167 resultados para consumismo


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Benessere delle popolazioni, gestione sostenibile delle risorse, povertà e degrado ambientale sono dei concetti fortemente connessi in un mondo in cui il 20% della popolazione mondiale consuma più del 75% delle risorse naturali. Sin dal 1992 al Summit della Terra a Rio de Janeiro si è affermato il forte legame tra tutela dell’ambiente e riduzione della povertà, ed è anche stata riconosciuta l’importanza di un ecosistema sano per condurre una vita dignitosa, specialmente nelle zone rurali povere dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. La natura infatti, soprattutto per le popolazioni rurali, rappresenta un bene quotidiano e prezioso, una forma essenziale per la sussistenza ed una fonte primaria di reddito. Accanto a questa constatazione vi è anche la consapevolezza che negli ultimi decenni gli ecosistemi naturali si stanno degradando ad un ritmo impressionate, senza precedenti nella storia della specie umana: consumiamo le risorse più velocemente di quanto la Terra sia capace di rigenerarle e di “metabolizzare” i nostri scarti. Allo stesso modo aumenta la povertà: attualmente ci sono 1,2 miliardi di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno, mentre circa metà della popolazione mondiale sopravvive con meno di due dollari al giorno (UN). La connessione tra povertà ed ambiente non dipende solamente dalla scarsità di risorse che rende più difficili le condizioni di vita, ma anche dalla gestione delle stesse risorse naturali. Infatti in molti paesi o luoghi dove le risorse non sono carenti la popolazione più povera non vi ha accesso per motivi politici, economici e sociali. Inoltre se si paragona l’impronta ecologica con una misura riconosciuta dello “sviluppo umano”, l’Indice dello Sviluppo Umano (HDI) delle Nazioni Unite (Cfr. Cap 2), il rapporto dimostra chiaramente che ciò che noi accettiamo generalmente come “alto sviluppo” è molto lontano dal concetto di sviluppo sostenibile accettato universalmente, in quanto i paesi cosiddetti “sviluppati” sono quelli con una maggior impronta ecologica. Se allora lo “sviluppo” mette sotto pressione gli ecosistemi, dal cui benessere dipende direttamente il benessere dell’uomo, allora vuol dire che il concetto di “sviluppo” deve essere rivisitato, perché ha come conseguenza non il benessere del pianeta e delle popolazioni, ma il degrado ambientale e l’accrescimento delle disuguaglianze sociali. Quindi da una parte vi è la “società occidentale”, che promuove l’avanzamento della tecnologia e dell’industrializzazione per la crescita economica, spremendo un ecosistema sempre più stanco ed esausto al fine di ottenere dei benefici solo per una ristretta fetta della popolazione mondiale che segue un modello di vita consumistico degradando l’ambiente e sommergendolo di rifiuti; dall’altra parte ci sono le famiglie di contadini rurali, i “moradores” delle favelas o delle periferie delle grandi metropoli del Sud del Mondo, i senza terra, gli immigrati delle baraccopoli, i “waste pickers” delle periferie di Bombay che sopravvivono raccattando rifiuti, i profughi di guerre fatte per il controllo delle risorse, gli sfollati ambientali, gli eco-rifugiati, che vivono sotto la soglia di povertà, senza accesso alle risorse primarie per la sopravvivenza. La gestione sostenibile dell’ambiente, il produrre reddito dalla valorizzazione diretta dell’ecosistema e l’accesso alle risorse naturali sono tra gli strumenti più efficaci per migliorare le condizioni di vita degli individui, strumenti che possono anche garantire la distribuzione della ricchezza costruendo una società più equa, in quanto le merci ed i servizi dell’ecosistema fungono da beni per le comunità. La corretta gestione dell’ambiente e delle risorse quindi è di estrema importanza per la lotta alla povertà ed in questo caso il ruolo e la responsabilità dei tecnici ambientali è cruciale. Il lavoro di ricerca qui presentato, partendo dall’analisi del problema della gestione delle risorse naturali e dal suo stretto legame con la povertà, rivisitando il concetto tradizionale di “sviluppo” secondo i nuovi filoni di pensiero, vuole suggerire soluzioni e tecnologie per la gestione sostenibile delle risorse naturali che abbiano come obiettivo il benessere delle popolazioni più povere e degli ecosistemi, proponendo inoltre un metodo valutativo per la scelta delle alternative, soluzioni o tecnologie più adeguate al contesto di intervento. Dopo l’analisi dello “stato del Pianeta” (Capitolo 1) e delle risorse, sia a livello globale che a livello regionale, il secondo Capitolo prende in esame il concetto di povertà, di Paese in Via di Sviluppo (PVS), il concetto di “sviluppo sostenibile” e i nuovi filoni di pensiero: dalla teoria della Decrescita, al concetto di Sviluppo Umano. Dalla presa di coscienza dei reali fabbisogni umani, dall’analisi dello stato dell’ambiente, della povertà e delle sue diverse facce nei