ricerca parte dal dimostrare come il modello di innovazione recentemente proposto dalla Comunità Europea attraverso il concetto di Responsible Research Innovation (RRI), poi ripreso nella nozione di Responsible Innovation (RI), sia un campo aperto e responsivo: se integrato con altre discipline, in particolare con il design, può supportare lo sviluppo di processi, politiche, prodotti, servizi e comportamenti che rispettino la relazione tra società, ambiente, identità individuale e collettiva e i ritmi ad essi connessi. Partendo dal contesto sopra descritto, ci si chiede come il design e il designer possano integrare le dimensioni RI nei processi di progettazione, per innovare in modo collaborativo i territori. Si individua quindi nell’Advanced Design la metodologia che, grazie alla sua natura anticipatrice, collaborativa, trasformativa, riesce a coniugarsi virtuosamente con l’approccio RI e supportare il cambiamento in atto. L’intersezione di questi elementi porta alla creazione del Modello Advanced Design per/con l’Innovazione Responsabile (ADIR): un sistema multidimensionale per gruppi di innovazione (quintupla elica) che hanno l’obiettivo di rigenerare in modo collaborativo e inclusivo i territori. L’esperienza sul campo ha confermato come la struttura del modello, formata da un corpus di semi-lavorati, permetta di creare un proprio ritmo, una compenetrazione tra azioni e forme progettuali volti a mantenere il senso di comunità e il coinvolgimento degli attori, a creare relazioni, a sviluppare una trasformazione continua.
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Negli ultimi anni si sono riscontrati in tutto il territorio Nazionale un consistente aumento di eventi incendiari negli impianti di stoccaggio e smaltimento rifiuti. In questo elaborato troviamo una prima panoramica sulle normative nazionali riguardanti la prevenzione incendi, le emergenze e l’ambiente. Successivamente si focalizza l’attenzione sulle Linee Guida dei piani di Emergenza Esterni .La parte delle linee guida relativa al “Metodo ad indici per la classificazione del rischio incendio negli impianti di stoccaggio e trattamento rifiuti” , è stata elaborata a partire dalla metodologia per la gestione del rischio di incendio negli impianti di deposito di rifiuti. Le linee guida a cui ci si riferisce hanno ritenuto di considerare l'incendio quale scenario di riferimento per la valutazione del rischio dell'impianto, anche a seguito della complessità e variabilità delle caratteristiche dei rifiuti che comportano una differente pericolosità degli effluenti. La procedura sviluppata prevede un metodo di valutazione del rischio ad indici che consiste nell’attribuire determinati punteggi a fattori di rischio e misure di prevenzione e protezione presenti nell’impianto e considerando i pericoli per la salute umana e l’ambiente circostante. Il metodo ha l’obiettivo di semplificare e unificare i criteri di classificazione dei livelli di rischio in tali impianti, in base al livello viene quindi stabilita una certa distanza di attenzione su cui poi si baseranno i Piani di Emergenza Esterni. Il metodo ad indici esposto nelle Linee Guida è stato quindi testato su un caso studio. I risultati ottenuti da tale elaborazione sono stati poi integrati e contestualizzati con l’ausilio del software QGIS attraverso il quale si sono ricavate mappe raffiguranti i vari impianti e le loro rispettive distanze di attenzione, le quali saranno conferite alle autorità competenti per lo sviluppo di efficienti Piani di Emergenza Esterni.
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Nel primo punto del capitolo seguente si propone una panoramica sulla decarbonizzazione del settore energetico e si discutono i principali provvedimenti europei avviati a tal fine. Si analizza lo scenario energetico italiano e le sue prospettive future; anche l’Italia deve impegnarsi in termini di energie rinnovabili e riduzione dei gas serra. Nel settore energetico nazionale sono comprese la produzione, la trasformazione e l’utilizzo di energia elettrica. In questa fase in particolare, si studiano i dati relativi alla fase di produzione. Inoltre, si studia la dipendenza energetica dell’Italia dalle fonti fossili estere. Di seguito saranno analizzati i piani energetici auspicabili per il 2030 e per il 2050. Nel secondo punto si passa poi all’analisi dei consumi, attraverso lo studio dei consumi medi e l’approfondimento sui consumi dei principali elettrodomestici. Nella prima sezione del capito che segue vengono analizzati i principali sistemi di accumulo di energia domestica con particolare enfasi riguardo i limiti applicativi. Le batterie a litio seppur relativamente economiche hanno un forte impatto ambientale che sarebbe ammortizzato utilizzando un nuovo modello di volano (MechSTOR). Nella seconda parte del capitolo, si esamina invece la fattibilità del modello di accumulo a volano. I costi del volano verrebbero ammortizzati dal guadagno relativo all’immissione in rete di energia elettrica? L’analisi in Simulink ha permesso di lavorare con i segnali di potenza, utilizzando le curve di carico domestico e la curva di produzione fotovoltaica al fine di studiare la convenienza economica della batteria a volano.