vari paesi, e dalla presa di coscienza del fallimento dell’economia della crescita (oggi visibile più che mai) si può comprendere che la soluzione per sconfiggere la povertà, il degrado dell’ambiente, e raggiungere lo sviluppo umano, non è il consumismo, la produzione, e nemmeno il trasferimento della tecnologia e l’industrializzazione; ma il “piccolo e bello” (F. Schumacher, 1982), ovvero gli stili di vita semplici, la tutela degli ecosistemi, e a livello tecnologico le “tecnologie appropriate”. Ed è proprio alle Tecnologie Appropriate a cui sono dedicati i Capitoli successivi (Capitolo 4 e Capitolo 5). Queste sono tecnologie semplici, a basso impatto ambientale, a basso costo, facilmente gestibili dalle comunità, tecnologie che permettono alle popolazioni più povere di avere accesso alle risorse naturali. Sono le tecnologie che meglio permettono, grazie alle loro caratteristiche, la tutela dei beni comuni naturali, quindi delle risorse e dell’ambiente, favorendo ed incentivando la partecipazione delle comunità locali e valorizzando i saperi tradizionali, grazie al coinvolgimento di tutti gli attori, al basso costo, alla sostenibilità ambientale, contribuendo all’affermazione dei diritti umani e alla salvaguardia dell’ambiente. Le Tecnologie Appropriate prese in esame sono quelle relative all’approvvigionamento idrico e alla depurazione dell’acqua tra cui: - la raccolta della nebbia, - metodi semplici per la perforazione di pozzi, - pompe a pedali e pompe manuali per l’approvvigionamento idrico, - la raccolta dell’acqua piovana, - il recupero delle sorgenti, - semplici metodi per la depurazione dell’acqua al punto d’uso (filtro in ceramica, filtro a sabbia, filtro in tessuto, disinfezione e distillazione solare). Il quinto Capitolo espone invece le Tecnolocie Appropriate per la gestione dei rifiuti nei PVS, in cui sono descritte: - soluzioni per la raccolta dei rifiuti nei PVS, - soluzioni per lo smaltimento dei rifiuti nei PVS, - semplici tecnologie per il riciclaggio dei rifiuti solidi. Il sesto Capitolo tratta tematiche riguardanti la Cooperazione Internazionale, la Cooperazione Decentrata e i progetti di Sviluppo Umano. Per progetti di sviluppo si intende, nell’ambito della Cooperazione, quei progetti che hanno come obiettivi la lotta alla povertà e il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità beneficiarie dei PVS coinvolte nel progetto. All’interno dei progetti di cooperazione e di sviluppo umano gli interventi di tipo ambientale giocano un ruolo importante, visto che, come già detto, la povertà e il benessere delle popolazioni dipende dal benessere degli ecosistemi in cui vivono: favorire la tutela dell’ambiente, garantire l’accesso all’acqua potabile, la corretta gestione dei rifiuti e dei reflui nonché l’approvvigionamento energetico pulito sono aspetti necessari per permettere ad ogni individuo, soprattutto se vive in condizioni di “sviluppo”, di condurre una vita sana e produttiva. È importante quindi, negli interventi di sviluppo umano di carattere tecnico ed ambientale, scegliere soluzioni decentrate che prevedano l’adozione di Tecnologie Appropriate per contribuire a valorizzare l’ambiente e a tutelare la salute della comunità. I Capitoli 7 ed 8 prendono in esame i metodi per la valutazione degli interventi di sviluppo umano. Un altro aspetto fondamentale che rientra nel ruolo dei tecnici infatti è l’utilizzo di un corretto metodo valutativo per la scelta dei progetti possibili che tenga presente tutti gli aspetti, ovvero gli impatti sociali, ambientali, economici e che si cali bene alle realtà svantaggiate come quelle prese in considerazione in questo lavoro; un metodo cioè che consenta una valutazione specifica per i progetti di sviluppo umano e che possa permettere l’individuazione del progetto/intervento tecnologico e ambientale più appropriato ad ogni contesto specifico. Dall’analisi dei vari strumenti valutativi si è scelto di sviluppare un modello per la valutazione degli interventi di carattere ambientale nei progetti di Cooperazione Decentrata basato sull’Analisi Multi Criteria e sulla Analisi Gerarchica. L’oggetto di questa ricerca è stato quindi lo sviluppo di una metodologia, che tramite il supporto matematico e metodologico dell’Analisi Multi Criteria, permetta di valutare l’appropriatezza, la sostenibilità degli interventi di Sviluppo Umano di carattere ambientale, sviluppati all’interno di progetti di Cooperazione Internazionale e di Cooperazione Decentrata attraverso l’utilizzo di Tecnologie Appropriate. Nel Capitolo 9 viene proposta la metodologia, il modello di calcolo e i criteri su cui si basa la valutazione. I successivi capitoli (Capitolo 10 e Capitolo 11) sono invece dedicati alla sperimentazione della metodologia ai diversi casi studio: - “Progetto ambientale sulla gestione dei rifiuti presso i campi Profughi Saharawi”, Algeria, - “Programa 1 milhão de Cisternas, P1MC” e - “Programa Uma Terra e Duas Águas, P1+2”, Semi Arido brasiliano.