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Sintesi II presente lavoro di ricerca, maturato nel quadro di un dottorato in storia contemporanea, propone una ricostruzione dei percorsi materiali e dei percorsi culturali degli emigrati italiani in Svizzera tra la tìne della Seconda guerra mondiale e i primi anni Settanta. Le principali fonti di prima mano adoperate nella ricerca consistono in tre diversi generi di narrazioni autobiogratìche: le fonti orali (cento interviste complessive raccolte e analizzate); le scritture epistolari (tre fondi per un totale di circa duecento lettere); le scritture scolastiche di adolescenti e giovani emigrati italiani, iscritti, tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, ad una scuola privata del Canton Zurigo (circa seicento temi validi come prova di lingua italiana per il conseguimento della licenza media tra il 1973 e il 1974). Le fonti soggettive raccolte hanno permesso di tracciare i profili di numerosi di percorsi migratori vissuti da queste persone, lavorando, in primo luogo, sulla loro dimensione materiale, ovvero sulle tappe íìsiche, dal viaggio, alla ricerca del posto di lavoro e dell'alloggio, alla formazione di una famiglia, agli strumenti utilizzati per mantenersi in contatto con il proprio paese d'origine. Si sono poi inquadrate alcune delle possibili evoluzioni ideologiche e culturali, nei termini consentiti dallo studio della memoria e delle rappresentazioni di sé, offerte dagli emigrati stessi. In sintesi, quindi, il lavoro propone una ricostruzione di un frammento di storia dell'emigrazione italiana, con tutte le specitìcità legate a un paese di accoglienza, la Svizzera, e a un periodo storico, il Secondo dopoguerra. Alcuni dei caratteri principali dei percorsi materiali sono senz'altro legati alle peculiarità della legislazione svizzera, con la detìnizione di "straniero" che dava, le condizioni di vita che rendeva praticabili e possibili, i passaggi di tempo che imponeva per avere una permesso a tempo indeterminato, per raggiungere una certa stabilità, per ricomporre il proprio nucleo familiare. Anche alcuni fenomeni culturali erano legati a queste dimensioni specitïche, per cui non hanno riscontro, negli stessi termini, in altri contesti e in altri periodi. Accanto alle peculiarità e alle differenze che questa storia ha rispetto ad altre storie di emigrazione legate ad altri paesi e ad altri contesti, dal lavoro emergono processi e fenomeni di interesse più generale, qualora ci si interessi di fenomeni migratori, di conflitti, di inclusione e di esclusione di gruppi umani differenti. Alcune delle problematiche che si sono poste nella storia in analisi -per esempio quelle relative alla scolarizzazione dei minori, al rapporto tra diritto di residenza e obbligo di impiego, alla presenza di clandestini e al loro rapporto con associazioni o gruppi di assistenza legali o illegali -sono senza dubbio utili riferimenti per chi oggi voglia ragionare su problematiche analoghe poste in diversi contesti.
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Helicobacter pylori, un patogeno umano in grado di colonizzare la nicchia gastrica, è associato a patologie del tratto gastrointestinale di varia gravità. Per sopravvivere nell’ambiente ostile dello stomaco dell’ospite, e mettere in atto un’infezione persistente, il batterio si serve di una serie di fattori di virulenza che includono anche le proteine Heat Shock (chaperone). I principali geni codificanti le proteine chaperone in H. pylori sono organizzati in tre operoni trascritti dall’RNA polimerasi contenente il fattore sigma vegetativo σ80. La trascrizione di due dei tre operoni è regolata negativamente da due regolatori trascrizionali, HspR e HrcA, mentre il terzo operone è represso solo da HspR. Fino ad ora, studi molecolari per la comprensione del ruolo di ciascuna proteina nel controllo trascrizionale dei geni heat shock sono stati ostacolati dalla citotossicità ed insolubilità di HrcA quando espressa in sistemi eterologhi. In questo lavoro, è stata analizzata la sequenza amminoacidica di HrcA ed è stata confermata sperimentalmente la predizione bioinformatica della sua associazione con la membrana interna. La citotossicità e l’insolubilità di HrcA in E. coli sono state alleviate inducendone l’espressione a 42°C. Saggi in vitro con le proteine ricombinanti purificate, HspR e HrcA, hanno consentito di definire i siti di legame dei due repressori sui promotori degli operoni heat shock. Ulteriori saggi in vitro hanno suggerito che l’affinità di HrcA per gli operatori è aumentata dalla chaperonina GroESL. Questi dati contribuiscono parzialmente alla comprensione del meccanismo di repressione della trascrizione espletato da HrcA e HspR e permettono di ipotizzare il coinvolgimento di altri regolatori trascrizionali. L’analisi di RNA estratti dal ceppo selvatico e dai mutanti hrcA, hspR e hrcA/hspR di H.pylori su DNAmacroarrays non ha evidenziato il coinvolgimento di altri regolatori trascrizionali, ma ha permesso l’identificazione di un gruppo di geni indotti da HrcA e/ HspR. Questi geni sono coinvolti nella biosintesi e regolazione dell’apparato flagellare, suggerendo un’interconnessione tra la risposta heat shock e la motilità e chemiotassi del batterio.
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L’obiettivo della tesi riguarda l’utilizzo di immagini aerofotogrammetriche e telerilevate per la caratterizzazione qualitativa e quantitativa di ecosistemi forestali e della loro evoluzione. Le tematiche affrontate hanno riguardato, da una parte, l’aspetto fotogrammetrico, mediante recupero, digitalizzazione ed elaborazione di immagini aeree storiche di varie epoche, e, dall’altra, l’aspetto legato all’uso del telerilevamento per la classificazione delle coperture al suolo. Nel capitolo 1 viene fatta una breve introduzione sullo sviluppo delle nuove tecnologie di rilievo con un approfondimento delle applicazioni forestali; nel secondo capitolo è affrontata la tematica legata all’acquisizione dei dati telerilevati e fotogrammetrici con una breve descrizione delle caratteristiche e grandezze principali; il terzo capitolo tratta i processi di elaborazione e classificazione delle immagini per l’estrazione delle informazioni significative. Nei tre capitoli seguenti vengono mostrati tre casi di applicazioni di fotogrammetria e telerilevamento nello studio di ecosistemi forestali. Il primo caso (capitolo 4) riguarda l’area del gruppo montuoso del Prado- Cusna, sui cui è stata compiuta un’analisi multitemporale dell’evoluzione del limite altitudinale degli alberi nell’arco degli ultimi cinquant’anni. E’ stata affrontata ed analizzata la procedura per il recupero delle prese aeree storiche, definibile mediante una serie di successive operazioni, a partire dalla digitalizzazione dei fotogrammi, continuando con la determinazione di punti di controllo noti a terra per l’orientamento delle immagini, per finire con l’ortorettifica e mosaicatura delle stesse, con l’ausilio di un Modello Digitale del Terreno (DTM). Tutto ciò ha permesso il confronto di tali dati con immagini digitali più recenti al fine di individuare eventuali cambiamenti avvenuti nell’arco di tempo intercorso. Nel secondo caso (capitolo 5) si è definita per lo