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Una delle immagini iconiche del nostro pensiero è un noto quadro di Giorgio De Chirico: “Archeologi”. Manichini antropomorfi, freddi e sgradevoli sono i custodi di quell’antichità d’oro rappresentata in questo caso dagli elementi dell’architettura classica. La nostra generazione impersona oggi l’essenza di quei manichini raccontati da De Chirico: a cambiare è il contenuto architettonico e storico che portano con sè, ma l’esigenza umana di ricordare il passato e valorizzarlo resta immutata. Figli dell’epoca industriale e del consumismo, ora tocca a noi ripiantare le radici storiche del tempo che fu, che ancora oggi hanno tanta influenza sulla vita di tutti. L’ordine dei templi classici è stato sovvertito da quello delle grandi industrie abbandonate, i luoghi del culto e della preghiera pagana hanno lasciato il posto alle sale dei “rituali” fordisti e del sudore del lavoro. Siamo architetti di archeologie sommerse dall’ignoranza della nostra epoca e, attraverso di esse, tentiamo di ricucire le città dalle ferite che noi stessi le abbiamo causato.

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A partir de la transformación del modelo productivo, durante la implementación del modelo neoliberal en la Argentina, cambió la estructura social y por ello la mayor parte de la población se vio afectada por el desempleo, la flexibilización laboral, la destrucción de las políticas públicas de integración social, la violencia social y el consumismo, entre otros problemas sociales. El Estado que había sido considerado, hasta la implementación del modelo mencionado, como el principal responsable de resolver las demandas sociales, no pudo seguir haciéndolo de forma eficaz y por ello surgieron, en el ámbito de un nuevo espacio público, otras organizaciones sociales. Estos nuevos actores aparecieron con la fuerza de la protesta social aunque encontraron el límite de sus acciones en el contexto social y económico que los excedía. Una de estas organizaciones tuvo y tiene un carácter distintivo no sólo por su dimensión institucional, sino también por su capacidad de influir en los ámbitos políticos de decisión, donde las otras organizaciones del “tercer sector" pocas veces pudieron participar. Dicha institución es la Universidad Pública, ¿La Universidad Pública?. Sí, esa institución con base territorial, capaz de formar profesionales, investigar las problemáticas que impiden el desarrollo local y articular políticamente los intereses del Estado Nacional, Provincial, Municipal, Empresas, ONG´s, y la sociedad civil toda. En este nuevo contexto social, las universidades públicas debieron desarrollar nuevas herramientas para articularse con el medio social donde están insertas. Estas nuevas acciones las obligaron a volver a debatir sobre su rol social, basándose en la interrelación de la tríada universitaria: formación, investigación y extensión.

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El trabajo tiene por objetivo identificar las características que distinguen al viajero de la segunda mitad del siglo XX de sus antepasados: el peregrino medieval, el colonizador, el viajero moderno. El marco teórico lo brindan las reflexiones sobre postmodernismo (Hutcheon, Lyotard, Nogerol, Vattimo) y las tipologías clásicas de viajeros según el comparatismo (Pageaux, Wolfzettel).Es la hipótesis que el escritor viajero de la segunda mitad del siglo XX, lejos de ser simplemente un turista masificado, viaja en soledad, bajo las demandas de su individualismo. Su texto sin compromisos ideológicos fracciona la realidad, la deconstruye usando la fina ironía, la contradicción y la ambigüedad. No se interesa por la originalidad de su escrito, sino que lo arma como un collage inter- y paratextual, y es leído ampliamente, porque pertenece a la sociedad postmoderna con sus marcas de Individualismo, valores materialistas, multiplicidad espacio-temporal, mediatización de la realidad, masificación de la cultura y consumismo. Así, el relato de viajes que tradicionalmente ha sido siempre un texto subjetivo, con estilo aditivo y que ha servido de intermediario entre culturas resulta una tipología textual apropiada para la expresión de las experiencias del viajero postmoderno.