studio della zona del gruppo del monte Giovo una procedura di classificazione per l’estrazione delle coperture vegetative e per l’aggiornamento della cartografia esistente – in questo caso la carta della vegetazione. In particolare si è cercato di classificare la vegetazione soprasilvatica, dominata da brughiere a mirtilli e praterie con prevalenza di quelle secondarie a nardo e brachipodio. In alcune aree sono inoltre presenti comunità che colonizzano accumuli detritici stabilizzati e le rupi arenacee. A questo scopo, oltre alle immagini aeree (Volo IT2000) sono state usate anche immagini satellitari ASTER e altri dati ancillari (DTM e derivati), ed è stato applicato un sistema di classificazione delle coperture di tipo objectbased. Si è cercato di definire i migliori parametri per la segmentazione e il numero migliore di sample per la classificazione. Da una parte, è stata fatta una classificazione supervisionata della vegetazione a partire da pochi sample di riferimento, dall’altra si è voluto testare tale metodo per la definizione di una procedura di aggiornamento automatico della cartografia esistente. Nel terzo caso (capitolo 6), sempre nella zona del gruppo del monte Giovo, è stato fatto un confronto fra la timberline estratta mediante segmentazione ad oggetti ed il risultato di rilievi GPS a terra appositamente effettuati. L’obiettivo è la definizione del limite altitudinale del bosco e l’individuazione di gruppi di alberi isolati al di sopra di esso mediante procedure di segmentazione e classificazione object-based di ortofoto aeree in formato digitale e la verifica sul campo in alcune zone campione dei risultati, mediante creazione di profili GPS del limite del bosco e determinazione delle coordinate dei gruppi di alberi isolati. I risultati finali del lavoro hanno messo in luce come le moderne tecniche di analisi di immagini sono ormai mature per consentire il raggiungimento degli obiettivi prefissi nelle tre applicazioni considerate, pur essendo in ogni caso necessaria una attenta validazione dei dati ed un intervento dell’operatore in diversi momenti del processo. In particolare, le operazioni di segmentazione delle immagini per l’estrazione di feature significative hanno dimostrato grandi potenzialità in tutti e tre i casi. Un software ad “oggetti” semplifica l’implementazione dei risultati della classificazione in un ambiente GIS, offrendo la possibilità, ad esempio, di esportare in formato vettoriale gli oggetti classificati. Inoltre dà la possibilità di utilizzare contemporaneamente, in un unico ambiente, più sorgenti di informazione quali foto aeree, immagini satellitari, DTM e derivati. Le procedure automatiche per l’estrazione della timberline e dei gruppi di alberi isolati e per la classificazione delle coperture sono oggetto di un continuo sviluppo al fine di migliorarne le prestazioni; allo stato attuale esse non devono essere considerate una soluzione ottimale autonoma ma uno strumento per impostare e semplificare l’intervento da parte dello specialista in fotointerpretazione.
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Una breve introduzione sulla storia del mosaico: dalle origine alle sue evoluzione tipologiche e tecnologiche nel tempo, di come si organizzavano le antiche botteghe del mosaico e le suddivisione dei compiti tra il pictor imaginarius, pictor parietarius e il musivarius (la gerarchia) all’interno di essi; la tecniche esecutiva per la messa in opera dei mosaici pavimentali romani. Visto che i mosaici si trovano a Suasa, quindi è stata riassunta la storia della città romana di Suasa con le sua varie fase edilizie, con maggior approfondimenti per gli edifici che presentano pavimentazione a mosaico: in primo luogo è la domus dei Coiedii contenente più di diciotto pavimenti in opus tessellatum. Il secondo è quello del così detto Edificio 4 (ancora inedito e di incerta natura e destinazione) portato in luce solo parzialmente con due settore a mosaico. Successivamente è stato effettuato in maniera dettagliata lo studio dello stato di conservazione dei vani musivi che sono state oggetto in senso stretto dei varie interventi conservativi, sia nella domus dei Coiedii (vano AU, oecus G e vano BB) che in Edificio 4 (vano A e vano D), evidenziando così le diverse morfologie di degrado in base “Normativa UNI 11176/2006 con l’aiuto della documentazione grafica ed fotografica. Un ampio e complessivo studio archeometrico-tecnologico dei materiali impiegati per la realizzazione dei musaici a Suasa (tessere e malte) presso i laboratori del CNR di Faenza.. Sono stati prelevati complessivamente 90 campione da tredici vani musivi di Suasa, di cui 28 campione di malte, comprese tra allettamento e di sottofondo,42 tessere lapidee e 20 tessere vitree; questi ultimi appartengono a sette vani della domus. Durante l’operazione del prelevo, è stato presso in considerazione le varie tipologie dei materiali musivi, la cromia ed le morfologie di degrado che erano presente. Tale studio ha lo scopo di individuare la composizione chimico-mineropetrografico, le caratteristiche tessiturali dei materiali e fornire precisa informazione sia per fine archeometrici in senso stretto (tecnologie di produzione, provenienza, datazione ecc.), che come supporto ai interventi di conservazione e restauro. Infine si è potuto costruire una vasta banca dati analitici per i materiali musivi di Suasa, che può essere consultata, aggiornata e confrontata in futuro con altri materiali proveniente dalla stessa province e/o regione. Applicazione dei interventi conservativi: di manutenzione, pronto intervento e di restauro eseguiti sui vani mosaicati di Suasa che presentavano un pessimo stato di conservazione e necessitavano l’intervento conservativo, con la documentazione grafica e fotografica dei varie fase dell’intervento. In particolare lo studio dei pregiatissimi materiali marmorei impiegati per la realizzazione dell’opus sectile centrale (sala G) nella domus dei Coiedii, ha portato alla classificazione e alla schedatura di sedici tipi di marmi impiegati; studio esteso poi al tessellato che lo circonda: studio del andamento, tipologie dei materiali, dei colore, dimensione delle tessere, interstizio ecc., ha permesso con l’utilizzo delle tavole tematiche di ottenere una chiara lettura per l’intero tessellato, di evidenziare così, tutti gli interventi antiche e moderni di risarciture, eseguiti dal II sec. d.C. fio ad oggi. L’aspetto didattico (teorico e pratico) ha accompagnato tutto il lavoro di ricerca Il lavoro si qualifica in conclusione come un esempio assai significativo di ricerca storicoiconografiche e archeometriche, con risultati rilevanti sulle tecnologie antiche e sui criteri di conservazione più idonei.
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La tesi tratta di strumenti finalizzati alla valutazione dello stato conservativo e di supporto all'attività di manutenzione dei ponti, dai più generali Bridge Management Systems ai Sistemi di Valutazione Numerica della Condizione strutturale. Viene proposto uno strumento originale con cui classificare i ponti attraverso un Indice di Valutazione Complessiva e grazie ad esso stabilire le priorità d'intervento. Si tara lo strumento sul caso pratico di alcuni ponti della Provincia di Bologna. Su un ponte in particolare viene realizzato un approfondimento specifico sulla determinazione approssimata dei periodi propri delle strutture da ponte. Si effettua un confronto dei risultati di alcune modellazioni semplificate in riferimento a modellazioni dettagliate e risultati sperimentali.
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Lo studio qui condotto è atto a valutare il livello di servizio della rotatoria posta in corrispondenza del nodo Aeroporto-Triumvirato-Tangenziale, nodo che ha un grande interesse dal punto di vista del traffico veicolare. Si illustra la situazione precedente la realizzazione dell’opera e quindi il livello di servizio con il software HCS2000. Successivamente, si studia il comportamento della rotatoria senza sottopasso estrapolando i risultati per il livello di servizio con il software SIDRA. Con lo stesso strumento di valutazione, poi lo stato attuale, la rotatoria con il sottopasso. L’ultima parte dello studio riguarda una simulazione che nasce dal confronto di flussi di movimenti negli anni 1999 e 2006. Quindi è stata valutata una situazione probabile, nata dall’aumento percentuale dei movimenti su tutti gli accessi e la relativa proposta di intervento.