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Las relaciones interpersonales de la actualidad presentan rasgos que las asemejan a relaciones de consumo, descartables e inestables y en las que se entrevé un creciente grado de desinterés hacia el otro. Partimos desde una descripción de la posmodernidad, del modelo de sujeto que ella privilegia y de una caracterización de las relaciones interpersonales que se tejen en este marco para contraponer un modelo de comunicación diferente, basado en el trabajo de Antonio Pasquali.

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La importancia de investigar la temática del embarazo adolescente radica en profundizar el conocimiento existente sobre esta problemática, en el marco de las políticas sociales implementadas y orientadas a la planificación familiar. El embarazo adolescente no es un tema emergente de esta década, sino que es una temática que ha existido desde siempre, que ha preocupado y preocupa aún a la sociedad, a los gobernantes y a diversas disciplinas, entre ellas, el Trabajo Social. El concepto de adolescencia es una construcción social cuya definición va cambiando de acuerdo con el contexto histórico, político y social. Las maneras de pensar la adolescencia trazan un modelo de ser joven para cada momento histórico. El adolescente de hoy se encuentra inmerso en un contexto social, político y cultural cambiante, caracterizado principalmente por el consumismo e individualismo, valores propios del modelo neoliberal de sociedad. El papel que juega la familia como grupo primario y generadora de valores, se ve afectado también por estas nuevas circunstancias, que repercuten en la formación y educación del adolescente y en sus relaciones sociales. El adolescente actual sufre los padecimientos por baja autoestima, autoconcepto y autoafirmación, la propensión a buscar la satisfacción en el propio cuerpo o determinados objetos externos, el maltrato hacia los demás y el comportamiento sumiso, sumado a la impaciencia, la irritabilidad, el miedo al fracaso, la baja tolerancia a la frustración y la incapacidad para construir relaciones recíprocas.

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El presente trabajo, basado en algunas investigaciones llevadas a cabo por los españoles José Devís Devís y Víctor Pérez Samaniego, tiene como meta analizar el campo de la actividad física como agente para la salud, enfocando brevemente sus beneficios y más en detalles sus mitos y la arbitrariedad cultural con la que se enmascara su real forma de existencia: la mercantilización de la salud. En esta sociedad capitalista neoliberal en la que el mercado ha logrado asentarse como la forma legítima de relación social, se producen ciertas distorsiones en los que la actividad física no queda exenta en su búsqueda por lograr cuerpos saludables: aparecen el salutismo, el consumismo, y el individualismo en el ámbito de la salud y la actividad física. Para este autor, doctor en filosofía, y su compañero es necesario que los agentes de la salud tomen conciencia de esta situación si buscan realmente mejorar la salud de la población. Para ampliar un poco este trabajo, intentaré articular este tema con conceptos de diversos autores como Flora Hillert, Oscar del Barco, Bourdieu y David Kirk

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Por razones de modificación en la estructura económica y política y ante la evidencia que el Estado fue retrayéndose de sus actividades de regulación y control sobre la vida política y social, comenzaron a crecer las llamadas "organizaciones sin fines de lucro". Nos encontramos con una coincidente proliferación de las ONG de diversos ámbitos durante décadas del '80 y '90 con diferentes objetivos, estructuras de instituirse y relacionarse, formas de relacionarse y subsistir que acompañan y son acompañadas de las normativas tanto institucionales como nacionales. La impronta de fuerza que estas organizaciones sociales, llamadas ONG, y sus particulares dinámicas, no hizo más que estabilizar el imaginario de la omnipotencia y omnipresencia de los organismos internacionales de créditos, debido a que en su accionar también acentuaron las ineficiencias e ineficacias del Estado. La lectura que se intenta hacer es de vislumbrar lo que se escabulle en la construcción de las subjetividades sobre este esfuerzo mancomunado que la sociedad argentina realizó, quizás de forma atomizada y fragmentada, pero igualmente prolífero en expansión de ciertos valores sociales, en un contexto de creciente imaginario colectivo de individualismo, exitismo y consumismo