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Gli istoni sono proteine basiche che possono essere classificate in varie classi: H1, H2A, H2B, H3 e H4. Queste proteine formano l’ottamero proteico attorno al quale si avvolge il DNA per formare il nucleosoma che è l’unità fondamentale della cromatina. A livello delle code N-terminali, gli istoni possono essere soggetti a numerose modifiche posttraduzionali quali acetilazioni, metilazioni, fosforilazioni, ADP-ribosilazioni e ubiquitinazioni. Queste modifiche portano alla formazione di diversi siti di riconoscimento per diversi complessi enzimatici coinvolti in importanti processi come la riparazione e la replicazione del DNA e l’assemblaggio della cromatina. La più importante e la più studiata di queste modifiche è l’acetilazione che avviene a livello dei residui amminici della catena laterale dell’amminoacido lisina. I livelli corretti di acetilazione delle proteine istoniche sono mantenuti dall’attività combinata di due enzimi: istone acetil transferasi (HAT) e istone deacetilasi (HDAC). Gli enzimi appartenenti a questa famiglia possono essere suddivisi in varie classi a seconda delle loro diverse caratteristiche, quali la localizzazione cellulare, la dimensione, l’omologia strutturale e il meccanismo d’azione. Recentemente è stato osservato che livelli aberranti di HDAC sono coinvolti nella carcinogenesi; per questo motivo numerosi gruppi di ricerca sono interessati alla progettazione e alla sintesi di composti che siano in grado di inibire questa classe enzimatica. L’inibizione delle HDAC può infatti provocare arresto della crescita cellulare, apoptosi o morte cellulare. Per questo motivo la ricerca farmaceutica in campo antitumorale è mirata alla sintesi di inibitori selettivi verso le diverse classi di HDAC per sviluppare farmaci meno tossici e per cercare di comprendere con maggiore chiarezza il ruolo biologico di questi enzimi. Il potenziale antitumorale degli inibitori delle HDAC deriva infatti dalla loro capacità di interferire con diversi processi cellulari, generalmente non più controllati nelle cellule neoplastiche. Nella maggior parte dei casi l’attività antitumorale risiede nella capacità di attivare programmi di differenziamento, di inibire la progressione del ciclo cellulare e di indurre apoptosi. Inoltre sembra essere molto importante anche la capacità di attivare la risposta immunitaria e l’inibizione dell’angiogenesi. Gli inibitori delle HDAC possono essere a loro volta classificati in base alla struttura chimica, alla loro origine (naturale o sintetica), e alla loro capacità di inibire selettivamente le HDAC appartenenti a classi diverse. Non è ancora chiaro se la selettività di queste molecole verso una specifica classe di HDAC sia importante per ottenere un effetto antitumorale, ma sicuramente inibitori selettivi possono essere molto utili per investigare e chiarire il ruolo delle HDAC nei processi cellulari che portano all’insorgenza del tumore. Nel primo capitolo di questa tesi quindi è riportata un’introduzione sull’importanza delle proteine istoniche non solo da un punto di vista strutturale ma anche funzionale per il destino cellulare. Nel secondo capitolo è riportato lo stato dell’arte dell’analisi delle proteine istoniche che comprende sia i metodi tradizionali come il microsequenziamento e l’utilizzo di anticorpi, sia metodi più innovativi (RP-LC, HILIC, HPCE) ideati per poter essere accoppiati ad analisi mediante spettrometria di massa. Questa tecnica consente infatti di ottenere importanti e precise informazioni che possono aiutare sia a identificare gli istoni come proteine che a individuare i siti coinvolti nelle modifiche post-traduzionali. Nel capitolo 3 è riportata la prima parte del lavoro sperimentale di questa tesi volto alla caratterizzazione delle proteine istoniche mediante tecniche cromatografiche accoppiate alla spettrometria di massa. Nella prima fase del lavoro è stato messo a punto un nuovo metodo cromatografico HPLC che ha consentito di ottenere una buona separazione, alla linea di base, delle otto classi istoniche (H1-1, H1-2, H2A-1, H2A-2, H2B, H3-1, H3-2 e H4). La separazione HPLC delle proteine istoniche ha permesso di poter eseguire analisi accurate di spettrometria di massa mediante accoppiamento con un analizzatore a trappola ionica tramite la sorgente electrospray (ESI). E’ stato così possibile identificare e quantificare tutte le isoforme istoniche, che differiscono per il tipo e il numero di modifiche post-traduzionali alle quali sono soggette, previa estrazione da colture cellulari di HT29 (cancro del colon). Un’analisi così dettagliata delle isoforme non può essere ottenuta con i metodi immunologici e permette di eseguire