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Por razones de modificación en la estructura económica y política y ante la evidencia que el Estado fue retrayéndose de sus actividades de regulación y control sobre la vida política y social, comenzaron a crecer las llamadas "organizaciones sin fines de lucro". Nos encontramos con una coincidente proliferación de las ONG de diversos ámbitos durante décadas del '80 y '90 con diferentes objetivos, estructuras de instituirse y relacionarse, formas de relacionarse y subsistir que acompañan y son acompañadas de las normativas tanto institucionales como nacionales. La impronta de fuerza que estas organizaciones sociales, llamadas ONG, y sus particulares dinámicas, no hizo más que estabilizar el imaginario de la omnipotencia y omnipresencia de los organismos internacionales de créditos, debido a que en su accionar también acentuaron las ineficiencias e ineficacias del Estado. La lectura que se intenta hacer es de vislumbrar lo que se escabulle en la construcción de las subjetividades sobre este esfuerzo mancomunado que la sociedad argentina realizó, quizás de forma atomizada y fragmentada, pero igualmente prolífero en expansión de ciertos valores sociales, en un contexto de creciente imaginario colectivo de individualismo, exitismo y consumismo

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El presente trabajo, basado en algunas investigaciones llevadas a cabo por los españoles José Devís Devís y Víctor Pérez Samaniego, tiene como meta analizar el campo de la actividad física como agente para la salud, enfocando brevemente sus beneficios y más en detalles sus mitos y la arbitrariedad cultural con la que se enmascara su real forma de existencia: la mercantilización de la salud. En esta sociedad capitalista neoliberal en la que el mercado ha logrado asentarse como la forma legítima de relación social, se producen ciertas distorsiones en los que la actividad física no queda exenta en su búsqueda por lograr cuerpos saludables: aparecen el salutismo, el consumismo, y el individualismo en el ámbito de la salud y la actividad física. Para este autor, doctor en filosofía, y su compañero es necesario que los agentes de la salud tomen conciencia de esta situación si buscan realmente mejorar la salud de la población. Para ampliar un poco este trabajo, intentaré articular este tema con conceptos de diversos autores como Flora Hillert, Oscar del Barco, Bourdieu y David Kirk

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El presente trabajo, basado en algunas investigaciones llevadas a cabo por los españoles José Devís Devís y Víctor Pérez Samaniego, tiene como meta analizar el campo de la actividad física como agente para la salud, enfocando brevemente sus beneficios y más en detalles sus mitos y la arbitrariedad cultural con la que se enmascara su real forma de existencia: la mercantilización de la salud. En esta sociedad capitalista neoliberal en la que el mercado ha logrado asentarse como la forma legítima de relación social, se producen ciertas distorsiones en los que la actividad física no queda exenta en su búsqueda por lograr cuerpos saludables: aparecen el salutismo, el consumismo, y el individualismo en el ámbito de la salud y la actividad física. Para este autor, doctor en filosofía, y su compañero es necesario que los agentes de la salud tomen conciencia de esta situación si buscan realmente mejorar la salud de la población. Para ampliar un poco este trabajo, intentaré articular este tema con conceptos de diversos autores como Flora Hillert, Oscar del Barco, Bourdieu y David Kirk

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Por razones de modificación en la estructura económica y política y ante la evidencia que el Estado fue retrayéndose de sus actividades de regulación y control sobre la vida política y social, comenzaron a crecer las llamadas "organizaciones sin fines de lucro". Nos encontramos con una coincidente proliferación de las ONG de diversos ámbitos durante décadas del '80 y '90 con diferentes objetivos, estructuras de instituirse y relacionarse, formas de relacionarse y subsistir que acompañan y son acompañadas de las normativas tanto institucionales como nacionales. La impronta de fuerza que estas organizaciones sociales, llamadas ONG, y sus particulares dinámicas, no hizo más que estabilizar el imaginario de la omnipotencia y omnipresencia de los organismos internacionales de créditos, debido a que en su accionar también acentuaron las ineficiencias e ineficacias del Estado. La lectura que se intenta hacer es de vislumbrar lo que se escabulle en la construcción de las subjetividades sobre este esfuerzo mancomunado que la sociedad argentina realizó, quizás de forma atomizada y fragmentada, pero igualmente prolífero en expansión de ciertos valores sociales, en un contexto de creciente imaginario colectivo de individualismo, exitismo y consumismo

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El consumo mundial ha crecido y sigue creciendo, pese a la crisis actual, convirtiéndose en un impulsor del desarrollo de los pueblos. Este crecimiento, basado más en un consumismo sin sentido, que en un consumo responsable, no es igual para todos, ya que los efectos del consumo están siendo perniciosos en los países más pobres (Sur) y están ocasionando mayores diferencias con los países ricos (Norte). Ante esta situación, la sociedad en su conjunto debe tomar medidas, y estas medidas, siempre impulsadas por la Administración y por las instituciones públicas y privadas, solo surtirán efecto, si los consumidores, quienes deciden qué y dónde comprar, se responsabilizan y, en base a un mayor conocimiento de las relaciones comerciales, optan por consumir y usar productos elaborados bajo unos criterios de justicia, solidaridad y equidad en países del sur. Para lograr estas metas nació en los años cuarenta el movimiento de Comercio Justo en Estados Unidos y en los sesenta en Europa (UK-Holanda) definido en la Resolución del Parlamento Europeo sobre Comercio Justo y Desarrollo (2005/2245 (INI) como ?una asociación comercial que se basa en el diálogo, la transparencia y el respeto; que busca incrementar la equidad en el comercio internacional. Contribuye al desarrollo sostenible ofreciendo mejores condiciones comerciales y garantizando el cumplimiento de los derechos de productores y trabajadores marginados, especialmente en el Sur?. Con el objetivo de analizar esta situación, y para en función de los resultados obtenidos, establecer una serie de criterios que permitan, por una parte, un mayor conocimiento y afianzamiento de este movimiento como alternativa socioeconómica en los países más desfavorecidos y, por otra, una mayor promoción y consumo de los productos del comercio justo, hemos realizado durante los meses de Febrero-Marzo-Abril de 2011 un trabajo de campo sobre una población de 5.456 individuos, a través de una encuesta online. De los 5.456 cuestionarios enviados se han recibido 731 (13,4 % de respuesta), lo que supondría un error teórico muestral del 3,6 % (para p = q = 50 % y un nivel de confianza del 95 %). De los resultados obtenidos destacar que el 95,6 % de los encuestados coinciden en que para ellos el Comercio Justo es un movimiento social que tiene como uno de sus principales objetivos ?ayudar? a los países del Sur, y que el objetivo del Comercio Justo es, que les permita vivir de una forma digna a través de la comercialización de sus productos. Por otra parte, el 93,7 % de los encuestados consideran que no se comunican bien los objetivos del Comercio Justo entre los potenciales consumidores de estos productos, que no se promocionan y que son poco accesibles al consumidor.

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A finales de los 60 se había hecho evidente como la tecnificación del ambiente había permitido a algunas tipologías (supermercados, aparcamientos, fábricas) alcanzar profundidades construidas potencialmente ilimitadas e independizarse del afuera. La No-Stop City nace de una idea sencilla: extender esta tecnificación a la totalidad de lo construido para englobar, no sólo la práctica totalidad de funciones, sino, en última instancia, toda la ciudad. Esta operación tiene efectos paradójicos: a medida que la arquitectura crece, pierde la mayoría de características que la han definido tradicionalmente. Una disolución por hipertrofia que da lugar a un espacio homogéneo, cóncavo y potencialmente infinito. Pero, además de la pura factibilidad técnica, existen dos influencias clave y aparentemente contradictorias que explican esta apuesta por una ciudad interior e ilimitada: el marxismo y al Pop Art. El proyecto es, en muchos sentidos, un manifiesto construido que refleja la militancia de los miembros del grupo en el seno del marxismo italiano. Pero es también la plasmación del interés declarado del grupo por el Pop Art, la cultura popular y la sociedad de masas. La influencia cruzada de comunismo y consumismo explica esta “utopía cuantitativa” en la que se hacen coincidir la sociedad y la fábrica, la producción y el consumo. Una ciudad basada en la centralidad de los objetos de consumo y la subsiguiente pérdida de protagonismo de la arquitectura, en la que lo urbano, al tiempo que se extiende sin límites sobre el territorio, ignorando su exterioridad rural, disuelve el hogar como ámbito de privacidad, ignorando su interioridad doméstica. Un proyecto que, en la estela también de Marshall McLuhan, ilustra como pocos la conversión de lo urbano en una “condición” virtualmente omnipresente y que nos sigue interrogando con preguntas que son, por otra parte, eternas: ¿Qué es un edificio? ¿Qué es una ciudad?.