un’indagine molto accurata delle modifiche delle proteine istoniche correlandole ai diversi stadi della progressione del ciclo e alla morte cellulare. Il metodo messo a punto è stato convalidato mediante analisi comparative che prevedono la stessa separazione cromatografica ma accoppiata a uno spettrometro di massa avente sorgente ESI e analizzatore Q-TOF, dotato di maggiore sensibilità e risoluzione. Successivamente, per identificare quali sono gli specifici amminoacidi coinvolti nelle diverse modifiche post-traduzionali, l’istone H4 è stato sottoposto a digestione enzimatica e successiva analisi mediante tecniche MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS. Queste analisi hanno permesso di identificare le specifiche lisine acetilate della coda N-terminale e la sequenza temporale di acetilazione delle lisine stesse. Nel quarto capitolo sono invece riportati gli studi di inibizione, mirati a caratterizzare le modifiche a carico delle proteine istoniche indotte da inibitori delle HDAC, dotati di diverso profilo di potenza e selettività. Dapprima Il metodo messo a punto per l’analisi delle proteine istoniche è stato applicato all’analisi di istoni estratti da cellule HT29 trattate con due noti inibitori delle HDAC, valproato e butirrato, somministrati alle cellule a dosi diverse, che corrispondono alle dosi con cui sono stati testati in vivo, per convalidare il metodo per studi di inibizione di composti incogniti. Successivamente, lo studio è proseguito con lo scopo di evidenziare effetti legati alla diversa potenza e selettività degli inibitori. Le cellule sono state trattate con due inibitori più potenti, SAHA e MS275, alla stessa concentrazione. In entrambi i casi il metodo messo a punto ha permesso di evidenziare l’aumento dei livelli di acetilazione indotto dal trattamento con gli inibitori; ha inoltre messo in luce differenti livelli di acetilazione. Ad esempio il SAHA, potente inibitore di tutte le classi di HDAC, ha prodotto un’estesa iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MS275 selettivo per la classe I di HDAC, ha prodotto modifiche molto più blande. E’ stato quindi deciso di applicare questo metodo per studiare la dose e la tempo-dipendenza dell’effetto di quattro diversi inibitori delle HDAC (SAHA, MS275, MC1855 e MC1568) sulle modifiche post-traduzionali di istoni estratti da cellule HT29. Questi inibitori differiscono oltre che per la struttura chimica anche per il profilo di selettività nei confronti delle HDAC appartenenti alle diverse classi. Sono stati condotti quindi studi di dose-dipendenza che hanno consentito di ottenere i valori di IC50 (concentrazione capace di ridurre della metà la quantità relativa dell’istone meno acetilato) caratteristici per ogni inibitore nei confronti di tutte le classi istoniche. E’ stata inoltre calcolata la percentuale massima di inibizione per ogni inibitore. Infine sono stati eseguiti studi di tempo-dipendenza. I risultati ottenuti da questi studi hanno permesso di correlare i livelli di acetilazione delle varie classi istoniche con la selettività d’azione e la struttura chimica degli inibitori somministrati alle cellule. In particolare, SAHA e MC1855, inibitori delle HDAC di classi I e II a struttura idrossamica, hanno causato l’iperacetilazione di tutte le proteine istoniche, mentre MC1568 (inibitore selettivo per HDAC di classe II) ha prodotto l’iperacetilazione solo di H4. Inoltre la potenza e la selettività degli inibitori nel provocare un aumento dei livelli di acetilazione a livello delle distinte classi istoniche è stata correlata al destino biologico della cellula, tramite studi di vitalità cellulare. E’ stato osservato che il SAHA e MC1855, inibitori potenti e non selettivi, somministrati alla coltura HT29 a dose 50 μM producono morte cellulare, mentre MS275 alla stessa dose produce accumulo citostatico in G1/G0. MC1568, invece, non produce effetti significatici sul ciclo cellulare. Questo studio ha perciò dimostrato che l’analisi tramite HPLC-ESI-MS delle proteine istoniche permette di caratterizzare finemente la potenza e la selettività di nuovi composti inibitori delle HDAC, prevedendone l’effetto sul ciclo cellulare. In maggiore dettaglio è risultato che l’iperacetilazione di H4 non è in grado di provocare modifiche significative sul ciclo cellulare. Questo metodo, insieme alle analisi MALDI-TOF e LC-ESI-MSMS che permettono di individuare l’ordine di acetilazione delle lisine della coda N-terminale, potrà fornire importanti informazioni sugli inibitori delle HDAC e potrà essere applicato per delineare la potenza, la selettività e il meccanismo di azione di nuovi potenziali inibitori di questa classe enzimatica in colture cellulari tumorali.